5
derivato dalla singolarità della rappresentazione della lupa romana su
uno dei due pavimenti
1
.
Prima di passare all’analisi dei pavimenti siriani si ritiene utile
dare delle informazioni sull’arte del mosaico e sulle caratteristiche
delle produzioni provinciali.
Le origini
La pratica di decorare superfici architettoniche (pavimenti, pareti
e soffitti) mediante l’uso di tessere squadrate ha origini ancora incerte.
Infondata appare l’ipotesi dell’origine del mosaico dall’Oriente, i cui
predecessori si individuano nei monumenti mesopotamici, o egiziani,
decorati mediante rivestimenti in terracotta. Più probabile è invece la
derivazione dei pavimenti in pietruzze lavorate da quelli in ciottoli
naturali, i cui esempi più antichi sono però non in Oriente, ma in
Grecia. Gli artigiani, mediante l’utilizzo di ciottoli di colore diverso,
sono stati capaci di produrre decorazioni complesse, limitate non solo
a disegni geometrici e vegetali, ma in piena età classica si è arrivati a
veri e propri pannelli figurati. Un significativo repertorio di mosaici a
1
Il mosaico è noto fino ad ora soltanto per la pubblicazione di una fotografia in due articoli
(CHÉHADÉ 1987, fig. 4; RUPRECHTSBERGER 1993, p.239), ma non esistono studi.
6
ciottoli è stato restituito dagli scavi di Pella
2
, in Macedonia, che si
datano quasi sicuramente all’età di Alessandro Magno. Alcuni di
questi, come un mosaico con scene di caccia
3
, presentano il disegno
contornato da una linea, ottenuta con una lista di piombo. Questo
elemento sottolinea lo stringente rapporto, in una fase iniziale, tra la
tecnica musiva e quella della pittura vascolare a figure nere.
La comparsa della tecnica del tessellato si colloca probabilmente
nel corso del III sec. a.C., ovviamente non in un momento preciso, ma
si possono individuare le fasi di una graduale evoluzione, passata
attraverso tecniche sperimentali. Tra queste, una tecnica che
presentava la compresenza di ciottoli e di tessere solo per la resa di
pochi particolari, come gli occhi di un tritone, in un mosaico da
Olimpia, datato alla metà del III sec. a.C.
4
. I Romani ricollegavano
l’origine della decorazione pavimentale a mosaico alla pittura su
stucco dei pavimenti in Grecia
5
.
2
LEVI 1963, pp. 211-212; DUNBABIN 1970-1994, pp. 806-807; LING 1998, pp. 21-25.
3
LEVI 1963, fig. 295.
4
LEVI 1963, p. 212; DUNBABIN 1970-1994, p.807.
5
Fondamentale in tal senso è un passo di Plinio (Nat. Hist., XXXVI, 184): Pavimenta originem
apud Graecos habent, elaborata a(n)te (da Detlefsen emendato “arte”) picturae ratione, donec
lithostrota expulere eam. Celeberrimus fuit in hoc genere Sosus qui Pergami stravit quem vocant
asoroton oecon. Di questa pittura, estremamente delicata, ci sono pervenute testimonianze di epoca
preellenica non solo sul continente, ma anche a Creta e il suo uso perdurò, attraverso l’età greca,
fino ad epoca tardo romana, come testimonia un pavimento di Antiochia, nella Casa delle
Maschere (Per i pavimenti in stucco colorato si veda LEVI 1947, p. 4, nota 17; per il pavimento di
Antiochia p. 307, fig. 26.)
7
Già nell’antichità i mosaici venivano divisi in due categorie:
quelli che decoravano pavimenti e quelli che decoravano muri o volte.
Le due categorie talvolta erano identificate con espressioni differenti,
rispettivamente opus tessellatum e opus musivum. Plinio (Nat. Hist.,
XXXVI, 189) ci ha fornito la data della diffusione dell’uso del
mosaico alle pareti. Considera questa innovazione propria del suo
tempo per il fatto che, se la tecnica fosse stata conosciuta prima,
Agrippa l’avrebbe utilizzata nelle sue terme e Scauro nel suo teatro,
che fu costruito a Roma nel 58 a.C.
6
.
È ovvio che, per le condizione dei ritrovamenti, la conoscenza
dei mosaici parietali è limitata a pochi esemplari
7
. Numerosi, invece,
sono i mosaici pavimentali conosciuti. Da essi si deduce la correttezza
delle informazioni lasciate da Plinio (Nat. hist., XXXVI, 186-187) e in
particolare da Vitruvio (De Arch. VII, I) sulla tecnica di costruzione
del mosaico.
6
LEVI 1963, p. 215; LING 1998, p.7.
7
Mosaici parietali si sono preservati quasi esclusivamente in circostanze eccezionali, come a
Pompei ed Ercolano.
8
La sostruzione doveva essere composta di tre strati: lo statumen,
che era un conglomerato di ciottoli; il rudus, composto di pietruzze e
di calce e spesso circa 25 cm.; il nucleus, fatto di tre parti di
cocciopesto e di una di calce. Le tessere, incastrate sulla superficie
dell’intonaco, venivano compattate mediante una spalmatura finale,
fatta con una polvere di sabbia, marmo e calce
8
. Vitruvio non dice
nulla su come venivano preparate le tessere; norma generale doveva
essere che gli artisti si procurassero i materiali nello stesso luogo di
fabbricazione
9
. Nel periodo più antico dell’arte musiva si soleva
incastrare, su un piano di pietra o di terracotta, all’interno di una
cornice in tessellatum, con motivi geometrici o vegetali, un pannello
figurato. Questo, chiamato emblema, non veniva fabbricato sul posto,
ma in laboratorio, e poteva essere trasportato verso mercati anche
lontani. Col tempo l’emblema tende ad ingrandirsi, perde la sua
originaria finezza fino a scomparire. La decorazione figurata si fonde
con la decorazione geometrica circostante, ed entrambe vengono
realizzate direttamente sul pavimento.
8
LING 1998, p. 11; DUNBABIN 1999, pp. 281-286.
9
Fanno ovviamente eccezione alcuni mosaici di grandi centri artistici, come Roma, dove c’era un
maggiore uso di marmi stranieri, importati in gran quantità, per la realizzazione di opere
architettoniche.
9
I più antichi mosaici in tessere si datano al II sec a.C., e
provengono sia dall’Italia sia dalla Grecia. Il complesso più rilevante,
proveniente dal territorio greco è quello di Delo
10
. Per l’Italia le
testimonianze più antiche provengono da Roma e dalla Campania. I
pavimenti di questa produzione presentano un bordo molto semplice
con meandri, o con bande monocrome e predominano decorazioni
geometriche. Un elemento caratteristico di questi mosaici è la
bicromia
11
.
Con l’inizio dell’età imperiale romana l’arte musiva ebbe uno
sviluppo su larga scala. Questo determinò il fiorire di botteghe nelle
varie province dell’impero, il fissarsi degli artisti in determinate
località e la nascita di scuole. Più che gli artisti cominciarono a
viaggiare album di modelli, che dovevano contenere diverse redazioni
di ogni soggetto e repertori di decorazioni geometriche e floreali
12
.
Questo spiega l’esistenza di repliche dello stesso soggetto in diversi
luoghi dell’impero. Rispetto al periodo repubblicano le novità più
10
Per uno studio generale dei mosaici di Delo si veda P. Bruneau, Les Mosaïques in Exploration
archéologique de Délos, XXIX, Paris 1972; P. Bruneau, Mosaics on Delos, Paris 1974.
11
DARMON 1981, pp. 287-289.
12
L’esistenza di album di modelli viene messa in discussione da P. Bruneau (vd. BRUNEAU 1984
e BRUNEAU 2000).
10
rilevanti sono l’utilizzo di decorazioni geometriche più articolate, ma
sopratutto l’uso del colore.
L’arte musiva, al di là di certe diffuse tendenze generali si
differenzia nelle varie regioni dell’impero e presenta caratteristiche
strettamente legate ai centri di produzione
13
. Gli sviluppi locali si
colgono non solo confrontando i pannelli figurati, che rappresentano
una piccola percentuale del totale dei mosaici, ma soprattutto
considerando il più vasto repertorio decorativo geometrico e
vegetale
14
.
Produzioni provinciali
L’arte musiva, come si è già detto, ha sviluppi diversi nelle varie
aree dell’impero. In anni recenti, nel tentativo di evidenziare le
peculiarità e le differenze delle singole produzioni sono stati avviati
studi relativi alle produzioni musive delle singole province
15
. I
13
DUNBABIN 1970-1994, p. 805.
14
Per una classificazione generale dei motivi geometrici nei mosaici romani vd. BALMELLE
1985.
15
Per quanto riguarda l’evoluzione dell’arte del mosaico in Italia, a partire dall’inizio dell’impero,
fondamentali sono i documenti provenienti da Roma (come la casa di Livia, sul Palatino) e da
Ostia. Un profondo cambiamento avviene sotto l’imperatore Adriano. Villa Adriana, a Tivoli, ha
restituito una ricca ornamentazione in bianco e nero, ma anche mosaici policromi. Lo stile di epoca
adrianea, detto “fiorito” per la sua esuberanza, è testimoniato dai pavimenti di Ostia (cfr.
DARMON 1981, p. 294). In epoca adrianea compaiono anche le prime rappresentazioni figurate.
11
maggiori risultati sono stati ottenuti per l’Africa settentrionale, la
Britannia, la Gallia meridionale
16
.
In questo studio, come si è detto, ci si occuperà esclusivamente
dei mosaici siriani, tuttavia si ritiene opportuno dare brevi cenni
sull’intera produzione imperiale, così che si possa avere un’idea del
diverso livello di conoscenza raggiunto dagli studiosi e delle diversità
legate ad elementi locali.
Province africane
Negli studi sul mosaico romano, sicuramente occupano una
posizione di primo piano i mosaici africani
17
. Il periodo principale
della produzione comincia agli inizi del II sec. d.C., quando si
impiantano diverse officine nella zona costiera della provincia
proconsolare. L’influenza d’artigiani italici è testimoniata dalla
presenza di pochi mosaici in bianco e nero.
16
DUNBABIN 1970-1994, p. 805.
17
Gli studi sul mosaico africano sono numerosissimi e sarebbe impossibile citarli tutti. Tra i più
importanti si ricordano: S. Aurigemma, L’Italia in Africa. Tripolitania, I. I mosaici, Roma 1960;
S. Germain, Les mosaïques de Timgad, Paris 1969; N. Duval, P. A. Février, Le décor des
monuments chrétiens d’Afrique (Ailgerie, Tunisie), in Actas del VIII Congresso International de
arqueologia cristiana, Roma 1972, pp. 5-55 ; C. Dulière, Corpus des mosaïques de Tunisie, I, 2.
Utique. Les mosaïques in situ en dehors des insulae I-II-III, Tunisi 1974 ; K.Dunbabin, The
Mosaic of Roman North Africa.Studies in Iconography and Patronage, Oxford 1978.
12
Nel III secolo la produzione si sviluppa in tutte le province
africane, con differenze da regione a regione. In Tripolitania
prevalgono i modelli ellenistici
18
; nelle altre regioni, invece, si
svilupparono caratteri particolari, tanto dal punto di vista stilistico,
quanto da quello tematico.
Dal punto di vista stilistico il mosaico romano in Africa è
caratterizzato da un'espressione formale certamente particolare e un
senso del colore molto evidente, grazie anche a materiali facilmente
rintracciabili sul suolo africano, quali marmi colorati e paste vitree. In
opere databili sino alla metà del III secolo, tuttavia, a causa dei forti
influssi romano-ellenistici, non sono rintracciabili colori forti, ma
scale cromatiche molto delicate e un chiaro-scuro molto ricercato,
quasi pittorico. L’arte tardo-antica, dalla seconda metà del IV secolo,
è invece caratterizzata da un violento chiaro-scuro.
18
BANDINELLI 1970, p. 223.
13
Dal punto di vista tematico si trovano, di solito, raffigurazioni
strettamente legate alla struttura economica e sociale della regione
africana, basata su grandi latifondi di proprietà privata o imperiale.
Chiari riferimenti all'ambiente sono rintracciabili nelle
rappresentazioni di lavori agricoli, cacce o anche allevamenti di
cavalli, ritratti con molta precisione e ciascuno caratterizzato dal
proprio nome, che era riportato accanto all'immagine. Non troppo rari
sono anche mosaici a tema mitologico, solitamente raffiguranti cortei
di divinità marine, in particolare Venere e Anfitrite
19
; quest'uso deriva
dal fatto che i centri dell'Africa costiera vivevano effettivamente del
mare e dei suoi prodotti, grazie alla pesca e al commercio.
Sul piano compositivo dominano le grandi composizioni figurate
e unitarie, che occupavano con un’unica scena tutta la superficie
pavimentale.
Nel IV secolo la produzione di diversi centri declina, ma in molte
città, come Cartagine, la fioritura perdura almeno fino al V secolo
20
. È
in questo periodo che l’influenza dello stile africano diventa
19
Per questo tema vd. LASSUS 1965, pp.175-190.
20
DUNBABIN 1970-1994, pp.809-810; BIANCHI BANDINELLI 1976, pp.223ss.; LING 1998,
pp.77-98; DUNBABIN 1999, pp.101-130.
14
determinante in altre regioni dell’impero, come la Sicilia, la Sardegna,
l’Italia settentrionale e la Spagna.
Province iberiche
La produzione di mosaici nella Penisola Iberica comincia sotto
influssi provenienti dall’Italia nel II sec. d.C. In questo periodo
vengono realizzati, a Mérida e a Italica, pavimenti in bianco e nero,
simili a quelli contemporanei di Ostia. Gradualmente fa la sua
comparsa il colore, anche se limitato a pochi elementi, in pavimenti
essenzialmente bicromi; la decorazione geometrica prevale su quella
figurata.
15
A partire dalla fine del III secolo, come già accennato, si
percepiscono influenze nordafricane
21
. Mosaici con grandi scene
figurate sono prodotti almeno fino alla fine del V secolo, tuttavia,
anche in Spagna, si verifica il fenomeno di disgregazione degli
elementi iconografici, comune a molti territori dell’impero. A
differenza di quanto accade nelle province orientali, i motivi ellenistici
vengono deformati e adattati a elementi ornamentali locali. Tra i più
noti esempi di questa produzione c’è il mosaico “ex officina Anniponi”
di Mérida, con il mito di Dioniso e Arianna
22
. Il repertorio è
tradizionale, ma la forte schematizzazione delle figure, l’assenza di
coerenza, l’utilizzo di riempitivi ornamentali sono manifestazione di
un gusto locale.
21
DUNBABIN 1970-1994, p.809; DUNBABIN 1999,pp. 144-160; RINALDI TUFI 2000, pp. 63-
65.
22
BIANCHI BANDINELLI 1970, p. 193.
16
La Gallia, la Britannia e la Germania
Nel II sec d.C., scuole di mosaico si diffondono anche nelle altre
province occidentali dell’impero. Solo nella Narbonense, per la
precoce romanizzazione, l’attività di mosaicisti è diffusa già nel I sec
a.C. Nella tradizione del mosaico gallo-romano vengono assimilati i
modelli italici, con la preferenza, però, per pavimenti colorati. Le
composizioni in genere sono suddivise in riquadri, con l’utilizzo di
emblemata inquadrati da motivi geometrici. Viene quasi
completamente ignorato lo stile “fiorito”, mentre tratto peculiare di
questa produzione è lo stile detto a “decorazione multipla”
23
.
I più antichi mosaici della Britannia (I sec. d.C.), provenienti dal
palazzo di Fishbourne, sono sicuramente opera di maestranze italiche.
Si tratta di strutture geometriche semplici, analoghe a quelle diffuse in
Italia nel II sec. a.C
24
. La produzione più importante comincia però nel
II sec. d.C., e si protrae fino al IV secolo
25
. Tra i mosaici è
23
DARMON 1981, pp. 296-303; DUNBABIN 1970-1994, p. 808.
24
DARMON 1981, pp. 293-294 e 304.
25
DUNBABIN 1970-1994, p. 808-809; DUNBABIN 1999, pp.88-101.
17
interessante, per lo schema compositivo, quello di Orfeo con le fiere,
in cui le fiere si dispongono concentricamente intorno ad Orfeo
26
.
I mosaici delle province germaniche si inseriscono nello stesso
contesto estetico. Si può tuttavia riscontrare una differenza regionale,
in quanto la Germania Inferior risente della presenza della vicina
Treviri, mentre la Germania Superior è più vicina ai centri del
Rodano
27
.
26
Per questo mosaico cfr. in particolare D. J. Smith, Orpheus Mosaics in Britain, in Mosaïque.
Recuil d’hommages a Henri Stern, Paris 1983, pp. 315-328.
27
DARMON 1981, pp. 304-307.
18
Province greche
Nelle province greche, i mosaici, quasi completamente assenti
nel I sec. d.C., divengono numerosi a partire dall’età traianeo-adrianea
e la produzione è ancora fiorente nel III/IV secolo. Ancora aperta è la
discussione sulla dipendenza del mosaico greco di età romana da
quello di epoca classico-ellenistica
28
. I mosaici comunque sembrano
attestare una derivazione di schemi e di motivi dall’ambito
occidentale, italico, con l’inserzione di elementi decorativi asiatici.
Questa influenza è evidente, in particolare, nella produzione di
mosaici a tessere bianche e nere, soprattutto figurati. Questo gusto, in
seguito, viene sostituito da un nuovo interesse per la policromia, e per
composizioni più complesse; scene figurate sono inserite all’interno di
compartimenti con motivi geometrici, secondo uno schema
compositivo diffuso nella zona occidentale dell’impero
29
.
28
Quanto alla dipendenza dei mosaici di età imperiale da quelli di età classico-ellenistica chiara è
la posizione di Bruneau (vd. BRUNEAU 1981) che insiste sul forte conservatorismo del mosaico
greco, come segno della resistenza della Grecia ad assimilare la cultura romana. Riconosce,
tuttavia, un arricchimento di temi che si menifesta con l’apparizione di nuovi soggetti tra cui Orfeo
e l’introduzione di immagini prima escluse, come i ritratti di filosofi.
29
DUNBABIN 1970-1994, pp.810-811; LING 1998, pp. 19-34; DUNBABIN 1999, pp. 209-223.