2
Nietzsche è, infatti, l’arma più mortale che mai sia stata affilata contro il moralismo metafisico di
Kant.”
5
Anche se de Gaultier parla da un punto di vista interessato, in quanto ostile alla “filosofia
ufficiale” universitaria e in quanto si definisce filosofo “neopagano”, tuttavia “le sue analisi hanno
il merito di mettere chiaramente in luce che il kantismo ed il neo-kantismo, a cui si rifà la
maggioranza dei filosofi universitari francesi, sono un ostacolo per la ricezione di Nietzsche.
Inversamente, il declino del neo-kantismo nell’istituzione universitaria creerà delle condizioni
molto più favorevoli perché i filosofi prendano in considerazione Nietzsche.”
6
Un ulteriore fattore di rallentamento sono i giudizi che del filosofo tedesco danno alcuni
rappresentanti dei circoli wagneriani francesi e parigini in particolare. E, in effetti, la prima
traduzione in lingua francese è dettata dall’interesse verso Wagner, quindi da un interesse indiretto
rispetto alla produzione nietzscheana: nel 1877, la svizzera Marie Baumgartner traduce la IV
Inattuale, Wagner a Bayreuth. Questa traduzione, che aveva suscitato molte speranze per la
diffusione di Nietzsche in Francia, come dimostra una lettera di Paul Rée a Elizabeth Nietzsche del
I febbraio 1877, non ebbe in realtà il successo sperato. Anzi, alcuni wagneriani cui la traduzione era
idealmente destinata non perdonarono a Nietzsche la successiva rottura con il musicista: alcuni tra
quelli che Nietzsche aveva conosciuto (tra cui, nel luglio 1876 Edouard Schuré al Festival di
Bayreuth, Catulle Mendès, Gabriel Monod) saranno in seguito noti anti-nietzscheani.
7
Nietzsche aveva avuto uno scambio epistolare con Hippolyte Taine, al quale aveva inviato diversi
volumi (nel 1886 Al di là del bene e del male, nel 1887 Aurora e nel 1888 Crepuscolo degli idoli
8
) e
sul quale, alla fine del 1888, riponeva molte speranze per una ricezione in Francia. Nietzsche aveva
proposto la traduzione di Ecce Homo ad August Strindberg, il quale aveva accettato a patto di un
alto onorario. Taine, per la traduzione di Crepuscolo degli Idoli, consiglia a Nietzsche di rivolgersi
a Jean Bourdeau,
9
il quale, redattore del “Journal des débats” e della “Revue des deux mondes”, è
uno dei primi autori che se ne occupa prima del tracollo di Torino; egli, infatti, pubblica proprio sul
“Journal des débats” un articolo nel 1888 che sarà in seguito inserito in Les Maîtres de la pensée
contemporaine.
10
La prima lettera di Bourdeau (27 dicembre 1888) fu, comunque, piuttosto fredda
ed una successiva risposta all’invio da Torino di uno degli ultimi manifesti antiprussiani di
Nietzsche, con la richiesta di pubblicarli nel “Journal des débats”, arrivò quando ormai era troppo
tardi.
11
Un’ulteriore lettera, in quei drammatici primi giorni del gennaio 1889, doveva sorprendere
ancora di più Bourdeau: la missiva in cui Nietzsche gli confidava “di essere il Cristo in persona, il
Cristo Crocifisso;”
12
o, come suona nella sua forma completa: “Io sono il Cristo, il Cristo stesso, il
Cristo Crocefisso.”
13
Affermazione che Bourdeau conserva nel suo “ricordo personale perché è
interessante constatare quale singolare forma abbia preso in Nietzsche il delirio di persecuzione e di
5
J. DE GAULTIER, De Kant à Nietzsche, “Mercure de France”, 1904, LI, p. 579
6
J. LE RIDER, Nietzsche en France: de la fin du XIXe siècle au temps présent, Paris 1999, p. 71
7
Ivi, p. 44. E. SCHURE’, L’individualisme et l’anarchie en littérature, F. Nietzsche et sa philosophie, “Revue des deux
mondes”, 1895, CXXX, pp. 774-805. “Incontrai Nietzsche a Bayreuth nel 1876, alle prime rappresentazioni dell’Anello
del Nibelungo. Parlando con lui, fui sorpreso della superiorità del suo spirito della stranezza della sua fisionomia. […]
Era allo stesso tempo l’occhio di un acuto osservatore e di un visionario fanatico.” (ivi, p. 782). Durante la
rappresentazione egli appariva “triste. Soffriva già dell’inizio del male cerebrale che lo avrebbe sopraffatto più tardi, ma
più ancora soffriva di una malinconia profonda.” Causa di tale malinconia sarebbe stata per Schuré la sensazione della
propria inferiorità rispetto alla grandezza di Wagner, anzi la rottura con Wagner fu provocata, principalmente, dall’
“orgoglio ferito del discepolo” (ivi, p. 785).
8
H. A. TAINE, H. Taine, sa vie et sa correspondance, Paris 1907, pp. 220, 241, 276
9
ivi, p. 277
10
J. BOURDEAU, Les Maîtres de la pensée contemporaine: Stendhal, Taine, Renan, Herbert Spencer, Nietzsche,
Tolstoï, Ruskin, Victor Hugo; bilan du XIXe siècle, Paris 1904
11
J. LE RIDER, Nietzsche en France, cit., p. 45.
12
J. BOURDEAU, Les Maîtres de la pensée contemporaine, cit., p. 138
13
S. BARBERA, Un biglietto smarrito di Friedrich Nietzsche a Jean Bourdeau, “Belfagor”, 1999, LIV, pp. 74-78. Cfr.,
inoltre, P. LASSERRE, La Morale de Nietzsche, Paris 1902. Grazie all’intermediazione di Taine “una corrispondenza si
stabilì tra Nietzsche ed il suo futuro interprete; un giorno quest’ultimo ricevette una lettera in cui l’autore di Zarathustra
gli rivelava che egli era il Cristo.” Ivi, p. 137
3
grandezza. L’infelice si incarnava non nel suo Zarathustra, ma in quel Cristo sul Golgota, in quel
Dio degli schiavi contro cui aveva lanciato l’anatema.”
14
Nietzsche era giunto a Bourdeau tramite Taine e, a questi, tramite Gabriel Monod che aveva
conosciuto all’interno del circolo di Malwida von Meysenburg; Monod si era, infatti, fidanzato, nel
1872, con Olga Herzen una delle figlie di Alexander Herzen. Nietzsche aveva apprezzato il suo
lavoro su Gregorio di Tours e, nel 1873, in occasione delle nozze con la Herzen, gli farà dono della
Monodia a due. In realtà, Monod non era disposto a seguire Nietzsche nelle sue conclusioni, né
sembra aver avuto la forza e la volontà di editarne le opere a Parigi, ma ha il merito di aver spinto
suoi allievi della Normale ad interessarsene: soprattutto, Charles Andler, ma anche Daniel Halévy.
Del resto, Monod, pur intrattenendo rapporti cordiali, anche se distaccati, con Elizabeth Nietzsche,
riterrà il fratello, che pure dal momento della loro conoscenza gli ha sempre inviato i propri volumi,
scrittore, moralista, poeta, ma, in accordo con la visione generale della filosofia universitaria
francese (almeno fino all’inizio del 1970), mai un filosofo nel senso compiuto del termine.
15
Il nome di Nietzsche comincia, comunque, a circolare presso un pubblico più ampio dal 1891
soprattutto in articoli come quello, del critico letterario e germanista Téodor de Wyzewa, F.
Nietzsche, le dernier métaphysicien apparso nel numero di novembre della “Revue bleue”. L’anno
successivo in “Le banquet” D. Halévy, in collaborazione con Fernand Gregh, pubblica F. Nietzsche,
che contiene la traduzione, con commento, di due capitoli di Al di là del bene e del male. L’articolo
è rivolto contro le critiche contenute nel precedente saggio di Wyzewa per il quale Nietzsche è sì
uno dei migliori scrittori in lingua tedesca, ma è un nichilista convinto che “non c’è mai stato nulla,
nulla c’è e nulla ci sarà”, egli, nato senza illusioni di sorta, ha un “imperioso bisogno di
distruggere”
16
come mai nessuno nell’intera storia del pensiero umano. E anche se “in Francia
nessuno lo conosce” Wyzewa è certo che “il giorno in cui sarà conosciuto, il suo effetto sarà
vigoroso, la sua fama grande come negli altri paesi. Perché la gioventù francese, delusa dagli dei
che hanno soddisfatto i suoi antenati, aspira ad un dio sconosciuto; e nessuno come Nietsche [sic]
ha le qualità per ricoprire appieno questo ruolo.”
17
A questa interpretazione, secondo cui Nietzsche è un nichilista e un pessimista, si contrappone
quella di Halévy e Gregh per i quali, al contrario, egli è “il filosofo della fiducia, della salute e della
gioia”; purtroppo chi ne ha scritto “difficilmente lo ha letto”, in particolare l’articolo di Wyzewa è
“inconsistente” ed ha “grandemente sorpreso chi ha conosciuto Nietzsche”
18
poiché è “falso” e anzi
ha causato grande confusione in coloro che si sono cimentati su Nietzsche essendo partiti solo dalle
conclusioni di Wyzewa. Il cuore della dottrina di Nietzsche non è il pessimismo, ma un ottimismo
con cui bisogna contrastare la cultura decadente. “C’è un’estetica della decadenza, nata da morali
decadenti, alla quale è indispensabile opporsi. Tale è l’estetica di Wagner. Nietzsche ha creduto in
Wagner finché è rimasto uno schopenhaueriano; ma dal giorno in cui i suoi occhi si sono aperti alla
vita ed egli ha riguadagnato la fiducia nella natura, la musica di Wagner gli è apparsa come una
minaccia pubblica.”
19
Per questo, laddove Wagner è il tipo della decadenza, Nietzsche è colui che
afferma la vita e che esorta ad “accettare interamente la vita, viverla in modo completo ed il più
riccamente possibile.”
20
Per R. Dreyfus, in Crepuscolo degli Idoli, è contenuta una “grandiosa
dichiarazione di guerra” contro tutti gli idoli della decadenza e del pessimismo e, infatti, l’errore
fondamentale di Wyzewa consiste nell’aver “confuso il pessimismo storico con il pessimismo
filosofico.”
21
Il “preteso nichilismo di Nietzsche” consiste, infatti, “molto semplicemente nel
14
J. BOURDEAU, Les Maîtres de la pensée contemporaine, cit., p. 138
15
J. LE RIDER, Nietzsche en France, cit., p. 47
16
T. DE WYZEWA, Frédéric Nietzsche, le dernier métaphysicien, “La revue bleue”, novembre 1891, XLVIII, pp. 586-
592, p. 592, 587-588
17
ivi, p. 586
18
D. HALEVY, F. GREGH, Frédéric Nietzsche, “Le banquet”, 2 aprile 1892, pp. 33-35, p. 33
19
ivi, p. 34
20
ibidem.
21
R. DREYFUS, La philosophie du marteau, “Le banquet”, 3 maggio 1892
4
respingere ogni distinzione cristiana o kantiana tra l’universo vero ed il mondo delle apparenze”.
22
E l’errore di Wyzewa è ancora più grave in quanto egli ha reso “Umwertung aller Werte” con
“svalutazione di tutti i valori”, laddove, invece, per Dreyfus, bisognerebbe leggere “ristabilimento
di tutti i valori”.
23
Nel 1893 “Le banquet” termina la sua breve esistenza, ma molti dei suoi
redattori, tra cui Gregh, Halévy e Dreyfus, confluiranno nella “Revue blanche” rivista in cui
continueranno a portare avanti studi e traduzioni riguardo l’opera di Nietzsche.
L’altro avvenimento rilevante del 1892 è la pubblicazione, presso una rivista anarchica belga “La
Société nouvelle”, di Il caso Wagner, compiuta da Halévy in collaborazione con R. Dreyfus e che
in Francia apparirà l’anno successivo. Al contrario di Wagner a Bayreuth del 1877 che aveva avuto
poca eco, questa traduzione suscita immediato interesse soprattutto perché contiene la critica più
forte del tempo a Wagner. Camille Mauclair ricorda “la rabbia che ci prese dopo le prime traduzioni
di Nietzsche” riferendosi presumibilmente proprio a questa del 1892 la quale non è un’opera che
contiene “la ribellione dello spirito contro una dottrina” ma “lo stimolo dell’offesa verso una
creatura adorato. Wagner è stato per noi ben più di una passione, una religione.”
24
Un anonimo,
autore di una recensione della traduzione apparsa in “La Société nouvelle”, nota che si tratta di un
“pamphlet ridicolo” caratterizzato da una “incoerenza frenetica”.
25
Adolphe Retté si esprime invece
in questi termini: “i Wagneriani non hanno perdonato a Nietzsche la sua abiura con la quale, dopo
aver difeso il dramma musicale, si pone ad attaccarlo con una animosità non priva di logica. Alcuni
affermano che egli abbia voluto distinguersi, per attirare l’attenzione su di sé alle spese del Budda
di Bayreuth. Altri dichiarano sia dovuto all’insanità prematura.”
26
Pur nelle critiche, a volte
estremamente dure, cui va incontro Nietzsche, la traduzione di Il caso Wagner è strumentale
rispetto al progetto di superare l’estetica wagneriana e simbolista da parte di alcuni autori; è altresì
indicativa di un periodo di passaggio culturale. “Per molti giovani autori francesi le idee di
Nietzsche si dimostrano un’utile arma con cui minare i Simbolisti ed il loro attaccamento
wagneriano alla decadenza.”
27
La traduzione completa di H. Albert
Dunque, sul versante delle traduzioni, è opinione diffusa che dal 1888 il nome di Nietzsche si trovi,
in Francia, in una situazione del tutto particolare: egli è conosciuto, ma la sua fama ha preceduto la
traduzione delle sue opere. Oltre a Wyzewa, anche Gide afferma che “l’influenza di Nietzsche ha
preceduto da noi l’apparizione della sua opera”, anzi, si può dire che la sua influenza “sia più
importante della sua opera, o anche che la sua opera sia solo di influenza.”
28
Il problema principale
consiste nella mancanza di traduzioni, oltre a quelle citate e ad alcune parziali di frammenti, per cui
la conoscenza di Nietzsche rimane preclusa agli autori che non conoscono il tedesco. Nel 1894
Henri Albert, redattore del “Mercure de France”, constata che “Nietzsche è celebre presso di noi,
ma appena conosciuto” e che “si citano ad ogni proposito i suoi aforismi mal compresi”, nonostante
la sua opera sia ancora avvolta “nelle tenebre dell’ignoto.”
29
Nel 1895, data in cui il “Mercure de
France” pubblica un’inchiesta “sulle relazione franco-tedesche, Nietzsche è nominato quattro volte.
22
Ivi, p. 70
23
Ivi, p. 67n.
24
C. MAUCLAIR, Servitude et grandeur littéraires, Paris 1922, p. 225.
25
MEMENTO, “La jeune Belgique”, febbraio 1892, XI, p. 163.
26
A. RETTE’, Sur Nietzsche, “La plume”, 1 settembre 1898, IX, p. 517
27
C. E. FORTH, Nietzsche. Decadence and Regeneration in France, 1881-95, “Journal of history of ideas”, 1993, p.
110.
28
A. GIDE, Prétextes, Paris 1903, p. 163
29
H. ALBERT, Les oeuvres complètes de Nietzsche, II semestre 1894, VI, p. 449
5
Il suo nome ritorna ventitre volte in un’inchiesta analoga nel 1902.”
30
Ciò significa che, in una
decina di anni, anche se, come detto, principalmente, in circoli letterari, in riviste dalla breve vita, il
dibattito viene in qualche modo apprestato, alcuni temi iniziano a circolare, in modo tale che
“l’opera di Nietzsche cade in un terreno preparato; essa avrebbe altrimenti rischiato di non
attecchire; adesso, invece, non sorprende, ma conferma.”
31
Diviene indispensabile, perciò, colmare la lacuna che riguarda la traduzione. E’ Henri Albert che si
incarica di intraprendere tale compito e che si mette in contatto con E. Förster-Nietzsche
annunciandole il suo arrivo a Naumburg nell’ottobre del 1894. Il legame tra Albert e E. Förster-
Nietzsche durerà fino alla prima guerra mondiale ed Albert non sarà solo il traduttore dell’opera di
Nietzsche, ma anche influente autore presso la stampa parigina, presso la quale già dall’inizio dei
lavori annuncia l’imminente impresa.
32
Inoltre, egli non mancherà di utilizzare Weimar per
garantire il proprio monopolio delle traduzioni francesi. In vista di ciò protesterà, sia nella
corrispondenza con E. Förster-Nietzsche, sia lamentandosi presso le varie riviste che permettono la
pubblicazione di traduzioni anche frammentarie. I reclami di Albert si indirizzeranno verso una
“esecrabile traduzione” di Al di là del bene e del male (1896) a cura di L. Weiscopf e G. Art, così
come verso la “Revue blanche” per la pubblicazione di una scelta di frammenti di Nietzsche ad
opera di Halévy e R. Dreyfus,
33
traduzione che sarebbe stata inopportuna perché slegata dalle altre
opere di Nietzsche in cui egli chiarisce la sua posizione rispetto a Wagner.
34
A causa di una traduzione che si rivela più complessa del previsto e di problemi con l’editore
Naumann, solo nel 1898, Così parlò Zarathustra e Al di là del bene e del male (dopo che le
rispettive traduzioni sono state riviste e corrette da Fritz Koegel al Nietzsche-Archiv)
35
vengono
pubblicati con una coedizione: Naumann li stamperà a Leipzig (ma dalla fine dello stesso anno il
Mercure acquisisce il diritto di stampare in proprio e nel formato che più conviene le opere) e la
Société du Mercure de France li metterà in vendita a Parigi. Inizia, così, a concretizzarsi la
possibilità di tradurre, pur con problemi per il primo scarso successo delle vendite, tutta l’opera di
Nietzsche per renderla accessibile ad un pubblico sempre più vasto. Non solo, inoltre, è
ragguardevole il progetto di tradurre l’intera produzione nietzscheana, ma questo acquista maggiore
importanza poiché per la prima volta saranno leggibili i testi fondamentali come rimarca G.
Bianquis, nella recensione a Così parlò Zarathustra. “Il filosofo tedesco F. Nietzsche ha, da dieci
anni, presso di noi la particolare situazione di un autore famoso (ed anche alla moda) del quale però
non abbiamo mai, per così dire, potuto leggere una sola riga, poiché nessuna delle sue opere più
importanti era stata tradotta in francese. Ma grazie a Henri Albert questa situazione anormale sta
finalmente per finire.”
36
Albert si assicurerà il monopolio francese poiché sarà il direttore della pubblicazione delle Oeuvres
complètes, per un totale di undici volumi.
“Il divario tra pubblicazione e traduzione si ricompone (se si può dire che sia stato mai
definitivamente sanato) infine nel 1908 con la prima apparizione in Germania di Ecce homo e la
quasi immediata uscita della versione di Albert nel ‘Mercure de France’ .”
37
L’interesse di Albert verso quello che lui dichiara il “poeta filosofo” dipende dall’ammirazione
della forma di frasi ed aforismi e dalla profondità che si cela sotto la grazia formale, dall’abisso del
pensiero che questa disvela, nonché dalla facoltà dominante in Nietzsche di vivere le sue idee fino a
scendere, guidato da esse, nei suoi meandri più intrinseci. Per Albert “solo ciò che c’è di più
profondamente umano in Nietzsche dovrebbe interessarci nella sua opera; essa, allontanata dalla sua
30
J. LE RIDER, Nietzsche en France, cit., p. 50
31
A. GIDE, Prétextes, cit., p. 163
32
H. ALBERT, Les oeuvres complètes de Nietzsche, cit., p. 450
33
D. HALEVY, R. DREYFUS (a cura di), Frédéric Nietzsche. Etudes et fragments, I semestre 1897, XII
34
H. ALBERT, Nietzsche (1), “Mercure de France”, gennaio 1893, VII, p. 55
35
J. LE RIDER, Nietzsche en France, cit., p. 54.
36
G. BIANQUIS, “L’illustration”, 26 novembre 1898.
37
D. SMITH, Transvaluations: Nietzsche en France 1872-1972, Oxford 1996, p. 39
6
personalità, cade nel nulla.”
38
I primi tentativi fatti per introdurre la sua filosofia in Francia sono
doverosi, per quanto ancora insufficienti, ma, del resto, l’interesse nei suoi confronti e,
conseguentemente, il lavoro intorno alle sue opere non potrà far altro che aumentare “nella misura
in cui si conoscerà meglio la loro alta portata umana ed il loro incontestabile significato per
l’avvenire.”
39
I primi tentativi biografici
I problemi concernenti i primi approcci biografici a Nietzsche sono vari e di differente natura. Per
Le Rider, innanzitutto, fino agli anni ’50 risulta impossibile scrivere una biografia che non abbia a
che fare con la “mitologia”, con la “leggenda” della figura di Nietzsche come dimostrato dal filo
conduttore dell’opera di E. Bertram Nietzsche. Essai de mythologie, tradotta in Francia nel 1932.
Uno dei motivi di questa difficoltà nel redigere una biografia “non mitologica” è la stesura, da una
parte, di un’autobiografia come Ecce homo, in cui Nietzsche ha imposto la propria versione dei
fatti, ha forgiato il proprio personaggio, si è autocreato una personalità. In secondo luogo, i biografi
si sono trovati a dover affrontare la questione delle falsificazioni compiute da E. Förster-Nietzsche,
non solo sull’opera, ma anche sulla vita, sulla realtà esistenziale del fratello. L’interesse di E.
Förster-Nietzsche, una volta assicuratasi il monopolio del lascito del fratello, è quello di costruirne
una immagine in cui lei sia il vero punto di riferimento affettivo ed intellettuale, a detrimento sia di
P. Gast, sia della madre; di descriverne la vita nei termini di una “sorta di casta santità” in cui
passavano in secondo piano l’incontro con L. Salomé ed il particolare rapporto a tre con P. Rée.
“Era necessario riconciliare Nietzsche e Wagner, anche se a titolo postumo, ed affermare che,
sull’essenziale, i due erano rimasti d’accordo. Bisognava tacere di tutto ciò che aveva fatto passare
Nietzsche per un ‘cattivo Tedesco’ e per un francofilo. Bisognava bloccare le voci riguardo la
malattia di Nietzsche: egli aveva ceduto al sovraccarico intellettuale, tutto qui.”
40
Tutti questi
obbiettivi sono stati raggiunti da E. Förster-Nietzsche nelle successive pubblicazioni della sua
biografia,
41
che crea una sorta di tradizione “weimeriana”, un punto di riferimento, “la costruzione
di un’immagine che opererà ancora su C. Andler (Nietzsche. Sa vie et sa pensée, Paris 1920-31, 6
voll.) e Mann.”
42
Cionondimeno, dalla seconda metà del 1896 iniziano, in Francia, anche i primi tentativi biografici
che si dipanano da uno dei problemi interpretativi centrali, quello di armonizzare le contraddizioni
che trasparivano nel pensiero di Nietzsche, e cercano di risolverlo, almeno nella maggioranza dei
casi, relazionandone l’opera con la vita. Il libro di Wyzewa, Ecrivains étrangers si apre con l’analisi
di un ritratto di Nietzsche in cui l’autore, esaminando i tratti del volto, scorge i segni di un conflitto
intimo: tale descrizione risulterebbe sia utile per una ricostruzione biografica della tragedia
personale di Nietzsche, sia per un’interpretazione delle sue teorie che, a tale tragedia, sono
strettamente collegate.
43
L’approccio che giunge ad appuntare l’attenzione sulla salute mentale di Nietzsche, porta molti a
giudicare l’opera frutto di quella: per Ernest Seillière il pensiero di Nietzsche è patologico dalla sua
origine e, citando un articolo di Michaud, apparso in “Clinique générale de chirurgie” (gennaio
38
H. ALBERT, Nietzsche (suite), “Mercure de France”, febbraio 1893, VII, p. 171
39
ID., Nietzsche (1), cit., p. 48
40
J. LE RIDER, Nietzsche en France, cit., p. 110.
41
E. FORSTER-NIETZSCHE, Das Leben F. Nietzsche, Leipzig, t. I: 1896, t. II, 1: 1896, t. II, 2: 1904
42
F. NIETZSCHE, La volontà di potenza, cit., p. 627.
43
T. DE WYZEWA, Ecrivains étrangers, Paris 1898, pp. 29-31
7
1904), concorda che Così parlò Zarathustra avrebbe potuto convenientemente intitolarsi “così parlò
un candidato ad una paralisi generale.”
44
E, se questa è una considerazione già abbastanza tarda, essa viene in realtà da lontano. Jean
Bourdeau, ad esempio, si interroga sulla possibile parentela tra forme di talento e follia, indagando
lo “smisurato orgoglio” dell’autore e distinguendo tra il contrasto assoluto che in lui sussiste “tra
l’uomo, di una modestia perfetta […] e lo scrittore cinico.”
45
Nelle sue opere, tra cui Così parlò
Zarathustra è una delle più “strane”, non vi è solo un immoralismo assoluto, ma anche un
cruellisme ed una forma di “neocinismo”. I suoi libri attirano, perché egli odia e denuncia la
menzogna, perché vuole risvegliare generazioni stanche e, predicando la severità verso di sé e verso
gli altri, riportarle alla forza; allo stesso tempo, però, egli “disgusta” perché riduce l’individuo a se
stesso, lo rende orgoglioso, crudele, vanitoso. La sua non è una filosofia, o comunque è “perversa”,
poiché manca di sistema, se si può tentare di seguire il filo delle sue idee, è altrettanto vero che
questo si perde facilmente e spesso. “Il suo cangiante umore esclude e comprende la pietà, vieta il
dolore e poi ne vanta la benefica virtù. Egli è uno psicologo, un sognatore che fa pensare, ma che vi
porta su cime pericolose, lungo precipizi, che dà la vertigine, al punto tale che dopo averlo letto si
cercano gli scalini per ridiscendere alla vita.”
46
E la vertigine è talmente forte che Bourdeau si
perizia di raccontare aneddoti su come si sia trasformato, peggiorando, un timido studente dopo
aver letto Nietzsche. In questo senso, il pensiero di Nietzsche non è solo frutto di una mente malata,
ma tale malattia è contagiosa e, dunque, conseguentemente è pericoloso leggerne le opere. Il solo
modo di potersi avvicinare è a piccole dosi, come un veleno che in questo modo può essere salutare.
Anche se “la filosofia di Nietzsche è il riflesso della sua immaginazione più che del suo carattere”,
poiché la sua vita è sempre “rimasta estranea all’azione”, tuttavia i suoi scritti possono, con le
cautele dette, essere “un antidoto alla malattia del secolo, al pessimismo scorato, al disgusto verso la
vita.”
47
Le immagini sono, per alcuni, il modo naturale in cui Nietzsche tende ad esprimersi, anzi non solo
di espressione si tratta ma del modo naturale “del ragionamento” e sempre si ha un’immagine netta,
“individuale” che viene percepita sia “nella sua forma propria”, sia “nel suo valore simbolico.”
48
Del resto, tale linguaggio metaforico, figurato si combina con un carattere “orgoglioso al massimo
grado, convinto della propria superiorità”, persuaso che “tutto ciò che pensava, lo fosse per la prima
volta, eccitato senza freno dal ben noto prurito che consiste nel credere sempre che la maggioranza
degli uomini sia stupida e che invece non ci si possa sbagliare nell’essere paradossale; o che,
almeno, il paradosso sia un’evasione dalla stupidità e l’inizio del cammino verso la verità.”
49
Le
immagini, pur nel loro costante, voluto, orgoglioso paradosso, sono, però, anche il luogo in cui,
“durante il sonno momentaneo della ragione”, le sue idee così contraddittorie raggiungono una
“specie di tregua apparente, di inattesa riconciliazione” in uno splendore che, però, resta quello di
“un’immagine priva di senso.”
50
E, poiché nella sua “combattiva produzione”, ciascuno, se riesce a
combinare “con perizia le asserzioni spesso contraddittorie che egli ha gettato sulla carta, secondo il
suo umore mutevole”, può rintracciare “armi convenienti”, si può fare di lui “l’avvocato delle cause
più numerose e diverse.”
51
D’altro canto però, la lettura di Wyzewa va in tutt’altra direzione,
asserendo che in Nietzsche non rimane nulla se non un desolante approdo nichilistico; la sua stessa
originalità, lungi dall’emergere dalle sue idee, è riscontrabile solo nel fatto che, unico tra i filosofi,
44
E. SEILLIERE, Apollon ou Dionysos, étude critique sur Frédéric Nietzsche et l’utilitarisme impérialiste, Paris 1905,
p. 253
45
J. BOURDEAU, Les Maîtres de la pensée contemporaine, cit., p. 121
46
ivi, p. 131
47
ivi, p. 136
48
T. DE WYZEWA, Ecrivains étrangers, cit., pp. 5-6
49
E. FAGUET, En lisant Nietzsche, Paris 1904, p. 4
50
E. SEILLIERE, Apollon ou Dionysos, cit., p. 253
51
ivi, p. 116
8
abbia “dato a tutte le sue idee una stessa direzione, negando l’insieme delle occupazioni umane”,
“in modo da non lasciare intatto un solo punto su cui poter saldare una credenza o una certezza.”
52
A tali letture fortemente negative di Nietzsche si contrappone quella di Gide che protesta contro
coloro che affermano che sia “un malato”, che “la sua follia finale condanna il suo sistema”
dichiarando che “c’è una grave incomprensione.”
53
Ma si contrappone anche l’autore di una delle
biografie più importanti e più lette del periodo, Henri Lichtenberger, il quale rigetta in modo
assoluto le interpretazioni volte “a spiegare lo sviluppo intellettuale di Nietzsche con l’aiuto di una
psicologia veramente troppo sommaria e semplicista”
54
, rifiuta il tentativo di “discreditare tutta la
sua filosofia scegliendo di farla passare per l’opera di un pazzo”
55
e critica chi pensa che la follia sia
stata sempre presente, ad uno stato latente nella sua vita, e ne abbia condizionato l’attività
intellettuale. Gli appunti che compie qui Lichtenberger sono soprattutto rivolti contro Max Nordau
secondo il quale Nietzsche avrebbe “scritto le sue opere essenziali nell’intervallo tra due soggiorni
in uno stabilimento di alienati.”
56
Max Nordau aveva pubblicato questa opera nel 1892, con il titolo
Entartung (il titolo è dedicato a Lombroso) e vi analizza la produzione degli autori più letti del
momento, Tolstoj, Zola, Ibsen, Nietzsche, come prodotto di stati patologici. Questo libro appare “in
traduzione francese nel 1894 e tale traduzione conosce sette riedizioni fino al 1909: esso ha dunque
occupato un posto importante all’interno dell’insieme dei testi che presentavano Nietzsche in
Francia.”
57
L’approccio diagnostico di Nordau descrive Nietzsche come “un pazzo furioso” che,
con “occhi sfavillanti e bocca schiumante”, “eiacula fiotti di parole assordanti e, nel mezzo del suo
vociferare, ora esplode in un riso folle, ora lancia ingiurie oscene e maledizioni, ora si getta in una
danza vertiginosa.”
58
Ciò di cui Nietzsche soffre è il “sadismo nella sua forma più acuta;”
59
il cuore
della sua dottrina si rivela inficiato da una psicopatologia sessuale. I sintomi più evidenti sono
ricercati da Nordau nella Genealogia della morale, la quale è piena non solo di errori antropologici,
ma anche di vere e proprie aberrazioni circa l’idea della vendetta cosciente degli ebrei contro i loro
oppressori. A livello etimologico, Michel Bréal, filologo e germanista di origine ebraica, afferma
che “la maggior parte dei fatti linguistici citati da Nietzsche è inesatta o male interpretata”
60
e porta
come esempio le forme intermedie “duonus” e “duenium”, che occorrono nell’accostamento di
bonus e bellum e che “derivano da una semplice illusione.”
61
Quella di Nietzsche è una filosofia
colma di luoghi comuni e non di novità, anzi la sua presunta originalità “consiste semplicemente
nella inversione infantile del corso razionale del pensiero;”
62
o meglio anche se questo “infelice
lunatico è stato proposto come un ‘filosofo’ e le sue stupidaggini come un ‘sistema’”, si tratta in
realtà di un uomo che “scarabocchia la sua unica, solitaria, volgare divagazione e nei cui scritti
grida in ogni singola riga.”
63
A tale linea interpretativa Lichtenberger si oppone affermando che, anche nei momenti degli accessi
più violenti della sua malattia, questa non è mai intervenuta a danneggiare le facoltà intellettuali di
Nietzsche; che, del resto, egli ha scritto la maggior parte delle sue opere fondamentali nell’arco di
anni che va dal 1882 ed il 1887, cioè in un periodo in cui la malattia di cui soffriva sembrava essersi
mitigata. In nessuna delle sue opere sono rintracciabili, per Lichtenberger, i semi della follia; né lo
sono nelle lettere indirizzate sino alla fine del 1888 a Brandes; la follia si rivela “del tutto
52
T. DE WYZEWA, Ecrivains étrangers, cit., pp. 25-26
53
A. GIDE, Prétextes, cit., p. 177
54
H. LICHTENBERGER, La philosophie de Nietzsche, Paris 1898, p. 75
55
ivi, p. 79
56
M. NORDAU, Dégénérescence, Paris 1894, 2 voll., t. II, p 370
57
M. ESPAGNE, “Lecteurs juifs de Nietzsche en France, autour de 1900”, in D. BOUREL, J. LE RIDER, De Sils-
Maria à Jérusalem. Nietzsche et le judaïsme. Les intellectuels juifs et Nietzsche, Paris 1991, pp. 227-245, p. 241
58
M. NORDAU, Dégénérescence, cit., p. 308
59
ivi, p. 451
60
H. LICHTENBERGER, La philosophie de Nietzsche, cit., p. 168. M. BREAL, Les étymologies du philosophe
Nietzsche, “Mémoires de la Société de linguistique de Paris”, 1896, IX, p. 457 ss
61
M. ESPAGNE, “Lecteurs juifs de Nietzsche en France, autour de 1900”, cit., p. 242.
62
M. NORDAU, Dégénérescence, cit., p. 446.
63
ivi, p. 472.
9
bruscamente” in un biglietto a Brandes stesso datato 4 gennaio 1889 che “non lascia più alcun
dubbio sullo stato di salute di Nietzsche: è manifestamente l’opera di un folle.”
64
Ma le teorie di
Nietzsche vanno abbordate, secondo Lichtenberger, come se egli fosse morto nel 1889 e non
sopravvissuto come un vegetale poiché esse sono contenute in scritti composti “in un momento in
cui il loro autore godeva ancora della pienezza delle proprie facoltà.”
65
Riveste molta importanza, insieme alla biografia di Lichtenberger, anche quella di D. Halévy che,
pubblicata nel 1909, conoscerà otto edizioni fino al 1922 quando la biografia di C. Andler inizierà
ad essere considerata un indispensabile punto di riferimento. Le notizie per il lavoro sono ricercate
da Halévy presso Malwida Meysenburg, alla quale viene raccomandato da G. Monod. Egli si
distacca dalla tradizione weimeriana per accostarsi ai nietzscheani di Basilea, tra cui C. Bernoulli,
del quale recensisce il libro sul rapporto tra Nietzsche e Overbeck, stigmatizzando la biografia di E.
Nietzsche come l’opera di una sorella che esalta, senza giudicare e, anzi, contraddice o disprezza le
testimonianze di vari amici.
66
Il tradimento di Weimar e le critiche a E. Nietzsche costeranno ad
Halévy la reazione di quella, consigliata da E. Holzer (il libro di Halévy sarebbe influenzato
dannosamente da Bernoulli, vi si darebbe troppa importanza a L. Salomé, criticando al contempo
l’operato della sorella), che non tarderà dal 1910 a inviare numerose missive a riviste francesi, in
cui accuserà Halévy di aver commesso numerosi errori sia rispetto ai fatti, sia rispetto alle date. La
querelle si svolge su “La phalange”, ma alla richiesta di Halévy di poter avere indicazioni sulla
precisa natura degli errori per poterli correggere non ci saranno risposte dirette, se non una lettera in
cui E. Nietzsche si dice impossibilitata a ciò perché Holzer, che stava preparandone una lista, è
morto nel frattempo, e perché lei stessa “minacciata dalla cecità” non può intraprendere un tale
lavoro.
Per Halévy, che si sofferma a parlare delle origini nobili della famiglia di Nietzsche e sulla figura
del padre, sono fondamentali, nello sviluppo intellettuale del filosofo, sia la formazione filologica,
sia l’esperienza della guerra del 1870. Il nodo della filosofia di Nietzsche sarebbe incentrato sul
rapporto tra il filosofo e Wagner, nella cui ricostruzione, da parte di Halévy, M. Espagne mette in
risalto il tentativo di spostare il problema dell’antisemitismo da Nietzsche a Wagner. Riportando
una conversazione tra Nietzsche e Rée su Chamfort e Stendhal, Wagner presente, Halévy ripete
questa frase del musicista: “diffidate di questo uomo non vale niente”, dal momento che “egli non
amava gli ebrei e non gli piaceva Rée.”
67
Dunque, l’uebermensch sarebbe, infine, solo la risposta al
Parsifal, nonché una possibile speranza di poter sfuggire all’eterno ritorno. Queste due rivelazioni
creano in Nietzsche uno stato di ambiguità emotiva per il quale “egli provava un orgoglio divino,
ma, allo stesso tempo, aveva paura ed era spaventato come uno dei profeti d’Israele che tremano
davanti a Dio ricevendone l’ordine della loro missione.”
68
Del resto, il tema dell’uebermensch, per
Halévy, non è passibile di una descrizione dettagliata, o di una definizione minuziosa e completa, la
figura dell’uebermensch è, infatti, “il sogno e la menzogna di un poeta lirico.”
69
Halévy, comunque,
mette in evidenza l’elitarismo di Nietzsche e lo condivide appieno poiché le moltitudini degli umili
“non meriterebbero di vivere se la loro attività non fosse, in ultima istanza, retta da una élite” e, per
questo stesso motivo, “utilizzata per dei fini gloriosi.
70
”
Gli aspetti particolari e più originali dell’opera di Halévy sono due: da una parte un’analisi quasi
filologica sul lavorio, gli scacchi, le difficoltà che hanno inquietato Nietzsche nel processo che
doveva portarlo a redigere lo Zarathustra (analisi che darà luogo ad un testo separato Le travail du
Zarathustra); dall’altra, nell’edizione del 1944, i dubbi circa la validità della Volontà di potenza che
G. Bianquis aveva tradotto nel 1935, basandosi sulla compilazione di F. Würzbach del 1930. Questi
64
H. LICHTENBERGER, La philosophie de Nietzsche, cit., p. 82-83
65
ibidem
66
D. HALEVY, Nietzsche et Overbeck, “Journal des débats”, 30 agosto 1908
67
ID., La vie de F. Nietzsche, Paris 1909, p. 197
68
ivi, p. 234
69
ivi, p. 268
70
ivi, p. 354
10
“assicura che Nietzsche amava quel caos da cui ‘ci si aspetta di veder uscire, in ogni istante, una
stella danzante’ […] La sua affermazione non è però, per questo, meno azzardata. […] Nietzsche
rilesse i suoi taccuini? Non abbiamo nessuno segno di ciò. La sua tentazione era quella di
accrescerli sempre e febbrilmente.”
71
Se, per M. Espagne, il libro di Halévy è, in qualche modo,
“inquietante, perché crea degli stereotipi aggirando la questione del giudaismo” in Nietzsche, è
anche vero che questo “aggiramento è messo al servizio di una universalizzazione del pensiero” del
filosofo tedesco che “trascende le frontiere della Germania.”
72
Del resto, l’impressione suscitata
dalla biografia di Halévy fu piuttosto buona, come dimostrato dalla recensione che gli riserva E.
Faguet secondo il quale il libro, in cui “l’autore si eclissa e dove appare solo l’eroe”, è “sicuro,
solido, sobrio, discreto”; si tratta di un’opera in cui “le analisi ‘dei luoghi’ occupano solo la parte
che devono occupare, in cui la peribiografia non soffoca la biografia, infine un libro che si presenta
come il modello stesso degli studi biografici.”
73
La reazione dei filosofi universitari
“L’assenza quasi totale di Nietzsche nella filosofia universitaria tra il 1890 e il 1914 non è il
risultato di una pura ignoranza (le traduzioni sono conosciute), ma di una rivendicazione di
professionismo poco incline ad un prodotto difficile da importare e da utilizzare. […] E’ sufficiente
notare con quale sollecitudine L. Brunschvig si serva dell’autorità del neo-kantiano Vahinger per
discreditare Nietzsche.”
74
Come dimostra, però, la recensione di Faguet, professore di letteratura
francese alla Sorbona, e la biografia di Lichtenberger, professore alla Facoltà di lettere di Nancy,
esiste una minoranza che se ne occupa. Come visto, Faguet mette in risalto l’insanità dell’orgoglio
di Nietzsche, specificando anche come egli sia “solo un Goethe nervoso e sovraeccitato”;
nondimeno, egli non solo è “nato poeta lirico, poeta dionisiaco”,
75
ma ha anche una sua dignità
filosofica. Se, per Faguet, la maggior parte dei pensatori non è onesta, perché sa della pericolosità
della verità e quindi vi si pone in modo insincero, quella che Nietzsche vuole portare è un attacco
“alla timidezza”, “all’insufficiente lealtà filosofica.”
76
Egli può incitare a tale guerra perché è il
pensatore più “onesto”, è di “esempio”, poiché ama la verità per se stessa, qualunque forma essa
possa avere, non solo e non tanto per se stesso, ma addirittura “contro se stesso.” Egli non ha paura
di ciò e, quindi, ha il coraggio, la probità di andare fino al fondo delle cose “almeno a ciò che egli
ritiene sia il fondo delle cose”,
77
vincendo l’inquietudine ed il timore che in questo fondo ci sia
persino il nulla. Alcuni aspetti del pensiero di Nietzsche non sono originali per la cultura francese,
comunque la sua critica della coscienza che, secondo Faguet, sta già tutta in La Rochefoucauld.
Tuttavia, anche quella di Nietzsche ha dei pregi che vengono sminuiti solo dal fatto che le sue
considerazioni siano sparse in molte opere, piuttosto che essere il contenuto di un solo libro che
avrebbe potuto essere “incomparabile” per via “dell’eloquenza e del sarcasmo”, della “penetrazione
psicologica” e del “vigore della dialettica.”
78
E, pur insistendo sulla sua modesta originalità, visto
che le sue idee possono essere ricostruite interamente pensando a La Rochefoucauld, Goethe e
Renan, nonostante la sua propria originalità sia “bella nel suo talento”, ma “volgare” e biasimevole
“nel suo cinismo”, Faguet ne ammette “una alta intelligenza, servita da un’ammirabile
71
D. HALEVY, La vie de F. Nietzsche, Paris 1944, p. 477 ss.
72
M. ESPAGNE, “Lecteurs juifs de Nietzsche en France, autour de 1900”, cit., p. 235
73
E. FAGUET, La vie de F. Nietzsche, “Revue des deux mondes”, I luglio 1910, LVIII, p. 164
74
L. PINTO, Les neveux de Zarathoustra. La réception de Nietzsche en France, Paris 1995, p. 38
75
E. FAGUET, En lisant Nietzsche, cit., p 33
76
ivi, p. 50
77
ivi, p. 45-46
78
ivi, p. 112
11
immaginazione”, così come ne ammette l’apprezzabile ruolo di revisore necessario di tanto in tanto,
radicale, assoluto e impietoso delle opinioni e delle credenze umane più incrollabili.
79
Oltre a Faguet, a Seillière e Nordau, dei quali si è già sintetizzata la posizione, va accennato a
Benjamin Bourdon, professore di filosofia al liceo di Rennes, ricordato dal suo antico discepolo
Alfred Jarry come precoce ammiratore francese di Nietzsche dal momento che ne illustrava le tesi
sin dal 1889.
80
Anche Alfred Fouillée dedica sia una serie di articoli, sia un’opera intera all’analisi di Nietzsche e
del suo successo presso le giovani generazioni di intellettuali francesi. Innanzitutto, tale popolarità è
un vero “scandalo” agli occhi di un filosofo ed è dovuto sia a cause superficiali che più profonde.
La forma aforistica in cui si esprime Nietzsche è adatta ad un pubblico che ha a disposizione poco
tempo e poca capacità di approfondimento, inoltre, essi risultano molto convincenti se sono scritti in
modo così poetico da sembrare ispirati. Infine, per coloro che non sono avvezzi e hanno poca
dimestichezza con la filosofia, essi risultano circondati da un’aura di autorità dispensata dalla
mancanza di un vero nesso logico legato e coerente, nonché di argomentazioni comprovanti le
teorie esposte. Per Fouillé, dunque, se “la sua poesia è di un lirismo potente” e “la sua filosofia ha
un non so che di pittoresco che seduce l’immaginazione”, nonostante ciò, il suo “sentimento
aristocratico ha qualcosa di malato” che si esplica in ogni sua opera come “l’attitudine romantica di
un Faust rivoltato contro ogni legge, ogni morale, ogni vita sociale.” Leggendo le sue opere accade
di essere “combattuti tra due sentimenti: l’ammirazione e la pietà (anche se egli rigetta questo
termine in quanto ingiuria), perché c’è in lui, tra tanti alti pensieri, qualcosa di malsano.”
81
Inoltre,
proprio perché il linguaggio di Nietzsche è metaforico, simbolico e “mitologico”, quasi del tutto
privo di definizioni e dimostrazioni esso risulta assai difficilmente attaccabile dal momento che “la
critica non trova più nulla di stabile su cui potersi appoggiare.” Ma, del resto, scegliere un
linguaggio così allegorico significa abbandonare la “vera filosofia” e optare per una “fantasia
metafisica”, per un “impressionismo filosofico.”
82
Per Fouillée, dunque, Nietzsche va rifiutato “per
se stesso”, perché egli ha posto a fianco di pensieri anche importanti, del “veleno” e perché la sua
originalità “comincia quasi sempre con la perversione morbosa di idee banali.”
83
Le eccezioni a queste interpretazioni sono veramente rare. Da ricordare un articolo di Charles Le
Verrier che è un vero e proprio studio critico sulla filosofia di Nietzsche e sulle sue idee le quali
sono quanto di più profondo Nietzsche abbia, poiché la sua ricerca si è mossa dall’insofferenza e
dall’insoddisfazione riguardo tutti (da Cristo a Schopenhauer a Wagner) e tutto (religione, scienza,
metafisica) verso il tentativo di valicare il già dato, verso la “ricerca di una ragione di vita.” Durante
il lungo periodo di questa ricerca, dolorosa ma necessaria, negazione dopo negazione Nietzsche ha
raffinato la sua ricerca, eliminandone scorie e ogni parte di provvisorio, fino a provare “la gioia” di
uscire da una notte così buia ed angosciante, in una luce serena. “Egli conquistò la sua ragione di
vivere, nel momento in cui perdeva la ragione.”
84
Oltre a Le Verrier, un altro universitario affronta Nietzsche ‘da filosofo a filosofo’: R. Berthelot che
redige per la Grande Encyclopédie: inventaire raisonné des sciences, des lettres et des arts la voce
“Nietzsche” (la Grande Encyclopédie fu edita a Parigi dal 1885 al 1901, in trentuno volumi, la voce
compilata da Berthelot si trova nel tomo XXIV dalla pagina 1081 alla pagina 1090; è stata inoltre
riproposta come saggio introduttivo di Anticristo
85
). Dopo aver riassunto la vita di Nietzsche,
mettendo l’accento sul mancato rapporto con il padre che lo avrebbe profondamente influenzato,
dopo averne diviso lo sviluppo del pensiero e la produzione in un periodo wagneriano (e
schopenhaueriano), in uno di emancipazione rispetto al maestro, Berthelot situa Nietzsche nella
79
ivi, pp. 319, 359-360.
80
C. E. FORTH, Nietzsche. Decadence and Regeneration in France, 1881-95, cit., p. 102. n. 19. Cfr. A. JARRY,
Oeuvres complètes, 3 voll., Paris 1988; H. BEHAR, Les cultures de Jarry, Paris 1988.
81
A. FOUILLEE, La religion de Nietzsche, “Revue des deux mondes”, febbraio1901, I, pp. 565-567
82
ID., La morale aristocratique du Surhomme, “Revue des deux mondes”, luglio 1901, V, p.111
83
ID., Les idées sociales de Nietzsche, “Revue des deux mondes”, maggio 1902, IX, pp. 420, 401
84
CH. LE VERRIER, F. Nietzsche, “Revue de métaphysique et de morale”, 1901, IX, p. 71
85
F. NIETZSCHE, L’Anticristo, Milano 1924
3
, con un saggio introduttivo di R. Berthelot, pp. 5-49
12
temperie culturale del romanticismo tedesco e in generale del romanticismo europeo a motivo della
“penetrazione intima della filosofia e del sentimento artistico” che si manifesta in lui. Nietzsche fu
“una delle ultime ondate” di questo movimento e, secondo il sentimento fondamentale di tutti i
romantici, trovò l’idea in grado di spiegare il perché della vita e del mondo nel principio di uno
sviluppo e di una “espansione libera delle forze spontanee, che non hanno alcuno scopo esteriore al
proprio esplicarsi.”
86
Se le varie forme di romanticismo tedesco (che Nietzsche accoglie grazie alla
mediazione di Wagner e Schopenhauer) lasciano delle impronte, egli è però più simile, per
l’espressione del suo pensiero, “ad un Carlyle o ad un Michelet” e va annoverato tra gli autori “in
cui si sono compenetrati il sentimento poetico, lo spirito filosofico e le preoccupazioni storiche”
87
del tempo in cui ha vissuto. In un’opera più tarda, Berthelot, interrogandosi sulla genesi del
pragmatismo nota come, nonostante la visibilità delle tracce romantiche, Nietzsche, a contatto con
le concezioni scientifiche, biologiche e psicologiche dell’epoca, giunge a rendere più complesso il
romanticismo, esprimendo tale complessità con il “simbolo lirico dell’uebermensch” e iniziando, a
partire dalla Gaia scienza, ad enunciare “una teoria formalmente pragmatica, definita da lui
‘prospettivismo’.”
88
A ragione di questa combinazione della “psicologia utilitaristica anglosassone
con la filosofia romantica tedesca”, Berthelot rintraccia in Nietzsche “il primo”, “il più intransigente
difensore della teoria”
89
pragmatista. Anzi, egli, con il suo “pragmatismo artistico,” che è un
pragmatismo “integrale e radicale”, con la sua teoria di un mondo retto da un determinismo così
rigoroso “che la successione dei diversi stati non può essere illimitata”, ma che anzi prevede che
essi ad un certo punto “si ripetano invariabilmente nello stesso ordine” è, per quanto concerne la
verità, “il più audace dei pragmatici.”
90
Nietzsche, un problema di appartenenza politica
Inizia, fin da questi primi anni di ricezione e dibattito, anche il problema della collocazione politica
di Nietzsche che è causa di molteplici e contraddittorie interpretazioni. A sinistra, nonostante il
rigetto che la maggioranza prova verso l’“aristocratismo antidemocratico” nietzscheano, alcuni
critici si occupano del filosofo tedesco come, ad esempio, A.-M. Desrousseaux, militante socialista.
Anche H. Albert si pone in una lettura di sinistra affermando che il problema della giustizia e
dell’ingiustizia della gerarchia è, in Nietzsche, un falso problema. La creazione di una “nuova
aristocrazia” serve, infatti, perché essa, una volta postasi al di là di bene e male, dei loro principi
ormai esauriti, dovrà sì “sottomettere le masse”, ma “per rendere loro il diritto agli istinti superiori e
così ristabilire la gerarchia.” Ed in un sistema organico, quale è la vita, non si può parlare in
assoluto di giustizia e ingiustizia in tale situazione poiché “esse dipendono” dal nodo stesso della
vita, dalla sua essenza, cioè “la volontà di potenza.”
91
Inoltre, le critiche verso il popolo non sono
dirette al popolo vero, composto dei poveri, dei deboli, perché Nietzsche non lo ha mai conosciuto, i
suoi attacchi vanno contro la “disperante classe media, la piattezza borghese.” Se Nietzsche avesse
incontrato il vero popolo, forse avrebbe scoperto “quale forza feconda nell’avvenire sonnecchia
ancora in esso. Forse avrebbe provato per questi umili la vera pietà, la pietà dei Forti.”
92
Il
significato profondo della filosofia di Nietzsche è quello di aver aperto le “vaste prospettive” entro
cui ad altri spetta il compito di “edificare opere durevoli”, ad altri, però, che non siano i falsi
86
ivi, p. 48
87
ivi, p. 49
88
R. BERTHELOT, Un romantisme utilitaire: étude sur le mouvement pragmatiste, Paris 1911, p. 9
89
ivi, p. 29
90
ivi, p. 5
91
H. ALBERT, Nietzsche (1), cit., pp. 63-64
92
ID., Nietzsche (suite), cit., p. 172
13
estimatori, gli ammiratori insensati che vorrebbero “mascherare la loro sterilità e la loro aridità
d’animo”
93
sotto le parole di Nietzsche.
Della stessa area politica è anche Eugène de Roberty il quale si interroga sulla posizione di
Nietzsche, se egli, cioè, sia un pessimista o un ottimista, un nemico del popolo in senso stretto
oppure “un nemico del popolo” in senso ibseniano, “un rivoluzionario”, un liberatore, un
“agnostico” assoluto o il più realista dei realisti.
94
Distinguendo tra un Nietzsche filosofo ed uno
sociologo, Roberty rimprovera a quest’ultimo di essersi troppo spesso fermato ad un punto di vista
biologico, invece di giungere fino ad un “punto di vista super-organico”; l’uebermensch rimane un
tipo sous-humain poiché la vera individualità viene data come risultato della combinazione di vari
fattori tra cui quello fisico sollecita “ad un modo di esistenza e di movimento”, la “natura chimica
ad un altro e quella biologica ad un terzo.” La natura sociale infine stimola “verso un nuovo e
ultimo modo fondamentale di esistenza e di movimento che il sociologo, cosciente del proprio
compito speciale, non lascerà (come invece fanno oggi i pretesi individualisti) definire dall’ambito
biologico, ma che si prenderà cura di caratterizzare egli stesso.”
95
Nonostante queste critiche,
Nietzsche è importante, per Roberty, per l’avvento del regno della sociologia perché questa ha
preliminarmente bisogno di una critica radicale della morale, dei suoi pregiudizi e dei suoi errori ed
egli, per quanto la sua ontologia sia “piuttosto scarsa”,
96
ha il merito di alzare nei confronti delle
antiche credenze la protesta della natura. Roberty ammira Nietzsche perché egli, da rivoluzionario e
immoralista, è il necessario precursore dell’era sociologica.
97
Bourdeau critica l’esposizione di
Roberty in più punti; innanzitutto, egli non si accontenta del senso letterale e dell’uso
antidemocratico della nozione di crudeltà. La trasposizione per cui, secondo Roberty, “ciò che
Nietzsche chiama la durezza” sarebbe “solo una sorta di sovrapietà”
98
è sottile ed ingegnosa, ma
non rispecchia la realtà delle cose. Roberty conclude, inoltre, che per quanto paradossale possa
apparire la tesi secondo cui Nietzsche fu un “socialista sincero, un vero democratico,” tuttavia, ciò è
innegabile perché “egli si è auspicato l’elevazione aristocratica per ciascuno e per tutti.” Poiché
questo è lo scopo che anche i socialisti perseguono “Nietzsche è stato uno dei nostri.”
99
La
puntualizzazione di Bourdeau si fissa sul fatto che Roberty dimentica l’aspirazione del socialismo,
in particolare di quello di ispirazione operaia, ad un egalitarsimo di cui non vi è traccia nel pensiero
di Nietzsche. Roberty “sostiene più o meno, con argomenti sottili, le stessa tesi” con cui Jean Jaurès
aveva molto “stupito i ginevrini rivelando loro che l’eroe di Nietzsche, l’uebermensch, non è altro
che il proletariato.”
100
Lo stesso Jaurès, dopo questa conferenza a Ginevra nel 1904, scrive dalle
pagine di “L’Humanité”, che nel frattempo aveva fondato, che Nietzsche, appellandosi per portare
l’uomo ad una aristocrazia nuova, dimentica di chiedersi quale sarà la base economica su cui si
appoggerà questa aristocrazia, nel mondo nuovo. Ed egli non prevede, di certo, lo “sviluppo delle
individualità umane” nell’ambito “di nazionalità esclusive e gelose;” ciò che Nietzsche fa, invece, è
affermare “senza tregua che l’uomo nuovo deve essere un ‘buon europeo’, che l’Europa va verso
l’unità e che è necessario ci vada. E potrebbe, forse, Nietzsche stesso negare che è l’azione del
proletariato socialista che da adesso è, e sempre più sarà, la forza decisiva per l’unificazione
dell’Europa e del mondo?”
101
In ambito anarchico, sono numerosi gli autori che si avvicinano a Nietzsche, soprattutto in ragione
della sua insistenza sull’individuo, sulla sua libertà irriducibile, della critica alla borghesia e alla
93
ivi, p. 173
94
E. de ROBERTY, F. Nietzsche. Contributions à l’histoire die idées philosophique et sociales à la fin du XIX siècle,
Paris 1903, pp. 42-46
95
ivi, pp. 156-158
96
ivi, p. 1
97
ivi, p. 61
98
cit. in J. BOURDEAU, Les Maîtres de la pensée contemporaine, cit., p. 143. E’ qui riprodotto J. BOURDEAU,
Nietzsche socialiste malgré lui, “Journal des débats”, 2 settembre 1902
99
cit. ivi, p. 144
100
ivi, p. 139
101
http://www.marxists.org/francais/general/jaures/works/1905/07/jaures_19050707.htm
14
morale, anzi per alcuni egli è insieme a Bakunin e a Stirner uno dei “padri dell’anarchismo”
contemporaneo, colpevole come gli altri di essere l’ispiratore di numerosi attentats.
102
Laurent
Tailhade era considerato un nietzscheano, così come Camille Mauclair considerava se stessa
anarchica e nietzscheana. Jean Grave, anche non amando particolarmente il filosofo tedesco, è uno
dei primi che intorno al 1890 inizia ad accostare e paragonare le idee di Nietzsche a quelle
anarchiche. Egli, critica, per un verso, la facilità con cui alcuni scrittori, solo perché “recitano,col
cuore, alcuni passaggi di Nietzsche o Stirner”
103
sono portati a definirsi anarchici, per l’altro,
rivendica che “anche prima che i letterati borghesi scoprissero Nietzsche e Stirner, molti anarchici
avevano già scoperto che l’individuo deve considerare solo se stesso, la sua convenienza, il suo
proprio sviluppo.”
104
Jean de Nethy parla, già nel 1892, della filosofia di Nietzsche nei termini di un
“anarchismo aristocratico”, notando come, dopo la rottura da Wagner e Schopenhauer, egli abbia
scoperto il proprio compito ed il proprio sogno di “riformare la società”, andando contro alla
corrente della “filosofia pessimista e nichilista”, predicando un “supremo istinto di vita, di azione e
di potenza.”
105
Victor Basch, professore di estetica, a partire dagli anni ’20, alla Sorbona e che morirà tragicamente
nel Gennaio 1944, fucilato dai nazisti a causa del suo impegno nella Resistenza e in qualità di
presidente della Federazione Internazionale delle Leghe per i Diritti dell'Uomo, scrive, per la prima
volta di Nietzsche nel 1897 in un saggio sulle correnti intellettuali tedesche dal 1870.
106
Nietzsche
vi è descritto come la sintesi dei tre movimenti che Basch scopre nello sviluppo intellettuale
tedesco: egli coniuga il periodo wagneriano e idealista, con quello realista del 1880-1890 e con
quello successivo caratterizzato dal simbolismo. L’uebermensch ha una portata essenzialmente
morale poiché interrompe “il circolo del peccato originale e dell’ascetismo”
107
per aprire,
finalmente, il tempo in cui “il superbo animale umano” possa “spiegare le sue ali e superarsi”
108
pienamente. Secondo Basch, esistono, al fondo dello sviluppo dell’umanità, due correnti
alternamente opposte, quella del socialismo e quella anarchica; l’esame di Nietzsche gli è
indispensabile per dimostrare l’identità di queste correnti contrarie. È da rilevare l’insistenza sullo
stile lirico di Nietzsche, sul versante estetico della sua filosofia e l’interesse per l’ultimo periodo
della sua produzione che si apre con lo Zarathustra (laddove sia il primo periodo dionisiaco, sia il
secondo, della critica alla morale, non rappresentano per Basch particolari problemi). Ciò che Basch
si sforza di risolvere è la contraddizione tra l’Eterno Ritorno e l’uebermensch (motivo che ritornerà
a più riprese nel dibattito su Nietzsche in questi anni): quest’ultimo è, in estrema analisi,
conseguenza, difensiva, delle difficoltà in cui si imbatte Nietzsche, è un mostro illogico e inumano,
simbolo dell’individualismo che si barrica.
109
In qualità di intellettuale ebreo, Basch si concentra
anche sulla questione ebraica in Nietzsche concludendo, però, che si tratta di un semplice concetto
filosofico e nonostante non gli sfuggano le eventuali derive che la dottrina dell’uebermensch
avrebbe potuto cagionare, egli è convinto che la dimensione estetica dell’opera di Nietzsche sia in
grado di caratterizzare l’uebermensch come contrafforte individualista all’interno dell’evoluzione
socialista della storia umana, nonché di definire la filosofia di Nietzsche come un momento nel più
ampio panorama della filosofia europea. In L'individualisme anarchiste,
110
102
J. THOREL, Les pères de l’anarchisme: Bakounine, Stirner, Nietzsche, “La Revue bleue”, 15 aprile 1893, LI, p. 449
103
J. GRAVE, Le Syndicalisme dans l’émancipation sociale, “La Société nouvelle”, ott-nov 1907, XXVII, p. 170
104
ID., Quarante ans de propagande anarchiste, Paris 1973, 385-386
105
J. DE NETHY, Nietzsche-Zarathustra, I semestre 1892, II, pp. 207, 206, 210
106
V. BASCH, Le mouvement intellectuel en Allemagne depuis 1870, Rouen 1870
107
M. ESPAGNE, “Lecteurs juifs de Nietzsche en France, autour de 1900”, cit., p. 236
108
V. BASCH, Le mouvement intellectuel en Allemagne depuis 1870, cit., p. 30
109
ID., Individualistes modernes, “La grande revue”, 1901, XVII, pp. 357-383, p. 381
110
ID., L'individualisme anarchiste. Max Stirner, Paris 1904