Introduzione
XII
affronteranno proprio l’evoluzione dei modelli di consumo e il prezzo in ottica
prettamente economica. Verrano investigate le politiche di formazione del prezzo in
contesti oligopolistici per dimostrare come l’azione su tale leva prezzo sia altamente
complessa anche alla luce della imperfezione informativa che regna nel canale e delle
pressioni ricevute dagli operatori a monte.
Nel secondo capitolo verrà trattato il prezzo in chiave canonica; mutuando dai
fondamenti del marketing distributivo si analizzerà il prezzo nelle sue dimensioni di
breve e lungo periodo, descrivendo quali sono le funzioni a loro adducibili e valutando
come l’attuale contesto le abbia parzialmente travisate. Nella stesso capitolo si
proseguirà con l’analisi di quelle che sono le tendenze nel pricing commerciale e con
l’inquadrare l’innovazione di pricing proponendo una visione distonica rispetto a quella
che è la normale impostazione accademica. Risulta interessante anche l’appendice posta
a completamento del capitolo che cerca di dimostrare come nella comunicazione della
convenienza esista una dimensione psicologica. In letteratura è ormai assodato che il
prodotto sia sempre più da considerare una pura entità percettiva (prodotto
psicologico), la cui componente fisica viene dematerializzata e processata tramite
innumerevoli filtri mentali, assumendo inoltre valenze diverse a seconda delle
determinanti del luogo in cui è inserito. Nei processi di marketing non si può non
prendere atto di queste considerazioni, sia a monte, nella progettazione del prodotto
(che non può prescindere dal considerare i luoghi di acquisto come componente
fondamentale della strategia), che nei processi a valle, nella commercializzazione e
nella comunicazione in store. Tali valori, anzi, assumono una contenuto particolare in
ambito distributivo, dove la componente immateriale è particolarmente sentita,
trattandosi di servizi. I processi aziendali a valore aggiunto, nell’economia moderna,
non possono non prescindere dalla valutazione che il consumatore ne fa di essi, dato
che la risorsa fonte di vantaggio competitivo, nel moderno competere, è proprio il
consumatore (customer driven management).
Nel terzo capitolo, dopo aver eseguito un confronto tra gli approcci al pricing (EDLP
vs HILO) e aver investigato le condotte che le imprese commerciali hanno
implementato nel comunicare la convenienza, si è voluto dedicare l’appendice ad un
tema che probabilmente la price competition tende a scalzare: quello della costruzione
Introduzione
XIII
della fedeltà proponendo un approccio dinamico al problema che considera la fedeltà
come un costrutto reiterato e a stadi.
Il quarto capitolo, muovendo dal fervore che le imprese commerciali hanno dimostrato
nei confronti dell’EDLP, è stato incentrato sull’analisi dei tratti salienti della
competizione tra punti vendita con differenti politiche di prezzo. L’impianto del lavoro
muove dall’ipotesi che esista una relazione biunivoca tra comportamento di acquisto
del consumatore e price format; in altri termini gli equilibri del mercato prossimo futuro
saranno dettati dal comportamento di acquisto del consumatore e da come esso si
muoverà tra i vari price format, ma allo stesso tempo sarà la stessa condotta delle
imprese commerciali in materia di pricing a influire sulle abitudini di acquisto del
consumatore1. Studiare come il consumatore si muove tra price format diversi ha forti
contenuti strategici; in prima battuta si inizierà col delineare il comportamento di
acquisto che il consumatore persegue nel largo consumo, per poi attualizzarlo in un
contesto in cui coesistono store con politiche di prezzo diverse. Allo scopo, si mutuerà
dalla copiosa letteratura di natura anglosassone senza però riportare pedissequamente le
risultanze di tali studi che, ad avviso dello scrivente, potrebbero essere affetti da
specificità culturali insite nel comportamento di acquisto dei luoghi oggetto di analisi;
questa visione non risulta disattesa se si valuta il fatto che i risultati di tali contributi
risultano spesso contrastanti. Alla luce di tali considerazioni, il lavoro verrà completato
con una indagine di tipo conoscitivo su un panel di acquirenti italiani, proprio per
cercare di delineare su base empirica quali potrebbero essere i comportamenti della
popolazione italiana nei confronti di store con orientamenti al pricing diversi. Per un
ulteriore rimozione dei limiti di natura territoriale l’indagine è stata condotta su due
piazze (Frosinone e Parma) anche allo scopo di valutare una eterogenea propensione dei
diversi territori all’accoglimento dell’ every day low price; questo ci ha permesso di
1
Quanto le politiche di retail marketing possono influire sul consumatore e quanto invece la presenza di
un consumatore sempre più eclettico e sfuggevole domanda libertà nell’effettuare le proprie scelte libero
da condizionamenti di sorta? A parere di chi scrive un buon modo per poter interpretare un ambiente ad
elevata complessità come quello che si presenta ad oggi, è quello di dare risposta a questo quesito; nella
stesura del presente lavoro molti dati fanno percepire come, ad esempio, l’aumento della sensibilità per il
prezzo sia un fenomeno maggiormente incentivato dalle strategie del retailer, o comunque non sia
generalizzabile ed estendibile a tutti consumatori dato che esiste una parte di consumatori che domanda
servizio anche a scapito del prezzo.
Introduzione
XIV
valutare gli orientamenti del consumatore in piazze che conservano motivi di diversità
per livello di competizione e stadio evolutivo del sistema distributivo. I dati ottenuti
dall’indagine sono stati analizzati tramite il pacchetto statistico SPSS, in particolare la
fase analitica consta di due fasi:
• accertamento della presenza di associazioni statisticamente rilevanti tra alcune
delle variabili rilevate;
• classificazione del campione in due cluster. La scelta dei cluster è stata mutuata
dagli orientamenti perseguiti nei contributi sul tema; in particolare si sono
individuati i segmenti dei cherry pickers (che influiscono sulla dimensione di
intertype price format competition) e quello dei time costrained (che invece
dimostrando una relativa stabilità nella scelta dello store e vanno quindi ad
influire sulla intratype price format competition).
L’indagine, seppur con i limiti del caso, lascia trasparire spunti di riflessione a cui le
imprese distributive, nel prossimo futuro, non si potranno sottrarre.
Infine il quinto capitolo, date le risultanze ottenute nella parte sperimentale, si propone
di studiare le influenze dell’EDLP su tutte le leve del retail mix proponendo al
contempo soluzioni efficaci in termini operativi per un punto vendita che sia mirato ad
uno specifico target di consumatori “i time costrained”. La trattazione è intervallata da
una revisione degli orientamenti perseguiti dalle aziende commerciali nei progetti pilota
implementati in Italia e dalla presentazione dei modelli di business dei best in class
internazionali.
In tutto il corso della trattazione si è cercato di esulare da mere logiche descrittive,
cercando invece di dare giudizi critici e opinioni personali.
Capitolo 1- Evoluzione del contesto e influenze nelle politiche di pricing
15
CAPITOLO 1
Evoluzione del contesto di riferimento e influenze nelle politiche di pricing
commerciale
Al fine di concedere al lavoro un nesso di unitarietà e contemporaneamente di
distintività, appare opportuno in prima battuta delineare i tratti caratterizzanti il contesto
competitivo in cui le imprese della moderna distribuzione si trovano ad operare; in
particolare gli argomenti trattati nel capitolo si caratterizzano per la loro influenza
diretta o di riflesso nella formazione dei prezzi al consumo e nelle politiche di pricing
commerciale. La vision dalla quale il capitolo prende ispirazione è quella che vede
l’evoluzione del ruolo del prezzo come influenzato da due macro-aggregati,
riconducibili a considerazioni di ordine:
• Economico/ambientale; si annoverano l’evoluzione dei modelli di consumo e il
particolare momento di parziale recessione economica;
• Intrinseche al mercato distributivo dei beni di largo e generale consumo
(FMCG).
Risulta abbastanza difficoltoso giudicare in prima battuta in che misura i due gruppi di
variabili concorrano nella determinazione del fenomeno in corso; scopo del capitolo è
quello, quindi, di procedere con la trattazione degli elementi caratterizzanti il fenomeno
stesso per poi provare a dare un giudizio in consuntivo. Per tali motivazioni oggetto del
presente capitolo saranno l’evoluzione dei modelli di consumo e di acquisto; si cercherà
poi di delineare quali sono gli elementi caratterizzanti della struttura del mercato
distributivo e le eventuali evoluzioni future (osservati da un punto di vista prettamente
economico con particolare riferimento alla price competition nei mercati oligopolistici);
infine si cercherà di delineare una correlazione tra le politiche di pricing commerciale e
l’evoluzione dei rapporti di forza nel canale.
1.1 Evoluzione dei modelli di consumo e approccio di marketing al canale
I modelli di consumo rappresentano l’atteggiamento dei consumatori nei confronti dei
prodotti e delle singole marche; in ottica di retail marketing appare opportuno
Capitolo 1- Evoluzione del contesto e influenze nelle politiche di pricing
16
sottolineare la dicotomia tra modelli di consumo e di acquisto, in quanto si scinde
l’acquirente (colui che è responsabile dell’acquisto) e dal consumatore (colui che
effettivamente consuma il prodotto). Essendo responsabile dell’acquisto, poi,
l’acquirente è quel soggetto che fruisce dei servizi offerti dal distributore.
In Italia, si può iniziare a parlare di una cultura dei consumi solo a partire dal secondo
dopoguerra, quando l’aumento del benessere economico si iniziava a tradurre in modelli
di consumo simili a quelli delle altre economie avanzate; oltretutto è questo il periodo in
cui le migliorate condizioni economiche cessano di essere un fattore limitativo nello
sviluppo dei consumi, dando vita al fenomeno della massificazione della società. Tale
fenomeno registra però una inversione di tendenza a partire dagli anni ’70, da ascrivere,
ad avviso di chi scrive, al progressivo venir meno delle condizioni che lo avevano fatto
nascere. Infatti è questo il periodo in cui la crescita economica da indiscriminata,
diventa discriminante, producendo una ripartizione squilibrata dei redditi, anche per
zone che si dimostravano particolarmente specializzate in determinate produzioni.
Il fenomeno emergente è quello della disarticolazione della società e la relativa
frammentazione del mercato stesso. È questo il periodo della nascita del marketing
(soprattutto delle tecniche di segmentazione); è in questo periodo, che a mio avviso si
possono cominciare a ravvisare, le prime seppur flebili avvisaglie di quel fenomeno che
poi porterà alla crisi della industria di marca, oggi definito post-modernismo (Fabris,
2000); l’industria non è più in grado di controllare e “ammaliare” il consumatore in
modo indistinto, allora deve prendere atto delle diversità esistenti nella domanda e porre
in essere politiche di segmentazioni della domanda, creando poi varianti di prodotto ad
hoc; naturalmente la crisi della marca è un fenomeno che sarà visibile solo in tempi
molto lontani, però ritengo che oltre ad essere stato scatenato maggiormente dalla
evoluzione dei modelli di consumo e da altri fattori contingenti, in Italia un sistema
distributivo che da sempre ha scontato ritardi rispetto agli altri paesi europei, ne abbia
favorito il ritardo.
Capitolo 1- Evoluzione del contesto e influenze nelle politiche di pricing
17
Figura 1– Discontinuità nei modelli di conusmo
A partire dagli anni ’80 si delineano comportamenti di consumo molto complessi in cui
si rileva un forte orientamento ai volumi (dando vita anche in Italia al fenomeno del
Anni ’80 (consumismo);
1. forte orientamento ai
volumi
2. consumo come fonte di
status sociale
3. scarsa attenzione al
rapporto qualità/prezzo
4. ricerca di valori di tipo
edonistico piuttosto che
funzionale
5. sensibilità al brand
Anni ‘90 ;
1. riduzione dei consumi di
status e ricerca di
essenzialità, semplicità,
funzionalità dei prodotti
2. demassificazione del
mercato e ricerca di
prodotti customizzati
3. importanza del servizio
4. sensibilità ai problemi
ambientali
5. forte attenzione al rapporto
qualità/prezzo;
importanza delle store
promotion
6. riduzione della sensibilità
alla marca:
brand loyalty- store loyalty
Politiche aziendali
- Attenzione alle politiche
della marca
- Puntare alla
differenziazione
-Valorizzazione della funzione
marketing
- Maggiore decentramento
decisionale
- Migliore integrazione tra le
funzioni aziendali
- Importanza del SIM
- Innovazione di prodotto
- Importanza del trade
Capitolo 1- Evoluzione del contesto e influenze nelle politiche di pricing
18
consumismo1) in cui si innalzano i livelli del consumo pro-capite anche al di là del
bisogno individuale, si da una scarsa attenzione al rapporto qualità prezzo e i consumi
sono fortemente influenzati dalla ricerca di valori edonistici piuttosto che funzionali;
dato che nel consumo si esulava dalla ricerca di meri contenuti utilitaristici, esso era
percepito come assunzione di uno status sociale. È questo il periodo della forte
sensibilità alla marca; le tendenze in atto nel brand management vedevano un forte
trend verso la ricerca di valori distintivi e caratterizzanti di cui vestire il brand2.
Tali tendenze hanno ricadute anche sulla strutturazione dello store; infatti si ravvisa un
processo di segmentazione dei punti vendita basato sul livello di servizio offerto e
caratterizzati da assortimenti ampi e profondi capaci di colmare la domanda di quantità
e di varietà. Sicuramente tale tendenza ha contribuito all’ammodernamento della rete
commerciale; è in questi anni infatti che si assiste all’aumento della quota di mercato
dei punti vendita moderni e alla progressiva caduta del dettaglio tradizionale. La
conseguente concentrazione delle vendite nel mercato finale porta a un riequilibrio dei
rapporti di potere tra produttori e distributori (Fornari, 2000). Le tendenze in atto nel
mercato distributivo mettono in crisi i rapporti negoziali tra soggetti del canale, che non
sono più basati sulla mera quantità fornita, ma sul servizio richiesto all’industria (aiutato
anche dal fatto che la caduta dell’inflazione rendeva non remunerativi gli acquisti
speculativi da parte dei retailer). Tali mutazioni portarono le imprese di produzione ad
avere un nuovo approccio al mercato distributivo, guardando al canale non come un
susseguirsi di mercati ed operatori indipendenti, ma come un insieme coeso di soggetti
che cooperano per creare valore (SVM, SVD-sistemi verticali di marketing e di
distribuzione). Riassumendo quindi si può affermare che, negli anni ’80 l’agire
1
Da questa affermazione si potrebbero muovere molte critiche, in quanto, in ambito sociologico filoni di
pensiero affermano che il fenomeno del consumismo in Italia abbia avuto caratteristiche molto differenti
rispetto agli altri paesi, fino ad arrivare a tesi molto più estremiste che affermano che in Italia tale
fenomeno in realtà non si sia proprio manifestato. Non appare comunque questa la sede opportuna per
dilungarsi sull’argomento.
2
Tale tendenza, a mio avviso, è arrivata sin ai giorni nostri; in quanto è vero che c’è molta ricerca di
semplicità e immediatezza in alcuni settori (quali il grocery), ma si rileva una controtendenza in altri dove
si continua ad investire molto sulla costruzione dei valori fondanti della marca (penso per esempio al
mercato della profumeria).
Capitolo 1- Evoluzione del contesto e influenze nelle politiche di pricing
19
congiunto dei cambiamenti economici e della Rivoluzione Commerciale hanno favorito
l’integrazione e la collaborazione nel canale.
L’affermazione dei modelli di consumo attuali invece, prende inizio dagli anni ’90,
quando si rileva una forte discontinuità e la relativa affermazione di una cultura dei
consumi del tutto nuova e basata su una diversa gerarchia; la nuova cultura è ispirata
alla ricerca di nuovi valori da rinvenire nel consumo quali la maggiore ricerca di
funzionalità ed essenzialità nei prodotti e la relativa riduzione del principio della qualità
percepita con l’affermazione di una nuova dimensione della qualità, quella intrinseca;
si assiste alla demassificazione del mercato e alla ricerca di prodotti personalizzati
(mass customization) e all’aumento dell’importanza del servizio. Altre tendenze sono la
ridotta sensibilità alla marca (fenomeno della banalizzazione dei prodotti di marca e il
relativo trend di passaggio dalla brand loyalty alla store loyalty), l’importanza del
rapporto qualità/prezzo3 e la conseguente importanza delle store promotion. Indagando i
rapporti verticali di filiera si rileva una evoluzione degli stessi che li fa passare dalla
collaborazione verso la conflittualità. Le imprese si confrontano con un consumatore
molto più sfuggevole e poco condizionabile; infatti la facilità di differenziazione degli
anni ’80 (che aveva influito sulle politiche di branding dell’industria producendo la
proliferazione di prodotti negli assortimenti) lascia il posto a guerre di prezzo in cui
spesso i brand industriali si trovano ad essere coinvolti (anche a livello distributivo)
(Fornari, 2000). È il caso di ricordare che, favorito dalla particolare situazione
economica e dalla evoluzione dei modelli di consumo, si ha un forte stimolo alla
crescita del discount; contemporaneamente si assiste alla entrata nel mercato
distributivo italiano dei grandi gruppi stranieri. Questi fenomeni favoriscono la
concentrazione delle vendite data dall’aumento in ponderata dei nuovi soggetti; la
presenza di soggetti che vengono da mercati distributivi più evoluti fa assistere a una
modificazione quali/quantitativa degli assortimenti dato il sistematico delisting delle
marche nazionali e al rafforzamento della politica di marca commerciale. Le ricadute di
tali tendenze sui rapporti industria-distrbuzione vedono un progressivo inasprimento
degli stessi che si avviano verso la conflittualità.
3
A tal proposito sembra importante la visione di Fabris, il quale afferma che le nuove strategie di
shopping del consumatore prevedono un maggior impegno nella ricerca di alternative distributive più
convenienti per l’acquisto dello stesso prodotto (Fabris, 1995, op.cit.).
Capitolo 1- Evoluzione del contesto e influenze nelle politiche di pricing
20
L’agire congiunto della ricerca di convenienza e la poca importanza che si da al brand
fa si che il consumatore moderno voglia allocare nel settore grocery una quota parte del
proprio reddito sempre minore (mentre si assiste ad una redistribuzione dello stesso a
favore di altri settori, c.d. terziarizzazione dei consumi); se a questo si aggiunge lo
sviluppo sperequato delle promozioni (che in parte sembra giustificabile come prima
reazione di stimolo ad un sistema che viaggia a tassi sempre più prossimi allo zero) si
traccia un quadro generale in cui le imprese distributive si trovano ad operare, molto
angusto. È fuor dubbio che i fenomeni appena citati abbiano forti ricadute sulle politiche
di pricing commerciale e sulla redditività del retail, in quanto il maggior uso della leva
promozionale (con promozioni di prezzo non sempre a carico della industria di marca) e
la crisi dei prodotti di marca che non permettono di sorreggere i differenziali di prezzo
con i primi di prezzi, portano a far sì che la marginalità abbia subito riduzioni drastiche;
a questo si aggiunga poi il maggior grado di concorrenza orizzontale che ha concorso a
ridurre la marginalità (Aliwadi, 2001), acuito dalla stasi dei consumi. È naturale che in
queste condizioni il discount registri crescite importanti, ma è altrettanto naturale che
questa condizione da temporanea possa trasformarsi in strutturale di mercato se i
produttori di marca e i distributori continueranno a reagire in una logica di breve
periodo, ricercando solo negli sconti aggressivi e nel prezzo basso la soluzione del
problema (Caranza, Ceccarelli, 2004).
Alla luce di tali affermazioni si è portati ad affermare che oggi nel settore della
distribuzione dei beni di largo consumo sopravvive chi riesce a ben comunicare la
convenienza; la componente prezzo in questo ha un ruolo fondamentale, ma altresì
importante è la comunicazione dello stesso perché fondamentali sono le percezioni del
consumatore4. Il prodotto è sempre più da considerare una pura entità percettiva
(prodotto psicologico), la cui componente fisica viene dematerializzata e processata
tramite innumerevoli filtri mentali; assume inoltre valenze diverse a seconda delle
determinanti del luogo in cui è inserito, dato che la qualità distributiva rappresenta uno
degli elementi di creazione di valore anche per i prodotti industriali (Pellegrini D.,
4
È il caso di sottolineare che nella distribuzione grocery da 3 anni i prezzi sono interessati da fenomeni
deflativi, ma il consumatore percepisce i prezzi come inflazionati.
Capitolo 1- Evoluzione del contesto e influenze nelle politiche di pricing
21
2002). Altra componente fondamentale da indagare è la concorrenza orizzontale che si è
inasprita e i risvolti di questo sul settore.5
In ultima analisi si vuole prendere posizione sulla reale natura dell’attuale crisi dei
consumi; due sono le tesi preminenti; una dice che sia da imputare a caratteri di tipo
congiunturale (influenzata quindi dalla situazione contingente) e l’altra che sia a
carattere strutturale (da ascrivere all’evoluzione dei modelli di consumo). Sicuramente
nell’indagare i modelli di consumo non si può prescindere dalle considerazioni di ordine
economico; si ritiene però necessaria una prospettiva di indagine di tipo
multidimensionale ed integrata, in cui si fondono prospettive di tipo economico,
sociologico e psicologico. Si può altresì affermare con certezza che, nella prospettiva di
analisi, le variabili economiche rappresentino dei veri e propri vincoli nelle scelte del
consumatore, ma non si ritiene però che esse da sole possano distorcere, anche in modo
temporalmente finito, l’affermarsi di un modello di consumo. Quindi si ritiene che, la
crisi dei consumi sia ascrivibile alla affermazione di modelli di consumo che affondano
le radici negli anni ’90 e che, probabilmente, l’ingresso della moneta unica ci ha reso
più tangibili.
1.2 La struttura del mercato distributivo: analisi economica, equilibri ed
evoluzioni future
La struttura del mercato distributivo può essere riconducibile, come accade peraltro
nella maggioranza dei mercati dell’economia moderna, al modello dell’oligopolio6.
L’oligopolio è quella forma di mercato in cui opera un numero ridotto di imprese,
essendo però consapevoli l’una dell’esistenza delle altra (Carlton, Perloff, 1996). Di
solito tali forme si affermano in mercati dove:
• le industrie sono molto concentrate;
5Questo argomento sarà oggetto di trattazione nel paragrafo 3 del presente capitolo, dove si analizzerà la
struttura del mercato retail e le possibili evoluzioni future.
6
Il modello base su cui si fonda tutto l’approccio neoclassico all’economia, ossia quello della concorrenza
perfetta, è risultato essere un modello solo puramente teorico e non rinvenibile nelle situazioni di mercato
reali. Infatti le ipotesi che stanno alla base del modello (assenza di barriere all’ingresso, comportano da
price takers, non presenza di comportamenti strategici, perfetta mobilità dei fattori, presenza di un elevato
numero di operatori tutti piccoli, prodotti non differenziati) sono molto stringenti e nella realtà, la loro
parziale smentita porta a modelli, molto più realistici dell’oligopolio e della concorrenza monopolistica.
Capitolo 1- Evoluzione del contesto e influenze nelle politiche di pricing
22
• gli alti costi di trasporto e doganali non permettono di inviare i prodotti al di
fuori di un’area geografica ristretta;
• in mercati molto piccoli e segmentati.
Nel caso del settore distributivo si verifica proprio il parziale ricorrere di questa ultima
situazione; la prerogativa principale del mercato in questione è che è spazialmente
delimitato, quindi risulta essere di modeste dimensioni rispetto alla maggioranza dei
mercati industriali di produzione. La sua delimitazione spaziale è da intimare alla
ristretta mobilità del consumatore; infatti, nonostante l’affermarsi del fenomeno del
nomadismo tra forme di vendita (fenomeno che ha accentuato la dimensione della
concorrenza orizzontale, estendendola nella dimensione della intercanalità) non è
pensabile ad oggi una mobilità perfetta degli acquirenti7 e di conseguenza i punti
vendita che concorrono per lo stesso consumatore sono in numero limitato.
In realtà se si va a misurare il numero complessivo di operatori presenti in un mercato
come quello distributivo andando ad indagare i singoli canali, il numero che si ricava
non è di certo esiguo; in prima battuta potrebbe essere non rispettata la ipotesi alla base
dell’oligopolio che prevede la esiguità degli operatori, però si può ovviare a questa
apparenza facendo due ordini di considerazioni esemplificative:
• il fenomeno della concentrazione delle quote di mercato in atto in tutti i contesti,
a favore di alcuni canali ed operatori, e la progressiva riduzione della numerica
dei punti vendita per area, riporterebbe il mercato in condizioni di oligopolio, in
quanto solo una piccola percentuale di punti vendita (ossia quelli ad alta
ponderata d’area) risulterebbe effettivamente interessato nella competizione
vera;
• la presenza di operatori che fanno parte dello stesso gruppo commerciale,
potrebbe far supporre un coordinamento tra le politiche seguite dal gruppo nel
contesto e quindi, idealmente, si potrebbe pervenire alla comparazione degli
7
A mio parere il fenomeno della mobilità del consumatore è sottoposto a forze confliggenti che tendono
ad aumentarne o diminuirne la intensità; infatti da un lato troviamo la continua ricerca da parte del
consumatore del servizio e quindi anche del servizio di prossimità (che sappiamo essere una componente
di quel servizio complesso a cui le imprese distributive assolvono). Allo stesso tempo il fenomeno
potrebbe essere positivamente ridimensionato dalla:
• continua ricerca della convenienza e il nomadismo tra forme di vendita;
• comportamenti di cherry picking che le promozioni di prezzo hanno contribuito a influenzare.
Capitolo 1- Evoluzione del contesto e influenze nelle politiche di pricing
23
stessi ad un unico soggetto economico. In questo modo si opererebbe una
notevole riduzione del numero di operatori.
Anche se in via concettuale si è giunti alla conclusione che il mercato in questione
ricada nella casistica dell’oligopolio, si procederà col verificare se il mercato retail
riesce a soddisfare tutte le condizioni di base dell’oligopolio:
• i consumatori agiscono da price takers; è fuor dubbio che i consumatori non
siano in grado di influenzare il prezzo di vendita, dato che il prezzo di vendita è
fissato dagli operatori tenendo conto delle reazioni dei concorrenti (che le
imprese agiscano da price setters, è una ipotesi alla base del modello);
• prodotti omogenei; le imprese commerciali sono imprese di servizio, in
particolare offrono un servizio complesso composto da più servizi elementari; è
fuor dubbio che l’assortimento sia difficilmente differenziabile, qualora si operi
nello stesso canale e nella stessa area8; in realtà l’unico mercato in cui l’insegna
opera da monopolista è quello dei prodotti a marchio, anche se, a parere di chi
scrive, i prodotti del distributore si sono ricavati nella mente del consumatore
una percezione che li porta ad essere comparati; in altre parole si è creata la
categoria logica delle marche commerciali che il consumatore richiama
comparando i prodotti delle varie insegne;
• barriere all’ingresso; le barriere all’ingresso di nuovi concorrenti possono
essere classificate in: barrire amministrative, strategiche e non strategiche.
Quelle di tipo amministrativo sono presenti quando la regolamentazione
pubblica subordina l’accesso al mercato alla concessione di specifiche
autorizzazioni; in particolare per il settore del commercio, l’entrata in vigore del
D.Lgs 114/1998 (Decreto Bersani) ha abolito il regime concessorio che era
8A tal proposito il Prof. Lugli afferma che “…Non è possibile nel grocery attirare e fidelizzare il
consumatore agendo solo sui prodotti offerti che, pur potendo essere variamente combinati, sono di fatto
accessibili a tutti i distributori…il distributore punta al livello e alla qualità del servizio, oltre che sulla
convenienza per fidelizzare il consumatore.”Il Prof.Lugli ha, inoltre, dimostrato che esiste una
componente base dell’assortimento che viene riprodotta dalle insegne in tutti i formati e le aree, le quali
poi, con diversa intensità, mettono in atto una micro-differenziazione di area e di formato nel
completamento dell’assortimento. Per una trattazione approfondita dell’assortimento si rimanda a Lugli
G., Pellegrini L. 2002 (op.cit.). Sul tema si ritornerà in seguito nel paragrafo successivo.
Capitolo 1- Evoluzione del contesto e influenze nelle politiche di pricing
24
presente nel commercio e ne ha immesso uno parzialmente autorizzatorio9. Le
barriere di tipo non strategico si possono far coincidere con le economie di scala
(legate ai rendimenti crescenti) che in ambito distributivo sono presenti
soprattutto negli acquisti e nello sfruttamento della capacità di vendita. Tra le
barriere strategiche rientrano, invece, i comportamenti che le imprese esistenti
intraprendono per scoraggiare l’ingresso di nuovi entranti, ovvero l’esistenza di
condizioni particolari che facilitano l’atto di acquisto del prodotto; sono
influenzate dai costi di trasporto dei beni venduti (o dai costi per la fruizione dei
servizi), che rendono la localizzazione degli impianti un vantaggio competitivo.
È questo il caso del largo consumo, in quanto essendo un mercato
territorialmente limitato si addiviene in maniera molto veloce alla saturazione
dello stesso, innalzando forti barriere all’ingresso di tipo strategico10.
Volendo specificare oltremodo la tipologia di struttura del mercato distributivo, si
potrebbe farlo ricadere nella fattispecie degli oligopoli non cooperativi; non sembra
infatti pensabile una forma di collusione tra imprese perché si rinverrebbe il tipico
problema dei cartelli, ossia la difficoltà di mantenerli per la tendenza a “scartellare” dei
soggetti e la potenziale sanzionabilità dello stesso perché ricadente nella fattispecie di
intese idonee a impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della
concorrenza all’interno del mercato o in una sua parte rilevante (art.2, 2° comma, legge
nazionale n.287/1990, art.81, 1° comma Trattato CE).
9
In particolare il D.Lgs 114/98 all’ art. 4 co.1 lett. d) e) f) segmenta gli esercizi commerciali in esercizi
di vicinato (per i quali in caso di apertura, trasferimento e ampliamento è prevista la sola comunicazione
al comune e si è legittimati ad operare decorsi 30 gg, art.7 co.1), medie superfici di vendita (le quali
sono soggette ad autorizzazione del comune competente sentite le organizzazioni di consumatori, che si
intende rilasciata se entro 90 gg dalla data di ricevimento non viene comunicato espresso diniego, art.8),
le grandi superfici di vendita (che sono soggette ad autorizzazione rilasciata da una conferenza di
servizi composta dal sindaco del comune, il presidente della provincia e quello della regione). Si rimanda
al testo integrale del decreto per maggiori approfondimenti.
10
I tassi ridotti di crescita del settore e la saturazione del mercato (che in alcune zone del paese,
specialmente al nord, è notevole), potrebbero costituire barriere all’ingresso anche per i retailer stranieri.
L’unica crescita che appare possibile per le imprese del settore sembra essere la forma più naturale, ossia
l’apertura di nuovi punti vendita (Cifiello, COOP), facendo attenzione però a non innalzare i costi di
struttura (o meglio innalzandoli solo in termini assoluti, ma non relativi), garantendo quindi un buon giro
d’affari al nuovo punto vendita; tale crescita è giocoforza possibile solo verso il sud del paese.
Capitolo 1- Evoluzione del contesto e influenze nelle politiche di pricing
25
Per quanto riguarda il prezzo di equilibrio in caso di oligopolio esso viene fissato in una
posizione intermedia tra quello di concorrenza e quello di monopolio11; quindi non si
massimizza il benessere del consumatore (surplus) come in concorrenza perfetta, ma
nemmeno il produttore se ne appropria in modo pieno come in monopolio.
In un ultima analisi si è dimostrato che il settore della distribuzione dei beni di largo e
generale consumo (FMCG) è comparabile a un modello di oligopolio, ma si ritiene che
se tale situazione non è ancora rinvenibile in pieno nel caso del mercato italiano (penso
invece al mercato britannico o francese dove tale strutturazione del mercato è molto più
evidente) , è lecito pensare che in futuro l’accesa competizione orizzontale e l’uso della
leva promozionale12 possa portare a una selezione degli operatori nel settore, che farà
permanere nel mercato solo quelli più efficienti/efficaci.
Figura 2– Crescita in valore del mercato italiano food 2002-2007 (fonte Datamonitor)
11
Anche se si dimostrerà nel paragrafo 1.2.3 come si possa raggiungere in breve tempo un livello di
prezzo uguale ai costi marginali, come in concorrenza perfetta.
12
Si pensa che l’aumento dell’acquisto di prodotti in promozioni sul basket di spesa del consumatore
abbia portato a una riduzione della marginalità nell’ordine del 3-4 % (Francioni, A&O Selex).