scienze della vita e le scienze dell’ingegneria non abbiano grandi cose in comune. Ad
una più attenta analisi, ci accorgiamo, però, che le due scienze sono strettamente
collegate. Rimanendo in campo aeronautico basti pensare, come l’uomo, da sempre,
abbia cercato di imitare il modo naturale di volare degli uccelli, per potersi librare
nell’aria. In effetti la natura possiede intrinsecamente le caratteristiche di sensorialità e
adattatività, che vengono cercate oggi in tutti i materiali intelligenti e nelle strutture
artificiali o nelle reti neurologiche dell’elettronica e nelle reti neurali dell’informatica.
Gli algoritmi genetici rappresentano una efficace applicazione dei risultati della
genetica a una tecnica numerica di marcato interesse progettuale, fornendo un potente
metodo di ottimizzazione per la ricerca globale. Il loro utilizzo in questo lavoro di tesi è
stato suggerito dalla semplicità con cui essi permettono di schematizzare il problema e
valutare una funzione obiettivo, senza trascurarne la facilità di implementazione in
molti linguaggi di programmazione e la riadattabilità ad eventuali modifiche. Tuttavia,
come dimostreremo nel corso di questo lavoro, per ottenere la convergenza della
soluzione con tempi di calcolo non eccessivi, può risultare necessario adottare
opportuni accorgimenti per ridurre il numero di variabili ottimizzate dalla
combinazione propagatore/GA.
Nel capitolo 1 viene effettuata una panoramica sulle tecnologie propulsive che poi
saranno utilizzate nelle missioni orbitali. In particolare, vengono richiamate le nozioni
principali della propulsione elettrica con riferimento alle tre categorie della propulsione
elettrostatica, elettromagnetica ed elettrotermica.
Il capitolo 2 si occupa di introdurre il problema dell’ottimizzazione, presentando i
diversi metodi di ricerca (locali e globali). Inoltre vengono illustrati gli algoritmi
genetici descrivendone i principali operatori di selezione e di riproduzione che li
caratterizzano.
Nel terzo capitolo definiamo la combinazione propagatore orbitale/GA che poi sarà
utilizzata per le diverse verifiche e applicazioni. Vengono esaminate in modo
approfondito le parti da cui tale strumento è composto.
Nel capitolo 4 vengono presentati i risultati relativi al satellite COSMO-SkyMed per
trasferimenti e correzioni orbitali in orbite LEO: dapprima l’approccio scelto viene
verificato applicandolo alle correzioni di singoli parametri orbitali, e in seguito viene
utilizzato per costruire una possibile strategia di immissione in orbita dal lanciatore
VEGA. Le manovre vengono progettate individuando gli archi ottimi di accensione dei
propulsori capaci di minimizzare il tempo di trasferimento.
- 6 -
Il capitolo 5 illustra l’analisi svolta a proposito delle orbite Molnya, riportando i relativi
risultati del profilo di spinta. In una prima parte si evidenzia il comportamento
dell’algoritmo genetico per questo tipo di orbite al crescere del numero di individui, di
generazioni e di accoppiamenti; poi applichiamo il modello ad un trasferimento da
orbita circolare a Molnya, ottimizzando gli archi di accensione della propulsione
elettrica.
Nel sesto capitolo viene analizzata la possibilità di mettere in orbita i satelliti della
costellazione Galileo tramite il lanciatore VEGA. Nel dettaglio viene analizzato il
trasferimento da un’orbita ellittica ad una circolare di media altezza (orbita operativa di
Galileo) con l’utilizzo della propulsione elettrica.
Nel capitolo 7 viene poi esaminato il caso del recupero del satellite Artemis: i risultati
ottenuti mediante la tecnica presentata nella tesi vengono paragonati a quelli ottenuti da
Alenia Spazio nella reale missione di salvataggio.
L’appendice A riporta alcuni richiami di astrodinamica, utili per la preparazione del
codice e l’interpretazione dei dati (terne di riferimento, perturbazioni, trasferimenti
orbitali, metodo geometrico di Moulton), mentre l’appendice B presenta le principali
caratteristiche dei propulsori elettrici utilizzati in alcune missioni spaziali.
- 7 -
LA PROPULSIONE ELETTRICA..................................................................... 8
1.1 Generalità.................................................................................................................... 8
1.2 ELETTROSTATICI:............................................................................................... 13
1.2.1 Bombardamento di ioni......................................................................................... 13
1.2.2 Radio frequenze (RIT) .......................................................................................... 14
1.2.3 Colloide elettrostatico ........................................................................................... 15
1.2.4 Contatto di ioni...................................................................................................... 15
1.2.5 FEEP ad emissione di campo................................................................................ 15
1.2.6 Ioni con separazione di plasma ............................................................................. 16
1.2.7 Radio isotopi ......................................................................................................... 16
1.2.8 Effetto Hall (SPT,TAL) ........................................................................................ 17
1.3 ELETTROMAGNETICI......................................................................................... 19
1.3.1 Plasma magneto-dinamico (MPD)........................................................................ 19
1.3.2 Sistema avanzato MPDT....................................................................................... 20
1.3.3 Plasma pulsato indotto (PPT)................................................................................ 20
1.3.4 Plasma elicoidale................................................................................................... 20
1.3.5 Plasma pulsante (PIT) ........................................................................................... 20
1.3.6 Risonanza di elettroni e ciclotroni (ECR) ............................................................. 20
1.4 ELETTROTERMICI............................................................................................... 21
1.4.1 Idrazina elettrotermica .......................................................................................... 21
1.4.2 Arcogetti................................................................................................................ 21
1.4.3 MET ...................................................................................................................... 21
1.4.4 Resistogetti............................................................................................................ 22
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Capitolo 1
LA PROPULSIONE ELETTRICA
1.1 Generalità
La propulsione elettrica rientra nella categoria dei sistemi di propulsione a getto non-
airbreathing engines, in cui la spinta è ottenuta mediante l’espulsione, dall’interno del
corpo del propulsore, di un flusso di materia interamente costituito dal propellente
stivato a bordo del sistema propulsivo stesso.
In particolare, si possono definire come propulsori elettrici i propulsori in cui
l’acceleramento di un fluido propulsivo, contenente particelle cariche elettricamente,
avviene mediante campi elettrostatici e/o elettromagnetici.
I due parametri fondamentali per definire le prestazioni di un propulsore elettrico, ed in
generale di ogni tipo di propulsore, sono la spinta e l’impulso specifico.
La spinta è la forza prodotta da un motore, ottenuta in accordo alla terza legge di
Netwon, per mezzo dell’accelerazione di un fluido in direzione opposta alla spinta
stessa.
In generale, l’equazione che descrive il moto di un endoreattore deriva direttamente
dall’equazione di conservazione della quantità di moto e si scrive:
pgace
FFFFumvm
rrrr
r
&
r
& ++++⋅−=⋅
ove m è la massa istantanea del satellite, v
r
&
la sua accelerazione, è la portata del
propellente in uscita dal propulsore, u
m&
e
è la velocità della massa del propellente relativa
al satellite nella direzione della spinta, F
c
è la forza di Coriolis, F
a
è la forza di attrito
aerodinamica in presenza di atmosfera, F
g
è la forza gravitazionale ed F
p
rappresenta la
forza di pressione che si genera nella sezione di efflusso dell’ugello.
In condizioni di ugello adattato la spinta può essere definita come segue:
- 8 -
eumT
r
&
r
⋅−=
Nelle ipotesi che si trascuri la resistenza atmosferica (alta atmosfera o spazio vuoto),
che il campo gravitazionale locale sia trascurabile rispetto alla spinta, e che il moto sia
rettilineo in un riferimento inerziale, possiamo integrare tra l’istante iniziale (istante di
accensione) e quello finale (istante di spegnimento), l’equazione del moto e scrivere
l’equazione del razzo (o equazione di Tsiolkowsky):
⎟
⎟
⎠
⎞
⎜
⎜
⎝
⎛
⋅=∆
f
i
e
m
m
uv log
in cui m
i
e m
f
rappresentano rispettivamente la massa iniziale e la massa finale del
veicolo spaziale all’inizio ed al completamento della fase propulsiva e ∆v è la
variazione di velocità del velivolo, essendo espulsa una quantità di propellente pari a
(m
i
-m
f
).
Il parametro ∆v è funzione della manovra da compiere e rappresenta il requisito
principale che caratterizza l’intera missione.
L’altro parametro importante per la definizione di un sistema propulsivo è l’impulso
specifico, che è misurato in secondi e può essere interpretato come il periodo di tempo
per cui un kg di propellente è in grado di fornire una spinta di un kg-peso. Esso è
funzione sia delle condizioni ambientali che dalle caratteristiche di funzionamento del
motore. In generale, il valore istantaneo dell’impulso specifico si scrive:
00
g
u
gm
T
I
e
sp
=
⋅
=
&
in cui g
0
non rappresenta il valore locale dell’accelerazione di gravità, ma un valore di
riferimento standard.
La caratteristica principale del sistema di propulsione elettrica è l’elevato impulso
specifico che permette di ridurre drasticamente la massa di propellente e quindi i costi
di lancio. Il propellente viene espulso circa venti volte più velocemente rispetto ai
classici thrusters a propellente liquido e inoltre la stessa forza propulsiva è ottenuta con
una minore massa propulsiva.
- 9 -
La velocità di uscita del propellente è teoricamente limitata solo dalla velocità della
luce e può essere calcolata nel seguente modo:
Equm
eq
⋅=⋅
2
2
1
ove E è la tensione applicata agli elettrodi, mentre m
q
e q, sono rispettivamente la
massa e la carica dello ione.
Con questo tipo di propulsione però non si riescono ad avere elevate spinte, che sono
dell’ordine dei milli-Newton (mN) o dei nano-Netwon (µN), e quindi il tempo per
compiere la missione subisce un notevole incremento.
Questa ultima caratteristica, di avere una bassa (mN) e a volte bassissima (µN) spinta,
ci permette però di avere un’alta controllabilità, una maggiore accuratezza, ed una
elevata flessibilità della missione.
La propulsione elettrica, però, può essere considerata solo se la potenza richiesta è
compatibile con i limiti esistenti sulla potenza disponibile a bordo del satellite. In
questo caso il parametro da considerare è la potenza specifica P
s
, definita come il
rapporto tra la potenza elettrica assorbita dal propulsore e la spinta fornita.
Uno dei problemi che questo tipo di propulsione presenta è, infatti, quello di operare
solo ad elevate potenze e per questo molte industrie stanno cercando nuove soluzioni
per aumentare le efficienze delle sorgenti di potenza. In questi anni si è avuto, e
continua ad esserci tutt’ora, una tendenza sempre maggiore allo sviluppo di nuove
tecnologie di propulsione elettrica capaci di operare ad elevate potenze (0.5-50 kW).
La propulsione elettrica non è un nuovo concetto, ma è stata studiata in parallelo alla
propulsione chimica e negli ultimi anni è sempre più applicata alle missioni spaziali
per l’aumentata efficienza dei thrusters combinata con la maggiore disponibilità di
potenza elettrica a bordo dello spacecraft.
La propulsione elettrica può essere classificata in tre grandi categorie a seconda del
tipo di acceleramento del fluido propulsivo: mediante i processi elettrostatici,
elettrotermici o elettromagnetici. Il diverso tipo di processo dipende dalla missione per
cui il satellite è progettato.
Una più dettagliata suddivisione può essere descritta facendo riferimento alle tecniche
di generazione del fluido propulsivo:
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¾ Elettrostatica :
- bombardamento ionico
- colloide di ioni
- contatto di ioni
- FEEP a emissione di campo (FEEP)
- radiofrequenze (RIT)
- radioisotopi
- effetto Hall (SPT,TAL)
¾ Elettromagnetica:
- magneto–plasma-dinamico (MPD)
- plasma pulsante (PIT)
- plasma elicoidale
- plasma pulsato indotto (PPTs)
- risonanza di elettroni e ciclotroni (ECR)
- plasma di impulso specifico variabile
¾ Elettrotermica:
- resistogetti
- arcogetti (DC o AC o pulsanti)
- onde elettrotermiche pulsanti
- idrazina elettrotermica
- microonde elettrotermiche (MET)
La propulsione elettrica nelle diverse forme, è usata da molto tempo per controllare la
posizione e l’assetto dei satelliti nello spazio.
Ad esempio la propulsione elettrica può rappresentare la propulsione primaria per un
micro-satellite oppure può controllare le perturbazioni su un satellite convenzionale, a
seconda della missione per cui è stato progettato.
Oggi sono stati sviluppati nuovi sistemi propulsivi che offrono la possibilità non solo
di controllare la posizione del satellite, ma anche di cambiare la traiettoria e far ciò in
modo più efficiente rispetto ai classici sistemi di manovra.
Nonostante il tempo di manovra aumenti per la maggior parte dei trasferimenti a bassa
spinta, per missioni interplanetarie il tempo di trasferimento può diminuire, evitando le
complicate e difficilmente riproducibili manovre di fly-by di Gravity-Assist o Aero-
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Gravity-Assist. Questa categoria di missioni, richiede inoltre, il funzionamento per
tempi di missione estremamente lunghi.
In generale l’utilizzo per applicazioni spaziali può essere riassunto come segue :
¾ Orbite medio-basse LEO e MEO per singoli satelliti :
- trasferimenti orbitali
- compensazione del drag-atmosferico
- controllo orbitale e d’assetto
- de-orbiting (fine vita del satellite)
¾ Costellazioni di satelliti per telerilevamento e telecomunicazioni :
- configurazione della formazione
- controllo orbitale e d’assetto
- riconfigurazione dei satelliti
¾ Orbite Geostazionarie per le telecomunicazioni (36000Km):
- station-keeping
- trasferimenti orbitali
- de-orbiting (fine vita)
¾ Missioni interplanetarie:
- trasferimenti orbitali
- inserimento in orbita planetocentrica
Negli anni ’60, negli Stati Uniti, questi sistemi a propulsione elettrica cominciarono ad
essere studiati in primo momento a terra e poi testati direttamente nello spazio.
Oggi il loro uso è divenuto sempre più massiccio e quasi 200 satelliti utilizzano questo
tipo di propulsione per tutte le missioni sopra descritte.
Ci sono esempi di satelliti con propulsione elettrica che sono stati sviluppati in tutto il
mondo, dal Giappone agli Stati Uniti, dall’Europa alla Cina, dalla Russia al Canada.
Vengono ora descritti i diversi tipi di propulsori elettrici, presentando i rispettivi
vantaggi e svantaggi, le loro caratteristiche e le loro applicazioni.
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1.2 ELETTROSTATICI:
I propulsori elettrostatici impiegano energia elettrica, ad elevato voltaggio, ed il
processo accelerativo è di tipo elettrostatico. In tale processo si accelera, per mezzo di
un campo elettrico, un fluido elettricamente carico. Uno schema generale di un
propulsore elettrostatico viene mostrato nella figura seguente.
Figura 1. 2.1 Schema di funzionamento di un propulsore elettrostatico
1
Molti dei propulsori elettrostatici utilizzano griglie che accelerano gli ioni ad altissima
velocità; la presenza di tali griglie però limita il tempo di vita di tali sistemi perché
esse sono soggette a fenomeni di erosione.
Possiamo distinguere diversi tipi di propulsori elettrostatici in base alle loro
caratteristiche intrinseche, descrivendone vantaggi e problemi che ognuno di essi
presenta.
1.2.1 Bombardamento di ioni
Questo tipo di propulsori è realizzato con un gas ionizzato (Cesio, Xenon, o Mercurio)
che viene accelerato da un campo elettrostatico generato dalle griglie acceleratrici.
Problemi:
o limitate spinte ( 1-500 mN);
o problemi iniziali di accensione “a scatti”;
o elevato valore del potenziale;
o elevata potenza specifica (24-40 W/mN).
1
Rif. [54]
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