2
La pedofilia femminile gode, ancor più di quella maschile, di una potente
corazza protettiva che scongiura il pericolo di essere riconosciuta e di
uscire allo scoperto. Tale corazza viene sorretta non solo dal silenzio
della piccola vittima, che spesso non si rende neanche conto di stare
ricevendo qualcosa di diverso delle sue richieste d’affetto e di amore,
ma, quello che è peggio e ancora più pericoloso, è sorretta dall’ intera
società.
Esistono infatti delle potenti “barriere” nelle coscienze di ciascuno di noi
che ostacolano e/o impediscono il riconoscimento della donna come una
potenziale e probabile abusante di bambini, una di queste è il forte
radicamento in ognuno di noi del tabù dell’incesto secondo cui un
genitore e ancor più una madre, che ha l’istinto di difendere, curare e
amare la sua prole, non può arrivare a perpetrare l’abuso. Qualora
l’abuso dovesse uscire allo scoperto esso gode di un diverso metro di
valutazione basato sulla credenza che la madre, che ha il compito di
proteggere, stia semplicemente prolungando, forse in maniera insolita,
ma non colpevole, il suo precedente ruolo protettivo.
Altrimenti, se questa “barriera-corazza” non basta, ne entra in scena
subito un’altra: si considera la donna abusante affetta da severe
alterazioni psichiche molto più gravi dell’uomo che compie lo stesso
atto.
Questo lavoro si pone l’obiettivo di guardare più da vicino questa tragica
ma pur presente realtà, analizzandone i più “volti” per un fine importante
che è quello conoscitivo, quindi preventivo. Tenendo bene presente che
il dramma clinico e sociale della persona malata di pedofilia è segnato
dai suoi movimenti attivi, dal passaggio all’atto di una mente disturbata
3
che ha cominciato ad ammalarsi nei primi anni di vita e sulla cui storia
nessuno è potuto intervenire.
La tesi si divide in tre parti: la parte generale, composta da quattro
capitoli, in cui ci si è interrogati su cosa sia la pedofilia; la parte
specifica, anch’essa composta da quattro capitoli, in cui si è studiato ed
analizzato nel particolare la pedofilia femminile; infine nella parte
sperimentale si è indagato, tramite un questionario informativo, i miti e
le credenze che celano la pedofilia femminile dietro un alone pericoloso
di “non esistenza”.
Parte generale: cosa è la pedofilia?
Nel primo capitolo si percorre l’ evoluzione storica della pedofilia,
dando risalto a come i comportamenti di abuso sessuale sui minori siano
sempre esistiti assumendo un significato differente a seconda del periodo
storico e della cultura dominante.
Nel secondo capitolo viene presentata la definizione della patologia, le
sue peculiarità di “amore ostile” e la diffusione.
Nel terzo capitolo viene presentata una rassegna delle più significative
ipotesi patogenetiche e dei vari criteri diagnostici per la pedofilia.
Infine nel quarto capitolo vengono riportate le argomentazioni pedofile
riguardo al loro “speciale amore” verso i bambini; ribadendo così
l’importanza di conoscere a fondo il “pensiero pedofilo” per trovare una
efficace strategia nella lotta contro questa terribile piaga.
4
Parte specifica: la pedofilia femminile
Nel primo capitolo si è affrontato in primis i principali fattori che
ostacolano e/o impediscono il riconoscimento nell’immaginario
collettivo della donna come possibile e potenziale pedofila; si è passati
poi ad esaminare il movimento della donna da una posizione “passiva”
ad una “attiva” specie nella sfera sessuale con il collegamento alla
particolare forma, primariamente femminile, denominata pre-pedofilia;
infine si è analizzato i vari “volti” della pedofilia femminile:
intrafamiliare, extrafamiliare, on-line, con vittime portatrici di handicap,
nei culti satanici.
Nel secondo capitolo si è cercato di delineare l’ “identikit” della donna
pedofila effettuando un’analisi delle sue caratteristiche di personalità,
con i rispettivi aspetti psicologici e psicopatologici, esaminando le
strategie seduttive che utilizza, i criteri di selezione della vittima e infine
le tecniche per tenerla soggiogata.
Il terzo capitolo è dedicato alla vittima, all’identificazione dei vari
indicatori di abuso sessuale (cognitivi, fisici, comportamentali ed
emotivi) la cui ricognizione è vitale per un intervento repentino, e alle
conseguenze, a breve e a lungo termine, dell’abuso sessuale subito. Il
capitolo si conclude con l’analisi del fenomeno della pedopornografia e
della prostituzione minorile.
Nel quarto e ultimo capitolo viene presentata una panoramica delle
possibili vie percorribili nel campo della prevenzione e dell’ intervento
orientate a tutti gli attori del dramma dell’abuso (abusante, vittima,
famiglia, società).
5
La molteplicità degli interventi prospettati ricorda da un lato la
complessità delle tematiche preventive in merito alla pedofilia, ma
dall’altro consente di puntare ad una pluralità di interventi che possono
essere effettuati e che devono favorire una cultura dell’abuso sessuale sul
minore in grado di trasformare questo evento da affare privato o di
famiglia a problema di salute pubblica che investe tutta la società.
Parte sperimentale: questionario informativo sulla pedofilia femminile
Il presente lavoro si è proposto di indagare la complessa rete di
conoscenze, miti e credenze che delinea e caratterizza nell’immaginario
collettivo la figura della donna pedofila. Il fine di questa indagine è stato
quello di conoscere con esattezza quali sono i principali miti che possono
“proteggere” e occultare tale patologia al femminile, e che abbassano
notevolmente la possibilità che essa venga riconosciuta e quindi esca
allo scoperto. L’eliminazione di tale “negazione collettiva” dovrà essere
l’obiettivo di vari interventi preventivi, i quali dovranno procedere ad
una informazione più corretta che tuteli il benessere psico-fisico del
bambino e promuova un’infanzia serena.
6
PARTE PRIMA
COSA E’ LA PEDOFILIA?
CAPITOLO I
1. La pedofilia nei secoli
I comportamenti di abuso sessuale sui minori sono sempre esistiti in
ogni gruppo umano, per cui essi non possono essere considerati un
incidente storico, ma vanno scritti e letti all’interno delle relazioni
sociali e culturali, assumendo un significato differente a seconda del
periodo storico considerato e della cultura dominante […]. Il diverso
significato che viene ad assumere la relazione pedofila, la sua relatività
storica prescinde dalla constatazione che c’è la costante presenza di un
minimo comune denominatore, che consiste nella dissimmetria esistente
nel rapporto tra l’adulto e il bambino o l’adolescente. Tale asimmetria
si costituisce in ogni caso come il cardine di una relazione di abuso, al
cui interno si determina un divario di potere che nessuna passiva
acquiescenza scambiata o contrabbandata per consenso, potrà
annullare o ridurre
1
.
1
Schinaia C., 2001, “Pedofilia, Pedofilie. La psicoanalisi e il mondo del pedofilo”, Bollati Boringhieri,
Torino.
7
1.1. La pedofilia nell’ antica Grecia
Il fenomeno della sessualità attuata dagli adulti sulle nuove generazioni
esiste da sempre, tramandandosi nei secoli si è espressa in culture e
civiltà lontane e diverse.
Il termine pedofilia deriva dal greco ed è composto dalle parole paìs,
paidòs, che significa fanciullo e filia che vuol dire amore. La cultura
sessuale dei cittadini greci del V e del IV secolo a. C. teneva in grande
considerazione una forma idealizzata di pedofilia, che coincideva con
l’etimologia del termine paidòfilis, appunto “amante dei fanciulli”, e che
aveva anche il significato del rapporto educativo della gioventù, in
quanto l’ideale del bello coincideva perfettamente con l’ideale estetico
del fanciullo
2
.
Il legame tra un uomo libero ed un ragazzo ugualmente libero era visto
nei circoli intellettuali dell’èlite come la forma di amore più alta e più
pura. L’erastes era l’amante, ossia colui che prendeva l’iniziativa e
organizzava il corteggiamento, l’eromenion era invece l’amato. Il
ragazzo oggetto d’amore doveva essere pubere cioè avere un’età non
inferiore ai 12 anni, altrimenti tale relazione veniva severamente punita.
All’inizio del VI secolo a.C., Solone il legislatore, pederasta egli stesso,
aveva imposto la pena di morte da applicare a chi fosse stato sorpreso
con fanciulli al di sotto dell’età pubere. Plutarco però, afferma che,
2
Jaria A., Capri P., 1987, “La pedofilia:aspetti psichiatrico- forensi e criminologici”, in Ferracuti,F. (a
cura di), Trattamento di criminologia, medicina criminologica e psichiatria forense, VII, Giuffrè, Milano.
8
nonostante le norme, abusi sessuali su bambini di età inferiore ai 12 anni
da parte di pedagoghi e insegnanti dovevano avvenire regolarmente.
3
La
pratica pederastica vedeva il coinvolgimento di molti maestri del tempo,
tra cui Socrate e Platone i quali indicavano l’eros come presupposto
filosofico dell’insegnamento, eros inteso come desiderio, piacere e
amore allo stesso tempo, ‘l’amato si concederà perché desidera
educazione e sapienza di ogni specie’
4
. La relazione pederasta/pedofila
era caratterizzata da dei diritti e dei doveri: l’erastes, ossia l’amante,
aveva il diritto di godere di un piacere rapido e rapinoso e l’obbligo di
protezione, e talvolta sostentamento economico del fanciullo;
l’eromenion, l’amato, aveva un ruolo passivo, non doveva provare
direttamente il piacere sessuale, ma godere del piacere procurato
all’altro
5
, l’amato esisteva dunque soltanto in funzione dell’amante,
senza una sua psicologia ma solo come oggetto e fonte di piacere.
Saffo, poetessa greca vissuta nel secolo VI a.C., era a capo di una
comunità di giovinette, e oltre ad essere maestra dell’intelletto, lo era
anche del corpo, la sua scuola era infatti aperta al fascino della bellezza
e del sesso e le sue ragazze si amavano tra loro in modo appassionato e
intenso. A Sparta, Lesbo e Militane donne adulte usavano avere delle
amanti tra le adolescenti, ed era costume unirsi alle ragazze prima del
matrimonio così come avveniva per fanciulli da parte di adulti maschi
6
.
3
Cantarella E., 1995, “Secondo natura. La bisessualità nel mondo antico”, Rizzoli, Milano.
4
Platone, 1979, “Simposio”, Adelphi; Milano.
5
Picozzi M., Maggi M., 2003, “Pedofilia non chiamatelo amore”, Guerini e Associati, Milano.
6
Cantarella E., 1995, “Secondo natura. La bisessualità nel mondo antico”, Rizzoli, Milano.
9
1.2. La pedofilia nell’antica Roma
Nell’antica Roma l’idealizzazione greca della pedofilia/pederastia era
tramontata, i rapporti sessuali venivano adesso praticati non più con
fanciulli liberi delle classi superiori, bensì con i giovani schiavi,
assumendo il più delle volte la forma della sodomia.
Plutarco racconta che i romani usavano far indossare una bulla d’oro al
collo dei figli, affinché non venissero scambiati per degli schiavi quando
giocavano nudi, e quindi preservarli da possibili tentativi di seduzione
7
.
Sin dalla più tenera età il giovane romano veniva educato a essere un
conquistatore, ad imporre la propria volontà, ad assoggettare tutto e tutti,
e questa regola di vita si rifletteva anche sulla sua etica sessuale: mai con
fanciulli liberi, scriveva Cicerone, che da grandi avrebbero dovuto
imparare ad imporsi e non a subire i desideri altrui. La lex Scatinia
puniva con sanzioni pecuniarie lo stuprum cum puero, naturalmente se
libero. L’eredità greca sull’amore per i fanciulli fu dunque sostituita
dalla tendenza alla forza, alla brutalità e alla sopraffazione. I pueri
serviles vivevano nella stessa casa dei bambini liberi, ricevendo spesso la
stessa educazione dal pater familias ma erano oggetto di eccitazione e
desiderio e fungevano da delicia ai padroni e nelle feste domestiche
8
.
7
Foucault M., 1984, “L’uso dei piaceri. Storia della sessualità 2.”, trad. it. Feltrinelli, Milano.
8
Becchi E., Julia D.,1996, “Storia dell’infanzia”, Laterza, Bari.
10
Nell’epoca augustea si assistette invece ad un cambiamento, i rapporti
pederastici persero quel carattere di brutalità e sopraffazione sociale e
sessuale e acquisirono caratteri più morbidi e gentili di amori romantici
che avevano come oggetto questa volta anche ragazzi liberi secondo il
modello greco che aveva influenzato tanto la cultura romana.
In una nota aggiuntiva ai Tre saggi sulla teoria sessuale (1905), Freud
sottolinea che:
La differenza più incisiva tra la vita amorosa del mondo antico e quella
nostra risiede nel fatto che l’antichità sottolineava la pulsione, noi
invece sottolineiamo il suo oggetto. Gli antichi esaltavano la pulsione ed
erano disposti a nobilitare con essa anche un oggetto inferiore, mentre
noi stimiamo poco l’attività pulsionale di per sé e la giustifichiamo
soltanto per le qualità eminenti dell’oggetto
9
.
9
Freud S., 1905, “Tre saggi sulla teoria sessuale”, In Opere, vol. 4, Boringhieri, Torino.
11
1.3. La pedofilia nel Medioevo
Questo periodo storico è fortemente imperniato sul dualismo innocenza-
colpevolezza, oggetto costante della tematica cristiana fin dai primi
secoli. Questo dualismo fu alla base dell’etica pedagogica medioevale,
divisa fra il considerare l’infanzia desessualizzata e il ritenerla incline a
qualsiasi genere di vizio.
Negli scritti dei Padri della Chiesa la parola fanciullo designava il luogo
dell’imperfezione e, secondo Sant’Agostino, le debolezze infantili, come
gelosia, egoismo, avidità, prepotenza erano la prova vincente
dell’esistenza del peccato originale
10
. Nel Medioevo, dunque, più che
mai, l’infanzia era una mancanza , un non essere, un’anormalità.
Per DeMause, la storia dell’infanzia è un terribile incubo dal quale solo
di recente abbiamo cominciato a destarci
11
. Basso, troppo basso appare
il grado di attenzione per il bambino in questo scorcio storico, è a lui che
spesso spetta la sorte di venire abbandonato, assassinato, picchiato,
terrorizzato e abusato sessualmente. Sempre DeMause sostiene che:
L’utilizzazione dei bambini come capri espiatori per alleviare il
conflitto interno individuale fu la strada per mantenere la nostra
omeostasi psicologica collettiva. Coloro che osarono opporsi a questa
10
Becchi E., 1994, “I bambini nella storia”, Laterza, Roma-Bari.
11
DeMause L., (a cura di),1974, “Storia dell’infanziz”, trad. it. Emme, Milano, 1983.
12
fantasia collettiva corsero il rischio di essere dichiarati sacrileghi e
considerati perturbatori della pace mondiale.
Agghiaccianti documentazioni confermano come il fanciullo medioevale
fosse poco difeso, non riconosciuto nella sua individualità e nei suoi
bisogni specifici, costretto di volta in volta nel ruolo di vittima ma anche
di protagonista di una violenza diffusa. Eveline Hasler ha rintracciato le
fonti che documentano episodi di bambini, che, ritenuti posseduti dal
demonio, vennero torturati e bruciati vivi affinché potessero espiare le
loro colpe
12
. Questi bambini non furono altro che i capri espiatori su cui
sfogare libidini, risentimenti politico-religiosi, superstizioni e paure di
un’intera comunità. Pertanto l’abuso sessuale sul bambino non assume
un grande significato di riprovazione sociale, in quanto è proprio il
sentimento dell’infanzia che risulta fortemente carente in questo periodo
storico
13
.
Il ritrovamento di numerosi contratti risalenti al XIII secolo relativi
all’affitto di bambini a padroni, prova quanto fosse diffusa l’usanza di un
apprendistato in casa di estranei, dove normalmente si stabiliva una sorta
di promiscuità relazionale che sfociava in una promiscuità sessuale tra
adulti e bambini. E’ una realtà questa ultima vissuta anche da molti
apprendisti-fanciulli come “garzoni”o “discepoli” nelle botteghe di
“adulti” maestri
14
.
12
Hasler E., 1997, “La strega bambina”, trad. it. Longanesi, Milano 1999.
13
Ariès Ph., 1960, “Padri e figli nell’Europa medioevale e moderna, trad. it. Laterza, Roma-Bari 1994.
14
Burke P., 1979, “L’artista: momenti e aspetti” in “L’artista e il pubblico, Storia dell’arte italiana, vol. 2,
Einaudi, Torino.
13
Al di là dell’ extraterritorialità etica presente nelle botteghe d’arte, vi
sono segnalazioni in letteratura di una pedofilia meno sublimata e meno
investita, secondo cui anche le strade di molte cittadine del XIV secolo
pullulavano di ragazzini e ragazzine che vendevano il loro corpo
15
.
Come conferma Aguglia, una delle differenze tra i comportamenti
pedofili dell’antichità e quelli dal Medioevo in poi risiede nella variabile
denaro che bene si inserisce via via nel contesto socioeconomico di un
Occidente sempre più ricco e industrializzato da un lato e che, dall’altro,
attecchirà nel resto del mondo “affamato” che di quel denaro avrà
sempre più bisogno
16
.
1.4. La pedofilia nell’età moderna e contemporanea
Vi è in questi secoli un’alternarsi di ondate repressive e ondate di
maggiore tolleranza nei confronti della sessualità in generale: all’inizio
del XVI secolo lo scoppio di una epidemia di sifilide portò ad un periodo
di severità e condanna nei confronti del sesso, nei secoli successivi tutto
cambiò nuovamente, essendoci addirittura la fioritura e la diffusione di
una forma di letteratura erotica
17
. In Francia pubblica i suoi primi
romanzi il marchese de Sade che diede il suo nome alla perversione
sessuale conosciuta come sadismo. Questa ondata di maggiore
15
Giallongo A., 1990, “Il bambino medioevale”, Dedalo, Bari.
16
Aguglia E., Riolo A., 1999, “La pedofilia nell’ottica psichiatrica”, Il Pensiero Scientifico Editore,
Roma.
17
Stone L., 1995, “La sessualità nella storia”, Laterza, Bari.
14
dissolutezza nei costumi prosegue in Italia con le mémoires scritte da
Casanova, il quale descrive anche rapporti intrattenuti con un gran
numero di minorenni di entrambi i sessi.
L’età vittoriana e il diffondersi del pensiero romantico portarono ad una
rinnovata tendenza alla continenza sessuale ed all’ascetismo. Tuttavia
tale tendenza riguardò più la donna, vista nel primo caso come angelo
del focolaio e nel secondo come entità troppo pura per essere
contaminata dal desiderio sessuale, che l’uomo, il quale in un certo senso
si sentì legittimato a sfogare altrove i suoi istinti. Fiorì così come non
mai la prostituzione e con essa una nuova ondata di sifilide e gonorrea. Il
terrore del contagio di queste malattie, verso le quali la medicina era
impotente, portò a conseguenze ancora più infelici, da un lato la
crescente richiesta di prostitute vergini, dall’altro la fantasia secondo la
quale il rapporto sessuale praticato con una vergine risanava la sifilide.
Man mano che il secolo avanzava aumentava anche la domanda di
prostituzione infantile
18
.Nel 1658, Mandelso riferisce di casi di bambine
violentate di dieci, otto e addirittura sei anni. Tardieu descrive una Parigi
del 1800 infestata dalla prostituzione minorile e nel 1865 a Londra viene
fondata l’Home of Leytonstone che accoglie fanciulli di entrambi i sessi
affetti da malattie veneree
19
. Sempre in questo periodo, un circolo di
poeti inglesi, noti con il nome di “uraniani”, attuavano la pederastia in
nome della tradizione greca.
18
Tannahil R., 1985, “Storia dei costumi sessuali”, Rizzoli, Milano.
19
Cunnigham H., 1997, “Storia dell’infanzia XVI-XX secolo”, Il Mulino, Bologna.
15
1.5. La pedofilia nella mitologia
I miti, contenitori narrativi di fantasie universali e di angosce
primordiali, fra cui anche quelle pedofile, hanno rivestito un
fondamentale ruolo, evitando la concretizzazione delle fantasie più
violente in azioni distruttive e fungendo così da profilassi sociale per il
tessuto connettivo della comunità.
I motivi ricorrenti delle storie mitologiche offrono un’immagine del
bambino solo e abbandonato, solitamente perché un oracolo ne ha
salutato la nascita con presagi infausti per lui o per la sua famiglia; così è
la storia di Edipo, abbandonato in fasce sul Monte Citerone
20
. Il
bambino solo e abbandonato rappresenta la solitudine dell’elemento
primordiale: è il mondo alla sua nascita; nel fanciullo si riflette
l’immagine dell’infanzia dell’umanità. Qualora il fanciullo divino
dovesse sopravvivere ai pericoli straordinari e crudeli, come Zeus o
risorgere come Dionisio, allora diventa un eroe
21
.
La pedofilia/pederastia è rappresentata in diversi miti nei quali si
possono osservare diverse modalità di relazione pedofila: quella
antropofagico-incorporativa, più antica, come il mito di Pelope
22
, quella
20
Rank O., 1905, “Il mito della nascita degli eroi”, trad. it. Libreria Psicoanalitica Internazionale, Nocera
Superiore 1921.
21
Pitto C., Schinaia C., 2001, “Mito e pedofilia”, in Schinaia 2001.
22
Pelope era figlio di Tantalo, re della Lidia. Tantalo per ringraziare gli dei dell’invito alla loro tavola,
offrì nel piatto le carni del figlioletto Pelope, fatto a pezzi e cucinato per loro. Gli dei quando se ne
accorsero furono orripilatati da tanta crudeltà, e la reazione fu furiosa ma anche riparatrice: ridiedero la
vita a Pelope e condannarono Tantalo alla fame e alla sete eterne. Pelope crebbe in un uomo potentissimo
e feroce tanto da uccidere e fare a pezzi Stinfalo, re dell’Arcadia, riproducendo lo stesso atto violento
subito dal padre. ( Ferrari A., 1999, “Dizionario di mitologia greca e latina”, UTET, Torino ). Si evince
da questa storia come la violenza subita nell’infanzia diventa violenza agita nella maturità, come sembra
avvenire nei bambini abusati sessualmente, che spesso da adulti si trasformano in abusanti di bambini.