V
Occidentale, in conseguenza della geografia, le avemmo. La più importante e
duratura fu certamente la presenza del più grande Partito Comunista dell’Occidente.
E’ inutile stare qui a ricordare che peso e importanza il PCI ha avuto nella nostra
storia; pur tra tanti limiti e incongruenze per oltre mezzo secolo milioni di persone
hanno vissuto la militanza politica nel PCI con la stessa fideistica passione con cui
altrettanti milioni di persone hanno vissuto e vivono la loro fede religiosa. Ancora
oggi possiamo incontrare persone che vivono nel rimpianto di quei giorni. Non è
certamente in questa sede che dovremo dirimere una vicenda storica di tale portata,
ma analizzando alla radice l’organizzazione che nell’immediato dopoguerra i partiti
politici misero in piedi si possono anche andare a trovare le tracce con cui cominciare
a storicizzare, e in parte depotenziare, la velenosa eredità che il nostro passato ci ha
lasciato e che ancora oggi, in grossa parte, avvelena e rende insana la nostra misera
vicenda politica.
La gestione delle masse rese inevitabile ai partiti politici l’organizzazione sui
territori. Avere sezioni o cellule stanziali permetteva di organizzare la politica anche
tenendo conto delle esigenze dei territori più periferici.
Proprio di questo tratta il mio lavoro. Analizzare la rinascita della politica nel
secondo dopoguerra da un osservatorio locale per capire come i partiti di allora
si organizzarono in vista della ricerca del consenso, con una particolare
attenzione per quelli che poi saranno i due grandi protagonisti della storia della
nostra repubblica: la DC e il PCI.
Il lavoro, appunto, si incentra principalmente sui due grandi partiti di massa che in
quegli anni emersero, ma non può non tenere conto anche delle altre forze che intorno
vi gravitarono. Oltretutto fino al 1948 la predominanza del PCI all’interno della
sinistra non apparve cosi netta e discriminante. Anzi il PSI sembrava essere,
nell’immediato dopoguerra, leggermente più radicato dei cugini comunisti tra le
masse. A Rieti tale rapporto fu ancora più sbilanciato che a livello nazionale, ed anzi
va riconosciuto che anche negli anni successivi i socialisti a Rieti rimasero forza
notevole.
VI
Perché Rieti? Ovviamente perché è la mia città, o meglio provincia, e perchè studi del
genere in merito sono pochi. In principio l’idea era di fare uno studio allargato a tutta
la provincia, ma ben presto mi sono reso conto che l’impresa sarebbe stata improba e
poco produttiva. Le peculiarità della mia provincia sono emerse forti e scoraggianti.
Tra le molteplici colpe del fascismo va anche annoverata quella di aver creato la
provincia di Rieti dando luogo ad un assurdo geografico che ancor oggi si perpetua
nel tempo. Realtà disomogenee furono aggregate intorno ad una città che non lo
richiedeva. Ancora oggi, dopo 70 anni, rimangono realtà differenti che non hanno
mai provato ad integrarsi. Il deficit fondamentale erano e rimangono i collegamenti,
assolutamente insufficienti, ma che nessuno ha mai provato veramente a superare. La
vocazione isolazionista di Rieti città ha sempre prevalso rispetto a qualunque serio
tentativo di porvi fine. Ciò ha fatalmente condizionato la sua storia, rendendola molto
spesso un corpo estraneo alla sua provincia e rendendo anche impossibile un mio
eventuale lavoro a respiro più ampio; come vedrete sulla provincia vi sono solo
alcuni accenni, ma manca una visione di insieme che renda il tutto omogeneo. Su
Rieti città invece il materiale si è rivelato cospicuo anche se purtroppo
completamente sbilanciato in favore del PCI. La DC come partito purtroppo ha
rivelato una mancanza documentaria locale piuttosto accentuata; per porre rimedio a
tale deficit ho allargato il raggio a tutto il movimento cattolico, dal clero all’AC,
supplendo cosi efficacemente alle mancanze del partito. La visione d’insieme totale
appare pertanto congrua con le premesse che mi ero posto dando un affresco efficace,
almeno secondo me, alla vita politica reatina dell’immediato dopoguerra. Spero che
tale sforzo sia apprezzato anche da chi leggera questo modesto mio lavoro.
Il lavoro si suddivide in tre grandi capitoli che analizzano il periodo storico che va dal
16 Giugno 1944, giorno nel quale gli alleati entrarono a Rieti, al 18 Aprile 1948, data
delle prime elezioni politiche che si tennero nella neonata repubblica. In mezzo c’è il
grande sforzo messo in piedi dai partiti politici per riorganizzarsi e trovare il
consenso.
VII
Nel primo capitolo si analizza come i partiti politici e le forze che attorno a loro
gravitano, dal cumulo di macerie lasciato in eredità dal fascismo riescano a
riorganizzarsi e tornino a fare politica. Si parla ovviamente di uomini perché è
sempre grazie agli uomini che si riescono a costruire le cose.
Nel secondo capitolo si studiano i risultati delle prime consultazioni politiche che si
tengono, il referendum del 2 Giugno 1946, le elezioni della costituente e le elezioni
amministrative. Si delinea con chiarezza quella che sarà poi la caratteristica della
nostra repubblica con lo scontro tra cattolici da una parte e i comunisti, allora
strettamente legati al PSI, dall’altra.
Nel terzo capitolo si arriva alla decisiva contesa del 18 Aprile 1948 che segnerà la
nostra storia per decenni con il trionfo dell’area cattolica a danno del Fronte
Popolare.
E’ evidente che il lavoro è stato supportato da un copioso lavoro di ricerca
documentale. A tal proposito va segnalato che si è riscontrato un notevole
sbilanciamento nei documenti disponibili per quello che riguarda il PCI a danno della
DC. Ovviamente il lavoro risente un po’ di questa situazione permettendo una più
minuziosa analisi della politica del PCI a scapito di quello che è stato possibile fare
per la DC, ma l’originale obiettivo di mettere a confronto le due grandi realtà del
dopoguerra non è venuto meno.
1
Capitolo primo
La liberazione e la rinascita
della democrazia.
2
“ Quando si dice “ liberazione “ si deve
intendere in tutti i modi. Certo : “ liberazione
“ dall'occupante tedesco e dal suo macabro
alleato fascista, dalla paura, dall'oppressione e
magari anche dalla tortura. Ma anche “
liberazione “ dello spirito e dell'intelletto, nel
senso in cui si dice “ provare un senso di
liberazione “. Sembrò che la città intera
esalasse un gigantesco respiro di sollievo :
finalmente si poteva fare quello che si voleva,
non c'era più bisogno di guardarsi
continuamente le spalle. “
“ La politica in quel momento [...] era
soprattutto libertà : libertà, soprattutto, di fare
senza paura tutto quello che prima non si
poteva fare. Comprare il giornale che uno
voleva; o dire a voce alta ciò che si pensava;
[...] libertà di parola; libertà di religione;
libertà dalla paura; libertà dal bisogno. [...] il
resto sarebbe venuto dopo, era da costruire;
intanto ci si poteva godere beatamente quel
bene prezioso, il primo, quello fondativo, da
cui sarebbero scaturiti a poco a poco tutti gli
altri .”
( Alberto Asor Rosa ).
3
1. I partiti e l'eredità del passato
Alla caduta della dittatura i partiti si presentano nella città di Rieti come un
variegato arcipelago di esperienze diverse: alcuni partiti rinascono sulla base di
una tradizione, altri sono di recente formazione, tutti appaiono condizionati dal
ventennio trascorso, dalla compressione della libertà, dal disastro militare e
morale appena attraversato.
Alla partecipazione politica si ritorna in forma caotica, non priva di processi
di ripensamento, contraddizioni, improvvisazioni: eppure si realizzò
capillarmente un risveglio di presenza organizzata nei quartieri, nelle
fabbriche, nelle campagne.
Il compito di costruire un nuovo stato democratico appariva complesso, la vita
politica non poteva più essere appannaggio di alcune minoranze come nell'
Italia liberale, doveva conquistarsi una sua dimensione di massa, concorrendo a
raccogliere ed orientare un consenso popolare attivo, in un quadro pluralistico,
giocando un ruolo nella ridefinizione dell' identità nazionale. Per ricostruire lo
Stato era necessaria la creazione di un sistema politico del tutto nuovo, e da
subito i partiti assunsero quella funzione che successivamente sarà sancita
dalla Costituzione, all' articolo 49 , nel quale si afferma che i cittadini si
possono riunire liberamente in partito per concorrere a determinare la politica
dello stato con metodo democratico.
In questo quadro va segnalata la prima esperienza di ripresa di attività di un
partito politico a Rieti: quello socialista.
Si ha notizia di una riunione svolta il 18 giugno 1944 nella casa di Francesco
Trinchi, con la partecipazione di alcune personalità “storiche” del socialismo
reatino, come a dimostrare una continuità ideale e pratica tra il passato ed il
presente.
Il 2 luglio si svolse un' assemblea generale della sezione, che chiamò alla
carica di segretario l'avvocato Berardelli. Sempre in luglio fu diffuso un
4
volantino di propaganda nel quale i socialisti si proponevano di riprendere “in
campo aperto dopo circa venti anni di cospirazioni il loro posto di lotta per
le rivendicazioni sociali e politiche della classe lavoratrice”
1
. Il volantino
condanna poi coloro che “promossero e sostennero il fascismo, che fecero
compiere o compirono persecuzioni, violenze e delitti, tutti coloro che si
macchiarono di corruzione e ladrerie” , e invita il popolo all'unità intorno al
PSIUP, che aveva combattuto il fascismo sin dal “fatale 1922, quando le porte
di Roma furono dal tradimento aperte alle bande in camicia nera, pagate dai
signori”. Si fa poi appello ai “lavoratori del braccio e del pensiero che
dovranno prepararsi alla battaglia decisiva.” Si tratta di riorganizzare in ogni
comune una sezione socialista di pochi militanti “con criterio di rigida scelta
morale e politica”, ricostituire la Federazione provinciale socialista, organizzare
in ogni comune gruppi di giovani “volontari della libertà” e una lega di
lavoratori.
I dati sulle iscrizioni al partito passano fra l' ottobre ed il novembre dai 200
iscritti a Rieti, con circa 25 sezioni comunali nel territorio provinciale, a 40
sezioni con 1500 iscritti.
Tale impennata nelle iscrizioni destò addirittura qualche preoccupazione nel
Comitato direttivo, che ritenne necessario nel novembre 1994 affermare in un
volantino che “non ci sarà più bisogno di una tessera di partito per lavorare,
per concorrere ad un impiego, per fare carriera”. Si sottolinea inoltre che per
aderire al PSIUP è necessario conoscerne “il programma, la dottrina, la
storia”.
Nel dicembre di quell'anno si tenne il congresso del partito, che coinvolse i
rappresentanti delle sezioni di tutta la provincia ed ospitò delegazioni del
Partito Comunista e del Partito d' Azione.
Il congresso votò una mozione , ispirata dalla direzione centrale, in cui si
poneva il veto al governo presieduto da Bonomi e si propugnava la
1
dal testo del volantino in Archivio di Stato di Rieti ( d'ora in poi ASR ), Archivio della Prefettura Ufficio di
gabinetto ( d'ora in avanti APUG ), B. 110.
5
candidatura di Ruini
1
.
A conclusione del congresso si tenne un comizio pubblico dell'on. Romita, con
la partecipazione di circa 700 persone. Su tale comizio il segretario del PCI ,
Amato Bei, scrisse :
“Romita è stato molto chiaro in materia di epurazione e deciso assertore della repubblica,
però quel voler raggiungere il socialismo col liberalismo ha tutta l'aria di un discorso del
1921, dimenticando i fucili spianati dei ciechi servitori dei nemici del socialismo
2
”.
Sul congresso il giudizio del segretario della Federazione comunista è
piuttosto severo; egli considera impreparati i dirigenti, basso il profilo politico,
limitativa la discussione incentrata sui problemi economici della città, quali la
borsa nera, la penuria di sale, la raccolta delle olive, l'ammasso dell'olio.
Prende inoltre le distanze dall'orientamento di “ approvare la borsa nera dei
contadini perché [ altrimenti ] la fanno i padroni”.
Nel corso dell'anno successivo al congresso, il partito socialista estese la sua
presenza a tutta la provincia, giungendo nel novembre del 1945 a 65 sezioni
e a circa 4000 iscritti.
3
Si deve osservare tuttavia che sia sul piano della
propaganda che su quello dell' influenza politica il partito socialista doveva ben
presto subire la concorrenza dei comunisti, che presto si avviarono a diventare
il primo partito della provincia .
Per quanto concerne il Partito Liberale, che faceva capo all' avvocato Giovanni
Tomassetti, sappiamo che, pur raccogliendo simpatie in ambito giovanile,
contava solo 15 iscritti a Rieti nell'ottobre del 1944. Nel corso del 1945
costituì in provincia 14 sezioni con circa trecento iscritti
4
.
Il Partito d' Azione faceva capo all' avvocato Italo Bernardinetti, e contava a
Rieti circa venti iscritti
5
. La federazione si costituì il 23 ottobre con l'
1
dalla relazione del prefetto del 4 dicembre.
2
dalla relazione di Amato Bei sul congresso del Partito Socialista.
3
dalla relazione del Prefetto sulla situazione generale della provincia nel mese di novembre 1945. In Archivio
Centrale di Stato ( d'ora in poi ACS ), PS 1944 – 45, b.24, f. Rieti.
4
cfr le relazioni del prefetto in ASR, APUG, b.54, CAT 4, F. 11, e ASC, PS 1944 – 45, b. 24, F. RIETI.
5
In una relazione alla Direzione del 2 gennaio 1945 il segretario del PCI fa risalire la costituzione del
6
intervento degli avvocati Cavalcanti e Lombardo, ed arrivò a contare 23
sezioni, che però nel novembre 1945 si erano ridotte a sette. Alla caduta del
governo Parri il Partito d' azione reatino entrò in crisi. Il 26 gennaio 1946 il
segretario Italo Bernardinetti rassegna le dimissioni. In una lettera all'esecutivo
nazionale scrive:
“ Da tempo attraverso una laboriosa crisi che mi pone in uno stato d'animo di completa
incertezza di fronte ai problemi sociali, politici ed economici. I principi e la linea di
condotta del Partito d'Azione non trovano la mia approvazione e logicamente non posso più
rappresentare il partito in posti di responsabilità anche relativa. Questa lettera vuole
disimpegnarmi in senso assoluto dal Partito dal quale in questo momento mi considero
dimissionario
1
”.
Contemporaneamente rassegna le dimissioni anche Vidimari, membro
dell'esecutivo provinciale e del locale CLN, il quale scrive:
“ I recenti avvenimenti politici, l'apatia degli aderenti, l'uscita dal governo del Partito
d'Azione, il conseguente marasma politico interno che si è ( a mio avviso ) venuto a
creare, hanno fatto si che molte di quelle idee che avevano in un primo tempo informato
la mia linea di condotta mi abbandonassero. Ho deciso, quindi, di rassegnare le mie
dimissioni da membro dell'esecutivo provinciale e da membro del CLN locale. Si intende
inoltre che è mio fermo proposito rinunciare anche alla iscrizione e che ogni mia attività
viene a cessare alla data della presente. Mi auguro che una superiore obiettività ispiri Vostri
giudizi nei miei confronti
2”
.
Il Partito democratico del lavoro aveva il principale esponente nell'avvocato
Luigi Colarieti,e nel mese di ottobre 1944 contava una ventina di iscritti e un
certo seguito tra gli intellettuali e tra i maggiori possidenti . Privo di sezioni
Partito d' Azione all'iniziativa di alcuni “compagni” : “ Il Partito d' Azione fu costituito dai nostri
compagni. Quando venni a Rieti, il mese di settembre, non approvai questa decisione ma siccome questi
compagni facevano parte anche del CLN trovammo conveniente farli restare (...)”. In Istituto Gramsci (
d'ora in poi IG ), Archivio Partito Comunista ( d'ora in avanti APC ), Fed. di Rieti, aa. 1944 – 45. Un
possibile riscontro di quanto affermato dal segretario lo abbiamo dal rescoconto sulla situazione
amministrativa al 31 dicembre 1944 ove tra le uscite compare la voce “ Prestito al Partito d' Azione”. Ivi.
1
lettera in archivio privato di Enrico Amatori.
2
ibidem.
7
in provincia , svolgeva una scarsa attività
1
. Nel novembre 1945 il numero
delle sezioni arrivò a quattro in tutta la provincia, con un totale di 150 iscritti
2
.
Il Partito Repubblicano si costituì solo nel corso del 1945 : alla fine dell'anno
contava 15 sezioni in tutta la provincia, con circa trecento iscritti.
Tra il 1944 e il 45 possiamo parlare di una intenso risveglio dell'attività dei
partiti.
In particolare i partiti di sinistra diffusero programmi, idee, iniziative in tutta
la provincia.
Secondo le relazioni del prefetto
3
, però, la popolazione restava “ apatica e
riottosa nel seguire un qualsiasi indirizzo politico “, continua[va] a vivere
nella completa indifferenza politica, antepone[va] alla politica il fattore
economico, l'attaccamento alla propria famiglia e l'attività per il conseguimento
dei propri interessi “. Il giudizio del prefetto sulla partecipazione politica della
popolazione muterà solo verso la fine del 1945, con la ripresa d' iniziativa
della destra monarchica e dell' Uomo qualunque : allora a suo giudizio si
forma una opinione pubblica, una coscienza civica, che trasforma il
disinteresse in protesta contro la linea politica della sinistra
4
.
Nel corso del
ventennio Rieti aveva espresso un antifascismo irriducibile, pagato con
ammoniti, confinati, condannati dal Tribunale speciale
5
, ma sempre su un piano
individuale e poco organizzato. Ancora nel 1942 Mussolini ebbe modo di
elogiare il podestà della città per la mancanza di manifestazioni antifasciste
6
.
Il regime, anche a Rieti, era riuscito a “ monopolizzare il controllo delle
coscienze “
7
attraverso riti e manifestazioni di massa .
1
cfr. la relazione del prefetto sullo stato della provincia nell' ottobre 1944. ASR, APUG, b.54, cat. 4, fasc. 11.
2
cfr relazione del prefetto. ACS, PS 1944 – 45, b. 24, f. Rieti.
3
marzo 45 e ottobre 45 . In ACS, PS 1944 – 45, b. 24,f. Rieti.
4
dalla prefazione del libro di De Mori, Nella tormenta, città e diocesi 1943 – 45. Documenti e testimonianze.
Belisari, Rieti 1946.
5
cfr. A. F. Milli, Ribalte e vicoli. Rieti, Secit.
6
Lettera della regia prefettura di Rieti al podestà contenente elogio del duce datata 12 agosto 1942 in ASR,
ACR, “ Polizia, oggetti diversi 1937 - 44.
7
Cit. in Emilio Gentile, Il culto del littorio : la sacralizzazione della politica nell' Italia fascista, Roma –
Bari,
8
Sarà utile ricordare ad esempio le grandi mobilitazioni in occasione delle visite
di Mussolini, Federzoni e Starace, e per le ricorrenze della marcia su Roma.
Il clima di esaltazione tipico di tali momenti è ben esemplificato da una
circolare interna della Federazione provinciale fascista a proposito della
manifestazione del 30 ottobre 1927 :
“ Lo spettacolo di forza, di entusiasmo e di vitalità che per la celebrazione della marcia su
Roma hanno dato il 30 ottobre il fascismo di questa regione e dell'intera provincia di Rieti
attraverso tutte le organizzazioni giovanili, combattentistiche, sindacali e fasciste, rimarrà
indimenticabile nel ricordo di chi fu presente ! Ogni città, ogni Fascio, ogni organizzazione
ha gareggiato in compattezza e in ardore, per la dimostrazione della propria efficienza “
1
.
La propaganda fascista era stata specialmente rivolta ai giovani :
“ forza fresca dei popoli, fermento di nuova vita, speranza del domani (...) sono assediati,
accaparrati dal regime, che sì li manipola a piacimento, prima nei balilla, poi negli
avanguardisti, poi nella milizia, con gli esercizi ginnici, con tutti gli sports, con le gare, le
gite, i campeggi, con le conferenze bellicose e religiose crescendoli così in lieta, beata
animalesca incoscienza, incuranti dell'avvenire, strafottenti, nemici dei padri, dei fratelli, dei
compagni di lavoro “
2
.
Alla caduta di Mussolini vi furono festeggiamenti ed una dimostrazione in
piazza del comune, con grida inneggianti a Matteotti, ma tale manifestazione
fu repressa , e due giovani reatini furono malmenati e poi arrestati. Si legge
in un documento della pubblica sicurezza
:
“ Oggi 27 luglio ore 19.00 circa popolazione reatina inscenava manifestazione patriottica e
venivano esposte bandiere nazionali - furono divelte insegne fascio esistenti questa città -
Durante manifestazione Mozzetti Enzo di Petrella Salto cap. RE et avv. Berardelli Dante di
Laterza, 1993, p. 61.
1
Dalla circolare del segretario provinciale Marcucci 31 ottobre 1927 in ASR, ACR, “Polizia, oggetti diversi
1926 – 28”, fasc. “ dimostrazioni “.
2
Cit. in Emilio Gentile, op. cit., p 64. Sulla irregimentazione delle masse, in particolare sulla politica del
fascismo verso l'infanzia, cfr . anche Gibelli, Il popolo bambino. Torino, Einaudi 2005.
9
Norcia gridavano pubblica piazza Viva Matteotti - Proceduto loro arresto - Dal terrazzo del
comando Legione Milizia venne puntata contro dimostranti mitragliatrice senza far fuoco
procurando risentimento - ristabilito subito ordine et manifestanti scioglieansi in perfetta
calma ”
1
.
Del resto molti dei manifestanti erano stati fascisti fino a poco tempo prima,
e probabilmente avevano partecipato alla manifestazione di piazza subito
dopo lo sbarco degli americani in Sicilia al grido di “ duce, duce, le armi !
2
”.
Il fascismo stava cadendo rovinosamente, ma la Resistenza e la rinascita
democratica erano ancora qualcosa di indeterminato, nebuloso, precario.
Se i partigiani avevano l'entusiasmo di chi si sente vincitore e vuole
ricominciare da zero, la popolazione era tuttora estranea a quello spirito
antifascista e a quella volontà di rinnovamento che caratterizzava solo una
minoranza politicizzata.
Il fascismo aveva fortemente condizionato le masse , con una mobilitazione
continua, con la repressione e con la manipolazione del consenso, ma in
termini non democratici, e comunque diversi da quelli della vecchia classe
politica liberale.
Tale eredità rendeva le masse passive, intaccava la loro capacità di
organizzarsi democraticamente anche nelle nuove condizioni di libertà che
faticosamente andavano realizzandosi.
Il compito dei partiti popolari era complesso: educare alla democrazia,
organizzarla con strumenti nuovi, riempire il vuoto, la crisi di identità e di
autorità che si era aperta.
“ I partiti occuparono dall'alto uno spazio che era stato autoritario e che era rimasto vuoto
di padroni ma non di strutture, sia organizzative che di valori, e la società investita di
nuovi diritti politici visse quei partiti - metodologicamente - in larga misura come
successori di una autorità scaduta”
3
.
1
ACS Dir. Gen. PS 1923 – 1950. In Enrico Amatori, La resistenza nel reatino 1943 – 44, Rieti, Il Velino, 1983
2
A.F. Milli, Ribalte e vicoli, Rieti, Secit.
3
Luciano Cafagna, Il PCI e la continuità con il fascismo in id. C'era una volta... riflessioni sul comunismo
italiano, Venezia, Marsilio, 1991, p. 68.
10
2. Verso la democrazia
Dopo il bombardamento del 7 giugno 1944 i fascisti lasciano Rieti, e le
truppe tedesche restano padrone della città. Le retroguardie tedesche, dopo
averla saccheggiata mineranno tutti i ponti cittadini e partiranno nella notte del
12. A questo proposito è stato scritto che
“ le esigue e ansiose retroguardie germaniche che massacrarono la città erano facilmente
isolabili sul piano militare-partigiano. E qui soprattutto qui, la Resistenza mancò i propri
scopi portandosi dietro il vizio d' origine dell'arroccamento isolazionista, sdegnoso e
attendista che caratterizzò in negativo la propria stessa nascita. Le formazioni partigiane che
accerchiavano la città da mesi , ove si fossero strategicamente proiettate nella pianura
avrebbero potuto senz'altro impedire, coadiuvate da una popolazione bendisposta a difendere
la città, quantomeno la distruzione dei ponti e gli ultimi terribili colpi di coda di un
esercito in ritirata e che saccheggiava in un tempo e in uno spazio vuoti di controspinte (...)
Invece tutta l'azione guastatrice della retroguardia germanica (...) avvenne nella più
imprevista e imprevedibile solitudine operativa
1
”.
Partiti i fascisti, in ritirata i tedeschi, assenti i partigiani, la città rimase
ingovernata per tre giorni. Gli alleati sarebbero arrivati il 16. In questo “ vuoto”
istituzionale si costituì un comitato civico allo scopo di “ dare un segno,
una cifra di governo e di sicurezza” alla città
2
.
In una dichiarazione scritta il 24 giugno 1944 al Ministero della guerra
“sull'attività svolta dall' 8 settembre fino alla data di presentazione” il tenente
colonnello Mario De Santis, che aveva svolto attività clandestina di
propaganda contro il governo di Salò e contro le forze armate tedesche nella
provincia di Rieti “stringendo contatti con capi di gruppi patrioti” scriveva:
“il 13 giugno, nel momento in cui i tedeschi hanno evacuata la città di Rieti, dopo aver
1
Cfr. A.F. Milli, op. cit., p. 92.
2
Ibidem p. 94.
11
fatto saltare i ponti, cabine elettriche ecc. e saccheggiato tutti i negozi e tutte le case, lo
scrivente ha preso sotto i suoi ordini tutti gli elementi cittadini e quelli delle bande
organizzate che si erano uniti per far fronte ad un possibile ritorno dei tedeschi
provenienti dalla zona di Aquila o di Terni non ancora occupate. In detta giornata e fino
al giorno 15 compreso, fino cioè il sopraggiungere delle autorità Anglo – Americane, ha
presieduto al mantenimento dell'ordine pubblico ed all'organizzazione dei vari servizi
pubblici”.
Le bande organizzate di cui parla il De Santis erano quelle cittadine povere
di mezzi e di uomini che non avevano avuto un ruolo rilevante durante la
resistenza. Le bande partigiane più forti, quelle della Sabina e del Leonessano
scesero dalle montagne in un secondo tempo
1
.
Le truppe alleate giunsero , da Roma e dal Nord, il giorno 16. Furono accolte
festosamente dalla popolazione, che aveva sofferto distruzioni e saccheggi,
specie nell'ultimo periodo.
Il prefetto Galatà, nella relazione del mese di ottobre 1944, riferisce che i
danni arrecati dai bombardamenti aerei e dalle mine, alle case, agli edifici
pubblici, agli stabilimenti e alle opere furono calcolati dal Genio Civile in una
cifra pari a circa 800 milioni. Nel capoluogo furono distrutti buona parte del
rione S. Antonio, la zona di Porta d'Arce, la zona fuori Porta Cintia e case
isolate nel centro della città. Migliaia di persone rimasero senza tetto.
Il danno generalmente sentito in tutta la provincia fu comunque quello della
distruzione dei ponti : 27 sulle vie statali ( Salaria, Ternana, Flaminia ), 149
nelle provinciali e 30 sulle comunali
2
.
I partigiani scesero per ultimi. La guerra aveva attraversato la città, ma ora
era passata. La vita poteva riprendere. L'entusiasmo dei reatini sfociò in una
manifestazione di ringraziamento a S. Antonio; la sua statua venne condotta in
processione per le vie cittadine. Anche la vita istituzionale riprese, dopo il
gelo del ventennio. Gli alleati dietro consiglio del vescovo, che era
1
Cfr. “ Dichiarazione scritta rilasciata il 24 giugno 1944 dal tenente colonnello De Santis Mario”
in ASR, APUG, b.135.
2
In ASR, APUG, b. 131.