2
bancarie. Solo una parte minoritaria delle ricerche
empiriche è stata indirizzata, infatti, ad analizzare
l’impatto di tale fenomeno sulle imprese.
È dalla constatazione dell’importanza di tale
dibattito che trae spunto il presente studio.
Il lavoro si compone, idealmente, di due parti: la
prima, di carattere più concettuale, comprende il
capitolo primo nel quale saranno presentati i caratteri
principali delle concentrazioni sia in generale, sia con
riferimento alle particolari peculiarità che esse
assumono nell’ambito dell’industria bancaria. Nella
stessa sezione saranno passate in rassegna anche le
principali motivazioni endogene ed esogene che hanno
determinato il consolidamento del settore creditizio.
Il secondo capitolo ha lo scopo di inquadrare le
principali modificazioni del quadro giuridico di
riferimento che hanno sollecitato la ristrutturazione
morfologica ed organizzativa del sistema bancario
italiano ed i tratti essenziali assunti da tale processo
anche in confronto agli accadimenti degli altri Paesi
Europei.
Nel capitolo terzo saranno esaminati i principali
studi empirici proposti da autori italiani ed
internazionali, riguardanti le implicazioni tra
modificazioni nella struttura bancaria provocati dalle
3
concentrazioni e relazioni di prestito con le imprese,
soprattutto di piccole dimensioni.
La seconda parte è tesa ad effettuare una verifica
empirica degli assunti teorici illustrati ed è composta
dal capitolo quarto dove essenzialmente si snoda
l’indagine realizzata sulla base dei dati statistici
inerenti l’attività bancaria e pubblicati dalla Banca
d’Italia, e le conclusioni derivanti dall’indagine svolta.
4
Capitolo primo
Le operazioni di concentrazione tra banche
1. Introduzione
L’aumento dimensionale delle imprese si attesta a
tematica da sempre assai dibattuta nell’ambito del
mondo accademico; all’interno degli studi aziendalistici
incentrati sul ciclo di vita dell’impresa, infatti, gli
esponenti dei modelli biologici di crescita, secondo la
filosofia “crescere o fallire”, considerano tale fase un
passaggio obbligato ai fini dell’evoluzione dell’impresa
1
.
Coloro che aderiscono ai modelli di crescita degli
adattamenti manageriali invece, ritengono che lo
sviluppo e l’esistenza di un’unità produttiva non siano
inscindibilmente legati al profilo dimensionale di
quest’ultima
2
, quanto piuttosto al modo con cui
l’impresa viene governata.
1
Cfr. I. Marchini (1995), Il governo della piccola impresa vol. 1 – Le basi delle conoscenze,
ASPI INS-EDIT, Genova, da W.W. Rostow, The Stages of Economic Growth, Cambridge
University Press, Cambridge , 1960.
2
Cfr. I. Marchini (1995), ibidem, da A.D. Chandler, Strategy and Structure: Chapters in the
History of the Industrial Enterprise, M.I.T. Press, Cambridge, 1962.
5
Tali argomentazioni, nell’era della globalizzazione
dei mercati e del progresso tecnologico, sono divenute
di primario interesse anche per imprenditori e
managers, che in questo contesto annoverano la
crescita dimensionale tra le scelte strategiche più
efficaci per acquisire e sfruttare nuovi vantaggi
competitivi sul mercato e per creare valore futuro per
l’impresa.
A seconda delle modalità con cui le imprese
cercano di dotarsi della propria dimensione ottima
possiamo distinguere: la crescita per via interna e la
crescita per via esterna.
La prima strategia si attua attraverso investimenti
diretti finalizzati all’espansione della propria capacità
produttiva, intervenendo quindi sulla struttura
aziendale preesistente
3
. I vantaggi connessi a tale
condotta riguardano, principalmente, la gradualità con
cui essa viene concretizzata e la possibilità di
pianificare il processo in accordo con le peculiarità e le
esigenze dell’impresa. Tale soluzione tuttavia non è
priva di controindicazioni, poiché, provocando una
dilatazione della struttura organizzativa ed un aumento
della complessità gestionale, conduce ad un
3
Si pensi ad esempio all’ampliamento della struttura già operante o alla costituzione ex-novo
di altri impianti con diversa localizzazione.
6
irrigidimento della stessa con negative ripercussioni
sulla flessibilità e quindi sulle capacità di adattamento
e di reazione ai mutamenti ambientali e alle turbolenze
dei mercati. Un ulteriore aspetto negativo inerente tale
strategia di crescita riguarda il “vincolo finanziario” allo
sviluppo, che indica la difficoltà delle imprese,
soprattutto le PMI, ad accedere alle fonti finanziarie
necessarie al sostenimento, quantitativo e qualitativo,
di questa fase di crescita. Spesso le imprese, infatti, a
causa della già squilibrata struttura finanziaria o di
fenomeni di razionamento del credito, riescono ad
ottenere i fondi indispensabili a finanziare l’iniziativa
solo sostenendo condizioni economiche più gravose; le
suddette constatazioni implicano sovente la rinuncia al
conseguimento del salto dimensionale, per
l’impossibilità di realizzare l’investimento o, comunque,
un ridimensionamento della portata dell’intervento
volto ad incrementare la scala produttiva, a livelli sub-
ottimali, ma in linea con le risorse finanziarie
disponibili.
In alternativa all’investimento diretto si pone la
crescita per via esterna; essa si realizza attraverso
7
molteplici tecniche
4
di cui le M&A
5
-per incorporazione,
unione, cessione di attività e passività- sono senz’altro
le più frequenti.
Questa strategia di crescita dimensionale presenta
molteplici ed indubbi vantaggi rispetto ad
un’espansione della capacità produttiva dovuti, in
primis, alla maggiore tempestività dell’iniziativa, che
richiede minori tempi di realizzazione e alla possibilità
di beneficiare dei potenziali ritorni dell’investimento in
tempi più rapidi; ciò si riflette positivamente sull’intera
gestione con evidenti risparmi in termini di costi e di
tempi. Una tale soluzione inoltre, rispetto all’impianto
ex-novo di ulteriori unità produttive, si rivela
un’iniziativa molto meno rischiosa poiché consente di
beneficiare della reputazione e delle relazioni
commerciali già instaurate e consolidate dall’impresa
preda, nonché di sfruttare appieno le sinergie derivanti
da un più efficiente sfruttamento delle risorse comuni
tra cui le competenze manageriali di entrambi i gruppi
4
Le principali modalità di implementazione di tale strategia di crescita sono essenzialmente:
fusioni, acquisizione di partecipazioni di controllo e di minoranza, creazione di holding,
network di imprese.
5
Le Mergers and Acquisitions (Fusioni e Acquisizioni) sono strategie di crescita per via
esterna, attuate da due o più imprese attraverso la fusione delle unità produttive partecipanti
all’operazione in un’unica impresa, oppure attraverso l’acquisizione da parte di un’impresa,
definita acquirente (bidder), di una o più aziende, definite preda (target). Nel primo caso, la
fusione per unione implica che le aziende coinvolte perdano la loro individualità ed autonomia
per confluire in un’unica unità produttiva, nel secondo caso, invece, la fusione per
incorporazione o acquisizione, prevede che l’impresa acquirente sopravviva, mentre le imprese
preda vengano incorporate e conseguentemente soccombano.
8
dirigenziali. La minore rischiosità di cui sopra genera
un circolo virtuoso, che consente alle imprese di
accedere con maggiore semplicità ai canali finanziari,
ampliando il ventaglio delle risorse disponibili per la
realizzazione dell’operazione; solitamente l’impresa
acquirente ha dimensioni relativamente grandi e ciò le
consente di rivolgersi, in alternativa alle fonti creditizie,
direttamente al mercato dei capitali attraverso
l’emissione di propri titoli. Inoltre, soprattutto con
riguardo alle fusioni tra imprese, esse presentano
un’onerosità minore allorquando si realizzano
attraverso un’OPAS poiché comportano semplicemente
uno scambio di azioni tra gli shareholders delle società
partecipanti, evitando o riducendo al minimo l’esborso
finanziario. Tuttavia, nonostante gli aspetti “virtuosi” di
tali operazioni, anch’esse presentano non trascurabili
risvolti negativi soprattutto legati alla presenza degli
oneri di integrazione; essi riguardano in particolare le
difficoltà che possono insorgere nell’amalgamare le
strutture organizzative e le risorse umane delle società
coinvolte nel processo di aggregazione e possono
rivelarsi talmente importanti da annullare in toto i
vantaggi acquisiti in seguito all’operazione stessa.
Dalla breve analisi delle modalità di crescita delle
imprese –per via interna e per via esterna– è possibile
9
concludere che l’investimento diretto volto ad
incrementare la capacità produttiva di un’impresa è
praticabile soprattutto in quei settori a bassa intensità
tecnologica, nei quali la competitività si dimostra
contenuta e si prospettano sviluppi soddisfacenti della
domanda. Infatti, in caso di saturazione del mercato, la
capacità produttiva in eccesso del nuovo impianto
potrebbe essere colmata solamente attraverso politiche
aggressive di prezzo, volte a sottrarre quote di mercato
ai propri competitors. Le operazioni di M&A, al
contrario, si adattano ai settori in cui le pressioni
competitive si dimostrano determinanti e nei quali le
possibilità di entrata in nuovi segmenti di mercato, in
un’ottica di diversificazione del prodotto, sono ridotte ai
minimi termini. In questi casi l’ingresso nel mercato è
realizzabile se avviene in tempi rapidi e tramite
l’acquisizione di imprese già operanti nel contesto e con
consolidata esperienza.
Tra i settori maggiormente interessati dalle
cosiddette merger waves
6
particolare dinamismo e
fervore ha dimostrato l’industria bancaria, la quale
nell’ultimo decennio, si è rivelata protagonista di una
6
Le merger waves sono così chiamate poiché la prima ondata di fusioni si verificò, verso la
fine dell’800, negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna, ad essa ne seguirono altre quattro; l’Europa
è stata soggetta solamente a tre ondate di fusioni, la prima negli anni 1955-1968, la seconda
durante gli anni ’80 e la terza, avviata nel 1992, non si è ancora conclusa.
10
fase di ristrutturazione attuata proprio attraverso una
serie di operazioni di aggregazione tra istituti di credito.
Nei prossimi paragrafi l’analisi verterà sulle
peculiari connotazioni che il fenomeno assume nel
contesto bancario, data la specifica natura dell’attività
creditizia, nonché sui fattori determinanti e sulle
finalità che guidano i processi di concentrazione dei
sistemi bancari.
11
2. Il fenomeno aggregativo bancario: aspetti
comuni e peculiarità rispetto agli altri settori
Nel presente paragrafo si procederà alla disamina
degli aspetti delle aggregazioni che accomunano
imprese bancarie e altre aziende, nonché dei tratti
peculiari che tali operazioni assumono in ambito
bancario, data la specifica funzione pubblica
dell’attività in questione.
La crescita dimensionale rappresenta, anche per
gli intermediari finanziari, una valida opportunità per
l’attuazione di strategie indirizzate alla creazione di
valore per l’impresa; la decisione di mettere in atto
operazioni di concentrazione, anche in ambito
creditizio, fa proprie motivazioni di carattere
prettamente economico. Le finalità legate allo sviluppo
dimensionale sono molteplici e possono riguardare il
consolidamento della posizione competitiva sia nella
propria area territoriale di influenza sia nell’ambito del
core business dell’azienda creditizia oppure
l’espansione dell’attività sia in senso spaziale, sia con
riguardo alla sfera operativa. Occorre tuttavia
sottolineare che, nel caso di istituti di credito di
maggiori dimensioni, a causa dell’instaurarsi di
12
problemi di agenzia tra proprietà e controllo nelle
decisioni riguardanti la gestione aziendale, tale
decisione può essere influenzata da moventi avulsi da
ogni logica di profittabilità. Il management, infatti, può
essere portato a promuovere operazioni di
aggregazione, solamente per fini personalistici di
prestigio, di avanzamento di carriera o di maggiori
ritorni retributivi, prescindendo da qualsiasi
valutazione di ordine economico inerente la fattibilità
del progetto.
Dal punto di vista metodologico, per realizzare il
salto dimensionale, gli istituti bancari hanno a
disposizione gli stessi strumenti delle altre imprese: la
crescita per via interna e la crescita per via esterna.
Peraltro, la decisione da parte del gruppo dirigenziale
dell’azienda bancaria, di quale sia la modalità più
efficace per attuare la strategia di crescita, sarà filtrata
dall’analisi dei vantaggi e degli svantaggi connessi alle
due tecniche di espansione, in relazione agli scopi che
si intendono perseguire. Alla luce di quanto è avvenuto
e sta tuttora avvenendo nel mondo bancario è di facile
constatazione il fatto che le forme di sviluppo
maggiormente utilizzate siano quelle della crescita per
via esterna e, nello specifico, le M&A.
13
Finora si è discusso di questioni comuni a tutti i
settori coinvolti in processi di concentrazione, ma le
tematiche di maggiore rilievo ed interesse, ai fini del
nostro studio, sono quelle che evidenziano delle
sostanziali differenze del fenomeno aggregativo
nell’intermediazione creditizia.
L’attività bancaria all’interno di un sistema
finanziario assume un ruolo di primario interesse non
solo nell’ambito dello sviluppo finanziario di un Paese,
ma è di fondamentale importanza anche quale matrice
di crescita dell’economia reale
7
. In quest’ottica, gli
intermediari creditizi, sono deputati a svolgere una
molteplicità di funzioni: gestire il sistema dei
pagamenti, facilitare il trasferimento delle risorse tra le
unità in surplus
8
, che detengono un’eccedenza di
attività finanziarie e le unità in deficit
9
, che per
finanziare i propri progetti di investimento sono
costretti a rivolgersi a soggetti esterni, nonché trasferire
e gestire rischi.
Queste attività implicano l’assunzione, da parte
delle imprese bancarie di particolari connotazioni, che
si riflettono inevitabilmente non solo sull’organizzazione
e sull’operatività di esse ma anche sulle possibilità di
7
Cfr. G. Forestieri, P. Mottura (2002), Il sistema finanziario, Egea, Milano.
8
Solitamente i risparmiatori sono le famiglie.
9
Le unità in deficit per definizione sono le imprese e la Pubblica Amministrazione.
14
realizzare operazioni di aggregazione. In particolare le
aziende bancarie incarnano nel contempo le
caratteristiche di impresa, verticalmente integrata,
multiprodotto, tendenzialmente orientata a mercati di
tipo retail e regolamentata
10
. Gli intermediari finanziari,
infatti, dovendo essere in grado di potere soddisfare le
molteplici esigenze della propria clientela, offrono una
gamma molto ampia di servizi
11
, che vengono inoltre
prodotti e distribuiti interamente e direttamente da
essi.
Oltre a ciò, nella funzione di intermediazione tra
datori e prenditori di fondi le banche si trovano a dover
intrattenere rapporti con imprese e famiglie e quindi
instaurare relazioni su mercati al dettaglio.
Tuttavia l’impresa bancaria si caratterizza
essenzialmente per la sua funzione monetaria e
creditizia - di interesse pubblico -, che la rende
destinataria di una specifica e stringente normativa che
regola i diversi aspetti della suddetta attività. In
particolare tale disciplina prevede un’autorità di
vigilanza, la Banca d’Italia , la quale è deputata a
svolgere il duplice ruolo di controllore per una sana e
10
Cfr. S. Del Prete (2002), I processi integrativi d’impresa – Un’analisi delle peculiarità delle
concentrazioni bancarie, Giuffrè Editore, Milano, da R. Ferretti, “I processi di crescita”, in M.
Onado (a cura di) (1996), La banca come impresa, Il Mulino, Bologna.
11
In particolare servizi di pagamento, di finanziamento, di investimento nonché di consulenza.
15
prudente gestione degli intermediari nonché di garante
della concorrenza nel settore bancario. Ciò implica che,
in ambito bancario, la possibilità di realizzare
operazioni di aggregazione tra istituti di credito non
dipende unicamente da variabili economico-aziendali,
ma altresì dagli sviluppi della normativa che possono
impattare favorevolmente o negativamente sulla
realizzazione di concentrazioni.
In relazione all’evoluzione della disciplina è
necessario ricordare il complesso disegno di revisione
normativa e regolamentare che è stato compiuto in
Italia, tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni
Novanta, attraverso il recepimento delle due direttive
comunitarie in materia bancaria e creditizia e
culminato, nel 1993, con il Testo unico in materia
bancaria (T.U.B). L’entrata in vigore del T.U.B. ha
segnato il passaggio da una vigilanza di tipo
discrezionale ad una di tipo prudenziale oltre che
decretare l’evoluzione dalla “banca-istituzione” alla
“banca impresa”. La natura di impresa assunta dalle
banche emerge con chiarezza nell’ambito delle regole
oggettive della vigilanza prudenziale che consente agli
intermediari di scegliere tra operatore specializzato o
banca universale. La deregolamentazione realizzata
attraverso questi interventi normativi ha avuto un