Introduzione
2
Tra tutte le attività economiche, il turismo è tra quelle in cui,
maggiormente, si sente l’esigenza di conciliare sviluppo ed ambiente, in una
strategia complessiva denominata “turismo sostenibile”. Per l’economia del
turismo, infatti, il rispetto dell’ambiente non è avvertito come vincolo, bensì è
considerato un’opportunità ed una risorsa irrinunciabile, configurandosi, spesso,
come attrazione turistica primaria per quei turisti, tuttora in aumento, che
ricercano nella destinazione scelta ricreazione, riposo, svago, cultura, tradizioni
locali, con il comune denominatore stabilito dal desiderio di un rapporto
autentico con l’ambiente, improntato al rispetto ed alla conservazione. Tutto ciò,
anche alla luce delle tendenze del mercato della domanda turistica, che mostrano
una sempre maggior propensione dei consumatori verso destinazioni
caratterizzate da forti qualità ambientali, pone gli operatori turistici, sia pubblici
che privati, di fronte alla necessità di indagare la sostenibilità dell’attività
turistica, intesa come compatibilità ecologica, socio-culturale ed economica, e,
sopratutto, intesa come la capacità di sopportare senza traumi, di breve e di
medio-lungo periodo, il carico fisico o ecologico, quello economico e quello
sociale. Tale capacità, che è alla base della sostenibilità, è, e diventerà sempre
più, fattore di competitività sia per le destinazioni, sia per gli operatori del
settore.
Per questi ultimi, in una prospettiva di sempre più agguerrita competitività
e di sempre maggior richiesta di tutela della salute e della sicurezza del
consumatore, è necessario far emergere una “cultura della qualità”, che consenta
di anticipare l’evoluzione del mercato. In particolare, per l’impresa turistica
alberghiera, un ruolo importante nel salvaguardare gli interessi del consumatore
può essere svolto adottando sistemi di autocontrollo dell’igiene nel settore
alimentare, volti a garantire, in un’ottica di prevenzione a monte piuttosto che di
controllo a valle, quei requisiti di igiene e sicurezza degli alimenti che la stessa
Comunità Europea, con la recente emanazione di un pacchetto di Regolamenti
sulla materia, ritiene indispensabile per garantire un elevato livello di sicurezza
alimentare e di sanità pubblica, nell’ottica di una responsabilità sociale d’impresa
Introduzione
3
che, compatibilmente con i vincoli economici, partecipi attivamente al
miglioramento delle condizioni medie di vita.
Il presente lavoro si compone di quattro Capitoli, che affrontano più
approfonditamente gli aspetti sopra esposti.
Il primo Capitolo, dedicato al tema della Responsabilità Sociale delle
Imprese, analizza il significato odierno di tale concetto, evidenziando
l’evoluzione che ha subito negli ultimi decenni, a livello internazionale e
nazionale, in seguito alla crescente presa di coscienza circa il ruolo svolto
dall’impresa all’interno della società. In particolare, trattando dell’approccio
cosiddetto multi-stakeholder, capace di bilanciare in modo equo le istanze ed
attese legittime di tutti coloro che hanno un interesse nella conduzione
dell’impresa, si analizzano gli strumenti a disposizione di questa per la gestione
della RSI, e la natura dei vantaggi che questa gestione può arrecare all’azienda
stessa ed alla società in cui essa opera. Infine, si pone l’attenzione sulla relazione
esistente tra responsabilità sociale d’impresa, sostenibilità e ambiente. Il focus
sull’ambiente, conseguenza di una sempre più profonda coscienza delle
problematiche ambientali della società odierna, ci porta ad analizzare la gestione
di queste problematiche all’interno delle imprese e gli indicatori e strumenti a
loro disposizione per la promozione di uno sviluppo sostenibile.
Nel secondo Capitolo, dopo aver premesso l’importanza del settore
Turismo nell’economia mondiale e nazionale, si introduce il tema del turismo
sostenibile, come forma alternativa al turismo tradizionale, in grado di rispettare
e preservare a lungo termine le risorse ambientali, storiche e paesaggistiche del
territorio, fattori primari per lo sviluppo e la sopravvivenza del turismo stesso.
S’individuano le caratteristiche del turista sostenibile e di quei segmenti turistici
in cui, con maggior frequenza, si sono verificate esperienze positive in termini di
sostenibilità. Si considerano, inoltre, i principali strumenti per la valutazione di
impatto ambientale (VIA e VAS) e la capacità di carico turistico di una
destinazione. Infine, nell’ultima parte del Capitolo, affrontando il tema della
gestione eco-compatibile delle strutture ricettive, si tratta degli strumenti di
qualità ambientale nel turismo (quali bandiera Blu, Ecolabel etc.), approfondendo
Introduzione
4
la questione riguardante l’applicazione di Sistemi di Gestione Ambientale
all’interno di strutture alberghiere.
Il terzo Capitolo introduce i temi della qualità, sicurezza ed igiene nel
trattamento dei beni alimentari, e le problematiche connesse, ripercorrendo le
tappe e gli avvenimenti che, a livello europeo, hanno portato alla recente
emanazione di quel corpo di Regolamenti, noto come Pacchetto Igiene,
racchiudente il nuovo regime relativo all’igiene e sicurezza dei prodotti
alimentari, al fine di attuare una politica globale ed integrata per conseguire
l’obiettivo di garantire un elevato livello di sicurezza alimentare e di sanità
pubblica.
L’attenzione è poi spostata sulle imprese che operano nel settore agro-
alimentare, e sul sistema di autocontrollo dell’igiene alimentare che esse sono
tenute ad adottare, seguendo le prescrizioni del Metodo HACCP, sistema
individuato per valutare il rischio e stabilire un sistema di monitoraggio
finalizzato alla prevenzione, piuttosto che al controllo sul prodotto finito.
In ultimo, al Capitolo quarto, si è trattato il caso pratico relativo al centro
internazionale “Il Ciocco S.p.A.”, e scaturito da un’esperienza di stage condotta
presso l’azienda. Dopo una breve introduzione dedicata alla descrizione della
struttura alberghiera nel suo complesso, e del suo profondo legame con la realtà
culturale e territoriale in cui si inserisce, si è passati agli argomenti relativi al
tema della sicurezza ed igiene alimentare. In particolar modo, ponendo
l’attenzione sull’attività di ristorazione svolta dalla Società, si sono analizzati i
principali rischi ed i pericoli relativi alla trasformazione e alla distribuzione degli
alimenti, ed infine, si è passati alla descrizione del Piano di Autocontrollo
implementato da “Il Ciocco”. L’elaborazione di tale Piano è stata effettuata
facendo riferimento ai principi del sistema HACCP, per analizzare ed individuare
i rischi nelle varie fasi di lavorazione, elaborando azioni preventive, correttive, e
di verifica, in modo da garantire il consumatore/cliente circa la sicurezza e la
salubrità del cibo offerto.
Introduzione
5
A tal proposito desidero ringraziare vivamente l’azienda “Il Ciocco
S.p.A”, per l’opportunità offertami, ed in particolar modo il Dott. Enrico Lotti,
Responsabile Igiene, Sicurezza e Ambiente, il quale mi ha seguito in questa
esperienza, illustrandomi tutto quanto necessario per il mio lavoro.
Un ulteriore ringraziamento va al Prof. Marco Giannini, per l’aiuto ed il
tempo dedicatomi.
Capitolo 1
6
Capitolo 1-La Responsabilità Sociale delle Imprese
Nel corso del tempo è andata mutando l’interpretazione del concetto di
responsabilità sociale (RSI o, secondo l’acronimo anglosassone, CRS, Corporate
Social Responsibility), ossia la specificazione di ciò per cui l’impresa deve
ritenersi responsabile. Negli ultimi anni, il tema della RSI è venuto aggregando
nuovi contenuti e si è posto come un’esigenza sempre più forte e centrale per vari
argomenti: le organizzazioni sono sempre più dei sistemi aperti
1
; in esse, il ruolo
delle parti interessate sta crescendo di importanza; gli aspetti etici (di correttezza,
di trasparenza, di rispetto dei diritti fondamentali) sono in grado di condizionare
fortemente l’economia ed i sistemi sociali.
Di fronte ad una situazione in cui il contatto sempre più stretto tra popoli e
civiltà
2
, oltre che tra mercati, è di grande stimolo, la pressione sociale e le
relative sollecitazioni si rivolgono verso una maggiore attenzione allo sviluppo
sostenibile, all’ambiente, e, più in generale, alla socialità dell’attività d’impresa.
All’impresa, oggi, si chiede molto di più rispetto alla tradizionale funzione
di produzione, che costituisce in ogni modo l’elemento fondamentale del suo
essere ed operare; ad essa viene sempre più insistentemente richiesto di
perseguire finalità economiche socialmente qualificate, e di concorrere alla
salvaguardia dell’ambiente
3
.
1.1 Il concetto di Responsabilità
Friedman, negli anni Settanta, affermava che l’unica responsabilità sociale
dell’impresa fosse fare profitti, rispettando la legge ed alcuni ‘ordinary moral
expectations’. La funzione principale di un’impresa era ritenuta essere la
creazione di valore per i suoi proprietari ed azionisti. Attualmente, invece, le
1
Cfr. BERTINI U., Il sistema d’azienda: schema di analisi, Torino, Giappichelli, 1993.
2
L’estensione crescente delle attività commerciali all’estero genera nuove responsabilità su scala
mondiale, in particolare nei Paesi in via di sviluppo.
3
Cfr. SCIARELLI S., Responsabilità sociale ed etica d’ impresa: una relazione finalizzata allo sviluppo
aziendale, Articolo da: Finanza, Marketing e Produzione, vol.17, 1999, pag. 203.
Introduzione
7
imprese sono sempre più coscienti del fatto che il loro successo economico non
dipende più unicamente da una strategia intesa a massimizzare i profitti a breve
termine, ma che è necessario tener conto della protezione dell’ambiente, degli
interessi dei consumatori e della promozione della propria responsabilità sociale.
Nel corso degli anni sono state date al concetto di RSI numerose
definizioni.
Per il World Business for Sustainable Development, RSI è, infatti, il
“continuo impegno dell’azienda a comportarsi in maniera etica ed a contribuire
allo sviluppo economico, migliorando la qualità della vita dei dipendenti, delle
loro famiglie, della comunità locale e più in generale della società”.
Secondo l’organizzazione statunitense BSR, Business for Social
Responsibility, responsabilità aziendale, o cittadinanza d’impresa (corporate
citizenship), significa “gestire un’azienda in maniera tale da soddisfare o
superare costantemente le aspettative etiche, legali, commerciali e pubbliche che
la società ha nei confronti delle aziende”
4
.
La Comunicazione della Commissione europea “Responsabilità sociale:
un contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile
5
”, definisce la RSI come
“l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ambientali in tutte le
operazioni commerciali, nei processi decisionali e nei rapporti tra l’azienda ed i
propri interlocutori”.
La responsabilità sociale si concreta, dunque, nel gestire la propria attività
generando profitti in modo responsabile nei confronti dei partner economici, ma
anche della collettività e dell’ambiente. Per un’azienda, tenere comportamenti
socialmente responsabili, significa andare al di là degli obblighi legislativi ed
investire, in modo volontario, nella correttezza delle relazioni con gli
interlocutori interni ed esterni all’azienda, nel capitale umano, nel progresso
sociale, nel rispetto dell’ambiente, per contribuire ad una migliore qualità della
vita.
4
L’impresa non può essere considerata soltanto come un soggetto economico e giuridico, ma deve essere
vista anche come soggetto sociale, poiché fruitrice delle risorse della società e partecipe della sua vita con
doveri di cittadinanza verso la società stessa e, quindi, con una forte responsabilità sociale.
5
Commissione della Comunità europea, luglio 2002.
Capitolo 1
8
La RSI va oltre la gestione aziendale dell’immagine, o le attività
filantropiche d’impresa e fa, invece, riferimento alle scelte strategiche,
all’impegno che affonda le proprie radici nel core business dell’impresa,
traducendosi in un vero e proprio strumento per un progetto di sviluppo
sostenibile in un’ottica di medio-lungo periodo, a vantaggio sia degli attori del
progetto, sia della collettività
6
.
Spesso, l’attenzione verso questa tematica, è partita da eventi ‘incresciosi’
(lo scandalo dei palloni prodotti con lo sfruttamento di lavoro minorile, il caso
Enron e Parmalat per l’Italia). L’effetto economico di simili vicende ha mostrato
l’importanza di temi quali la reputazione, la fiducia: beni intangibili, non
quantificabili contabilmente, ma dai quali non si può prescindere per lo sviluppo
dell’impresa, giacché incidono sul sistema di relazioni interne ed esterne alla
stessa, condizionandone la performance economica. L’immagine e la reputazione
dell’impresa divengono fattori determinanti per la sua competitività, poiché
consumatori e ONG chiedono informazioni sempre più chiare sulle condizioni di
produzione di beni e servizi, e sugli effetti sullo sviluppo sostenibile; inoltre
tendono a premiare, colle loro scelte di acquisto, imprese che adottano pratiche
socialmente ed ecologicamente responsabili.
1.1.1 Evoluzione della RSI: il contesto internazionale
Data la diversità delle normative nazionali, dei sistemi di protezione dei
lavoratori, delle norme in materia ambientale, si sono succedute nel tempo
diverse iniziative, cui hanno preso parte imprese e società multinazionali,
istituzioni e ONG, e volte ad identificare principi e pratiche comuni. Tra le
principali:
9 le “Linee guida sulla governance” della OCSE (Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico) e la Convenzione contro il fenomeno
della corruzione
7
;
6
Cfr. BEDA A., La Responsabilità Sociale d’Impresa, Milano, Il Sole 24 ore, 2004.
7
www.oecd.org
Introduzione
9
9 la “Tripartite Declaration of principles concerning Multinational Enterprises
and Social Policy” dell’ILO (Organizzazione internazionale del lavoro
8
) nel
1999, cui seguono, l’anno successivo, le linee guida dell’ OCSE per
multinazionali, che costituiscono l’insieme più completo di norme applicate
su scala internazionale riguardo le attività delle multinazionali nei Paesi in via
di sviluppo. Esse disciplinano questioni concernenti la responsabilità sociale
d’impresa in materia di rapporti di lavoro, concorrenza, fiscalità e corruzione;
9 il Dow Jones Sustainability Index, indice elaborato nel 1999 da SAM-
Sustainability Group, società di consulenza finanziaria, in collaborazione con
l’indice Dow Jones, che consacra l’interesse della finanza per queste
problematiche;
9 il “Global Compact
9
”, un codice di condotta destinato alle grandi imprese e
varato da Kofi Annan, Segretario generale delle Nazioni Unite, al World
Economic Forum del 1999, che l’Assemblea dell’ONU ha reso operativo.
Esso richiede alle aziende di condividere, sostenere e applicare, nella propria
sfera d’influenza, un insieme di nove principi fondamentali relativi a standard
lavorativi, diritti umani e tutela dell’ambiente.
Nonostante la natura volontaria, e quindi non vincolante, di tali strumenti,
la loro adozione da parte di un gruppo importante di imprese operanti nei più
svariati settori industriali, ha finito, in realtà, col prefigurare una sorta di good
practice universalmente riconosciuta.
1.1.2 L’evoluzione in Europa
Fin dai tempi della prima rivoluzione industriale, alcuni industriali, a lato
di condizioni molto degradate, arrivavano a costruire case per le famiglie dei loro
dipendenti, strutture scolastiche, luoghi di ritrovo e cultura
10
.
Tuttavia, in Europa, s’inizia a parlare in modo ufficiale di RSI nel 1995,
quando un gruppo di aziende leader, su sollecitazione dell’allora Presidente della
8
www.ilo.org
9
www.unglobalcompact.org
10
Emil Rathenau (1883-1915), fondatore della tedesca AEG, già nel 1883, intravide l’importanza di una
presenza sociale dell’azienda sul territorio.
Capitolo 1
10
Commissione europea, firma il “Manifesto delle imprese contro l’esclusione
sociale”
11
. Sulla scia di tale Manifesto si cominciano ad elaborare nuovi modelli
d’intervento; a Bruxelles nasce “CSR Europe”, un network di movimenti
d’impresa, che include anche l’italiana Sodalitas. Una svolta importante si ha,
poi, nel 2000, quando, durante il Summit di Lisbona, i capi di Stato e di Governo
europeo s’impegnano a rendere l’Europa all’avanguardia in tema di RSI.
Il 18/07/2001 la Commissione europea pubblica il Libro Verde dal titolo
“Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese”,
seguito, nel luglio 2002, dalla Comunicazione “Responsabilità sociale: un
contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile”; tale documento entra nel
merito della correlazione tra comportamenti socialmente responsabili e sviluppo
sostenibile, definendo la strategia europea per promuovere il contributo delle
imprese al progresso economico, sociale ed ambientale
12
.
L’Unione europea si pone, dunque, l’obiettivo di “divenire l’economia
della conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo, capace di una
crescita economica sostenibile accompagnata da un miglioramento quantitativo e
qualitativo dell’occupazione e da una maggiore coesione sociale”.
CSR Europe accoglie la sfida lanciando una Campagna sulla
responsabilità sociale d’impresa che, inaugurata ad Atene nel novembre 2001,
tocca 15 paesi dell’Unione, in una vera e propria Maratona, con l’obiettivo di
sensibilizzare i cittadini europei e le imprese al tema della RSI, approfondirne la
consapevolezza attraverso la formazione, lo sviluppo di strumenti di management
e la condivisione della conoscenza.
1.1.3 L’evoluzione del contesto italiano
Un importante riferimento alla CSR, in Italia, è, innanzitutto, la nostra
Costituzione, che recita, all’articolo 41: “l’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale, o in modo da recare danno
11
Il documento pone il valore della solidarietà tra i principi chiave della cittadinanza d’impresa, insieme
alla lotta contro l’esclusione sociale e al rispetto dei diritti umani.
12
In esso si afferma tra l’altro, che “essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare
pienamente gli obblighi giuridici applicabili, ma anche andare al di là investendo di più nel capitale
umano, nell’ambiente e nei rapporti colle parti interessate”.
Introduzione
11
alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Nello sviluppo dell’economia
italiana del dopoguerra, numerose iniziative hanno accentuato il ruolo sociale
dell’impresa, sopratutto a seguito della crescita delle partecipazioni di Stato e
all’atteggiamento illuminato di alcune figure imprenditoriali e manageriali che
hanno inciso profondamente nella cultura aziendale italiana
13
. E’, tuttavia, alla
fine degli anni Novanta, che il dibattito sulla RSI si fa maggiormente strutturato,
divenendo un movimento d’opinione più contestualizzato, in sintonia con quanto
stava avvenendo in Europa; anche in Italia, dunque, si assiste alla nascita di un
dibattito sull’etica dei processi economici che coinvolge non solo studiosi, ma
anche manager ed imprenditori. Il mercato comincia ad apparire un’istituzione
potenzialmente capace di conciliare il soddisfacimento dell’interesse individuale
ed il perseguimento degli interessi collettivi; concetti quali l’altruismo, la
reciprocità, il senso dell’equità acquistano sempre più valore.
Per accogliere la sfida di una riconciliazione tra responsabilità sociale ed
economia, tra terzo settore e mondo imprenditoriale, nasce, nel 1995, Sodalitas,
Associazione per lo sviluppo dell’imprenditoria nel sociale, promossa da
Assolombarda e 14 delle sue aziende socie. Proprio Sodalitas, in collaborazione
con ISVI
14
ed Impronta Etica, si è fatta promotrice della tappa italiana della
Maratona europea, che ha permesso di mobilitare circa 2000 aziende sul
territorio nazionale, grazie soprattutto ai road show di sensibilizzazione e di
promozione sui temi della RSI e al lancio del Sodalitas Social Award, premio per
le aziende che si sono distinte nella realizzazione di programmi di alto contenuto
e valore sociale. La Maratona si è rivelata, per le oltre 800 imprese italiane che
l’hanno sostenuta, un’opportunità per prendere coscienza e comunicare la loro
sensibilità sui temi sociali ed ambientali. Ciò che tale iniziativa ha reso molto
chiaro è che esiste il bisogno di condividere esperienze, sperimentare sul campo
nuove iniziative d’impegno nel sociale, scambiare informazioni su strumenti e
13
Tra gli imprenditori privati, Adriano Olivetti (1901-1960), nella gestione della sua impresa, pose
attenzione agli effetti sociali dell’attività aziendale sostenendo che l’impresa dovesse produrre ricchezza,
creare occupazione, diffondere nella comunità i ricavi del successo raggiunto sul mercato.
14
Istituto per i valori d’impresa
Capitolo 1
12
strategie per la gestione della CSR, creando un circolo emulativo virtuoso tra le
aziende, che sia loro da stimolo ad un impegno concreto.
Poiché la responsabilità sociale d’impresa origina volontariamente dalle
aziende, importante risulta, anche, l’atteggiamento di Confindustria, che ha
partecipato attivamente al dibattito nazionale ed internazionale, in qualità di
rappresentante delle aziende italiane. Con riferimento al tema della RSI, secondo
Confindustria, risulta centrale il rispetto delle specificità di ogni singola realtà
produttiva; infatti, “è solo lasciando alle imprese la possibilità di sviluppare i
propri modelli specifici all’interno di un quadro volontario, che potranno essere
ottenuti progressi concreti in questa materia
15
”.
Le iniziative nel campo della RSI non dovrebbero, dunque, secondo
Confindustria, essere utilizzate come un modo per introdurre nuova legislazione
nel settore della politica sociale e del lavoro.
1.1.4 La diffusione della RSI nelle imprese di media-grande dimensione
16
I risultati di una rilevazione svolta dall’Istat
17
, elaborati sulla base delle
risposte fornite da 4.010 imprese con oltre 100 addetti (sulle 9.646 attive in Italia
nel 2003), rivelano che la gran maggioranza di esse (94,6%) dichiara di aver
adottato iniziative riconducibili ad almeno uno dei tipi indicati, mentre solo lo
0,5% ha adottato iniziative in tutti i campi previsti. Infine, il 5,4% delle imprese,
dichiara di non aver adottato alcuna iniziativa.
Le regioni in cui le imprese si muovono in modo più ampio secondo linee
di responsabilità sociale, indicando 6 o più tipi di iniziative, sono la Valle
d’Aosta (35,7 %), l’Umbria e la Basilicata (33,4 % e 33,3 % rispettivamente),
con livelli largamente al di sopra della quota percentuale rilevata a livello
nazionale (23,4 %).
15
Cfr. Documento congiunto Confindustria/CBI, vertice di Siviglia, giugno 2002.
16
La diffusione della responsabilità sociale nelle imprese di media e grande dimensione, a cura di ISTAT,
commissionata da Aicoon; la ricerca per intero è disponibile all’indirizzo internet
www.aiccon.it/file/evento/RSI.Istat.doc.
17
I quesiti hanno riguardato 12 materie, alcune riconducibili a scelte responsabili nei confronti
dell’ambiente, altre nei confronti dei lavoratori ed altre ancora verso la comunità di riferimento, locale o
globale.
Introduzione
13
Nel Mezzogiorno sono relativamente più frequenti le imprese che hanno
scelto di non adottare alcuna linea di responsabilità sociale (vedi Tabella 1).
Imprese che adottano iniziative di responsabilità sociale per regione* (valori
percentuali)
Regione
Nessuna Fino a 4 5-6 Oltre 6 Totale
Piemonte 6,1 41,5 27,4 25,1 100,0
Valle d'Aosta 7,1 21,4 35,7 35,7 100,0
Lombardia 4,9 40,0 31,3 23,9 100,0
Veneto 3,7 43,6 32,0 20,7 100,0
Friuli-Venezia Giulia 1,6 41,5 29,3 27,6 100,0
Liguria 9,0 31,5 31,5 28,1 100,0
Emilia-Romagna 3,6 41,0 29,5 25,9 100,0
Toscana 3,7 39,7 28,3 28,3 100,0
Umbria 4,4 31,1 31,1 33,3 100,0
Marche 5,2 43,3 29,9 21,6 100,0
Lazio 6,8 45,7 24,9 22,6 100,0
Abruzzo 7,9 36,8 36,8 18,4 100,0
Molise 25,0 25,0 50,0 0,0 100,0
Campania 10,6 41,3 27,9 20,2 100,0
Puglia 14,6 46,3 29,3 9,8 100,0
Basilicata 16,7 25,0 25,0 33,3 100,0
Calabria 11,8 41,2 35,3 11,8 100,0
Sicilia 12,3 54,4 22,8 10,5 100,0
Sardegna 10,9 56,5 26,1 6,5 100,0
ITALIA 5,4 41,3 29,8 23,5 100,0
* Le imprese localizzate nelle Province Autonome di Trento e Bolzano non sono considerate.
Tabella 1 Imprese che adottano iniziative di responsabilità sociale per regione.
Il trattamento selettivo dei rifiuti è il tipo d’iniziativa cui le imprese
aderiscono più frequentemente (88,5%), anche se, trattandosi di un adempimento
richiesto dalla legge, il dato rivela un’adesione ancora non totale. Al contrario, è
poco diffusa la vendita dei beni e/o dei servizi prodotti ad un prezzo che
comprenda una quota destinabile a fini sociali (7,1%), (Tabella 2).