2
diametriche di un campione di materiale e, successivamente, i diametri
caratteristici competenti a tale campione rilevato.
I passaggi dell’analisi granulometrica possono essere così riassunti:
• Prelievo e analisi del campione;
• Determinazione delle frequenze relative e cumulate;
• Calcolo dei diametri caratteristici (percentili);
• Determinazione dei parametri di distribuzione (media, deviazione
standard).
1.2 – Tipologie di alveo
Il modus operandi dipende inoltre dal tipo di corso d’acqua che si
intende analizzare.
I gravel-bed e cobble-bed sono distinti dai sand-bed e dai boulder-bed
per la loro granulometria. I diametri medi caratteristici sono i seguenti:
• alvei in sabbia: <2 mm;
• alvei in ghiaia: 2 - 64 mm;
• alvei in ciottoli: 64 - 256 mm;
• alvei in ciottoli-massi: >256 mm.
Comunque anche i gravel-bed (fondo ghiaioso) e cobble-bed (fondo
ciottoloso) contengono una percentuale di sabbia, tipicamente meno del 10%
in zone montane fino a un massimo del 50%, ma anche un certo numero di
grossi massi. Il range della granulometria presente può coprire fino a cinque
ordini di magnitudo (ad esempio dalla sabbia fine di 0.06 mm ai massi di 4000
mm). Questo fa si che ci siano delle complesse interazioni tra le particelle di
grandezza granulometrica differente durante fenomeni di erosione, di deposito
e di trasporto causando una distribuzione spaziale eterogenea il che
complicherà il processo di campionamento.
Ma i gravel-bed e i cobble-bed differiscono dai sand-bed e dai boulder-
bed non solo per la grandezza delle particelle, ma anche per la morfologia del
corso d’acqua. Tipicamente i corsi d’acqua sand-bed hanno una bassa
3
pendenza, i boulder-bed hanno un profilo d’alveo “a gradini” e i gravel-bed
con i cobble-bed hanno una moderata pendenza.
In letteratura si trovano diverse guide di riferimento per
l’individualizzazione della tipologia dell’alveo, di particolare interesse sono
quelle proposte da Montgomery & Buffington, 1993, e da Rosgen (1994,
1996).
1.2.1 – Classificazione proposta da Montgomery & Buffington
Montgomery & Buffington, 1993, proposero un sistema di
classificazione composto da cinque tipologie di alveo:
• cascades: massi e ciottoli
• step and pools: massi e ciottoli
• plane-bed: ghiaia e ciottoli
• pool-rifle: ghiaia
• dune-riple: sabbia
Questi alvei hanno delle morfologie differenti perché l’interazione tra
il flusso idraulico e il processo di sedimentazione, e in particolare la quantità
di energia dissipata dal moto turbolento, differisce tra un caso e l’altro.
La dimensione delle particelle che formano il letto del fiume
diminuisce passando dalla configurazione a cascate a quella a dune
generalmente, ma questo non risulta sempre essere un elemento discriminante.
4
Fig.1.1: Classificazione alvei secondo Montgomery & Buffington
A = cascades; B = Step pool; C = Plane bed; D = Pool riffle; E = Dune ripple
1.2.2 – Classificazione proposta da Rosgen
La classificazione proposta da Rosgen, 1954, utilizza un metodo
alfanumerico basato su cinque parametri morfologici del corso d’acqua e del
suo flusso:
• rapporto tra la larghezza della zona sommersa durante un evento
di piena e quella in condizioni medie;
• rapporto tra la larghezza e la profondità al centro dell’alveo;
• sinuosità: rapporto tra la lunghezza del corso d’acqua e la
lunghezza della valle occupata;
• gradiente del corso d’acqua;
• dimensione media delle particelle in superficie.
5
Con questi cinque parametri Rosgen identifica sette tipologie di corsi
d’acqua contrassegnate da una lettera maiuscola seguita da un numero che
identifica la granulometria media.
Fig.1.2: Classificazione alvei secondo Rosgen
A = Step and pool e cascate; B = Riffles e rapide; C = Pool riffle;
D = Braided; DA = Anastomosing; E = Meadow meanders;
F = Valley meanders; G = Gullies.
1 = Roccia; 2 = Massi; 3 = Ciottoli; 4 = Ghiaia; 5 = Sabbia; 6 = Argilla.
6
1.3 – Origine del sedimento in alveo
Di non secondaria importanza è il capire se un sedimento che si sta per
campionare ha origine fluviale o altra origine. Nel primo caso troviamo delle
particelle che sono state depositate o non erose dal flusso e a queste siamo
interessati nell’analisi granulometrica, ma può capitare di trovare degli
accumuli di particelle che hanno origini differenti, come ad esempio da frane,
slavine, materiale di scarto, erosione glaciale. Queste possono modificare la
morfologia del corso d’acqua e falsare l’analisi granulometrica.
1.4 – Caratteristiche dei sedimenti nell’alveo
1.4.1 – Struttura: effetti del corazzamento
In alcuni alvei non esiste solo una differenziazione granulometrica in
senso areale, ma anche in senso verticale. Si può distinguere tra sedimenti del
livello superficiale corazzato e quelli sub-superficiali del sottostrato. Alcuni
autori hanno suggerito una distinzione tra il corazzamento statico e il
corazzamento dinamico. Questo fenomeno per il quale, durante il trasporto, il
materiale trasportato ha una granulometria media più sottile del materiale
d’alveo prende il nome di corazzamento dinamico, poiché riguarda materiale
in movimento ed è diverso dal corazzamento statico, che riguarda il materiale
immobile.
La presenza di un livello superficiale relativamente più grossolano
rispetto al materiale presente nello strato sottostante è una tipica
caratteristica di alvei a fondo ghiaioso, ma è stata riscontrata anche in alvei
sabbiosi come nel Nilo, a valle della diga di Haussuan. La mediana della
distribuzione granulometrica dello strato superficiale è in genere da due a sei
volte quella del sottostrato.
7
Due sono le principali spiegazioni date a questo fenomeno (Church &
al, 1987):
• le particelle più fini sono più facilmente rimosse rispetto ai clasti
di maggiori dimensioni a causa dell’azione selettiva della
corrente (winnowing), lasciando un deposito residuale di
materiale più grossolano in superficie (lag);
• la seconda ipotesi assume che lo strato superficiale corazzato
riflette una condizione di uguale mobilità del fondo, cioè tutte le
dimensioni della distribuzione del materiale del fondo
comincerebbero a muoversi in corrispondenza di un campo di
condizioni della corrente relativamente ristretto (equal mobility:
Parker & al, 1982). Il fenomeno del corazzamento occorrerebbe
in condizioni di basso trasporto solido, ma non nullo, durante le
quali i granuli più grossolani si concentrano in superficie mentre
i più fini vanno ad occupare gli spazi compresi tra i più grandi e
vengono da questi protetti. Questa ipotesi è pertanto in
contrapposizione con la precedente, che invece implica una
mobilità selettiva del materiale, funzione cioè delle dimensioni
dei sedimenti.
I fondi alluvionali ghiaiosi sono così costituiti da una struttura stabile
di grosse particelle in contatto tangenziale tra loro, i vuoti tra queste vengono
parzialmente riempiti con sedimenti più fini che vanno a formare la matrice.
Il volume che può essere occupato dalla matrice fine dipende dal livello
di impaccamento della parte grossolana. Degli esperimenti di laboratorio
(Plumlet, 1948) hanno dimostrato che la matrice può al massimo costituire il
22-32% in peso del campione.
Troviamo diverse strutture:
• ghiaia con struttura costituita da clasti in contatto (framework-
gravel): formato da uno strato superficiale corazzato, strato sub-
superficiale, letto inferiore;
• corazzamento dello strato superficiale con dilavamento del
materiale fine (censored gravel): formato da uno strato
superficiale corazzato, strato sub-superficiale;
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• ghiaia riempita (filled gravel): costituito da un livello
superficiale con riempimento di materiale fine e uno strato sub-
superficiale;
• ghiaia con struttura costituita dalla matrice (Matrix-gravel): la
matrice supera il 30%, non è più necessario il contatto tra le
particelle più grandi per assicurare la stabilità.
Fig.1.3: Varie tipologie di fondo fluviale ghiaioso
9
1.4.2 – Tessuto
Le particelle depositate hanno la tendenza a posizionarsi con una
superficie piatta controcorrente, vengono così dette “regolarmente
organizzate”, formando una struttura, anche con gli strati inferiori, che porta
ad avere un effetto significativo sulla stabilità del fondo.
L’inizio del movimento delle particelle superficiali è quindi possibile
solo se vengono disturbate anche le particelle adiacenti, distruggendo così la
struttura stessa.
1.4.3 – Il letto del fiume e la sua composizione
Il letto del fiume si sviluppa come una serie di successive
sedimentazioni dovute a un flusso instabile, queste diverse stratificazioni
sono dovute a diversi eventi omogenei avvenuti in condizioni costanti. Questi
cambiamenti possono essere graduali o bruschi.
Inoltre il materiale fino va a riempire i vuoti lasciati dalle particelle
grossolane, ma è anche il materiale più facilmente asportabile.
La copertura superficiale è paragonabile alla mistura ghiaia/sabbia
inferiore, di questo fenomeno si offrono due spiegazioni:
• le particelle fini vengono trasportate dal flusso lasciando spazio
alle particelle più grosse. La degradazione continua fino a
quando la superficie non è completamente composta da grosse
particelle strutturalmente collegate;
• le particelle grossolane non erodibili si concentrano in superficie
permettendo alle particelle fini di cadere in profondità dove sono
riparate.
Se questa copertura superficiale dovesse quindi venir meno, le
particelle fini in profondità sarebbero facilmente erodibili. Per questo bisogna
porre particolare attenzione nel momento della campionatura. Per altro, i
10
cambiamenti di assestamento e composizione del fondo fluviale rendono
complicato la possibilità di confrontare diversi campioni di ghiaia provenienti
da posti differenti.
1.5 – Guida di riferimento per la raccolta del campione
La determinazione della curva granulometrica non pone normalmente
problemi metodologici particolari: tacitamente si ammette che questa curva
sia ottenuta con una setacciatura e una pesatura. Molte formule utilizzate
sono derivate da esperienze di laboratorio per le quali si conosce la
composizione del materiale analizzato. Le complicazioni nascono quando si
vuole analizzare la curva granulometrica di un corso d’acqua naturale gravel-
bed o cobble-bed.
I problemi principali che si presentano sono:
• la difficoltà operativa nel raccogliere il campione;
• scelta del luogo dove effettuare l’operazione;
• ottenere un campione rappresentativo;
• presenza corazzamento da tener in conto a seconda dell’analisi
desiderata;
• conteggio elementi grossolani non presenti nel campione mandato
a vagliatura.
La precisione statistica del campione raccolto è funzione del diametro,
del numero di particelle raccolte, del peso del campione stesso e del numero
di campionamenti necessari.
Come già detto la raccolta del campione in certi casi può risultare
particolarmente complessa. Il materiale fine situato tra particelle di grosse
dimensioni è difficilmente asportabile e lo stesso si può affermare per massi
di grosse dimensioni. Altre complicazioni sono rappresentate dal flusso
d’acqua fredda e dalla profondità dell’alveo che possono rendere necessario
l’utilizzo di un sommozzatore e di particolari apparecchiature.
11
1.6 – Classificazione American Geophisical Union
Esiste una classificazione dei sedimenti, proposta dall’American
Geophysical Union (AGU), in cui si evidenziano le classi diametriche
attribuibili ai diversi tipo di sedimento: boulder (masso), cobble (ciottolo),
gravel (ghiaia), silt (limo) e clay (argilla). La classificazione per i diametri
segue la scala di Wentworth, 1922, basata sulla progressione esponenziale dei
diametri, del tipo:
φ−
= 2D
dove D (diametro) è espresso in mm.
Ipotizzando infatti di avere una distribuzione log-normale del
sedimento (assai frequente), per trasformarla in una distribuzione normale
(gaussiana o a campana) s’introduce una scala in forma di potenza espressa
attraverso l’indice φ:
2
log Dφ = −
dove, in genere, ogni classe diametrica è costituita da incrementi di -φ pari a
0.5; il segno meno viene introdotto per permettere alle granulometrie fini di
ottenere φ positivi.
Con valori di -φ compresi tra 12 e -12 si descrive l’intera distribuzione
granulometrica, dai massi all’argilla (vedi tabella seguente).
Il valore D=2 mm (φ = -1) rappresenta il limite di separazione tra
sedimento fine (sabbia, limo e argilla) e grossolano (ghiaia, ciottoli e massi).
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Tipo di sedimento
Indice: -φ 2
-φ
Classe diametrica D (mm)
Massi molto grossi 2
12
-2
11.5
4096-2896
Massi molto grossi 2
11.5
-2
11
2896-2048
Massi grossi 2
11
-2
10.5
2048-1448
Massi grossi 2
10.5
-2
10
1448-1024
Massi medi 2
10
-2
9.5
1024-724
Massi medi 2
9.5
-2
9
724-512
Massi piccoli 2
9
-2
8.5
512-362
Massi piccoli 2
8.5
-2
8
362-256
Ciottoli grossi 2
8
-2
7.5
256-181
Ciottoli grossi 2
7.5
-2
7
181-128
Ciottoli piccoli 2
7
-2
6.5
128-90
Ciottoli piccoli 2
6.5
-2
6
90-64
Ghiaia molto grossa 2
6
-2
5
64-32
Ghiaia grossa 2
5
-2
4
32-16
Ghiaia media 2
4
-2
3
16-8
Ghiaia fine 2
3
-2
2
8-4
Ghiaia molto fine 2
2
-2
1
4-2
Sabbia molto grossa 2
1
-2
0.5
2-1.4
Sabbia grossa 2
0.5
-2
-1
1.4-0.5
Sabbia da medio a fine 2
-1
-2
-4
0.5-0.06
Limo 2
-4
-2
-8
0.06-0.004
Argilla 2
-8
-2
-12
0.004-0.002
Fig.1.4: Foglio per la determinazione della curva granulometrica
Tab.1.1: Classi e dimensioni dei sedimenti proposte dall’American Geophysical
Union, sulla base della scala di Wentworth.
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1.7 – Rappresentazione grafica dell’analisi granulometrica
I dati ottenuti per una semplice ed immediata lettura vengono
rappresentati con il tracciamento d’istogrammi e di curve.
Istogrammi di frequenza: noto il numero complessivo dei sedimenti
costituenti il campione, noti i sedimenti appartenenti a ciascuna classe, si può
costruire un istogramma che riporti in ordinate la percentuale di materiale
appartenente da una certa classe ed in ascisse la classe corrispondente. Dato
l’ampio campo delle dimensioni presenti in un campione, è consigliabile
utilizzare in ascissa una scala logaritmica come può essere quella della scala
φ. Osservando gli istogrammi di frequenza si può valutare la presenza di una
o più mode nel campione. Se si unisce il punto medio di ciascun istogramma
si può ottenere la curva di frequenza relativa.
Curve granulometriche:
• curva di frequenza relativa (f): esprime la percentuale
(frequenza) di ogni classe diametrica rispetto al totale del
campione. Tale curva mostra un andamento, in genere, a
campana, ma può presentare più valori modali (picchi). In termini
analitici, la curva relativa rappresenta la derivata prima della
curva di frequenza cumulata;
• curva di frequenza cumulata (F): esprime la percentuale (riferita
al totale del campione) del sedimento più fine (o passante)
relativamente ad ogni classe diametrica. Essa è l’integrale della
curva di frequenza relativa; è crescente e termina a 100 (100%
passante).
14
Fig.1.5: Esempio di istogramma di frequenza e di curva granulometrica cumulata
Sulla curva di frequenza cumulata vengono determinati i diametri
percentili (D
x
), associati ad una certa percentuale di passante. Ad esempio il
D
50
rappresenta il diametro del campione di sedimento corrispondente al 50%
in peso del materiale passante.
I percentili possono essere determinati graficamente dalla curva
cumulata, in modo approssimativo, o più correttamente in modo analitico
attraverso interpolazione lineare, secondo l’equazione:
()
inf
infsup
infsup
inf
FF
FF
xx
−⋅
−
−
+=
φφ
φφ
dove φ
x
è l’indice relativo al percentile F
x
incognito, e φ
inf
φ
sup
sono gli
indici immediatamente inferiori e superiori ricavabili dai dati di F
(frequenza).
La granulometria del sedimento superficiale, in particolare nei torrenti
montani, risulta in genere eterogenea. Per tale motivo, la curva relativa di un
campione risulta, spesso, distante da una gaussiana, mostrando perciò più
picchi di frequenza, o si presenta sbilanciata verso granulometrie grossolane
o fini.