Per queste fasi così antiche la conoscenza del territorio si è, però, notevolmente
ampliata grazie ai recenti scavi effettuati per la realizzazione della cittadella US
Navy a Gricignano
d’Aversa
5
.
Al di sotto di spessi strati di
depositi vulcanici
6
è stato
possibile individuare tracce
di insediamenti di epoca
preistorica (inizio III - II
millenio a.C.) grazie alla
conservazione di buchi di
palo pertinenti a capanne e
tracce di sistemazione del
terreno agricolo, organizzato
in lotti regolari e fornito di
canalette per il drenaggio
dell’acqua.
Fig. 2. Tracce di arature preistoriche da Gricignano
con canaletta di scolo, risalgono all’antica età del
Bronzo, XVIII sec. a.C. (Campania 2001, p. 9).
La documentazione archeologica della US Navy diventa imponente per
l’orientalizzante antico (VIII sec. a.C.), grazie al ritrovamento di una necropoli
composta da 93 sepolture
7
. La necropoli orientalizzante di Gricignano ci
testimonia la grande forza di penetrazione della cultura materiale greca in questa
fase e ci introduce nell’ampio dibattito relativo ai rapporti fra greci e popolazioni
locali e alla discussione relativa al più antico popolamento della Campania
8
.
5
DE CARO 2000, pp. 624-626; DE CARO 2001, pp. 875-879; Archeo 2001, pp. 9-13; LAFORGIA, DE
FILIPPIS 2002; MARZOCCHELLA 2003.
6
Due eruzioni in particolare, quella di Agnano_Monte Spina collocata nel 2700-2580 aC. e
l’eruzione ‘delle Pomici di Avellino’ ricondotta all’intervallo 1830-1696 a.C., di grande impatto e
violenza, datate con tecniche archeometriche hanno permesso di collocare cronologicamente anche
i resti sigillati.
7
Le tombe sono a fossa terragna, ad enchytrismos, a pozzetto con ricchi corredi costituiti da vasi
di produzione locale e di produzione greca o di imitazione (ceramica pithecusana), decorati con
motivi geometrici; oggetti di ornamento personale (fibule, collane, bracciali, anelli); armi
(soprattutto cuspidi di lancia). Minore ma significativa è la presenza di oggetti di tipo orientale
(scarabei in faience, perle di pasta vitrea, anelli scaraboidi).
8
Tali tematiche sono state affrontate e analizzate con proprietà ed accuratezza, tra gli altri, da
studiosi quali Beloch (BELOCH 1989, pp. 9-21), Pugliese Caratelli (PUGLIESE CARRATELLI 1991,
pp. 38-48 ), Cerchiai (CERCHIAI 1995, pp. 7-26).
2
Ignote rimangono per noi le dinamiche relative alla ‘pertinenza’ di questa area alla
chora cumana
9
o al territorio di Capua
10
e la stessa documentazione archeologica
non può darci informazioni riguardo un eventuale ‘confine’ fra area etrusca e
greca.
In zona gli scavi della US Navy a Gricignano d’Aversa
11
hanno messo in luce
tracce di un insediamento databile alla seconda metà del VI sec. a.C.; in
particolare, sono stati ritrovati piccoli fossati e canalette che definiscono una
spartizione del terreno in lotti rettangolari cui si associavano strutture abitative.
Fig. 3. Gricignano, tracce di capanne del Bronzo antico, asse viario dell’Eneolitico Finale,
necropoli di epoca orientalizzante (Marzocchella 2003, p. 214).
9
Possiamo comunque essere certi che la fondazione di Cuma (prima colonia greca d’occidente),
rappresentò un cambiamento fondamentale negli equilibri della piana campana. In particolare, DE
CARO 1981, pp. 11-12, sottolinea come la colonia si sia preoccupata fin dal principio di crearsi un
suo territorio agricolo verso nord nella pianura campana. In effetti interventi cumani di
irregimentazione delle acque del Clanio sono documentati in LIV. 28.46.5: agri Campani regionem
a fossa Graeca ad mare versam vendere quaestores iussi; PLUT., De mulierum virtutibus, 262 a-b.
Sull’argomento cfr. VALLET 1968, pp. 132-133; FREDERIKSEN 1984, pp. 20-21; FIENGO 1988, p.
5-7; CERCHIAI 1995, p. pp. 18-21 e p. 72; FRANCIOSI 2002, p. 29. Sui problemi relativi
all’estensione della chora vedi VALLET 1968, pp. 132-133
10
Secondo Pugliese Carratelli (PUGLIESE CARRATELLI 1991, p. 58) l’estensione raggiunta dal
dominio etrusco in Terra di Lavoro, in direzione di Cuma, si misura dal fatto che il coronimo
Leboriae, Leborini Campi, pertinente alla fascia più meridionale della pianura, posta a ridosso dei
rilievi flegrei (PLIN. nat., XVIII 11) è, a suo parere, la latinizzazione di un gentilizio etrusco,
Leprna, noto a Caere e a Tarquinia. D’altra parte lo stesso nome del fiume Clanio in realtà sembra
avere un’origine etrusca. Circa l’idronimo Clanio, vedi CHIAPPINELLI 2000.
11
LAFORGIA, DE FILIPPIS 2002. Vedi anche DE CARO 2000, pp. 624-626.
3
A questo nucleo abitativo sembra essere associato un nucleo di sepolture a cassa
di tegole
12
.
Nel V secolo a.C. può darsi siano avvenute modifiche circa l’assetto territoriale,
per la perdita di potere di Cuma e l’avanzare di Capua, che le fonti attestano a
capo della dodecapoli campana e più tardi dello ‘stato dei Campani’
13
. Nella
pianura campana si segnala la ‘nascita’ dal punto di vista archeologico della città
di Atella
14
, che si associerà a Capua in una lega cui aderivano anche Calatia e
Casilino
15
.
La seconda metà del IV secolo a.C. in Campania costituisce il momento del
conflitto con i Sanniti delle montagne per la conquista della pianura e di Capua
16
,
con l’intermezzo della guerra latina (340-338 a.C.) che si conclude per la prima
volta con una confisca di terra ai Capuani (ager falernus) e la sua distribuzione a
coloni romani. In questa fase viene consolidato l’asse Capua - Cuma con la
creazione della praefectura Capuam-Cumas
17
.
A questo punto le nostre informazioni di carattere archeologico si fanno più
puntuali grazie ad una serie di ritrovamenti fortuiti che ci permettono di valutare il
popolamento dell’area intorno al IV-III secolo a.C.
In Notizie degli scavi di antichità troviamo menzione di una serie di rinvenimenti
nei territori di Frignano, Aversa e Sant’Antimo nel periodo 1926-27, durante i
lavori per la costruzione della ferrovia ‘Direttissima’ Roma-Napoli, nel tratto
Aversa-Vico di Pantano (attuale Villa Literno); si tratta di nuclei sparsi di
sepolture con corredi databili appunto all’arco cronologico IV-III sec. a.C.
18
.
12
Tutte depredate ad eccezione di una, che presenta tegole dipinte con motivi geometrici arcaici e
che ha permesso di recuperare un olpe a vernice nera e due olle acrome.
13
DIOD. XII, 31, 1; LIV. X, 38, 5 –12. Cfr. PUGLIESE CARRATELLI 1991, p. 88; CERCHIAI 1995, pp.
184-190.
14
Cfr. DE FRANCISCIS 1967, pp. 233-234; BENCIVENGA TRILLMICH 1984; LAFORGIA 2001.
15
Cfr. JOHANNOWSKY 1983, p. 12; FREDERIKSEN 1984, p. 37.
16
Cfr. Salmon (E.T. SALMON, Il Sannio e i Sanniti, Torino 1995); Tagliamonte (G.
TAGLIAMONTE, I Sanniti: caudini, irpini, pentri, carricini, frentani, Milano 1996).
17
CASSOLA 1991, p. 104; CERCHIAI 1995, p. 141 (318 a.C.).
18
NS 1937, pp. 101-143.
4
In particolare, per quello che interessa il nostro studio, a Frignano Piccolo
(l’attuale Villa di Briano) nel fondo Maglione si rinvennero una serie di tombe, i
cui corredi, depredati dagli operai, furono recuperati dalla Polizia di Stato
19
.
Fig. 4. Materiale delle tombe del fondo Maglione, Frignano Piccolo
odierna Villa di Briano (NS 1937, p.105, fig. 2).
Il successivo scavo della Soprintendenza mise in luce, a circa 1,20 di profondità,
una serie di 5 tombe di diverso tipo (a cassa di tufo a copertura piana; a cassa di
tegoloni, con due scheletri affiancati; alla cappuccina; a cassa di tegole a due
spioventi). I corredi erano costituiti da vasi a figure rosse e a vernice nera, olle ed
ollette di ceramica grezza, oggetti di metallo (anellino in bronzo, cuspide di lancia
e fibula in ferro). Dal territorio di Frignano provengono, inoltre, una serie di 108
vasi, soprattutto a figure rosse o a vernice nera oggi conservati al Museo
Archeologico dell’Agro Atellano a Succivo
20
.
A Frignano Maggiore (l’attuale Frignano), nel fondo Marino fra via vicinale
“degli Zingari” e la via consorziale Teverola-Trentola-Parete-Giugliano, furono
19
NS 1937, p. 102, nota 1; altre informazioni sul sito cfr. CACCIAPUOTI 1978; SANTAGATA 1987,
pp. 152-158. Per il toponimo Dizionario UTET 1995, p. 582.
20
NS 1937, pp. 104-120; ricordiamo una hydria a figure rosse con scena figurata rappresentante un
guerriero sannita fra due donne attribuita attribuita all’Officina di Capua; il cratere a campana con
donna e guerriero su un lato e due figure di ammantati sull’altro, sempre a figure rosse.
5
ritrovate varie tombe a cassa di tufo e a cassa di tegoloni di età preromana, datate
alla metà del III sec. a.C.
21
.
Ancora nel 1953 a San Marcellino si ebbe il ritrovamento, durante i lavori di
costruzione della canonica della Parrocchia, a oltre 3 metri di profondità, di tre
tombe a cassa di tufo; situate verso est e identificate come tarde tombe sannitiche,
restituirono 6 vasi a vernice nera «di tipo campano del III sec a.C.»
22
. Dai dati
dell’Archivio Nazionale di Napoli si ottengono informazioni riguardanti il
ritrovamento di
altre tombe nella
zona di San
Marcellino
intorno al 1926-
27: nel 1927 nella
contrada detta
“quadrivio di
Frignano” furono
ritrovate «due
tombe di tufo grigio con un vaso di terracotta grezzo e alcuni frammenti di ferro
ossidato»; nello stesso anno nel fondo De Martino si rinvenne «una tomba a
tegoloni con un grosso vaso di terracotta grezzo
23
».
Fig. 5. Suppellettile recuperata a San Marcellino (NS 1953).
Secondo gli autori dell’articolo, i ritrovamenti si spiegano per la collocazione di
San Marcellino, con Frignano, sul tracciato di un’antica via che si raccordava con
la via Campana, di cui sono stati trovati i miliari ad Aversa
24
indicanti la distanza
da Atella e forse da Cuma.
21
NS 1937, p. 120-123. Si trattava di 12 tombe a cassa di tegoloni alla “cappuccina” a circa 1 m di
profondità, orientate in senso S-SO, N-NE prive di corredo e a volte prive dello stesso scheletro;
gruppo di 8 tombe a cassa di tufo, con orientamento un poco diverso ma nello stesso strato, con
pochi oggetti di corredo per lo più di ceramica comune, ma è testimoniata anche la vernice nera;
altre 37 tombe sono state trovate a una profondità variabile da m 0,40 a m 1 con orientamento NE-
SO spoglie di corredo e con poche tracce dello scheletro. Altre informazioni sul centro cfr.
SANTAGATA 1987, pp. 88-92.
22
NS 1953, pp. 190-191; per altre informazioni sul centro cfr. SANTAGATA 1987, pp. 119-122;
FONTANA 1999. Per il toponimo cfr. Dizionario UTET 1995, p. 133.
23
NS 1953, p. 190, nota 2.
24
CIL X, 6944 - 6945; forse la ‘via antiqua’ del Di Grazia; vedi anche CORRADO 1927,
FREDERIKSEN 1985, p. 37 e DE CARO 2001, pp. 890-891
6
A questa fase
cronologica posso
attribuire, in base al
tipo di materiali e
tombe, i ritrovamenti
che lo studioso locale
Enzo Di Grazia
elenca per la zona dell’ag
grigio con copertura piana; tombe alla cappuccina con tegole; sarcofagi (?) di
terracotta a forma di cilindro con due punte
ro aversano
25
. L’autore ci parla di: tombe a cassa di tufo
Fig. 6. Oggetti ritrovati nell’agro aversano (Di Grazia 1970,
fuori testo).
26
. I tipi di corredo ritrovato
comprendevano generalmente vasi a vernice nera e vasi in ceramica comune
27
;
nelle tombe considerate ‘più ricche’ si trovavano anche vasi a figure rosse o a
figure nere
28
. L’autore ci informa anche del ritrovamento di sepolture con corredo
costuito da una sola moneta posta sul petto del defunto. Segnala poi la presenza
nelle tombe anche di oggetti in metallo (cuspidi di giavellotto e strigili), di
statuette femminili, di ‘pietruzze colorate prive di qualsiasi valore economico’, di
‘sfere di materiale verde con pietre rosse incastonate’ a sostituire la moneta sul
corpo del defunto. In base alla disposizione dei ritrovamenti identificati, Di Grazia
delinea una serie di percorsi stradali che collegavano i centri abitati dell’epoca
29
.
25
DI GRAZIA 1970; l’autore data fa risalire le tombe ad un arco cronologico fra il VI e il IV sec.
a.C., probabilmente in base al tipo di materiale rinvenuto; Si tratta di una serie di sepolture
ritrovate per caso e scavate clandestinamente a partire dall’inizio del ‘900, ma con una fase di
maggiore intensità dalla metà del secolo.
26
In nota (DI GRAZIA, p. 18, nota 1) l’autore segnala il ritrovamento di un altro tipo di sarcofago
con una sola punta e con l’altra apertura chiusa con un’anfora; si potrebbe trattare quindi
verosimilmente di sepolture ad enchytrismos.
27
DI GRAZIA 1970, p. 22. Fra le forme di vasi l’autore ricorda: brocchette a cratere, a calice, ‘a
paparelle’ (askos), crateri, olle, piattini, ciotole, lucerne.
28
In genere, i primi presentavano la figura di un offerente (uomo o donna) con piatto in mano,
intervallate da una foglia di acanto anche da sola su altri oggetti. Di Grazia ricorda anche il
ritrovamento di ‘piatti coi pesci’, raffiguranti solitamente due pesci e un polipo nella parte interna,
e di bail-amphorae. I vasi a vernice nera sono generalmente privi di segni; alcuni piatti, però,
presentano segni incisi su una fascia di circonferenza interna, altri invece presentano sul fondo
disegni impressi costituiti da ovali con abbozzate all’interno teste e conchiglie. Segnala, inoltre,
piatti a vernice nera oppure con fasce colorate in nero o rosso all’interno o all’esterno.
29
Vie principali sono considerate la via Campana (poi Consolare Campana in età romana) e la via
Antiqua; altre strade minori erano quella da Atella a Volturnum e da Atella a Cales, mentre vie
minori garantivano la circolazione locale. Per la ‘via antiqua’ vedi anche NS 1953, pp. 190-191;
FREDERIKSEN 1985, p. 37.
7
Anche per il IV sec. a.C. le indagini nell’area
della US Navy forniscono nuovi dati, soprattutto
in relazione alla viabilità antica. Nel settore W è
stato identificato un asse stradale in terra battuta
databile tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.
C. L’asse, con orientamento NW-SE (98°),
misura circa 9 m di larghezza e risulta
fiancheggiato da fossae limitales, inoltre, si
presenta orientato verso un gruppo di sepolture a
cassa di tufo ed in generale tutta l’area risulta
caratterizzata da nuclei sparsi di tombe a cassa
di tufo e di tegole o a fossa terragna, che si
addensano in particolare nella zona della
periferia urbana di Atella. Nel settore posto all’incrocio a N dell’VIII Kardo ed a
Ovest del Decumanus Maximus, invece, è stato evidenziato un sistema di
canalizzazione piuttosto complesso costituito da due canali orientati NE-SO
30
.
Fig. 7. Esempio di sarcofago (Di
Grazia 1970, fuori testo).
Con il III secolo inizia la romanizzazione dell’area
31
, sino alla confisca dell’ager
campanus all’indomani della guerra annibalica e la trasformazione in ager
publicus
32
.
La documentazione sugli interventi agrari e legislativi dell’ager campanus risulta
scarsa e contraddittoria tanto da creare ancora difficoltà nel datare i vari interventi
e addirittura nello stabilire i confini dell’ager campanus in questa fase e nelle
successive
33
.
30
LAFORGIA, DE FILIPPIS 2002, p. 139.
31
Sebbene le popolazioni locali abbiano colto varie occasioni per cercare di liberarsi dal giogo
straniero: terza guerra sannitica (298-290 a.C.), Pirro (280-272 a.C.), guerra annibalica (218-204
a.C.).
32
Cfr. Structures agraires 1987, p. 215; Misurare la terra 1989, pp. 222-226; CASSOLA 1991, p.
108; FRANCIOSI 2002, p. 74.
33
Le opinioni sull’estensione dell’ager campanus sono varie, fra le altre ricordiamo Frederiksen
(FREDERIKSEN 1985, pp. 34-37), per il quale i colles Leucogaei (vicino Pozzuoli) dovevano ancora
far parte dell’ager almeno nel 211 a.C. ed include nel suo territorio anche Aversa ed i territori a
sud ed ovest di essa, piuttosto che nel territorio atellano. In particolare si basa sulle parole di Plinio
(pars eius quae Leboriae vocatur … finiuntur via ab utroque latere consolari quae a Puteolis et
quae a Cumis Capuam ducit) sull’ager campanus identificando le Leboriae con l’agro aversano e
giuglianese e la via da Cuma a Capua con la strada che da Ducenta, Trentola e S. Maria di Pantano
8
In generale, possiamo dire che il III secolo vede una serie di iniziative per
garantire lo sfruttamento agricolo dell’ager attraverso affitti, vendite questorie,
ecc.
34
, mentre una ridefinizione dell’ager publicus avverrà nel II sec. a.C.
35
Nel frattempo si era provveduto a fondare colonie di diritto romano in zone
strategiche (Volturnum, Puteoli, Liternum)
36
.
Il I sec. a.C. ed in particolare i turbolenti anni che precedono l’istituzione del
Principato vedono interventi discussi da parte di M. Giunio Bruto, Silla e Cesare;
le fonti ricordano poi le assegnazioni Marco Antonio nel 44 a.C., le assegnazioni
triumvirali del 43 a.C., quelle successive alla battaglia di Filippi (42 a.C.), la
deduzione coloniaria di Ottaviano rei publice costituendae (36 a.C.)
37
.
Sappiamo da quest’ultimo intervento che da adesso in poi il territorio capuano
comprendeva anche i Colli Leucogei
38
(presso Agnano), prima nel tenimento di
Pozzuoli, assegnati alla colonia per compensarla della perdita di vasti territori,
comprendendo così i cosiddetti Campi Leborini o Leboriae
39
.
portava alla marina di Ischitella; inoltre, si basa sull’iscrizione ritrovata a Briano (nel territorio
dell’attuale Villa di Briano) che dovrebbe certificare la sua appartenenza al territorio capuano.
34
Cfr. Structures agraires 1987, p. 215; FRANCIOSI 2002, pp.76-77. Fra i vari interventi
ricordiamo quelli di Q. Fulvius Flaccus incaricato di affittare le terre confiscate ai principes di
Capua, dei censori M. Cornelius Cethegus e P. Sempronius Tuditanus autorizzati ad affittare parte
dell’ager campanus a privati dietro pagamento di un vectigal (LIV. 27.3.1), la vendita ai privati del
territorio fra la cosiddetta Fossa Graeca e il mare, ecc.
35
Nel 172 a.C. in Campania venne inviato il console L. Postumio Albino per ridefinire i confini
dell’ager publicus
35
; si discute se il console abbia portato a termine il compito visto che poco
tempo dopo (165 a.C.) venne affidato al pretore P. Cornelio Lentulo
35
la missione di riscattare le
terre pubbliche abusivamente occupate per un’estensione di 50.000 iugeri e di redigere una forma
agri campani.
36
Cfr. Structures agraires 1987, p. 215 ; BELOCH 1989, p.21 ; FRANCIOSI 2002, p.77. Puteoli
(odierna Pozzuoli), nata come postazione militare, divenne in brevissimo tempo il porto più
importante del commercio del Mediterraneo occidentale; Liternum (presso l’odierno Lago di
Patria) oltre ad aver ospitato Scipione l’Africano durante i suoi ultimi anni di vita, non sembra aver
avuto un grande sviluppo anche se le nostre conoscenze a riguardo sono minate dalla mancanza di
ricerche sistematiche (gli unici scavi sono quelli degli anni ’30 che portarono in luce parte del
Foro; l’attività di ricerca è ricominciata solo nel 1994 con gli scavi della Soprintendenza che hanno
permesso di mettere in luce strutture interessanti, per la ricostruzione storica e topografica della
città, lungo il canale di collegamento del lago con il mare); per Liternum vedi anche GARGIULO
2002, DE CARO 1981, pp. 90-91.
37
Cfr. Structures agraires 1987, p. 17 e pp. 218-224; BELOCH 1989, p. 21; Misurare la terra 1989,
pp. 222-226; CASSOLA 1991, pp.112-116 e p. 120; OLIVIERO 2002, p. 243 e pp. 281-282;
CARELLA 2002, p. 287, pp. 299-300; COMPATANGELO SOUSSIGNAN 2002.
38
PLIN. nat., 18.29.114; SACCHI 2002, pp. 47-48.
39
Da cui il nome Terra di Lavoro.
9
Plinio
40
li colloca in quella zona della piana campana chiamata flegrea dai Greci e
delimitata dalle due strade militari che da Puteoli e Cuma portavano a Capua; alle
Leboriae, secondo alcuni studiosi, apparterebbe anche la zona dell’agro
aversano
41
.
Nel I sec. d.C. un momento importante per quanto riguarda i commerci e la
crescita economica della regione è l’apertura della via Domitiana che collegava
direttamente Pozzuoli con l’Appia, costituendo così un’importante arteria.
Secondo il Mommsen
42
, la serie di iscrizioni ritrovate nel territorio aversano
mostrerebbero l’esistenza, probabilmente in questa fase, di una serie di vici quali
‘Frignano Piccolo (Villa di Briano), Frignano Maggiore, Calitto sive La garitta a
meridie vici Casa Pesella, Pantano’
43
. L’autore colloca tutti quesi insediamenti nel
territorio dell’antica Liternum, sebbene ipotizzi anche un’appartenenza al
territorio atellano
44
.
Per il periodo compreso fra II e IV secolo d.C. gli scavi a Gricignano d’Aversa,
invece, hanno mostrato l’esistenza di insediamenti di carattere agricolo con nuclei
sparsi di tombe, anche in numero consistente
45
.
40
PLIN. nat XVIII 111.
41
Maiuri (MAIURI 1957, p. 110) identifica i Campi Leborii con quelli tra l’aversano e il
giuglianese; Beloch (BELOCH 1890, pp. 419-420) afferma che le Leboriae debbono essere cercate
nella parte meridionale della Pianura Campana, alle pendici settentrionali della regione montuosa
flegrea e che vengono individuate nella Piana di Quarto che si distingue per la sua eccezionale
fertilità ed è inoltre attraversata dalla strada Puteoli-Capua; secondo Franciosi (FRANCIOSI 2002, p.
48, nota 68) appartenevano ai campi Leporini una serie di borgate o vici quali Vico di Pantano, il
Vicus Spuranis presso Aversa (CIL 10.3750), un vicus presso Frignano Piccolo, cui allude
un’iscrizione relativa alle Thermae Severianae.
42
CIL, X, pp. 356-357.
43
CIL X, n. 3714: ritrovata a Frignano Piccolo (attuale Villa di Briano) nella chiesa di S. Maria,
cita delle Terme Severiane; CIL X, n. 3716: a Frignano Maggiore (attuale Frignano), menziona un
sacerdote di Apollo; CIL X, p. 357, n. 3719 e 3720: ritrovate nello scavo per le fondamenta della
chiesetta rurale di Santa Maria Preziosa a Casal di Principe, entrambe di carattere funebre; per
quelle di Calitto vedi scheda sito relativa.
44
Frederiksen (FREDERIKSEN 1984, p. 37) attribuisce non solo piccoli villaggi giacenti
immediatamente a sud di Aversa, come Giugliano e Marano, ma anche i piccoli antichi
insediamenti ad ovest conosciuti a Trentola, S. Marcellino, Frignano Maggiore, Frignano Piccolo
all’ager campanus e a Capua; a favore di un’appartenenza al territorio capuano, almeno per quanto
riguarda Villa Literno, si pronuncia il Camodeca (CAMODECA 2005, p. 287) nel suo studio su
Liternum imperiale e sulle iscrizioni elencate nel C.I.L.
45
LAFORGIA, DE FILIPPIS 2002, pp. 142-143; le autrici suggeriscono l’esistenza di un nuovo tipo di
organizzazione agricola dell’area per grossi latifondi.
10
In base a notizie epigrafiche relative all’età degli antonini sappiamo anche che i
Campi Leporini vennero poi accorpati al territorio puteolano, in una data ancora
discussa
46
.
Nonostante la grave situazione in cui versava l’impero
47
sembra, da quello che
sostiene il Pratilli
48
, che l’antica Leboriae ora Liburia fosse trapuntata di piccoli
villaggi (tra i quali la stessa Casapesenna ed Isola). Sicuramente sappiamo per la
nostra zona che almeno fino al 558 esisteva una diocesi a Vicus Feniculensis
(forse da identificare con Villa Literno)
49
.
I secoli successivi vedono conquistatori di varia nazionalità disputarsi la
Campania e la zona in questione in particolare, che si ritrova spesso in posizione
di confine fra nemici in guerra fra loro
50
. È da questo momento in poi però che
abbiamo finalmente notizie documentarie certe sui centri del territorio indagato
51
.
46
Cfr. FREDERIKSEN 1984, pp. 37- 38 (in epoca augustea o almeno dal 79 d.C.); BELOCH 1989, pp.
21-25 (suggerisce l’epoca di Vespasiano); FRANCIOSI 2002, p. 48, nota 68 e pp. 302-303
(d’accordo con Frederiksen).
47
A parte una breve ripresa economica all’epoca di Costantino, la situazione campana è resa
chiara dall’iniziativa dell’imperatore Onorio che nel 395 d.C., in seguito ad una richiesta di sgravio
delle tasse da parte dei proprietari campani, dispose la cancellazione dai ruoli di ben 528.000
iugeri (oltre 133.000 ettari) di terre incolte. Cfr. CASSOLA 1991, pp. 137-144.
48
PRATILLI, Dissertatio de Liburia.
49
FREDERIKSEN 1984, p. 45.
50
Cfr. FREDERIKSEN 1984; FIENGO 1988; PUGLIESE CARRATELLI 1991; CANTILE 1994; FONTANA
1999; FENIELLO 2005.
51
Per Isola: PARENTE 1857, vol. I, pp. 193-194 (812 - Cronaca del Volturno); per Calitto:
SANTAGATA 1990 e PARENTE 1857, vol. I, pp. 181-182 (816 - carta del monastero di S. Maria di
Capua); per Casapesenna ed Isola: SANTAGATA 1990 (Diploma dei principi di Capua con
donazione al Monastero di S. Vicenzo al Volturno). Altre informazioni sui centri cfr. SANTAGATA
1987, pp. 77-81 (per Casapesenna) e pp. 113-118 (per San Cipriano).
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