5
Partendo, nella presente trattazione, dal contesto internazionale
in cui il Paese si è venuto a trovare ed analizzando quindi le
normative comunitarie relative all’armonizzazione e alla
concorrenza fiscale, si vuole arrivare a descrivere in primo
luogo il sistema tributario irlandese e la sua compatibilità con
le suddette norme, arrivando, in ultima analisi a definire a
grandi linee l’incidenza che la sua condotta fiscale avrà in
Europa.
Nel primo capitolo, in particolare, dopo aver effettuato
un’analisi sui contenuti dei due più importanti documenti che
regolano la concorrenza fiscale infra – comunitaria, ossia il
rapporto Monti e la relazione OCSE, si cercherà di capirne la
validità e l’efficacia, accennando solamente alla fine del
capitolo al fisco irlandese, in relazione alle sue agevolazioni
fiscali segnalate nella lista dei sistemi fiscali potenzialmente
distorsivi stilata dall’OCSE e nella Black list del gruppo
Primarolo.
Il sistema fiscale dell’EIRE sarà invece trattato con maggiore
specificità nel secondo capitolo, dove la normativa fiscale
irlandese verrà descritta, ma evitando di svolgere una analisi del
fisco squisitamente tecnica, per concentrarsi invece sulla
verifica della sua legittimità sostanziale e dei molteplici risvolti
che questa sta avendo in ambito comunitario. Si spiegherà, in
altre parole, perché l’U.E. è stata costretta ad accettare le
decisioni in materia fiscale adottate dal Governo di Dublino, e
6
fino a che punto queste hanno determinato il successo
economico del paese.
Sulla base delle considerazioni svolte nei suddetti capitoli, si
capirà infine quali importanti conseguenze ha determinato il
comportamento fiscale dell’EIRE all’interno dell’U.E. . Si
capirà cioè se l’Irlanda deve essere considerata un caso isolato e
difficilmente imitabile, o se piuttosto deve essere considerato il
primo di una serie di cambiamenti destinati a rivoluzionare i
regimi tributari comunitari, con tutte le conseguenze del caso.
7
CAPITOLO PRIMO
I PROBLEMI DI ARMONIZZAZIONE E CONCORRENZA
FISCALE NELL’UNIONE EUROPEA
1.1 Introduzione.
Cesare Cosciani, in un suo celebre lavoro del 1958
3
, scriveva:
“… l’armonizzazione della legislazione della imposizione
diretta potrebbe venir imposta solo se si dimostrasse che i
diversi sistemi di tassazione sono tali da provocare distorsioni
economiche nei rapporti economici tra i paesi della comunità
europea… ecco perché un’armonizzazione nella imposizione
diretta sembra meno necessaria (rispetto alla tassazione
indiretta), e tutto fa ritenere che il problema non si porrà”.
Oggi, a distanza di oltre quarant’anni sembra facile dire che
Cosciani si sbagliava. Paradossalmente però, considerando il
contesto politico in cui vennero fatte queste riflessioni, una
simile affermazione era più che legittima
4
.
Non va infatti dimenticato come, sino a mezzo secolo fa la
situazione in Europa fosse profondamente diversa da quella
attuale.
3
Cfr. C. Cosciani, “Problemi fiscali del mercato comune”, Milano 1958.
4
Cfr. “Integrazione economica e convergenza dei sistemi fiscali nei paesi U.E.”,
8
Allora la mobilità dei capitali e del lavoro erano molto scarse, e
le economie nazionali ancora chiuse all’interno dei propri
confini. Non si poteva dunque immaginare quale distorsione,
all’allora mercato comune, avrebbero potuto provocare
divergenze nei tassi e nelle politiche fiscali, o per quale motivo
si dovesse parlare di armonizzazione fiscale quando la
globalizzazione del mercato era ancora sterile.
Oggi la situazione è cambiata profondamente. C’è una moneta
unica, una politica economica accentrata a livello europeo, una
globalizzazione dei mercati agevolata da una diffusione in
tempo reale delle conoscenze, dal miglioramento delle vie di
comunicazione e da tanti altri fattori che hanno di fatto
“rimpicciolito” l’Europa. In un simile contesto è facile capire
come negli ultimi decenni siano sorti dei problemi che, come
visto sopra, fino a poco tempo fa non si sarebbero mai posti.
Si capisce dunque come la politica economica della U.E. sia
determinata, almeno formalmente, da un interesse che va al di là
delle necessità del singolo paese. Dovrebbe cioè tenere conto
del contesto internazionale di cui ogni nazione è parte stabile.
Dico “dovrebbe” perché la realtà dei fatti è profondamente
diversa da quanto appena detto.
Nonostante i molti buoni propositi adottati dall’Unione Europea
e relativi ad una armonizzazione delle politiche fiscali, punto
cardine della trattazione che si vorrebbe compiere in questo
capitolo, si deve subito precisare che la necessità da parte di
Consiglio Nazionale Ragionieri Commercialisti, Giuffrè Milano 2000.
9
molti paesi europei di promuovere lo sviluppo industriale, ha
fatto si che negli ultimi anni si sia visto un proliferare sempre
maggiore di nuovi “veicoli” giuridici, diversi da stato a stato
5
,
atti a incentivare investimenti produttivi da parte delle imprese
sia nazionali che estere.
Ecco quindi che, contrariamente ai richiamati principi di
armonizzazione, ogni investitore si trova oggi nella situazione
di dover compiere una attenta analisi dei sistemi tributari
presenti in Europa, per poter valutare le diverse prospettive
offerte dalle varie localizzazioni.
A ciò si aggiunga che oltre alle politiche fiscali, un eventuale
investitore dovrà considerare anche i problemi relativi agli
incentivi di stato, ossia tutti quei benefici conferiti con un atto
della pubblica autorità ad una impresa operante sul mercato
6
.
Il Rapporto Monti e la Relazione OCSE sono stati pensati
proprio al fine di prevenire ed eliminare ogni eventuale
distorsione della concorrenza infra – comunitaria che tali
politiche fiscali o alcuni incentivi di stato possono generare;
ecco perché prima di analizzare ciò che la politica fiscale
irlandese sta innestando all’interno della UE, è necessario
studiare accuratamente quanto contenuto nei suddetti
documenti.
5
Cfr. "I regimi tributari delle società holding in Europa", Fidinam Group, 1998.
6
“E’ un intervento atto ad alleviare o a far venire meno degli oneri che in condizioni
di libero mercato graverebbero su un’impresa, intendendosi quindi non solo le
sovvenzioni, ma anche le altre misure che facilitano le aziende riducendo i costi o i
rischi per l’imprenditore.” Cfr. “Il Sole 24 ore”, Lunedì 11 Settembre 2000, n.247,
articolo a cura di P. G. Valente.
10
1.2 Il rapporto Monti.
1.2.1 Funzioni e ruolo.
Il primo passo da compiere per una completa analisi dei
problemi relativi all’armonizzazione fiscale dell’U.E., è
sicuramente un approfondimento del contenuto del così detto
“Pacchetto Monti”.
Nell'Aprile 1996 il Consiglio dei ministri delle finanze (Eco.
Fin.) ha istituito un Gruppo di studio sull'imposizione fiscale (il
"gruppo Monti"), presieduto dal Commissario Mario Monti
7
. Le
conclusioni iniziali della Commissione in seguito alle riunioni
di tale gruppo (che comprendeva rappresentanti del Parlamento
europeo) sono apparse nell'ottobre 1996: "La politica tributaria
nell'Unione europea: relazione sullo sviluppo dei sistemi
tributari". In tale relazione si affermava che "nel settore fiscale,
tutte le proposte di iniziative comunitarie dovranno tenere
pienamente conto dei principi di sussidiarietà e di
proporzionalità". La Commissione non ritiene che
"l'armonizzazione
8
...costituisca di per sé un obiettivo", bensì
7
Cfr. “Parlamento europeo: note sintetiche”, http//www.europarl.eu .
8
Si precisa subito che il termine “armonizzazione” non è mai stato espressamente
citato in nessuna norma del Trattato, sebbene sia oramai ampiamente utilizzato tanto
nel linguaggio comune, quanto in quello tecnico. Giuridicamente parlando, esso va a
significare un rapporto tra diverse norme o gruppi di norme, tale per cui vi sia una
sorta di armonia che rende affini le diverse legislazioni, le discipline normative, gli
atti di legge o gli atti regolamentari nazionali. “Armonizzazione”, sotto un profilo
fiscale quindi non vuol dire unificare ogni singola norma legislativa o sistema
tributario, ma solo adeguarli ad un modello comune, cercando di eliminare le
maggiori divergenze. Cfr. C. Sacchetto, in “Enciclopedia giuridica”, alla voce
“Armonizzazione”, Roma 1994.
11
giudica necessario un approccio "volto a fornire agli Stati
membri mezzi più efficaci per difendersi contro l'erosione, a
favore dei mercati e della sovranità nazionale in materia
fiscale".
Il cosiddetto "pacchetto Monti", nuovo punto di riferimento a
livello comunitario in tema di imposizione fiscale, venne
successivamente spiegato dalla Commissione nell'ottobre 1997
("Verso il coordinamento fiscale nell'Unione europea: un
pacchetto di misure volte a contrastare la concorrenza fiscale
dannosa"). Oltre a nuove proposte sulla tassazione di interessi e
royalties e sulla tassazione dei risparmi, ha delineato un codice
di condotta
9
in materia di fiscalità delle imprese, che è stato
approvato dal Parlamento e dal Consiglio ed è poi entrato in
vigore.
La conformità al codice è controllata da un organismo nominato
dai ministri nazionali delle Finanze: il cosiddetto "gruppo
Primarolo"
10
.
Il parere del Parlamento europeo sul lavoro iniziale del gruppo
Monti è stato espresso in una relazione elaborata dalla
commissione per gli affari economici e monetari e la politica
industriale.
9
Si veda al paragrafo 2.2 del presente capitolo.
10
Tale gruppo di esperti è attualmente presieduto dal ministro delle finanze
britannico Sig.ra Dawn Primarolo. Cfr. “Parlamento europeo: note sintetiche”,
http//www.europarl.eu .