CAPITOLO 1
L’OSPEDALE: CAMBIAMENTI IN ATTO.
1.1 Dall’ospitalità all’organizzazione scientifica.
L’ospedale nasce nei secoli da due esigenze fondamentali: l’isolamento, per gli ammalati
affetti da patologie diffusibili, e la carità, in altre parole l’assistenza agli infermi a
contenuto caritativo e religioso. La morte e la malattia rimangono collocate all’interno della
famiglia e della comunità di appartenenza, e ne costituiscono un elemento fondamentale
d’identità e di coesione. In questa fase il rapporto con il medico curante è localizzato al
proprio domicilio e non è centrato attorno all’ospedale.
È solo attorno al XIX secolo con la nascita della medicina scientifica e l’applicazione
sempre più sistematica del metodo sperimentale alla diagnosi e alla terapia, che la
competenza medica tende progressivamente a trasferirsi nell’ospedale, per conseguire le
due esigenze della concentrazione delle competenze e della concentrazione della casistica.
Fra le malattie infettive è la tubercolosi ad assumere grande rilevanza nei paesi europei, con
lo sviluppo delle organizzazioni sanatoriali.
L’ospedale, fra la fine del ‘700 e la prima metà del 900, rimane la sede per la diagnosi e la
cura delle malattie infettive e delle malattie chirurgiche. Diventa anche la sede dello studio
delle malattie, con la conseguenza dello sviluppo dell’organizzazione universitaria
all’interno dell’ospedale. Tuttavia la malattia comune, il parto, la morte, rimangono ancora
localizzate al proprio domicilio, attorno al quale si fonda anche il rapporto con la medicina
di famiglia. Nonostante ciò si consolida in tutta la prima parte del XX secolo il fatto che
l’autorità professionale e scientifica si forma e risiede nell’ospedale. Per quanto riguarda la
struttura organizzativa dell’ospedale, essa è divisionale: la divisione è la sede della
competenza medica cui devono andare il servizio del personale “paramedico” e cui
l’organizzazione deve fornire altri supporti nella stessa sede dove è presente la competenza.
Il laboratorio di analisi cliniche e microbiologiche, la radiologia quando se ne sviluppa la
tecnologia, sono aggregati alla competenza.
La struttura organizzativa dell’ospedale è basata sui padiglioni, sia per motivi igienico
sanitari sia per le ragioni di articolazione attorno alla competenza che abbiamo richiamato.
Il sistema di comunicazione non è progettato, mentre il sistema di trasporti interni è affidato
ai pedoni che trasportano materiali, richieste, documenti e quant’altro.
Negli anni ’50-’60 il quadro cambia radicalmente per alcune ragioni, tra cui l’arrivo di
farmaci risolutivi (antibiotici, cortisonici e molti altri), che finiscono per diventare essi
stessi tecnologia, e lo sviluppo della tecnologia diagnostica nella parte di chimica analitica
e nella parte radiologica, che cominciano a richiedere esse stesse competenze molto più
sofisticate ed a proporsi come organizzazioni autonome dentro l’ospedale. Il luminare
clinico riesce sempre meno a maneggiare in modo trasversale competenze sempre più
specializzate e specifiche.
A partire dalla metà degli anni ’60, assistiamo ad un nuovo processo di grande rilevanza: lo
sviluppo scientifico e organizzativo autonomo di discipline non più generali ma
specialistiche (la gastroenterologia, l’ematologia, la cardiologia, ecc), le quali nel corso
degli anni ’70 rafforzano la propria organizzazione scientifica, ottenendo
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successivamente il riconoscimento di articolazioni organizzative autonome negli ospedali,
di carriere e di procedure concorsuali separate.
La frammentazione culturale va di pari passo con la frammentazione organizzativa degli
ospedali, che seguono ancora, negli schemi progettuali, la competenza.
Negli anni ’80 e ’90, assistiamo al nuovo grande evento di cambiamento della medicina,
con l’arrivo di tecnologie diagnostiche di grandissima sofisticazione, sia in campo
radiologico (TAC, risonanze magnetiche, ecografia), sia in campo elettrofisiologico, sia in
campo chimico-analitico.
E’ in questa fase che la tecnologia diventa essa stessa driver dell’organizzazione e che
l’ospedale sviluppa problemi rilevanti derivanti dalla mancata progettazione di un sistema
di integrazione organizzativa e di comunicazione interna.
Dal punto di vista del sistema ospedaliero, le tipologie di ospedale esistenti si sono
profondamente differenziate: ospedale di comunità, istituto di ricovero e cura a carattere
scientifico, grande policlinico universitario, piccolo ospedale privato a forte focalizzazione
operativa (soprattutto sulle altre tecnologie), ospedali di riabilitazione. Ciò che tuttavia è
più rilevante, in tale processo di differenziazione, è che le tipologie di ospedale si
sviluppano combinando i diversi fattori in modo assolutamente imprevedibile e dipendente
per lo più dalle caratteristiche e dall’estrazione culturale dei gruppi dirigenti promotori. Il
paradigma per cui la crescita di dimensione va di pari passo con la complessità
organizzativa e con l’aumento di intensità di cura, per giungere alle istituzioni che svolgono
attività didattica e di ricerca, viene completamente superato.
Diventa inoltre evidente l’effetto distorsivo della tecnologia in due direzioni fondamentali.
Da una parte essa è capace di produrre domanda di prestazioni per il solo fatto di essere
proposta, in quanto il pubblico ritiene che le diagnosi siano più sicure ed accurate se
utilizzano molta tecnologia. Dall’altra, la crescita della tecnologia crea un problema di
equità nell’accesso alle prestazioni.
1.2 Le caratteristiche del contesto in cui operano le aziende sanitarie e il loro percorso
di sviluppo.
La maggiore innovazione introdotta nell’ultimo decennio nella legislazione italiana ed in
quella di numerosi paesi europei è costituita dal processo di trasformazione degli ospedali
in aziende.
Infatti, le aziende sanitarie sono state investite negli ultimi anni da una serie di dinamiche,
riconducibili a pressioni ambientali esterne (cambiamento istituzionale, modifica del
quadro normativo, dinamiche socioeconomiche, progresso scientifico e innovazione
tecnologica) che hanno inciso significativamente sulle caratteristiche gestionali e
organizzative delle stesse, influenzandone il processo di evoluzione.
Nel passato, anche più recente, persisteva una cultura rigidamente formale, burocratica e
autoreferenziale. La dirigenza medica ed amministrativa veniva completamente
deresponsabilizzata dalla discrezionalità gestionale e non era chiamata a rispondere dei
risultati indotti dalle proprie scelte e dai propri comportamenti, in termini di livelli quali–
quantitativi di erogazione dei servizi e di assorbimento di risorse. I modelli organizzativi si
presentavano omogenei per tutte le unità sanitarie locali, riservando conseguentemente
poca attenzione allo sviluppo di strutture organizzative adeguate alle singole realtà.
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In questo ambito, in Italia, si inserisce il processo di riforma che ha avuto origine con i D.
Lgs. n. 502/92 e n. 517/93. Ispirandosi ai principi della regionalizzazione,
dell’aziendalizzazione e della responsabilizzazione, il processo di riordino del Sistema
Sanitario Nazionale ridefinisce l’assetto istituzionale, gestionale ed organizzativo del
sistema, in particolare con l’assegnazione alle Regioni di un ruolo di capogruppo.
Inoltre, attraverso il processo di aziendalizzazione viene riconosciuta una maggiore
importanza a livello locale: le USL e alcuni ospedali che presentano specifiche
caratteristiche vengono riconosciuti come aziende; sono governate da un Direttore Generale
nominato dalle Regioni; hanno autonomia giuridica, patrimoniale, contabile, organizzativa,
gestionale e tecnica e sono quindi responsabili del loro operato.
Si accentua conseguentemente la competizione tra diverse strutture di offerta, sia pubbliche
che private, e si modifica il sistema nella direzione di una pluralità di fonti di finanziamento
e una pluralità di strutture autonome di offerta dei servizi.
Se già la Riforma del 1992 introduce alcuni elementi di innovazione, il D. Lgs. 299/99
imprime un’ulteriore accelerata ai processi di cambiamento già in atto. In particolare, il
decreto:
• rafforza la natura aziendale delle aziende sanitarie, che sembrano avere una
missione composita, in quanto hanno da un lato l’obbligo di garantire le prestazioni
di carattere istituzionale, dall’altro il dovere di entrare pesantemente nel mercato
delle prestazioni a pagamento;
• introduce il concetto di “autonomia imprenditoriale” delle unità sanitarie locali e
degli ospedali;
• rafforza l’introduzione di sistemi di responsabilizzazione sui risultati;
• stabilisce che le aziende disciplinino il loro funzionamento attraverso un atto
aziendale di diritto privato e individua, contestualmente, i principali elementi che in
esso devono essere contenuti.
• crea un unico livello dirigenziale sanitario.
In ogni caso, dal punto di vista organizzativo, l’evoluzione avvenuta nel sistema sposta
l’attenzione dal livello istituzionale a quella del governo delle singole aziende e riconosce
l’importanza delle scelte effettuate a livello locale nel governo delle stesse.
1.3 L’Ospedale Azienda.
In termini imprenditoriali, un’azienda è un sistema nato per produrre beni o servizi i quali
dovranno essere venduti sul mercato, incontrando il favore del pubblico. Perché ciò
avvenga è necessario che l’azienda sia capace di remunerare e sostituire continuamente le
risorse che impiega nel processo di produzione e che nel contempo sia capace di rispondere
alle interazioni con l’ambiente esterno, leggendo scelte ed opzioni dei consumatori ed
adattando la propria gamma di prodotti.
Per conseguire questi risultati, l’azienda costituisce nel tempo un proprio sistema di valori,
possiede una “vision”, che corrisponde a quella dell’imprenditore, e ad essa uniforma
cultura, comportamenti dei dipendenti e risposte organizzative.
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