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caccia alle streghe, il romanzo picaresco spagnolo riveste il ruolo di eccezionale
testimone della realtà storica, fornendo anche uno spunto esemplare per l'esame di tale
piaga della piccola criminalità sotto il profilo sociale, psicologico e morale.
Prendendo come testi di riferimento il volume di Maravall, relativamente alla
problematica situazione sociale della Spagna rinascimentale e barocca, e quello di
Parker che amplia ed estende il discorso relativo alla complessità della personalità del
picaro alle diverse realtà nazionali europee del Barocco e del primo Illuminismo, ho
cercato di focalizzare la mia attenzione proprio sull'aspetto dell'evoluzione del carattere
picaresco, nel tentativo di comprendere le cause che hanno portato le diverse comunità
ad emarginare e punire costantemente il picaro.
2
Il filo rosso da seguire in tale percorso potrebbe essere legato alla ricerca della causa
scatenante il processo di emarginazione nei confronti del picaro che, se nei primitivi
romanzi andava spiegato riferendosi alla posizione sociale di povero servo o di converso
rivestita dal protagonista, già nel Don Chisciotte assume una valenza diversa visto che il
cavaliere errante viene deriso e confinato in un mondo tutto suo, perché folle e malato;
così anche nel Simplicissimus il tratto peculiare della figura picaresca sta nella proteica
capacità di travestirsi e di mutare identità, in uno scenario sconvolgente e drammatico
come quello della guerra, mentre nel Gil Blas de Santillana assistiamo alle
peregrinazioni di un giovane di umili origini che non è più un eroe avventuroso o un
antieroe disonesto, ma soltanto un individuo normale che osserva il fluire della vita e ci
consegna un vivo affresco della società e della realtà spagnola, e di riflesso anche di
quella francese del primo Settecento. Il clima morale del momento in cui scrive Lesage
è, in questo senso, meno severo rispetto a quello seicentesco ed è comune anche a
Defoe, il quale ripropone una figura picaresca al femminile in Moll Flanders e riesce a
fornire una completa e vitale testimonianza di quella realtà cruda e malvagia della
2
Ho consultato queste due edizioni: J.A. MARAVALL, La literatura picaresca desde la historia social.
Siglos XVI y XVII, Madrid, Taurus, 1987 e A.A. PARKER, Los pícaros en la literatura. La literatura
picaresca en España y Europa (1599-1753), versión española de Rodolfo Arévalo Mackry, Madrid,
Editorial Gredos, 1971 (ed. or. 1967).
4
società inglese del periodo pre-industriale, trasferendo in questo modo l'accento critico
dalla precedente repressione morale e religiosa a quella più propriamente sociale ed
economica, esercitata da un capitalismo ancora immaturo ed acerbo ma già, per certi
versi, presente e decisivo.
Un secondo filo rosso (forse quello più interessante) si va definendo in base
all'identificazione nel picaro di una figura non passiva, di individuo espulso dalla
comunità e che accetta placido tale verdetto, ma profondamente interessata e
costantemente alla ricerca di una condizione di autonomia personale e di uno stato di
vera libertà individuale, il quale era precluso agli esseri più sfortunati e relegati per
motivi di nascita e ceto ai margini della società; in questo caso il vero punto focale
coincide con l'aspetto della naturale predisposizione umana alla conoscenza ed alla
riflessione, della necessità di mettersi alla prova e di affrontare tutte le possibili
difficoltà per conseguire un miglioramento ed una crescita personale, che può essere
ottenuta su un piano etico o economico, civile o sociale, interiore o puramente
superficiale, all'interno di quel fluire rapido ed inarrestabile che è la vita umana.
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CAPITOLO I
1. La Spagna rinascimentale e barocca: il contesto storico, economico e sociale
in cui si realizza la nascita della figura del picaro e del romanzo picaresco.
Nel corso dell'età moderna divennero più strette le relazioni tra l'Europa e il resto del
mondo, dato che la piccola Europa iniziò a controllare direttamente o indirettamente una
parte consistente del globo, col risultato di enormi cambiamenti per tutti i protagonisti di
tale vicenda, europei o extra europei; il moderno uomo rinascimentale, animato dalla sua
sete di sapere, si mosse alla scoperta del mondo e dell'ignoto anche se, in realtà, le
scoperte geografiche furono motivate soprattutto da ragioni economiche e religiose,
affondanti nel passato medievale, e solo in parte dallo spirito d'indagine e dalle
conoscenze scientifiche.
Le navigazioni verso le Indie, quelle portoghesi lungo le coste dell'Africa e quella di
Colombo verso le Americhe miravano a diffondere la fede cristiana e ad acquisire
risorse materiali indispensabili per l'economia europea (oro, metalli, schiavi e spezie);
proprio Colombo, nell’annunciare a Ferdinando e Isabella di Spagna il suo successo,
vantò, assieme alle ricchezze del Nuovo Mondo, l'opportunità che tale impresa offriva
alla religione a compimento della contemporanea e definitiva cacciata dei musulmani
dal paese (la Reconquista) con la caduta del regno di Granada nel 1492.
L'espansione europea nel mondo durante l'età moderna fu, quindi, una sorta di
sfruttamento e poi una conquista politico-militare che avviò la vicenda del colonialismo
vero e proprio; tale espansione fu un fenomeno impressionante di modernizzazione in
riferimento allo sviluppo di potenzialità materiali per l'Europa, ma non comportò né un
miglioramento sotto il profilo della qualità della vita, né progressi circa le condizioni di
libertà dell'insieme dei popoli del mondo.
6
A tal proposito Franco Borlandi ha affermato, nel paragrafo intitolato I nuovi ideali
della vita:
Oro: sempre oro. La febbre dell’oro, l’illusione dell’oro non nascono nell’America dei
conquistadores, dalla spogliazione dell'impero di Montezuma compiuta da Cortés o dalla prima
esplorazione di Balboa sul Mare del Sud, ricco d'oro e di perle; non nasce nemmeno dalle
allucinazioni collettive suscitate dalla visione o più ancora dalla notizia dei primi carichi di metalli
preziosi che giungono in Europa attraverso i mari violati, come non nasce da ciò che narrano o
credono di trovare o vedere i primi uomini bianchi che s'avventurano nelle più sconosciute
contrade, come Colombo davanti agli interi arcipelaghi ricchissimi d'oro, ad un'isola tutta d'oro,
all'oro che abbonda a Giamaica in pezzi grossi come fave, ed alla grande statua tutta d'oro che il
cacicco avrebbe innalzato in suo onore; o come Alonso de Hojeda davanti alla roccia che, sotto il
colpo di una clava, sprigiona oro tutto all'intorno, con fulgore mirabile; o come frà Biagio del
Castillo e Giovanni Sánchez Portero che nel cratere di un vulcano del Nicaragua vedono
distintamente ribollire l'oro e l'argento che alimentano le miniere di tutte le Indie. Le scoperte
prima, poi la conquista, aggravano ed esasperano l' "agonia dell'oro", ma il male è più antico e di
origine europea. Davanti a Cortés, Bernal Diaz osserva che l'oro "infrange le pene e placa i
fastidi"; e, giustificando il conquistatore, Vargas Machuca, afferma che la ricchezza "rende l'uomo
arguto, amato, riverito: se commette delitti lo libera; ....con la ricchezza l'uomo può tutto comporre
e dominare." Ma già per Colombo "l'oro è eccellentissimo: coll'oro si fanno i tesori e, con esso, chi
ne ha, fa quel che vuole al mondo, fino a lanciare le anime in Paradiso; dove quel che conta non è
tanto il finale accenno a ciò che aveva detto Tobia ("elemosyna a morte liberat et purgat peccata"),
quanto il senso ormai consapevole dell'enorme potere della ricchezza e della posizione decisiva da
essa occupata nella vita e nel mondo. La ricchezza non è più considerata o temuta come origine od
incentivo di peccato; non è un male da fuggire; le parole di Dante "fatto v'avete Dio d'oro e
d'argento" non hanno più il senso di un severo rimprovero. L'ideale della vita è ormai più sulla
terra che in cielo; la felicità consiste non tanto nell'umiliarsi e nel ricordarsi di servire Dio in vista
di un regno che non è nemmeno "di questo mondo", quanto nel "vivere lieti, e senza bisogno, e con
onore". Mezzo secolo prima che Colombo spieghi le vele nella gesta oceanica, Leon Battista
7
Alberti esprime il giudizio di uomini e tempi nuovi: "Le ricchezze sono atte ad acquistare amistà e
lode", a "conseguire fama e auctorità". L'uomo non deve più fuggirle o temerle, ma desiderarle, e
ricercarle, e conservarle come cosa utile e grata. La crisi della vecchia economia europea è anche
una crisi di coscienze e di spiriti.
3
La Spagna del XV secolo fu la protagonista, insieme al Portogallo, della prima fase di
espansione coloniale verso il Nuovo Mondo e, in tal senso, fu il regno di Isabella I di
Castiglia, a partire dal 1474, e di Ferdinando II d'Aragona a marcare una chiara e netta
linea di confine tra la Spagna medievale e quella moderna.
4
Durante il Regno dei Re
Cattolici, durato per più di quaranta anni (dal 1479 al 1516), avvenne l'unione dei regni
della Castiglia con i regni dell'Aragona, tramite il matrimonio tra i due sovrani, la
conquista dell'ultimo regno musulmano (quello di Granada nel 1492) e, infine,
l'annessione del regno di Navarra nel 1512. Dal punto di vista culturale, sociale e
politico questo fu un periodo caratterizzato da estrema vitalità e, man mano che
l'anarchia lasciava spazio al controllo e alla disciplina, il ritorno all'ordine fu frutto di
una nuova unità nazionale grazie alla quale la Spagna conobbe il sorgere di una nuova
epoca.
Il Rinascimento fu il periodo in cui la Spagna divenne una nazione unita e fu il momento
d'inizio delle avventure oltreoceano; nel 1519 Carlo V venne eletto Sacro Imperatore
Romano. La Spagna rinascimentale divenne, quindi, una vera e propria potenza
mondiale, ma la situazione storica spagnola era stata ben diversa da quella del resto
dell'Europa occidentale: a causa della conquista musulmana, protrattasi dal 711 al 1492,
diverse zone della penisola iberica non erano soggette al controllo cristiano, erano
3
La citazione è tratta dallo studio di F. BORLANDI, L’età delle scoperte e la rivoluzione economica nel
secolo XVI, pubblicato in AA.VV., Nuove questioni di Storia moderna, Milano, Marzorati, 1964, pp. 253-
254.
4
“Merece la pena considerar que todas las primeras leyes sobre movimientos de la economía (tanto la ley
que bien podríamos llamar de Azpilcueta sobre conexión cuantitativista de precios y moneda, como la ley
de Gresham sobre la calidad de la moneda y esta ley de Gregory King) tienen su base principalmente en
experiencias españolas durante los dos primeros siglos modernos.”; tratto da J.A. MARAVALL, La
novela picaresca desde la historia social. Siglos XVI y XVII, Madrid, Taurus, 1987, p. 140.
8
appartenute all'Islam e l'influsso orientale era particolarmente evidente tanto che la
componente culturale islamica divenne una parte integrante del pensiero rinascimentale
occidentale. Il contatto duraturo tra queste culture influì profondamente sul
Rinascimento spagnolo che fu, soprattutto a causa di tale presenza, estremamente
singolare ma, tuttavia, ebbe le proprie radici nel pensiero umanista italiano e non nella
cultura islamica: la Spagna del Rinascimento risultava distinta in senso profondo dal
resto d'Europa poiché era stato l'unico paese in cui, durante l'età medievale, erano
riusciti a convivere all'insegna della tolleranza tre popoli diversi, con le rispettive
religioni e all'interno di un unico stato, dato che gli arabi spagnoli avevano lasciato
prosperare la comunità ebraica presente nel paese.
5
Per raggiungere la vera unità era, dunque, necessario riunire sotto l'unico governo dei Re
Cattolici tre diverse forze culturali, religiose, politiche ed economiche. La religione, che
aveva costituito l'unico legame tra i vari regni cristiani, fu la base su cui costruire il
nuovo spirito nazionale ed i Re Cattolici, per ottenere l'unità religiosa, decisero di
proibire con violenza le altre due fedi: l'espulsione degli ebrei avvenne nel 1492 mentre
quella dei musulmani nel 1502 ma, prima di ciò, –dal 1478–, il Tribunale
dell'Inquisizione aveva intrapreso una durissima persecuzione ed un esasperato controllo
per assicurarsi che le conversioni degli ebrei non fossero solo una finzione e tale politica
di conversione forzata risultò essere principalmente uno strumento di controllo politico,
più che un'operazione dettata da motivazioni religiose.
5
“Per tutto il Medioevo, nonostante le lotte contro i mori, la Spagna non aveva registrato fenomeni di
fanatismo religioso: la nobiltà castigliana e aragonese non veniva danneggiata dall’attività economica dei
mori e degli ebrei convertiti che praticamente monopolizzavano le professioni liberali e le attività
imprenditoriali, artigiane e finanziarie. Danneggiato era semmai il ceto borghese. I regnanti di Spagna
erano stati aiutati dalla borghesia delle città contro i nobili; ora la corona di Spagna perseguitava ebrei e
mori e lasciava così a disposizione del ceto medio cittadino le lucrose attività (esazione d’imposte, prestito
di danaro, amministrazione di patrimoni) un tempo gestite dai perseguitati dell’Inquisizione. Il movente
religioso e il movente economico si fusero nell’azione antisemita, che culminò nel 1492 con l’espulsione
degli ebrei da tutta la Spagna: i patrimoni degli espulsi, costituiti per lo più da beni mobili, vennero
confiscati a beneficio della corona; la Spagna fu privata di una notevole aliquota della propria
popolazione, che era la parte più dinamica e attiva.”; da F. GAETA, P. VILLANI, C. PETRACCONE,
Storia moderna, Milano, Principato, 1992, p. 37.
9
L'Inquisizione, creata in origine per estirpare le idee eretiche che si diffondevano tra i
fedeli cattolici, si trasformò nel mezzo deputato per stabilire l'uniformità religiosa che
risultava essenziale, a sua volta, per dare vita ad una nazione unita.
6
Nella Spagna cristiana la presenza di profonde radici musulmane ed ebraiche aveva
creato una situazione estremamente complessa, dal momento che il Rinascimento
forniva nuova linfa ai tentativi dei musulmani e degli ebrei di consolidare la propria
importanza all'interno del paese; l'intolleranza e la persecuzione religiosa, perseguite
dalla comunità cristiana tramite il Tribunale dell'Inquisizione, erano originate dal
tentativo dei cristiani di reagire ed opporsi agli ideali rinascimentali in espansione.
La grandezza della Spagna imperiale si andò consolidando sempre più durante il regno
di Carlo I, incoronato nel 1519 col nome di Carlo V, tramite il quale si insediò la
monarchia asburgica. L'epoca di Carlo V (1519-1556) risultò caratterizzata dalla
massima espansione raggiunta dall'impero asburgico –che arrivò a comprendere la
Germania, gran parte della Borgogna, i Paesi Bassi, l'Austria e l'Italia meridionale– e
dall'influenza che la Spagna imperiale esercitò su tutta l'Europa, ma in territorio
nazionale la situazione economica iniziò a farsi sempre più difficile; la nobiltà continuò
ad arricchirsi, incrementando la fascia sociale improduttiva presente nella nazione,
mentre le repressioni contro ebrei ed arabi contribuirono a spazzare via le forze
economiche più attive ed impegnate del paese che vennero richiamate, allo stesso tempo,
dal mito del nuovo mondo.
La situazione internazionale iniziò ad incrinarsi in seguito alla ribellione di Lutero
contro il papato: la Riforma protestante ruppe l'unità cristiana d'età medievale
allontanando dall'orbita cattolica nazioni come la Germania, l'Inghilterra ed i Paesi
Bassi. Il protestantesimo, soprattutto nella versione calvinista, stabilì che l'uomo non
6
“Il processo verso una forma di monarchia assoluta alla fine del Regno di Ferdinando era già
notevolmente sviluppato. In questo processo ebbe importanza fondamentale la posizione della Chiesa, che
in Spagna fu strettamente subordinata allo Stato e controllata dal potere politico. […] L’Inquisizione,
tribunale ecclesiastico costituito nel 1478 per la repressione dell’eresia, fu lo strumento per mezzo del
quale il potere monarchico riuscì a controllare effettivamente la vita economica e politica dei due regni.”;
ibidem, p. 37.
10
poteva influire con i suoi atti sulle decisioni del Creatore onnisciente; l'uomo era
destinato alla condanna o alla salvezza fin dalla nascita. Le vesti della Riforma
protestante vennero assunte in Spagna dalle idee morali e religiose diffuse da Erasmo da
Rotterdam (1465-1536) che divenne il fustigatore dei cattivi costumi ecclesiastici e
propugnò una spiritualità cristiana semplice, tanto che le sue idee morali e religiose
penetrarono profondamente in diversi settori intellettuali spagnoli ed impregnarono la
letteratura rinascimentale e barocca della penisola (erasmismo).
La forza argomentativa di Erasmo fece sì che egli fosse considerato un vero e proprio
eretico luterano ma, in realtà, il suo pensiero era caratterizzato dalla decisione di non
schierarsi dalla parte di Lutero o di Roma e dall'esaltazione di un evangelismo fatto di
pace ed umanità, privo di affermazioni dogmatiche ed estremamente semplice ed
essenziale. Erasmo, dunque, propugnava un cristianesimo interiore, privo di liturgia,
apparati di culto e formule esterne; egli difendeva la purezza dei costumi e censurava le
superstizioni e gli abusi che si erano impossessati della religione –come la rilassatezza
dei costumi del clero–, ma non si separò dogmaticamente dalla Chiesa cattolica anche se
le sue idee preparavano indirettamente il cammino della Riforma protestante.
7
Nel 1556 ci fu l'abdicazione dell'imperatore Carlo V, che in precedenza aveva dovuto
combattere contro i Francesi per il possesso dell'Italia e contro i protestanti tedeschi
spendendo una cospicua parte dell'oro arrivato dall'America; l'impero spagnolo iniziò a
disgregarsi. Sotto il regno di Filippo II, dal 1556 al 1598, la Spagna tese ad isolarsi dal
resto d'Europa, soprattutto a causa della rigida posizione che la nazione assunse in difesa
dell'ortodossia cattolica; Filippo II continuò la lotta contro i protestanti nei Paesi Bassi,
ma la vittoria ottenuta a San Quintín, nel 1557, ai danni della Francia coincise con la
bancarotta delle finanze spagnole.
8
7
“Nell’Elogio della pazzia, opera pubblicata nel 1511, egli propone un ritorno a una fede originaria e
purificata: le sottili questioni di dottrina hanno corrotto l’originale messaggio cristiano, hanno oscurato il
punto essenziale che è la pratica evangelica, cioè l’“imitazione di Cristo”. Erasmo condanna la follia del
mondo che insegue solo beni materiali e perciò effimeri e loda la “follia” di chi pratica la fede e la
carità.”; ibidem, p. 59.
8
I primi grandi imperi coloniali furono quelli di Spagna e Portogallo; solo in seguito subentrarono i Paesi
Bassi e poi Francia ed Inghilterra.
11
Nonostante il successo ottenuto a Lepanto contro i Turchi nel 1571 e le ingenti ricchezze
che continuavano a confluire incessantemente dalle colonie, con la sconfitta inferta dagli
Inglesi ai danni dell'Invincibile Armata (1588) il declino politico della nazione subì
un'accellerazione spaventosa mentre, d'altro canto, sul piano interno la burocrazia
soffocava sempre più lo stato centralista.
Le ultime speranze di un'economia già in profonda crisi affondarono completamente in
seguito alla cacciata definitiva dei moriscos del 1609 e tutto ciò contribuì a determinare
quella decadenza spagnola che si accentuò drammaticamente nel corso del 1600; l'epoca
barocca risultò caratterizzata da epidemie, carestie, guerre e crisi economiche che
decimarono la popolazione, tanto che il centro della penisola perdette il potere
economico che passò alla periferia (Andalusia, regioni della zona cantabrica e
mediterranea) e si assistette, ben presto, al declino del commercio con l'America.
9
Se l'epoca rinascimentale era stata, dal punto di vista sociale, essenzialmente
aristocratica e borghese, sebbene la maggioranza di mercanti e commercianti fosse di
origine ebrea, durante il Barocco tornò a manifestarsi una maggiore e significativa
presenza del popolo.
Prendendo in considerazione la situazione generale dell'Europa, Gino Luzzatto ha
spiegato:
così se è indubitato che gli ultimi decenni del quattrocento e la prima metà del cinquecento con la
partecipazione di nuovi paesi agli scambi mondiali, con la formazione di nuovi grandi mercati,
quali Siviglia, Cadice, Lisbona e soprattutto Anversa, con la potenza raggiunta dalla Spagna e dal
Portogallo, possono considerarsi, nonostante la continua lotta tra Francia e Spagna, come un
9
“I rischi del mare, le opposizioni di concorrenti e nemici, e la crescente temerarietà dei pirati decimano i
convogli e distruggono navi su navi. […] Tanto la Spagna che il Portogallo, i due grandi protagonisti delle
scoperte hanno passività continue e gigantesche, e realizzi saltuari ed assai lenti. Da un lato devono
dunque affrettare e facilitare gli esiti; dall’altro, devono ricorrere al credito, all’iniziativa privata e al
capitale straniero. […] Occorre danaro altrui per sostenere spese e rischi; e a chi lo fornisce tocca, alla
fine, la maggior parte degli utili del grande commercio. […] Chi s’arricchisce non è lo Stato, sia
Portogallo o sia Spagna, ma sono i suoi creditori e fornitori. […] In Spagna la posizione del capitale
straniero diventa poi colossale. Ogni iniziativa privata è in mano dei mercanti e banchieri di Augusta, di
Norimberga o di Genova.”; da F. BORLANDI, op. cit., pp. 258-259.
12
periodo di notevole espansione economica, è anche certo che per l'Italia, divenuta il teatro preferito
e la maggior vittima di questa lotta, è questo un periodo di gravi difficoltà e di iniziale decadenza.
Invece dopo la metà del cinquecento sembra che nella maggior parte degli stati dell'Europa
occidentale lo slancio sia di un tratto cessato e si inizi un periodo di stazionareità se non di vera
decadenza, che si prolunga, come si è detto, tolte alcune e ben note eccezioni, sino agli ultimi anni
del secolo XVIII.
10
Gli anni centrali del 1600 furono decisivi per la sorte dell'impero spagnolo, visto che la
costruzione di Carlo V e Filippo II non poteva reggere alla prova e che il successo della
rivolta olandese aveva già mostrato quanto risultasse difficile tenere assieme territori
assai vasti e lontani tra loro, governandoli dalla Spagna dove si era stabilmente insediata
la corte; era soprattutto impossibile far prevalere un comune orientamento ideologico-
religioso e politico dopo che la Riforma aveva dato vigore alle posizioni autonomistiche,
allargando un dibattito che metteva in discussione gli stessi principi dell'autorità
monastica e dinastica.
Non si deve dimenticare che l'impero spagnolo dovette sostenere un notevole sforzo di
organizzazione necessario per amministrare e controllare le colonie americane, ma il
punto essenziale da mettere in rilievo è l'esistenza, nell'ambito dell'impero e nella stessa
penisola iberica, di organismi politico-territoriali separati, con proprie leggi e ciascuno
legato alla persona del re da patti, grazie e forme contrattuali ben distinte.
11
Nella maggioranza dei casi si trattava di formazioni politico-territoriali che si erano
aggregate in seguito all'unione dei regni di Castiglia e d'Aragona, ma restava ancora da
risolvere la questione politica che consisteva nella misura e nell'omogeneità
dell'unificazione conseguita nella stessa penisola iberica.
10
G. LUZZATTO, Periodi e caratteri dell’economia moderna, in AA. VV., Nuove questioni di Storia
moderna, Milano, Marzorati, 1964, p. 225.
11
Ancora nel 1688 i regni facenti parte dell’impero erano 15: Castiglia, Leone, Valenza, Murcia, Galizia,
Navarra, Granada, Toledo, Andalusia, Napoli, il Ducato di Milano, Il Principato di Catalogna, i Paesi
Bassi ed altri possedimenti, a vario titolo, della corona spagnola; il Portogallo aveva riconquistato
l’indipendenza nel 1640.
13
La politica di accentramento statale e di rafforzamento militare aveva richiesto mezzi
sempre più ingenti, dato che la gestione finanziaria e di controllo fiscale era divenuto il
connotato essenziale dello stato moderno, ma le esigenze statali urtavano con l'antico
sistema di imposizione e ripartizione delle tasse, soprattutto delle imposte dirette.
La monarchia spagnola aveva potuto sostenere il peso della politica imperiale nell'età di
Filippo II solo grazie ai tesori americani e grazie all'appoggio del regno di Castiglia,
dato che le colonie americane erano un dominio castigliano e che tale nobiltà deteneva i
posti di comando in ogni parte dell'impero. Dagli inizi degli anni venti del Seicento,
però, il flusso dei metalli preziosi provenienti dall'America si attenuò sempre più, tanto
che le risorse della Castiglia erano ormai prossime ad esaurirsi del tutto; per porre
rimedio a tale grosso problema il duca di Olivares, salito al trono nel 1621 dopo la morte
di Filippo III, decise di ristrutturare profondamente la monarchia stabilendo una più
equa ripartizione del canone fiscale tra i vari reami per sollevare la Castiglia da un peso
ormai insostenibile: Olivares tentò, perciò, l'imposizione di un'unità giuridica e
amministrativa in modo da rinvigorire anche la classe dirigente con l'apporto delle altre
province, tutte sottoposte in egual modo al governo centrale del re.
12
Tale profonda riforma costituzionale avrebbe voluto sostituire un più unitario e solidale
concetto di sovranità statale ai vincoli personali o patrimoniali che costituivano il
legame tra i vari regni ed il monarca, ma il progetto andò ad urtare contro l'accesa difesa
delle tradizioni e delle autonomie locali, oltre che contro i consolidati interessi dei
diversi gruppi di potere. In realtà, ancor prima che si potesse porre in atto la riforma,
l'intervento francese nella guerra dei Trent'anni costrinse la Spagna –e in primo luogo la
Castiglia con i suoi vecchi sistemi finanziari– ad appoggiare la politica degli Asburgo in
Germania contro la Francia e a proseguire la guerra nei Paesi Bassi, provocando un
pauroso indebitamento del fisco regio e la conseguente alienazione ai privati dei cespiti
fiscali.
12
Alla morte di Filippo III nel 1621, col suo successore Filippo IV (1621-1655) salì al potere anche il
conte-duca di Olivares che sancì proprio in quell’anno la tregua con l’Olanda.
14
A questi tentativi di modificare il tradizionale sistema costituzionale fu opposta una
tenace resistenza da parte delle regioni più ricche, il Portogallo e la Catalogna, in cui si
manifestarono aspri fermenti di rivolta;
13
la ribellione vera e propria scoppiò quando, nel
1640, venne stanziato nella regione catalana un esercito castigliano per combattere
contro i Francesi nel Rossiglione e fu domata solo con la presa di Barcellona del 1652.
La potenza ed il prestigio militare della Spagna caddero a Rocroi (1643), in seguito alla
sconfitta subita per mano dei Francesi, e a Munster (1648) quando fu firmata la pace che
avrebbe riconosciuto l'indipendenza dello stato olandese;
14
il declino della monarchia
spagnola era ormai irrimediabile e la pace dei Pirenei con la Francia, stipulata nel 1659,
preannunziò il totale disfacimento dell'impero che si sarebbe verificato agli inizi del
Settecento.
15
Tornando al fondamentale problema di un'unità nazionale, dal punto di vita culturale-
politico-religioso, ricercata ma mai effettivamente raggiunta, fu proprio sotto il regno di
Filippo II che la Spagna aveva deciso di schierarsi totalmente dalla parte della Chiesa,
sostenendo in maniera decisa la Controriforma cattolica e seguendo i dettami del
Concilio di Trento, svoltosi tra il 1545 ed il 1563; la violenza dell'Inquisizione raggiunse
livelli spaventosi e la situazione degli ebrei e dei musulmani convertiti al cristianesimo
divenne drammatica, in una nazione in cui la casta dominante era quella dei cristiani di
vecchia data.
13
Il Portogallo era stato riacquistato nel 1580, ma fu perduto non appena Olivares cercò di farlo
contribuire ai fini unitari, secondo il volere della monarchia spagnola.
14
La guerra delle Fiandre, durata dal 1572 al 1648, anno della pace di Vestfalia, si svolse durante il
Regno dei tre Filippi, II, III e IV. Nata dal rifiuto degli abitanti dei Paesi Bassi di accettare l’introduzione
del tribunale dell’Inquisizione nel loro paese, fomentata dai principi riformatori di Germania e, sottomano,
anche dalla Francia cattolica, fu sanguinosa e costosa per la Spagna, che, non volendo o non potendo
porre riparo ai gravissimi danni economici causati dalla pessima amministrazione del governo centrale, e
spinta dalla fanatica intolleranza religiosa di Filippo II, vi profuse milioni di ducati e decine di migliaia di
vite, per essere infine costretta a riconoscere la piena indipendenza del paese sotto il dominio di
Guglielmo d’Orange.
15
Anche dopo la rivolta napoletana di Masaniello (1647) contro l’oppressione fiscale, l’emarginazione e
la prepotenza dei signori spagnoli, il Regno dell’Italia meridionale continuò a far parte ancora per mezzo
secolo di un impero spagnolo che sopravviveva ormai a se stesso.
15
In tal senso Ottavia Niccoli ha ribadito:
La normativa era cambiata e si era fatta molto più rigida. Leggi antiche erano state ripristinate e ne
erano state fatte di nuove. La lotta contro l'eterodossia che, a partire dagli anni '20 del XVI secolo,
era dilagata dalla Germania in Italia [e in Spagna], si era trasformata in un progetto di riordino e
disciplina globale della società. Non che tale progetto riuscisse ad essere pienamente attuato, e
proprio i processi ci danno conto di una permanente condizione di indisciplina; però la pressione
era egualmente assai sensibile (e i processi stessi ne sono una prova).
16
La conversione sincera di arabi ed ebrei molto spesso non risultava realmente
determinante: perdurava infatti nella società un insieme di pregiudizi antisemiti che
avrebbe continuato ad ostacolare la vita dei conversos;
17
curiosamente, però, nella
Spagna imperiale il potere economico e commerciale continuò ad essere concentrato
nelle mani di una minoranza di origine ebraica e questo provocò l'opposizione violenta
dell'aristocrazia cristiana.
Nonostante tutto, dunque, le minacce portate dall'Inquisizione e le discriminazioni
razziali non impedirono che gli ebrei convertiti continuassero ad esercitare un ruolo
fondamentale nei punti chiave dello Stato spagnolo e tale condizione era ancora vigente
quando morì Filippo II nel 1598; pertanto la società continuava ad essere ossessionata
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O. NICCOLI, Storie di un giorno in una città del Seicento, Roma-Bari, Laterza, 2000, p. 28.
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“La tradizione marrana si trasmetteva di generazione in generazione, per lo più grazie alle donne che,
quando i figli erano diventati adolescenti, in grado cioè di mantenere il segreto sulla loro vera fede, li
iniziavano alla loro condizione di ebrei nascosti. Il termine marranesimo schiude davanti ai nostri occhi un
mondo di doppiezza religiosa e forzata insincerità vasto come una galassia costituita da marranesimi
diversi per paese e periodo. Tuttavia il marrano dovunque e comunque ispirava facilmente il sospetto del
ritorno pubblico e definitivo all’ebraismo o, quanto meno, di praticarlo occultamente. […] La storia dei
marrani, o conversos o gente de naçao, vale a dire della nazione ebraica, come pure li si definiva, era
infatti strettamente intrecciata alla storia economica del XVI secolo. Ciò in quanto i marrani costituivano
una sorta di aristocrazia commerciale che, quanto era preziosa e ricercata dai governi cittadini, tanto era
invisa agli altri mercanti che ne dovevano riconoscere la superiorità. Proprio nel XVI secolo era infatti
sorta, incarnata per lo più dai marrani, una nuova figura di ebreo imprenditore destinata a superare quella
tradizionale di prestatore su pegno spesso identificata con l’usuraio o con il modesto commerciante di
panni usati. […] La parte dei marrani nel commercio con l’Oriente di pepe, spezie, gioielli ed anche nel
mercato delle lettere di cambio fu senza dubbio di tutto rilievo.”; da O. NICCOLI, Rinascimento al
femminile, Roma-Bari, Laterza, 1998, p. 88.
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dal concetto dell'onore e la dignità personale risultava legata all'appartenenza o meno
alla casta cristiana dominante nel paese.
Questo complesso fenomeno produsse effetti paralizzanti, soprattutto dal punto di vista
economico e sociale: arabi ed ebrei continuavano ad esercitare il lavoro legato al
commercio e all'artigianato (ma ebrei erano anche i medici, gli avvocati e gli usurai,
ecc...), mentre l'aristocrazia cristiana persisteva nel considerare disonorevole il lavoro
manuale e a fini di lucro.
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Tutto ciò causò il secolare ritardo della Spagna: l'Inquisizione, da un lato, ed il problema
delle caste, dall'altro, contribuirono ad impoverire incredibilmente il panorama socio-
economico spagnolo mentre solo l'arte, e in particolare la pittura e la letteratura, visse un
periodo di splendore impressionante ed inspiegabile.
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Dal punto di vista sociale si può affermare che fu proprio nel momento in cui la società
spagnola, all'inizio del declino, iniziava a produrre un ceto ugualmente distante dalla
aristocrazia e dal popolo e condannato a vivere in una condizione senza sbocchi, la quale
induceva ad una visione antieroica e moralmente confusa della vita in seguito alla
frustrazione degli ideali tradizionali, che la letteratura picaresca ebbe la massima
fortuna.
Il romanzo picaresco
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è stato considerato come un vero e proprio documento sociale
che rifletteva in maniera fedele il mondo dell'epoca: esso era originato dalla presa di
coscienza della disintegrazione del mondo feudale spagnolo; riflesso della crisi sociale,
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“L’onore dipendeva dal consenso della comunità e dall’apprezzamento che questa manifestava nei
riguardi di qualcuno e dei suoi comportamenti.”; da O. NICCOLI, Storie di un giorno in una città del
Seicento, cit., p.111.
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La letteratura rinascimentale spagnola presenta una divisione perfetta tra letteratura profana e religiosa.
La letteratura profana è caratterizzata da motivi metrici e poetici derivanti dal petrarchismo italiano, per
quanto riguarda la poesia lirica; in prosa invece persiste l’interesse medievale per i libri di cavalleria, ma
appaiono due generi propriamente spagnoli come il romanzo picaresco e il romanzo moresco, accanto al
romanzo pastorale d’imitazione italiana e al romanzo bizantino. La letteratura religiosa, sia in prosa che in
versi, ha esponenti di rilievo come Fray Luis de León, ma è fondamentale l’ascetica e la mistica.
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Picaresco deriva probabilmente dal verbo picar (cogliere) e pícaro era attestato durante il Cinquecento
nell’accezione di “scaltro”, “furfante” e simili; il picaro era una persona dedita a lavori umili o ad
imbrogli e frode, che comunque viveva in maniera occasionale e provvisoria. Il tipo umano del picaro è il
protagonista del romanzo picaresco.