II
principio di uguaglianza, è di tal genere ,ad esempio, il divieto di
lavoro notturno riconosciuto per le lavoratrici madri dall’art. 53 d.lgs.
n.151/2001. Nel caso in cui, però, il trattamento differenziato è il
risultato di una condotta antidoverosa posta in essere in violazione di
norme inderogabili, si è di fronte ad una distinzione vietata meglio
qualificata come “discriminazione”.
Ecco che si ha discriminazione di genere nel rapporto di lavoro
quando è violato, ad esempio, l’art. 3 c.I Cost. in base al quale “tutti i
cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali di fronte alla legge
senza distinzione di sesso (…)” ,oppure l’art.37 c.I Cost. che oltre a
sancire la parità di trattamento della donna lavoratrice rispetto ai
lavoratori di sesso maschile, giustifica la tutela differenziata che
spetta alla stessa in considerazione “della sua essenziale funzione
familiare”. Diversificare il salario di una donna rispetto a quello di un
uomo che svolge lo stesso lavoro allo stesso livello è discriminazione.
Perché si adotta l’espressione “discriminazione di genere” e non
“discriminazione di sesso” per indicare il trattamento svantaggioso di
cui le donne, in primo luogo, sono bersaglio nel rapporto di lavoro?
Perché “sesso” e “genere” ,quantunque siano termini correlati, non
sono sinonimi. Il primo è usato per indicare le differenze biologiche e
fisiche tra maschi e femmine, il secondo, invece, è inteso come ‹‹ the
complex of social, cultural and psychological phenomena attached to
sex›› ( Mc Connel, S.Ginet 1988 p.76) ,cioè, come l’insieme di fatti
sociali, culturali e psicologici che sono legati all’appartenenza ad uno
dei due sessi; in poche parole è un prodotto della cultura umana, un
rivestimento sociale della base sessuale in grado di trasformare le
differenze biologiche in differenze sociali (E. Donati, Università degli
Studi di Torino). Il che vuol dire che mentre il sesso è una realtà
III
acquisita con la nascita, il genere è una realtà in continuo divenire e
diversificarsi grazie alle esperienze di ogni giorno. Da queste
osservazioni discende che, mentre la differenza sessuale è universale
e immutabile nel tempo e nello spazio – cioè in ogni epoca e in ogni
società - ,quella tra i generi porta con se una grande potenzialità di
cambiamento, sapendosi adattare al mutare delle strutture economiche
e delle spinte politiche, contemporaneamente, però, risente delle
implicazioni culturali e sociali esistenti in un dato luogo che creano in
essa una forte resistenza al cambiamento la cui principale ragione va
individuata proprio nella tendenza ad assimilare la differenza di
genere a quella sessuale e a definire, così, la prima come una
differenza “naturale” (quindi immutabile e universale) , favorendo il
perpetuarsi di vecchi stereotipi e la nascita di nuovi.
Questo discorso ci porta a definire la discriminazione di genere come
illegittimo trattamento differenziato che colpisce un soggetto, non in
quanto uomo o donna, ma in quanto uomo o donna con specifiche
esigenze tutelate dalla legge.
Ma questo non basta per rispondere al nostro interrogativo.
Nel testo l’espressione “discriminazione di genere” verrà usata
prevalentemente per indicare la disparità di trattamento che ha come
destinatarie le donne, per due ordini di ragioni:
- perché le donne hanno delle esigenze che, più di quelle degli
uomini, si pongono in contrasto con le urgenze del datore di lavoro
(quali la cura dei figli, la gravidanza ecc.) e quindi sono loro il
bersaglio più probabile del trattamento discriminatorio;
- perché nel linguaggio corrente politico, sociologico e culturale in
generale spesso i due termini “genere” e “ donne” vengono
sovrapposti per attirare l’attenzione sulle problematiche femminili,
IV
adottando, però, un discorso rispettoso delle differenze e specificità
dei due sessi.
La discriminazione di genere verrà trattata nell’ambito del rapporto di
lavoro (soprattutto subordinato) perché qui i suoi effetti sono più
dannosi che altrove visto che essa crea un forte limite allo sviluppo
della persona umana – considerato che il lavoro è il principale
strumento di inclusione sociale e una delle vie per assicurare ad ogni
soggetto un’esistenza libera e dignitosa– e perché il rapporto di lavoro
ben si presta alle disparità di trattamento, le quali trovano terreno
fertile proprio nella relazione diseguale che si viene a creare tra il
datore e il lavoratore. Quest’ultimo viene, infatti, a trovarsi in una
posizione subalterna e di dipendenza rispetto al datore di lavoro, al
quale appartiene il potere di decidere chi, come, e quando assumere,
chi, come e quando promuovere, trasferire o licenziare (cosa che può
desumersi anche dall’art. 2094 c.c.). Per di più la connaturata
debolezza del lavoratore si intensifica nel caso in cui la prestazione
debba essere resa da una donna, che, oggi, come ieri, è chiamata a
confrontarsi con un ambiente lavorativo dai ritmi spesso inconciliabili
con quella sua funzione familiare rimasta “essenziale” ( come
definita nell’art. 37 Cost.) nonostante si sia cercato di promuovere la
condivisione delle responsabilità. Prova ne è la persistenza del
fenomeno della segregazione occupazionale e del gap retributivo tra
uomini e donne.
Le iniziative internazionali ed europee sono il punto di partenza del
nostro discorso; il primo capitolo sarà, pertanto, dedicato al rilievo
che la tutela della parità tra i sessi ha avuto ed ha, anzitutto, a livello
internazionale, qui la Convenzione ONU del 1979 si pone come il più
importante trattato internazionale in materia di diritti delle donne, e
V
quindi giuridicamente vincolante, l’O.I.L. ha introdotto il principio
dell’eguale retribuzione per un lavoro di eguale valore nel 1951 e un
segno ha lasciato la IV Conferenza mondiale sulle donne di Pechino
del 1995 con la sua Piattaforma d’azione. Nello stesso capitolo verrà
esaminato l’iter di affermazione del principio antidiscriminatorio
come principio fondamentale dell’ordinamento giuridico comunitario
e il ruolo che il trattato di Amsterdam nonché la Carta di Nizza hanno
avuto e continuano ad avere in materia. Verranno passate in rassegna
direttive e altri atti comunitari che hanno segnato tappe importanti nel
modellare l’attuale sistema di tutela antidiscriminatoria europeo e
nazionale introducendo novità considerevoli quali le azioni volte a
favorire il riequilibrio di uomini e donne in tutti gli ambiti della vita
sociale a partire da quello lavorativo.
A sovrastare l’apparato comunitario di hard law e soft law si pone
l’attività della Corte di Giustizia della Comunità Europea, organo
giurisdizionale garante dei Trattati e dell’interpretazione delle norme
europee, che, da un lato, ha contribuito a consolidare alcuni principi
fondamentali dell’ordinamento giuridico comunitario ( come
l’efficacia diretta delle direttive) e, dall’altro, ha contribuito a far
avanzare la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori appartenenti al
sesso sottorappresentato anche negli ordinamenti interni.
Il secondo capitolo è dedicato all’esame delle caratteristiche che
presenta la discriminazione di genere nel contesto lavorativo.
Particolare attenzione sarà dedicata alle definizioni di discriminazione
diretta e indiretta introdotte dalle direttive comunitarie cd. “di
seconda generazione” e recepite, per quanto concerne l’ambito del
rapporto di lavoro, dal recente d.lgs. 145/05 attuativo della direttiva
73/2002/CE che ha modificato la preesistente dir. 207/1976/CEE in
VI
materia di parità di trattamento tra uomini e donne per l’accesso al
lavoro, alla formazione, promozione professionale e le condizioni di
lavoro. L’adeguamento della legislazione nazionale alla stessa
direttiva ha, poi, consentito all’Italia di ricomprendere le molestie
sessuali nell’ambito della discriminazione in questione, chiudendo,
così, un dibattito già da tempo aperto in materia. Un ruolo
fondamentale verrà riconosciuto alle azioni positive quali misure
volte a favorire le pari opportunità nei luoghi di lavoro e ad operare
sia in sede di prevenzione delle discriminazioni che come rimedio alle
stesse.
Nel terzo capitolo verranno esaminati i più importanti strumenti di
tutela, giudiziaria e non, del principio di parità di trattamento.
Per quanto concerne la tutela giudiziaria ci si soffermerà sulle
principali problematiche processuali, tra queste: la tipologia di azioni
esperibili in giudizio e la ripartizione del carico probatorio (a tal
proposito si vedrà che non può parlarsi di inversione dell’onere della
prova). Rilievo autonomo verrà riconosciuto alla possibilità che il
giudice condanni l’autore del comportamento discriminatorio al
risarcimento del danno anche non patrimoniale come disposto dal
d.lgs. 145/05. La novità ha un certo spessore si ritiene, infatti, che sia
idonea ad incentivare il ricorso allo strumento processuale; non va
dimenticato, infatti, che, nonostante la maggior parte dei processi
intentati nei confronti del datore di lavoro dalla persona che ha subito
una discriminazione si concludano in favore del ricorrente, il rimedio
giudiziale ha uno scarso successo. Lo studio dei motivi che
impediscono alla vittima di una discriminazione di rivolgersi al
giudice permetterà, infine, di trattare nella stessa sede gli elementi che
attengono al profilo non giudiziale della tutela antidiscriminatoria.
VII
L’analisi degli strumenti stragiudiziali sarà circoscritta alla figura
della Consigliera di parità e dei sindacati, in considerazione della loro
maggiore vicinanza con gli ambienti di lavoro. L’esame dell’attività
delle consigliere, sarà, poi, occasione per soffermarsi sui casi di
discriminazione registrati nella provincia di Messina, il cui studio e
approfondimento ha richiesto la collaborazione della Consigliera di
parità della Provincia.
Caratteristiche dei materiali reperiti
Il materiale cui si è fatto ricorso per la compilazione del presente
lavoro è stato tratto da libri, riviste cartacee e telematiche, nonché da
pubblicazioni su siti web. La scelta di non limitarsi alla
documentazione a stampa è in linea con la crescita dell’uso del web
da parte delle Istituzioni, dell’UE, delle aziende, dei sindacati e dei
centri di ricerca per mettere in rete programmi, rapporti, leggi e
documenti. Il limite delle pubblicazioni qui reperite risiede nella
dinamicità dei siti. Quando si visita un sito in una certa data, la
rilevazione riguarda quel momento, pochi giorni dopo lo stesso può
essere molto cambiato, contenere nuove informazioni, nuovi articoli,
o essere stato sottoposto a ristrutturazione in parte o in toto. Si è,
pertanto, deciso di indicare nelle note e nella bibliografia la data della
visita e, nei pochi casi di visite ripetute, la data dell’ultima.
Il dato che accomuna l’eterogeneità delle fonti è che a scrivere sulle
discriminazioni di genere sono ancora soprattutto le donne.
VIII
Ringraziamenti
Desidero ringraziare la prof.ssa Renata Altavilla ( docente di Diritto
del lavoro presso la Facoltà di Giurisprudenza di Messina) per la
disponibilità dimostrata e la dott.ssa Annamaria Tarantino
( Consigliera di Parità presso la Provincia di Messina) per la
collaborazione sulla parte relativa ai casi di discriminazione nella mia
provincia.
1
CAPITOLO I
Il lavoro e la tutela antidiscriminatoria nel
panorama internazionale
SOMMARIO: 1. Le Nazioni Unite e la parità: l’O.I.L. e le sue Convenzioni. – 2. L’evoluzione della
normativa europea in materia di parità uomo-donna nel rapporto di lavoro. Dal Trattato di Roma alle
direttive di “ seconda generazione”. – 3. La Corte di Giustizia e il suo contributo allo sviluppo della tutela
antidiscriminatoria.
1. Le Nazioni Unite e la parità: l’O.I.L. e le sue
Convenzioni
In tutte le società e in tutti gli ambiti di attività esistono
disuguaglianze giuridiche e di fatto. Il gran numero di queste nascono
e vengono aggravate dalle discriminazioni subite sul posto di lavoro e
molte di quelle che trovano terreno fertile nella relazione datore -
lavoratore riguardano le donne. Lo sforzo delle Nazioni Unite di
documentare la reale situazione delle donne in tutto il mondo, ha
prodotto statistiche allarmanti sul divario economico e sociale
esistente tra i sessi
1
. L’aumento della povertà tra le donne è stato
1
Il 70% degli 1,3 mld di persone che vivono in stato di povertà sono donne
2
posto in relazione direttamente con la disuguaglianza tra i generi nel
mercato del lavoro. Se anche le cause e le conseguenze del
trattamento diseguale variano da Paese a Paese, esse trovano
fondamento, dappertutto, nella sopravvivenza di stereotipi e tradizioni
che, collocando la donna al “focolare domestico” le impediscono di
contribuire, al pieno delle proprie capacità, al progresso della Nazione
di appartenenza
2
.
L’O.N.U.
3
e ,quale sua agenzia specializzata, l’O.I.L.
4
hanno
fatto della lotta alle discriminazioni di genere uno dei punti centrali di
tutta la loro attività. La prima elaborando anzitutto un catalogo
universale dei diritti umani, la seconda facendosi promotrice di
importanti iniziative volte a fissare le condizioni minime in materia di
diritti fondamentali del lavoro e a contrastare la disparità di
trattamento. Non bisogna allora stupirsi se per affrontare un discorso
sulla parità in materia d’impiego bisogna proprio partire da questi
organismi.
Il principio di non discriminazione tra i sessi viene sancito per
la prima volta in via generale
5
nella Carta delle Nazioni Unite
6
nel
2
I diritti delle donne:una responsabilità di tutti pubblicazione sul sito
<http://www.dirittiumani.donne.aidos.it> (31.03.06).
3
Organizzazione delle Nazioni Unite istituita nel 1945 ad iniziativa delle nazioni vincitrici della
seconda guerra mondiale volta ad assicurare il mantenimento della pace e della sicurezza nel
mondo. Lo statuto dell’organizzazione venne redatto nell’ambito della Conferenza di San
Francisco e prende il nome di Carta delle Nazioni Unite la quale, ratificata dagli Stati fondatori,
entrò in vigore il 24 ottobre 1945. Ad oggi fanno parte dell’O.N.U. quasi tutti gli Stati del mondo
ad eccezione della Svizzera. Per ulteriori approfondimenti si rinvia a B.CONFORTI, Diritto
Internazionale, Napoli, ult. ed. e al sito www.onuitalia.it .
4
Organizzazione Internazionale del Lavoro fondata con i trattati di pace che chiusero la prima
guerra mondiale nel 1919; con le sue Convenzioni ha contribuito allo sviluppo della tutela dei
lavoratori. Attualmente è collegata all’O.N.U. dalla quale è stata riconosciuta come suo Istituto
Specializzato. Per ulteriori approfondimenti v. B.CONFORTI op.cit. e, per i recenti sviluppi
dell’attività di tale Organizzazione, il sito <http://www.ilo.org>.
5
Riflessione tratta da Il divieto di discriminazione in base al sesso negli strumenti generali sui
diritti umani in Bollettino “Archivio Pace Diritti Umani”, n. 28, 3/2004 pag.3 , pubblicato sul sito
<http://www.centrodirittiumani.unipd.it> come supplem. al n.2/2004 della riv. “Pace Diritti
umani” a cura del Centro Interdipartimentale di ricerca e servizi sui diritti della persona e dei
popoli dell’Università di Padova (25.01.06).
3
1945. Qui nel Preambolo viene affermata la fede dei popoli delle
Nazioni Unite nell’uguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e
nell’art.1 al secondo comma viene inclusa tra i fini delle Nazioni
Unite la “cooperazione internazionale (…) nel promuovere ed
incoraggiare il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali per tutti senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o
di religione”. Questo documento, però, non prescrive impegni
specifici immediati a carico degli Stati, quanto, piuttosto, un obbligo
di azione e cooperazione con l’Organizzazione per la promozione e
l’incoraggiamento al rispetto dei diritti umani, ha pertanto carattere
programmatico. A ciò si aggiunga che la Carta fa riferimento ad una
nozione generale di diritti umani senza precisarne il contenuto
specifico
7
.
L’O.N.U., però, ha elaborato un numero significativo di
risoluzioni e dichiarazioni solenni, nonché progetti di convenzioni da
sottoporre all’approvazione degli Stati grazie ai quali è stato creato un
‹‹ sistema internazionale dei diritti umani›› e con la Dichiarazione
Universale dei diritti dell’uomo
8
, dopo aver sancito il principio
fondamentale in base al quale “ tutti gli esseri umani nascono liberi ed
eguali in dignità e diritti (…)”
9
, include il lavoro tra quelli,
riconoscendo ad ogni essere umano il diritto al lavoro nonché quello
ad un’eguale retribuzione per un’eguale lavoro senza discriminazione
6
Carta delle Nazioni Unite (S.Francisco, 26 giugno 1945. Ratificata dall’Italia con legge 17
agosto 1957 n.848 in Suppl. Ord. G.U. del 25 settembre 1957 con testo ufficiale in francese.
Traduzione italiana curata dalla Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale approvata
dal governo italiano).
7
P.GARGIULO, Meccanismi di tutela dei diritti umani nel sistema delle Nazioni Unite, in Annali
della Pubblica Istruzione, a XLIV, n.3-4/1998, pag.23 e ss pubblicata sul sito
<http://www.annaliistruzione.it >(01.03.06).
8
Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo (adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni
Unite il 10 dicembre 1948).
9
Art. 1 Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo.
4
(art.23). Ecco che la comunità internazionale sviluppa il divieto di
discriminazione in ambito lavorativo il quale, nonostante sia
contenuto in una raccomandazione
10
, che, per sua natura, non vincola
gli Stati, ha un notevole valore politico. Tuttavia si è ancora lontani
dalla garanzia di una parità in materia di impiego, la parità, cui si fa
riferimento, infatti, si compone di due elementi che sono le pari
opportunità e la parità di trattamento. Si parla di pari opportunità
quando uomini e donne hanno le stesse opportunità di beneficiare
dell’insegnamento e della formazione, di candidarsi ad un impiego, di
essere ammessi ad acquisire determinate qualifiche o di essere presi
in considerazione per una promozione; la parità di trattamento invece
si accompagna al diritto delle donne ad una retribuzione, a condizioni
di lavoro e ad una sicurezza dell’impiego alle stesse identiche
condizioni degli uomini
11
.
Bisognerà attendere il 1966 per avere la traduzione in norme
giuridiche vincolanti dei diritti sanciti nella predetta Dichiarazione e
perché ci si avvicini di più alla parità nel lavoro cosi come prima
intesa.
In quell’anno vengono infatti adottati due Patti: il Patto
internazionale sui diritti civili e politici
12
e il Patto sui diritti
economici, sociali e culturali
13
che impegnano gli Stati sottoscrittori a
10
Le raccomandazioni, assieme ai progetti di convenzione, rientrano tra le attività principali
dell’ONU. Per approfondimenti sulla natura di tali atti consultare B. CONFORTI op.cit. ; voce
“raccomandazione” in LEXICON di Diritto Internazionale Pubblico, Napoli, 2000.
11
Definizioni presenti alla voce Pari opportunità e parità di trattamento ne l’ “A B C dei diritti
delle lavoratrici”, guida pratica a cura dell’I.L.O. pubblicata on line all’indirizzo
www.dirittiumani.donne.aidos.it (01.02.06).
12
Patto sui diritti civili e politici ( adottato dall’Assemblea Generale il 16 dicembre 1966, entrato
in vigore il 23 marzo 1976, ratificato dall’Italia il 15 settembre 1978 e reso esecutivo con legge 25
ottobre 1977, n.881)
13
Patto sui diritti economici, sociali e culturali ( adottato dall’Assemblea Generale il 16 dicembre
1966, entrato in vigore il 3 gennaio 1976, ratificato dall’Italia il 15 settembre 1978 e reso
esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n.881).
5
garantire a tutti gli individui che si trovano sul proprio territorio o
sotto la propria giurisdizione i diritti in essi enunciati e a fornire
effettivi strumenti di tutela in caso di violazioni. Tra questi troviamo
il “diritto al lavoro”. Nel secondo di questi accordi, infatti, il divieto
di discriminazione retributiva genericamente previsto nella
Dichiarazione, è qui ribadito e in più si specializza. Nell’art. 7 lett. a),
par.I così è detto che gli Stati devono garantire alle donne “condizioni
di lavoro non inferiori a quelle degli uomini, con un’eguale
remunerazione per un eguale lavoro”
14
.La stessa norma, poi, alla
lett. c) obbliga i Paesi a garantire a tutti “eguale possibilità di essere
promossi, nel rispettivo lavoro, alla categoria superiore appropriata,
senza altra considerazione che non sia quella dell’anzianità di servizio
e delle attitudini professionali”; ecco che inizia a profilarsi una
garanzia di pari opportunità, almeno per quanto concerne la
promozione. L’attenzione è rivolta soprattutto alla situazione della
lavoratrice nei confronti della quale già da tempo opera il fenomeno
della ‹‹segregazione verticale››
15
.
E proprio le donne saranno destinatarie di una serie di interventi
specializzati volti a tutelarle dalla discriminazione di genere. Tra
questi va ricordata la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di
discriminazione nei confronti delle donne
16
del 1979 frutto del lungo
14
Va detto, però, che il Patto in questione non è il primo strumento giuridico internazionale che
introduce il principio dell’ “equal pay for work of equal value”, si vedrà più avanti, che già l’O.I.L
nel 1951 aveva vincolato gli Stati in tal direzione.
15
Per “segregazione verticale” si intende la concentrazione delle donne nei livelli inferiori della
struttura occupazionale ( cioè nelle più basse qualifiche, categorie o livelli di inquadramento), si
contrappone alla “segregazione orizzontale”che indica la concentrazione delle donne in una
ristretta gamma di mansioni (impiegata, maestra,segretaria…). Per approfondimenti si v.
prosieguo del lavoro.
16
Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne
( adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1979 ,AG Res. 34/180,
entrata in vigore il 3 settembre 1981, ratificata dall’Italia il 10 giugno 1985 e resa esecutiva con
legge 14 marzo 1985, n.132, in vigore dal 10 luglio 1985). Tale convenzione segue, tra le altre, la
Convenzione sui diritti politici delle donne, adottata dall’Assemblea Generale il 20 dicembre
6
lavoro condotto nell’ambito delle Nazioni Unite soprattutto dalla
Commissione sulla condizione della donna (CSW)
17
e nota anche
come ‹‹la Convenzione delle donne››, che costituisce a tutt’oggi la
“norma pattizia fondamentale in materia di diritti delle donne in
quanto unico strumento giuridico internazionale che sviluppa,
rispetto alla condizione femminile, una prospettiva globale in
relazione al fenomeno della discriminazione”
18
. Non è inappropriato
così individuare in tale accordo una sorta di “Codice internazionale
dei diritti delle donne”
19
. Nel quadro internazionale che si sta
esaminando, però, essa si segnala soprattutto per aver fatto luogo ad
un’inversione di tendenza nella politica delle Nazioni Unite nei
confronti del lavoro femminile, perché, se fino a questo momento gli
strumenti adottati hanno garantito una tutela di impostazione
negativa, fondata sulla proibizione della discriminazione, con la
presente Convenzione gli Stati assumono un preciso obbligo di fare
che in deroga alla parità formale, consenta il raggiungimento della
parità nella sostanza.
Ai sensi del suddetto accordo, è discriminazione nei confronti della
donna “ ogni distinzione esclusione o limitazione basata sul sesso, che
abbia come conseguenza, o come scopo, di compromettere o
distruggere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio da parte delle
1952 ed entrata in vigore il 7 luglio 1954; questa va ricordata in quanto primo trattato
internazionale specificamente rivolto al riconoscimento del diritto all’elettorato attivo e passivo
alle donne su base di parità con gli uomini.
17
Commissione creata dal Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) nel
1946 con il compito principale di elaborare rapporti e fornire raccomandazioni all’ECOSOC sulla
promozione dei diritti delle donne in molti settori, nonché di sviluppare raccomandazioni su
problemi riguardanti la donne. Ad essa si deve anche la stesura della Dichiarazione
sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna adottata
dall’Assemblea generale nel 1967.
18
P. DEGANI, Nazioni Unite e “genere”: il sistema di protezione internazionale dei diritti
umani delle donne, 2001, pag 27, pubblicazione on line sul sito dell’Archivio Pace Diritti Umani
www.cedapu.unipd.it (01.02.06).
19
P.GARGIULO op. cit. pag. 39.
7
donne, quale che sia il loro stato matrimoniale, dei diritti umani e
delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale,
culturale e civile o in ogni altro campo, su base di parità tra l’uomo e
la donna”( art. 1).
Per quanto concerne il campo lavorativo gli Stati si impegnano a
prendere ogni misura adeguata per eliminare la discriminazione della
donna che qui ha sede e per assicurare su base paritaria gli stessi
diritti, inoltre si impegnano anche sul fronte della prevenzione
adottando, tra l’altro, misure idonee a proibire il licenziamento a
causa di gravidanza.
Nonostante l’adozione di tale politica attiva, però, l’obiettivo a livello
internazionale rimane sempre il raggiungimento di un’uguaglianza tra
uomo e donna intesa come trattamento identico, con la conseguente
irrilevanza delle esigenze diversificate dell’uno e dell’altra. In realtà il
concetto di uguaglianza va oltre l’identità di trattamento delle
persone, così, trattare in modo uguale persone che hanno esigenze
diverse significa perpetuare piuttosto che sradicare l’ingiustizia.
20
Ma
all’epoca della Convenzione bisognava anzitutto gettare le basi per
iniziare a modificare la situazione esistente. Bisognerà attendere gli
anni 80-90 per avere una valorizzazione della differenza nella lotta
alla discriminazione con l’emersione delle politiche di
mainstreaming
21
. Prima però di parlare di questo e di quelli che sono
gli ultimi sviluppi in tema di tutela antidiscriminatoria internazionale
si ritiene opportuno dedicare qualche osservazione all’attività svolta
dall’O.I.L. a partire dalla sua fondazione.
20
I diritti delle donne:una responsabilità di tutti, documento pubblicato su
<http://www.dirittiumani.donne.aidos.it >
( 31.03.06).
21
V. più avanti pag.10 nota n.29.