2
molto complesse. 
Charlie va insieme a Raimond al casinò. Lì iniziano a giocare a 
carte e, grazie alle abilità di Raimond, vincono una grossa somma 
di denaro. 
Prima di andare via dal casinò Raimond viene attirato dalla bellezza 
e dall’eleganza di una ragazza seduta al bar e la osserva a lungo. 
Ella si accorge di essere osservata, si avvicina a Raimond, 
chiacchera un po’ con lui e gli dà appuntamento per incontrarsi la 
sera stessa. 
Raimond, però, prima di allora non era mai andato ad un 
appuntamento con una ragazza e non aveva mai ballato e chiede al 
fratello di insegnargli a ballare. 
Charlie acconsente alla sua richiesta, gli insegna a ballare e, proprio 
in quell’occasione, tra i due fratelli si instaura un forte legame. 
Charlie capisce perfettamente i problemi del fratello e vorrebbe che 
gli venisse affidato per aiutarlo e potergli stare vicino il più 
possibile.  
Ma si rende conto, nello stesso tempo che Raimond segue delle 
 3
ruotines, assume dei comportamenti abitudinari e capisce che per 
lui è meglio continuare a vivere all’interno dell’istituto dove, 
periodicamente, potrà andarlo a trovare e trascorrere un po’ di 
tempo assieme a lui. 
La visione di questo film ha suscitato in me l’interesse per 
l’autismo, uno degli handicap che, durante il corso dei miei studi, 
ho avuto modo più volte di approfondire. 
E’ stato, però, quando dovevo scegliere l’argomento da trattare 
nella mia tesi di laurea che ho deciso di studiare l’autismo. 
Ho cominciato, allora, a cercare del materiale al riguardo e ho 
scelto di fare il tirocinio esterno presso il centro A.I.A.S., 
un’associazione che si occupa della cura, dell’assistenza e della 
riabilitazione di soggetti svantaggiati, tra cui anche quelli affetti da 
autismo. 
L’autismo è un disturbo delle funzioni mentali del soggetto che si 
manifesta intorno ai due o tre anni di vita quando, 
improvvisamente, il bambino perde la capacità di comunicare, il 
linguaggio inizia a regredire ed egli non è più in grado di 
 4
relazionarsi con gli altri. 
Sono stati fatti molti studi sulle cause che provocano il disturbo 
autistico ma, ancora oggi, non sono state individuate le cause che lo 
provocano. 
E’ necessario, quindi che la ricerca continui al fine di arrivare a 
conoscere le cause e scoprire delle cure migliori per affrontare 
l’autismo. 
Il mio studio sull’autismo comprende cinque capitoli. 
Il primo capitolo fornisce una definizione sull’autismo e, dopo una 
breve storia degli studi condotti su questo tipo di handicap, indica 
quali sono i sintomi e come si manifesta il disturbo, parla delle 
ricerche sull’eziologia dell’autismo e descrive le caratteristiche del 
bambino autistico. 
Il secondo capitolo ha come obiettivo la descrizione degli interventi 
educativi, applicati nei centri specializzati per ottenere il 
miglioramento delle condizioni di vita dei soggetti affetti da 
autismo. 
Il terzo capitolo prende in esame il ruolo dei genitori del bambino 
 5
autistico, i loro atteggiamenti, i comportamenti e i problemi che 
spesso rendono difficile il rapporto tra genitori e figlio. 
Il quarto capitolo descrive come viene trattato il soggetto autistico 
nelle scuole, mettendo in evidenza le iniziative della scuola 
elementare, media e superiore, il cui comune obiettivo principale è 
rendere autonomo il più possibile il soggetto al fine di favorirne 
l’integrazione nel lavoro e nella società. 
Il quinto capitolo riguarda l’esperienza che ho svolto presso il 
centro A.I.A.S. di Acireale (Ct), con le impressioni e le emozioni 
che ho provato osservando e partecipando alle terapie per i bambini 
autistici. 
La conclusione mette in evidenza che l’autismo è un tipo di 
handicap il cui studio deve essere ancora approfondito per arrivare a 
conoscerne le cause ed elaborare nuovi metodi di riabilitazione e 
recupero più efficaci e idonei a garantire al soggetto l’autonomia 
personale e l’integrazione sociale. 
 6
 
Capitolo 1 
Studi e ricerche sull’autismo 
1.1 Che cos’è l’autismo 
L’autismo è un disturbo dello sviluppo delle funzioni mentali. Nei 
soggetti affetti da autismo, intorno ai due anni, si evidenziano i 
primi sintomi e ci si trova già di fronte ad una malattia pervasiva 
che interessa la mente e la capacità di relazionarsi ed interagire con 
gli altri. 
L’autismo è un disturbo di cui non si conosce ancora la causa che lo 
provoca e viene descritto dai manuali diagnostici DSM IV e ICD 
10, che permettono al medico di diagnosticarlo grazie alla 
descrizione contenuta nei manuali stessi. 
La comunità scientifica internazionale definisce l’autismo un 
disturbo che colpisce la funzione cerebrale. 
“L’autismo è un disturbo dello sviluppo cerebrale che compare nei 
primi tre anni di vita. Colpisce i maschi quattro volte più 
 7
frequentemente delle femmine, mentre non c’è distinzione di razza 
e di ambiente sociale. L’incidenza è stimata tra 2-10 % su 10000 
nati.  
Le cause possono essere molteplici e non sempre chiare: si pensa a 
fattori genetici, biochimici, ambientali. Ed è forse proprio 
l’incertezza della causa a far vivere al nucleo familiare, travolto 
dagli eventi, giorni di frustrazioni. Non è facile convivere con la 
malattia mentale ventiquattro ore al giorno, 365 giorni l’anno. I 
comportamenti insoliti, auto o eteroaggressivi, pongono la famiglia 
in uno stato di volontario isolamento.”
1
 
Gli studi svolti sinora ci fanno capire che il cervello dei bambini 
autistici si sviluppa nei primi due anni in maniera molto prematura 
per arrivare ad una vera e propria stabilizzazione. 
Nel periodo adolescenziale non ci sono differenze fisiche di 
sviluppo rispetto ai soggetti normali, eccetto la circonferenza della 
testa più grande, dovuta allo sviluppo troppo prematuro e rapido 
che si è verificato nell’infanzia. Questo eccessivo sviluppo porta a 
                                                 
1
 www.lapelle.it/pediatra/autismo.htm 
 
 8
confondere il sistema di connessione cerebrale che interessa le 
abilità sociali, linguistiche e relazionali. 
Dato che lo sviluppo evolutivo è anche collegato al sistema 
genetico, è importante che la ricerca riesca ad individuare i geni 
responsabili di questo fenomeno e che, quindi, si riesca a curare 
questa sorta di malattia. 
 9
 
1.2 Cenni storici 
“La parola autismo deriva dal greco autùs che significa se stesso e, 
come malattia o modello particolare di struttura psichica, si 
evidenzia drammaticamente per l’isolamento, l’anestesia affettiva, 
la comparsa dell’iniziativa, le difficoltà psicomotorie, il mancato 
sviluppo del linguaggio.”
2
  
Il termine autismo viene utilizzato per la prima volta nel 1908 da 
Eugen Bleur
,
 uno psichiatra che si servì di questo termine per 
indicare i soggetti colpiti da una particolare forma di isolamento 
causata dalla schizofrenia. Egli notò che l’autismo causava 
problemi a livello relazionale, portando il soggetto ad interessarsi 
solo ed esclusivamente di se stesso. 
Ma il primo a parlare di autismo fu Leo Kanner
,
 un medico del John 
Hopkins Hospital, che, nel 1943, aveva riconosciuto questo disturbo 
in 11 dei pazienti ricoverati nell’ospedale presso cui lavorava. 
Inizialmente aveva notato nei pazienti delle anormalità che lo 
                                                 
2
 www.autismo-congress.net/riccardograssi.html 
 10
inducevano a sospettare un problema neurologico. 
Successivamente alla pubblicazione di un articolo in una rivista 
specializzata, venne contattato da alcune famiglie benestanti e con 
un alto livello di istruzione degli Stati Uniti.  
In seguito a ciò, Kanner elaborò una vera e propria teoria 
psicogenetica, in cui sostenne che “ l’autismo fosse una 
particolarità della classe sociale elevata, ove la madre è laureata e 
spesso in carriera: ipotizzava perciò che la madre non avesse amato 
adeguatamente il figlio e che il figlio, nato sano, si fosse chiuso in 
se stesso per questo motivo.”
3
  
Ma si trattava, in realtà, di un errore dato che il suo articolo era 
stato pubblicato in una rivista scientifica accessibile ad un pubblico 
molto colto e con la disponibilità di mezzi per recarsi nell’ospedale 
presso il quale lavorava Kanner. 
Il campione che Kanner analizzava, quindi, non era rappresentativo 
dei casi di autismo; egli stesso successivamente notò che il disturbo 
autistico poteva colpire allo stesso modo soggetti appartenenti a 
                                                 
3
 www.odv.bo.it/2003-4/speciale-03.php 
 11
tutte le classi sociali e riconobbe di avere compiuto un errore 
definendo l’autismo come particolarità della classe elevata. 
Contemporaneamente a Kanner, Hans Asperg
4
 utilizzò 
l’espressione “autistichen psychopathen” per descrivere un disturbo 
che presentava difficoltà nell’adattamento sociale, stereotipie 
motorie e linguistiche, resistenza al cambiamento. 
Dopo la morte di Kanner, Eric Schopler
5
 si dedicò alla ricerca di 
una strategia di riabilitazione per soggetti autistici: il TEACCH 
(Treatment and Education of Autistic and Communication 
Handicapped Children), che divenne il programma di Stato per gli 
autistici del Nord Carolina e che si diffuse in tutto il mondo. 
Schopler partì dall’ipotesi che la mente del bambino autistico sia 
gravemente malata, intuì l’importanza della figura dei genitori e 
diede grande valore alla loro collaborazione: essi, insieme agli 
operatori dei servizi sociali e della scuola, svolgevano un ruolo di 
continuità nello sviluppo del bambino autistico. 
I risultati della strategia TEACCH furono molto evidenti, infatti, in 
                                                 
4
 www.odv.bo.it/2003-4/speciale-03.php 
5
 Idem. 
 12
pochi anni si ebbe una riduzione della percentuale di soggetti 
autistici ricoverati in ospedali psichiatrici dal 90 al 10 %.  
Ciò non vuol dire, però, che la strategia TEACCH possa guarire del 
tutto i soggetti autistici, ma che la maggior parte di essi, dopo 
l’adolescenza, possono essere assunti nelle fattorie, nelle fabbriche 
e nelle imprese del settore terziario. 
Attualmente, in Italia solo pochissimi soggetti autistici riescono a 
lavorare; molti, invece, vengono ricoverati in <<laboratori 
protetti>> o <<gravi centri>> insieme ad altri disabili. I soggetti 
autistici più fortunati lavorano nelle cooperative sociali, in cui un 
terzo dei lavoratori sono disabili o disagiati mentali. 
La causa di tutto ciò risiede nel fatto che, dopo il 1968, molti 
studiosi riscoprirono la teoria psicogenetica di Kanner e sostennero 
che ci si trovava di fronte ad un disagio mentale e non ad una vera e 
propria malattia con possibilità di recupero e riabilitazione. 
Nel 1951 Anne Freud
,
 figlia di Sigmund, criticò la teoria 
psicogenetica di Kanner e dimostrò la falsità delle sue affermazioni 
portando l’esempio dei bambini sopravvissuti nei campi di 
 13
concentramento nazisti: pur avendo perduto l’affetto dei genitori, ed 
in particolare quello materno, nessuno di loro fu affetto da autismo. 
Nel 1959 Goldstein
6
 considerò l’autismo come un meccanismo di 
difesa utilizzato dal soggetto per salvaguardarsi in caso di pericolo 
o di angoscia. 
Intorno agli anni ’60 Rimland
7
 criticò la teoria psicogenetica di 
Kanner, sostenendo che la causa del disturbo autistico non si ritrova 
nell’affetto dei genitori ma nelle alterazioni morfologiche e 
funzionali a base organica. 
Negli anni ’70 Rutter
8
 individuò alcuni sintomi dell’autismo: 
incapacità a sviluppare rapporti sociali, ritardo nello sviluppo del 
linguaggio con presenza di ecolalia e fenomeni rituali. 
Nel 1979 Wing e Gould
9
 sostengono che i soggetti autistici possono 
assumere tre diverse tipologie di personalità: gli isolati, i passivi nei 
confronti dell’ambiente circostante, i bizzarri che sono socialmente 
attivi ma che assumono comportamenti incongruenti e inconsueti. 
                                                 
6
 Idem. 
7
 Idem. 
8
 www.odv.bo.it/2003-4/speciale-03.php 
9
 Idem. 
 14
Alla fine degli anni ’80 Uta Frith
10
 propose un modello cognitivo 
basato sulla teoria della mente: il soggetto autistico è incapace di 
considerare il punto di vista degli altri. 
Attualmente l’eziologia dell’autismo è ancora sconosciuta, perciò i 
manuali diagnostici DSM IV e ICD 10 riconoscono il disturbo 
autistico sulla base di alcuni criteri comportamentali. 
Negli ultimi 10 anni, sono state fatte molte ricerche nell’ambito 
dell’autismo e, attualmente, si stanno studiando i geni che 
potrebbero provocare il disturbo autistico. 
I Ministeri della Sanità, delle Salute e dell’Istruzione, Università e 
Ricerca da qualche anno finanziano le ricerche sull’autismo; anche 
Telethon destina una parte dei fondi raccolti alle ricerche a questa 
problematica. Ciò dà molta speranza all’Associazione Nazionale 
Genitori Soggetti Autistici (ANGSA), che desiderano costituire una 
fondazione per la ricerca che dia la possibilità di conoscere 
effettivamente le cause dell’autismo, di poter prevenire il disturbo, 
qualora ce ne sia il sospetto, e trovare dei rimedi, elaborare dei piani 
                                                 
10
 Idem. 
 15
rieducativi e riabilitativi che alleviino i danni dei soggetti autistici.  
 
 
1.3 Quali sono i sintomi 
“I genitori, per lo più, vengono insospettiti nell’osservare il figlio 
che evita di guardare negli occhi, che si ritira in se stesso per lunghi 
periodi, che non sorride e che, soprattutto, ha difficoltà 
nell’apprendimento del linguaggio. 
Esaminato da vari medici il piccolo può anche essere indirizzato ad 
esami per escludere una sordità, fino al momento in cui uno 
specialista formula una diagnosi precisa che provoca molto 
sgomento. 
La caratteristica fondamentale del disturbo autistico resta comunque 
legata all’isolamento, all’impossibilità di <<accettare>> una 
compartecipazione socio-relazionale; i disordini comportamentali 
che risultano bizzarri e disturbanti, le urla, le attività motorie 
ripetitive e compulsive come dondolarsi, i manierismi più svariati 
ed inoltre, talvolta, anche ipercinesie irrefrenabili.