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situazioni difficili, la cura di beni di interesse generale, il sostegno a persone in
stato di sofferenza, di fatica, di solitudine.
Il volontariato, nella sua nuda essenza e nella sua solida sostanza, è forse questo?
Ma di cosa si tratta veramente?
Anch’io me lo sono chiesta tante volte, quando trovavo notevoli difficoltà
nell’esercizio delle mie attività di servizio presso la parrocchia del mio quartiere,
considerato decisamente “a rischio” , “Paolo VI” della città di Taranto.
Tante volte ho dovuto chiedermi, se davvero valesse la pena, se davvero ero
disposta a continuare e a correre i rischi che la mia condotta di “semplice persona
che voleva aiutare i ragazzi di strada”, comportava.
La risposta a tale domanda forse, mi avrebbe dato il modo di sfuggire alla
tentazione di abbandonare nei momenti difficili, quando mi sono sentita oberata e
a rischio di burn out.
I miei interrogativi personali ora si confondono con i problemi e gli interrogativi
dell’intero settore, suscitati in me numerosi da questa mia analisi sul volontariato
e le sue strutture, in generale, e sul senso del volontariato e sul perché si diventa
volontari, nello specifico.
5
INTRODUZIONE
Il fenomeno volontariato negli ultimi decenni sta cambiando volto e stile
operativo: si è passati da una visione puramente riparatoria, basata sul binomio
assistenza-beneficenza, ad una visione liberatoria incentrata sulla ricerca e
rimozione delle cause provocanti il disagio.
Il modello di volontariato con connotazione riparatoria si è posto e si pone
accanto al sofferente con la finalità di contenere e di ridurre il dolore, puntando
fortemente sulla generosità e sullo spirito di carità delle persone; quello di tipo
liberatorio vuole andare oltre: rimuovere la causa che sta alla base della
sofferenza, puntando ad un salto culturale, nel senso di un’autentica ed efficace
risposta ai nuovi bisogni del sofferente, che possono venire puntando sulla
formazione.
Questo significa saper mettere in discussione il sistema che provoca la Sofferenza,
partecipando ai “patti della politica” con una propria politica che abbia a
fondamento la solidarietà e sia voce di coloro che credono nel bene e nel buono e
soprattutto di chi oggi non ha voce: i bisognosi di aiuto (malati, poveri,
sofferenti,…).
Dunque, il volontariato è il farsi carico di qualcosa che nessun altro cura con lo
stesso spirito disinteressato, con la stessa forte ma gratuita motivazione.
A un tale nucleo vitale e irriducibile dell’esperienza di volontariato si collegano,
in genere, rami ulteriori: altre esperienze associative, organizzazioni no profit o
imprese a vocazione sociale, servizi pubblici, istituzioni, enti, che col volontariato
collaborano.
6
Ma è quel nucleo vitale a fare la differenza: lì si realizza il senso e si custodisce la
natura dell’azione volontaria.
Perché si diventa volontari?
Per amore del prossimo. Per amore del mondo o forse anche per amore di sé, per
uscire dall’isolamento e potersi confrontare con l’altro, il diverso alla ricerca di
una comunicazione feconda per entrambi.
Le ragioni possono essere molteplici, forse una per ogni persona impegnata nel
settore.
Per ragioni politiche, per insofferenza verso i vuoti lasciati dalla comunità sociale,
dalle istituzioni, e, quotidianamente, dal proprio ambito familiare.
Tra i criteri comunemente utilizzati nel definire l'azione volontaria, occupa un
posto di rilievo quello della gratuità, intesa in senso negativo come assenza di
retribuzione per le prestazioni del volontariato ed in senso positivo come
atteggiamento etico che privilegia il fine solidaristico ed altruista rispetto a quello
utilitarista.
I volontari devono continuamente chiedersi perché fanno certe cose, perché
dedicano tanto tempo all'impegno gratuito, in fondo devono chiedersi chi glielo fa
fare? Infatti la vera differenza insita nell'azione volontaria è la spinta
motivazionale, è il Perché.
Le persone arrivano all'impegno volontario per tante strade ed in tanti modi
diversi, ognuno ha le sue ragioni che vanno valutate e non nascoste: molti giovani
si avvicinano con la speranza di un lavoro (chi può giudicare di fronte ad un
problema così drammatico e diffuso?), altri per la ricerca di amici, altri di senso
per la propria vita; le persone anziane hanno e portano tanti e vari motivi per
7
arrivare a fare volontariato. Ogni persona deve essere accolta per ciò che è, ma
può essere aiutata a crescere nell'impegno.
Ognuno ha i suoi tempi, le sue modalità, il suo livello di consapevolezza:
l'importante è condividerlo e confrontarlo con quello degli altri, dalle persone
vicine, a coloro che in altri contesti hanno fatto le stesse scelte
Certamente, quali che siano le motivazioni, il volontariato diventa essenziale nella
società odierna in cui il sistema del welfare è insufficiente.
Voler assicurare il benessere solo con le leggi è una assurda pretesa, perché le
istituzioni, per quanto vicine ai bisogni, non possono certo soddisfarli tutti.
Al di là della legge e di quanto essa possa offrire, è necessaria una presenza
continua, un conforto, una amicizia che possa rassicurare .
Dalla riflessione sulla realtà di disgregazione ed abbandono causata dalla crisi del
welfare state, si delinea sempre più nitido il progetto di servizio alla società, per
risanarla e colmarne le carenze.
In riferimento a quanto detto, la mia ricerca si articolerà in questo modo: nel
primo capitolo dopo una analisi del volontariato nelle varie lingue e una attenta
riflessione sulle tante definizione date dai vari autori, viene esaminato il
volontariato in quanto tale sia come azione personale disinteressata sia come
organizzazione.
Il volontariato ha avuto un forte incremento dopo il 1985, si è diffuso in tutta
Italia ma soprattutto nel Nord, prepara i propri aderenti per un servizio alla
persona e alla comunità sempre più puntuale.
La caratteristica è quella del no profit sempre e comunque; dunque si basa sui
valori fondamentali dell’uomo e sull’assoluto rispetto della dignità umana.
8
Nel paragrafo successivo, si affronta la legislazione inerente alle organizzazioni di
volontariato partendo dalla disamina del preciso significato del termine
solidarietà.
Si passa, quindi, agli ambiti nei quali il volontariato opera.
Il capitolo si conclude con un esame storico del volontariato dalle sue prime
manifestazione fino ai giorni nostri, sottolineando l’essenziale autonomia del
volontariato oggi in vista del cambiamento dei bisogni in un mondo globalizzato.
Il secondo capitolo centra la sua attenzione sulla funzione sociale del volontariato,
funzione preminente, evidenziando anche le altre funzioni in base ai valori di cui è
portatrice l’azione volontaria.
Nasce, una nuova forma di volontariato, non più soggettivo o oggettivo no profit,
non più avulso dall’imprenditorialità, ma anzi ad essa collegata con una nuova
cultura del dono: partecipe, corresponsabile, relazionale.
Non si crede più oggi ad uno Stato Sociale veramente impegnato e che tenti di
risolvere quanto è presente e che sembra irrisolvibile.
Il terzo capitolo propone una riflessione sulle motivazioni principali che spingono
persone di ogni età, sesso, credo religioso e politico a donare il proprio tempo all’
“altro”, con un sguardo particolare rivolto ai giovani.
Nel quarto capitolo si affronta l’importanza della formazione al volontariato.
L’analisi dell’architettura, dei punti di forza e di quelli di debolezza nel campo
della formazione al volontariato negli anni, l’individuazione dei nodi connessi ai
processi formativi costituiscono l’itinerario attraverso il quale si cerca di
comprendere le spinte provenienti dal sociale per una scuola che introduca al suo
interno una educazione ai valori che solo il volontariato può affermare.
9
Questi gli argomenti analizzati nella ricerca, tutti volti al raggiungimento della
risposta al quesito pregnante: QUAl E’ IL SENSO DEL VOLONTARIATO?
Si tenta di dare una risposta, pur non assoluta, a tale quesito nel quinto capitolo,
proseguendo con una proposta educativa: educare le giovani generazioni e non,
ad una vita improntata ai valori del volontariato.
Educare, cioè, non solo chi vuole fare volontariato o chi già lo pratica ma tutti a
vivere la propria secondo il senso reale del volontariato: fraternità, solidarietà e
dono di sé.
Vivere quotidianamente la relazione con l’altro altruisticamente, facendo in modo
che lo sguardo altrui non sia una minaccia alla mia personalità ma un invito al
dono.
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CAPITOLO I
CHE COSA E’ IL VOLONTARIATO?
Il volontariato è l’anello che congiunge chi sta bene con chi sta male
VINICIO ALBANESI
Oggi il volontariato potrebbe essere paragonato a un albero solido e
incredibilmente frondoso; agli inizi, venti anni fa, non era che un germoglio
formato da poche associazioni, poi è rapidamente cresciuto, piantando le sue
radici nel disagio sociale, in modo incontrollato e ignorato da tutti ( governanti,
imprese e mass media) finché non è diventato grande come quelle piante che
crescono libere negli appezzamenti di terra incolti e vengono notate solo quando il
loro fusto è forte e alto
1
.
Si è cominciato a parlare di volontariato solo verso la metà degli anni
’70. L’occasione fu uno storico convegno organizzato nel 1975 dalla Caritas, a cui
parteciparono altre importanti associazioni: la Comunità di Capodarco, il Gruppo
Abele, l’Associazione Papa Giovanni XXIII e altri gruppi che ancora oggi
operano con vigore sul fronte della lotta all’emarginazione.
Erano finalmente maturati i tempi per un intervento che andasse alla radice dei
problemi, superasse i limiti di una beneficenza critica e scarsamente risolutiva, e
mettesse in discussione l’intero sistema sociale.
1
Gawronski S., Guida al volontariato, Giulio Einaudi Editore S.P.A., Torino 1997, p. 7;
11
Si affermò con decisione la dimensione politica dell’impegno a favore degli
emarginati, nel senso di azione tesa a cambiare una società che spesso produce
emarginazione.
Ci si propose, in altre parole, soprattutto di rimuovere le cause sociali del disagio,
lottando contro la disuguaglianza economica e sociale che da sempre è all’origine
di qualsiasi forma di emarginazione.
Ecco perché, da quel momento, non si è più parlato di beneficenza o di semplice
assistenza, ma di un movimento civile con aspirazioni ben più mature e profonde:
il volontariato.
12
1.1. LA DEFINIZIONE DI VOLONTARIATO
Dal momento in cui cerchiamo la nostra identità
e la troviamo anche nel rapporto con gli altri,
si apre per ciascuno di noi
il dovere e la possibilità esaltante
di costruire e far progredire
il rapporto tra gli uomini,
e quindi il significato complessivo della società.
Nel ritrovare le radici della propria capacità
di superare se stessi
per migliorarsi con gli altri,
è posta la possibile realizzazione di una società
che non sia contro gli uomini, ma a loro favore.
Gastaldi Enrico, Springhetti Paola, Al di là delle mura - Le ragioni della solidarietà.
La parola volontariato deriva dal latino voluntas-volontà, ed è quindi legato al
voler essere e al voler agire.
E’ una forma di esercizio della propria personalità che, unita ad una forte carica
intenzionale, presiede la scelta di impegnarsi in prima persona, liberamente e
gratuitamente, per combattere i disordini sociali
2
.
In tutte le principali lingue europee la definizione di volontario trae origine dalla
parola volontà.
Tranne che in Inglese dove will (volontà) non dà origine a volunteer (volontario),
in tutte quelle di origine latina coincide, mentre in quelle di derivazione
2
Gastaldi E ., Springhetti P ., Al di là delle mura: le ragioni della solidarietà, FIVOL, Roma
1998, p. 148
13
germanica vi si aggiunge l’aggettivo di libero formando, ad esempio la parola
composta freiwilliger.
Comunque, è difficile poter dare una definizione completamente esaustiva del
termine volontariato, in quanto ci si trova di fronte a una mole consistente di
definizioni, terminologie e rimandi concettuali che risentono degli sviluppi storici,
dei contesti culturali,delle tradizioni di pensiero e delle formazioni sociali, entro
cui sono stati prodotti e hanno subito vari mutamenti, fino a raggiungere la
configurazione attuale: volontario, organizzazione di volontariato, volontarismo,
settore volontario (con i diversi equivalenti linguistici: bénévolat, voluntary
action/activity, volunteer, volunteering, voluntarism, freiwillige Iniziative ecc.)
tanto per citarne alcune a titolo esemplificativo
3
.
Bisogna dire, innanzitutto, che l’aver istituzionalizzato a livello societario un
insieme di organizzazioni no profit, non governative, solidaristiche, sotto
l’accezione volontariato è caratteristica propria del nostro paese.
In nessun altro contesto europeo o internazionale è riscontrabile un fenomeno di
differenziazione di un sub-sistema del terzo settore che raccoglie le organizzazioni
che si basano quasi esclusivamente sul lavoro volontario e gratuito degli aderenti,
paragonabile a quanto avvenuto in Italia nel corso degli anni Settanta e Ottanta.
Le ragioni che possono essere chiamate in causa al fine di spiegare questo stato di
fatto, secondo A. Bassi, “sono riconducibili, come sempre nel caso di fenomeni
sociali, a condizioni e assetti strutturali e culturali della formazione sociale di
riferimento”.
3
Colozzi I., Bassi A., Una solidarietà efficiente: Il terzo settore e le organizzazioni di
volontariato,La nuova Italia scientifica,Roma 1996, p. 84
14
Nella fattispecie:
a) Una forte presenza di organizzazioni del mondo cattolico a livello
nazionale;
b) Lo sviluppo di un pensiero riflesso, sociologico, basato sulla dottrina
sociale della chiesa;
c) La presenza di parlamentari che ne hanno favorito il riconoscimento e
supportato la stabilizzazione.
Concludendo questo punto, occorre menzionare che questo processo di
legittimazione del volontariato è culminato all’inizio di questo decennio con
l’approvazione di una legge-quadro a esso dedicato (legge 266/91).
Con questa legge-quadro, che approfondirò più avanti nel paragrafo riguardante i
fondamenti legislativi, si è arrivati ad un punto di svolta nella storia del
volontariato italiano, i cui effetti e le cui implicazioni non sono ancora stati
appieno percepiti in tutta la loro portata. Leggere e osservare, il terzo settore a
partire dal punto di vista del volontariato diviene dunque una condizione quasi
obbligata nel nostro contesto nazionale, sia per i numerosi settori di attività in cui
le organizzazioni di volontariato sono inserite, sia per le dimensioni non
trascurabili in termini di risorse economiche ed umane coinvolte, sia per i compiti
e le funzioni di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e del sistema politico
verso alcune tematiche di interesse collettivo che esso ricopre. Occorre farlo, però,
con un’avvertenza: con la consapevolezza che il volontariato eccede i confini di
quello che è riconosciuto convenzionalmente, come terzo settore, dalla comunità
scientifica internazionale.
15
Come rilevato da studi di scienze sociali, a differenza delle altre lingue, non è
rinvenibile nel lessico italiano una distinzione fra i termini che si riferiscono
all’azione volontaria, ai relativi attori ed ai tipi d’organizzazioni coinvolte; sicché
il singolo vocabolo indica indifferentemente sia i soggetti che svolgono una
siffatta attività, sia la relativa azione e sia il contenuto che la differenzia
4
.
Difatti, I. Colozzi tiene a precisare
5
che per gran parte dell’opinione pubblica
italiana, le organizzazioni di terzo settore o no profit si identificano con il
volontariato, cioè “con un’immagine abbastanza idealizzata di persone che si
impegnano gratuitamente per assistere poveri, anziani handicappati e malati; per
tutelare l’ambiente; per soccorrere le popolazioni che hanno subito dei disastri
naturali; per organizzare attività sportive o per promuovere iniziative culturali”.
Anche nella terminologia legislativa l’espressione volontariato è adottata secondo
tre diverse accezioni: l’una, più in generale, quale terzo settore, per significare
l’intento promozionale dell’ordinamento verso l’area dell’associazionismo
sociale, posta a livello intermedio tra il settore pubblico e quello privato, in
ragione delle finalità non lucrative perseguite; l’altra, relativa al fenomeno del
volontariato complessivamente inteso, comprensivo dell’apporto tanto dei singoli
volontari quanto delle formazioni sociali, genericamente caratterizzate dall’azione
gratuita degli aderenti
6
; l’ultima, riguardante il fenomeno specificatamente
disciplinato dalla Legge quadro sul volontariato(l. 11.8.1991, n. 266), la quale si
riferisce solamente a quella parte di volontariato disposta a restringere i propri
4
Ranci C., Volontariato, in Enc. Scienze sociali, Roma, Treccani, 1998, 793 ss.
5
Colozzi I., La specificità organizzativa dei soggetti di terzo settore: tipi e dinamiche, in Donati
P. P. ( a cura di ), Sociologia del terzo settore,Roma, 1998.
6
Rigano F., Il volontariato nella legislazione più recente, in Bruscuglia L., Rossi E., Il
volontariato a dieci anni dalla legge quadro, Milano, Giuffrè, 2002, 65 ss
16
spazi di libertà e spontaneità, pur di entrare in rapporto con le istituzioni pubbliche
mediante convenzioni o agevolazione varie.
7
In senso largo, il terzo settore, comprendente anche le associazioni di volontariato,
viene ad essere definito dai seguenti criteri da P. P. Donati
8
:
I. Una cultura che spinge singoli individui, singole famiglie e singoli gruppi
sociali a relazionarsi in maniera solidale verso gli altri (estranei, non
familiari); in concreto, per chi compie azioni di volontariato, vengono
eluse motivazioni e finalità puramente economiche ( di lucro, profitto,
vantaggio materiale o monetario, fringe benefits ecc.); il che può essere
garantito dal fatto che nello statuto o atto costitutivo dell’organizzazione
sia previsto il “ non distribution constrain”.
Per semplificare, la cultura di chi opera nel volontariato rifugge sia dalla
mentalità di chi si affida a meccanismi sistemici (propri della macchina
statale o burocratica), sia dalla mentalità di chi si affida alla “mano
invisibile” del mercato (che non serve certo a chi è povero, emarginato,
senza potere).
II. Una auto-regolazione dell’attore che si ispira a norme che vanno dal puro
dono allo scambio di reciprocità ( però sempre senza finalità di vantaggio
economico).
7
Proprio con questa legge la differenza tra Terzo settore e Volontariato diventa ancora più
evidente, in quanto, ha stabilito che le organizzazioni di volontariato sono solo quelle che non si
avvalgono di prestazioni professionali retribuite. Il terzo settore è una componente della nostra
società che si distingue dallo Stato e dal Mercato, La diversità è nella finalità che muove le attività
svolte in ciascuno di questi mondi: lo Stato agisce per garantire ai cittadini gli interventi pubblici
stabiliti dalle leggi, il Mercato per avere il massimo profitto dalla speculazione economica privata,
il Terzo settore per promuovere e realizzare iniziative di solidarietà sociale.
8
P.P. Donati, Sociologia del terzo settore,op. cit., p. 40.
17
III. Un’organizzazione operativa che deve porsi un minimo di criteri di
gestione formalizzata, che corrisponda a certi requisiti di trasparenza e
rendicontabilità pubblica, con alcuni strumenti di bilancio sociale.
IV. L’espletamento di un ruolo societario che ne fa un produttore specifico di
beni relazionali collettivi, con relazioni privilegiate di osmosi con il quarto
settore (famiglia e reti informali) e mix di varia natura per quanto concerne
gli input-output con gli altri settori.
In ragione del fatto che i vari soggetti di terzo settore possono mostrare una
prevalenza dell’una o l’altra caratteristica, si constata la tendenza di questi
soggetti a differenziarsi tra loro, cioè a specializzarsi per campi di intervento e
modalità organizzative.
Il volontariato, dunque, afferma P.P. donati, “è il tipo che presenta le motivazioni
e le finalità più pure in senso altruistico, e tende a specializzarsi nel campo dei
veri e propri problemi sociali (patologie e deficit)”
9
.
Ed è per questo che la maggior parte delle organizzazioni di volontariato
dichiarano di non voler fare opera di supplenza dello Stato, in quanto, esse spesso,
agiscono come tappabuchi di carenze generate da processi sociali su cui non
hanno alcun controllo.
Al fine di fare chiarezza tra tutti questi termini e attributi, il sociologo e
ricercatore olandese W . Melief
10
propone di distinguere, in via preliminare, “due
ambiti principali concettuali:
a) Quello legato al concetto di volontario e di azione volontaria;
9
P.P. Donati, Sociologia del terzo settore,op. cit., p. 42
10
Melief W., Volontari, organizzazioni di volontariato e settore dell’associazionismo, in Colozzi
I. (a cura di),Terzo settore e nuove politiche sociali in Italia e in Europa, Milano, 1994.