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Gli esteti dello Jung-Wien furono tra i più assidui frequentatori
del caffè, il quale divenne un ideale laboratorio creativo: qui
poterono prender forma e si affermarono le nuove idee del
“Moderno”.
6
Capitolo I
Il mondo di ieri
1.1 L’atmosfera viennese del fin de siècle
“Una pena selvaggia attraversa questo tempo e il dolore non è
più sopportabile. Il grido verso il Salvatore è comune e i
crocefissi sono dappertutto. È il mondo pervaso dalla grande
Morte?”
1
Alla fine del diciannovesimo secolo la monarchia austro-
ungarica comprendeva territori molto vasti, che costituivano
un impero nel quale vari e diversi popoli convivevano insieme.
Una situazione che portò gradatamente al crearsi di tensioni
nazionali, economiche e sociali, che nel corso del tempo
condussero a gravi crisi, indebolendo fortemente l’unione
dello stato plurinazionale. Solamente la figura simbolica
dell’imperatore Francesco Giuseppe e il tradizionale apparato
amministrativo poterono ancora tenere unito l’impero.
Francesco Giuseppe godeva di grossa stima da parte degli
intellettuali e poeti dell’epoca, i quali rimpiansero dopo la
scomparsa degli Asburgo, quel mondo saldo e sicuro ancorato
1
“Es geht eine wilde Pein durch diese Zeit und der Schmerz ist nicht mehr erträglich. Der
Schrei nach dem Heiland ist gemein und Gekreuzigte sind überall. Ist es das große
Sterben, das über die Welt gekommen?”. Hermann Bahr, Die Moderne, da Die Wiener
Moderne, Literatur, Kunst und Musik zwischen 1890 und 1910. Reclam, Stuttgart 1981,
pag. 189
7
ai vecchi valori, dando vita al cosiddetto mito asburgico. Nella
loro attività poetica è un elemento caratteristico la
rievocazione nostalgica della Kakania.
2
Tipica ed idealizzata è la descrizione della civiltà danubiana
fatta da Stefan Zweig nella sua opera autobiografica Il mondo
di ieri, influenzata da quest’humus culturale:
“Se tento di trovare una formula comoda per definire quel
tempo che precedette la prima guerra mondiale, il tempo in cui
son cresciuto, credo di essere il più conciso possibile dicendo:
fu l’età d’oro della sicurezza. Nella nostra monarchia austriaca
quasi millenaria tutto pareva duraturo e lo stato medesimo
appariva il garante supremo di tale continuità. […] Tutto aveva
una sua norma, un peso e una misura precisi. […] Tutto nel
vasto impero appariva saldo e inamovibile e al posto più alto
stava il sovrano vegliardo. […] Nessuno credeva a guerre, a
rivoluzioni e sconvolgimenti. Ogni atto radicale, ogni violenza
apparivano ormai impossibili nell’età della ragione. Questo
senso di sicurezza era il possesso più ambito, l’ideale comune
di milioni e milioni”.
3
2
“Ka und Ka”: “Imperiale e Regio” (R. Musil, Der Mann ohne Eigenschaften, vol. I,
1931; trad. it. di A. Rho, L’uomo senza qualità, vol. I, Einaudi, Torino 1957, p. 34).
3
Stefan Zweig, Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo. (1944), trad. di L. Mazzucchetti,
Mondatori, Milano 1994, pp. 9-10.
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La saggezza asburgica era riassunta nella massima queta non
movere e nel fortwursteln ossia del tirare a campare. Una
strategia politica basata sull’immobilismo, che fu gestita con
astuzia dagli alti funzionari, ma che nascondeva profonde crisi
d’identità politica, minata da un gran numero di correnti
ideologiche disgreganti. In Austria, infatti, la popolazione di
lingua tedesca, politicamente dominante, era numericamente
inferiore rispetto alle presunte minoranze etniche.
Questa politica fu portata avanti per l’intero ultimo secolo di
vita dell’impero, che comprese quell’arco di tempo che va dal
Congresso di Vienna del 1815, fino al 28 giugno 1914, giorno
dell’attentato di Sarajevo, che causò la morte dell’erede al
trono asburgico Francesco Ferdinando e di sua moglie. Da qui
iniziò lo sgretolamento della compagine austro-ungarica.
Kraus sostenne in maniera profetica che l’Austria-Ungheria
sarebbe diventata un “laboratorio sperimentale della fine del
mondo”.
4
La metafora krausiana rivela il contrasto e le
contraddizioni creatisi all’interno della civiltà artistica e
intellettuale viennese rivolta verso la modernità, ma allo stesso
tempo ancorata al passato:
“Vienna è il mondo di ieri dell’ovattata atmosfera della
sicurezza sociale, dalle certezze culturali e dall’aristocratica
eleganza e insieme è l’officina dello sperimentalismo,
4
“Die Fackel”, 400-403, 1914, pag. 2. Da: Edward Timms, La Vienna di Karl Kraus, trad.
di Giovanni Arganese e Marco Cupellari, Il Mulino, Bologna 1989, pag. 21.
9
dell’avanguardia intellettuale radicalmente impegnata ad aprire
nuove frontiere all’antropologia con la scoperta dell’uomo
freudiano e con l’intuizione, mediata dal solitario percorso
filosofico di Wittgenstein, dell’alea linguistica”.
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Vienna, centro dell’Europa, punto nevralgico tra oriente e
occidente era crocevia di differenti culture, che si
intrecciavano dando vita ad un grande ed importante centro
culturale cosmopolita, da cui si irradiavano nuove idee, stili di
vita e correnti spirituali: senso dell’arte e compiacenza
estetica, l’amore per il teatro e la musica permeavano la
cosiddetta buona società.
“Non vi era forse città europea in cui quest’aspirazione alla
cultura fosse appassionata come a Vienna”.
6
Il fine secolo fu caratterizzato da un’incredibile fioritura in
tutte le arti; peculiare fu l’influenza dell’atmosfera decadente e
di disfacimento che creò la sensazione di un’apocalisse
immanente, addolcita dall’arte decorativa dello Jugendstil,
quasi a voler celare l’ineluttabile.
Era la crisi di una società, soprattutto quella di una classe
sociale in particolare: la borghesia e del suo pensiero liberale.
5
Marino Freschi, La Vienna di fine secolo, Editori Riuniti, Roma 2000, pag. 23.
6
Stefan Zweig, Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo, trad. di Lavinia Mazzucchetti,
Oscar Mondatori, Milano 1946, pag. 17.
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L’epoca del Wert-Vacuum, così definita da Hermann Broch; si
viveva nell’incertezza. L’abbellita facciata della Ringstraße,
simbolo della vita e del cerimoniale aristocratico-borghese
viennese iniziava a lacerarsi.
“Danzavano sull’abisso, gli austriaci della morente Vienna
imperiale, scivolando nella rovina di un mondo che si sfaldava
e che non sapeva più offrire né stabilità né armonia”.
7
Fu questo il clima da cui prese vita e si sviluppò una nuova
letteratura.
7
Nicoletta Dacrema, Le arti a confronto- Cabaret e letteratura nella Vienna dell’ultimo
Ottocento, Marietti 1820, Genova-Milano 2003, pag. 28.
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1.2 Das Jung-Wien. Una nuova letteratura per una nuova
generazione
Di grande importanza per la letteratura austriaca della
Jahrhundertwende fu il gruppo dello Jung-Wien, che
rappresentò una svolta notevole nello sviluppo letterario
dell’epoca.
Il punto di partenza dell’intero movimento fu inizialmente una
reazione alla contemporanea situazione politica. Nel 1882
Hermann Bahr scriveva che il liberalismo era ormai concluso e
aveva inizio una nuova epoca, in cui avrebbe avuto luogo il
cambiamento portato avanti dallo Jung-Wien. La cultura ne era
il punto principale, innanzitutto come arte, poi come
conoscenza ed infine come “innalzamento dell’individuo”. In
questa concezione giocarono un ruolo fondamentale le
Considerazioni inattuali di Nietzsche, secondo il quale era
giunto il tempo di tentare il nuovo e aderire alle nuove
circostanze:
“Formate in voi un’immagine a cui il futuro debba
corrispondere, e dimenticate la superstizione di essere
epigoni!”
8
A questi giovani scrittori era già chiaro il bisogno di creare una
nuova letteratura. Durante il suo soggiorno parigino, Bahr
8
Friedrich Nietzsche, Considerazioni inattuali, I-III, versione di Sossio Giametta,
Adelphi, Milano 1976, pag. 312.
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ebbe l’invito da parte dell’allora sconosciuto E. M. Kafka, di
“fondare con lui una letteratura in Austria”.
La situazione di svolta dei tempi, le richieste di Nietzsche e la
proposta di Kafka condussero Bahr ad intraprendere la guida
della nuova generazione e con i giovani “iniziati alla vita”, tra
il 1880 e il 1890, diede avvio alla formazione dello Jung-Wien,
denominato anche Jung-Österreich. Questa espressione però
fu posteriore alla costituzione del gruppo. Gli Jung-Wiener,
infatti, inizialmente non si presentarono come tali.
“Si parla molto adesso di uno Jung-Österrreich. Saranno circa
tre, quattro anni, da quando fu inventata la parola per
denominare, un gruppo, forse una scuola di giovani per la
maggiorparte letterati viennesi. […] La folla non sa certamente
i loro nomi perché i giornali su loro tacciono. […]”.
9
Questa fu la descrizione fatta da Hermann Bahr nel 1894. La
stessa definizione si ritrova più volte anche negli
Aufzeichnungen (Diari) di Arthur Schnitzler e, col tempo, sarà
sempre più utilizzata.
La lista di scrittori, che si firmavano sotto la designazione di
Jung-Wien o Jung-Österreich è lunga. Accanto al ristretto
9
“Man redet jetzt viel von einem jungen Österreich. Es mag etwa drei, vier Jahren sein,
dass das Wort erfunden wurde, um eine Gruppe, vielleicht eine Schule von jungen,
meist Wiener Literaten zu nennen. […] Die Menge weiß freilich ihren Namen nicht,
weil die Zeitungen von ihnen schweigen. […]”. Hermann Bahr, Das Jung-Österreich,
da Die Wiener Moderne. Literatur, Kunst und Musik zwischen 1890 und 1910, Reclam,
Stuttgart 1981, pag. 287.
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gruppo degli autori “protetti” da Bahr, Schnitzler, Beer-
Hofmann, Salten e Hofmannsthal, si trovano anche Ferry
Bératon, Felix Dörmann, Leo Ebermann, Karl Federn,
Friedrich Michael Fels, Paul Goldmann, Jacques Joachim,
Eduard Michael Kafka, C. Karlweis, Heinrich von Korff,
Julius Kulka, Rudolph Lothar, Friedich Schik, Gustav
Schwarzkopf, Falk Schupp, Karl Ferdinand Freiherr von
Torresani e Leo Vanjung.
Evidente divenne anche l’analogia del concetto Jung-
Österreich/ Jung-Wien con quello di Jungberlin e Jüngstes-
Deutschland, ma Bahr subito si distanziò dal movimento
tedesco, anzi vi si oppose in maniera antitetica, dichiarando “il
superamento del naturalismo” al quale i tedeschi aderivano.
La letteratura in Austria doveva per prima cosa essere
indipendente. Ciò che differenziava maggiormente i due
gruppi, era che gli austriaci non rifiutavano così strettamente
come i tedeschi la loro eredità letteraria. I tedeschi odiavano il
loro passato. Questa diversità con la Germania era vista da
Bahr come uno stimolo per la letteratura austriaca. Egli cercò,
infatti, di “trasformare” la rivalità tra Austria e Germania per
aiutare l’indipendenza della letteratura austriaca da quella
tedesca. Ogni paese doveva conservare la sua specificità, ma le
relazioni con gli altri paesi furono considerate positive ed
istruttive.
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Nel complesso i giovani austriaci pensavano in maniera
cosmopolita.
“Perciò il confronto dello Jung-Österreich con lo Jüngstes-
Deutschland non ha nessun sostegno, nessun appoggio, nessun
diritto. Si potrebbe tutt’al più notare che entrambi aspirano allo
stesso modello. E’ spesso detto che essi copino i parigini e non
si può negare che essi ricordino volentieri i loro maestri
francesi. […] Nel momento in cui i berlinesi si decisero
improvvisamente dal nulla a creare una letteratura,
procedettero semplicemente: la presero da Parigi”.
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Hermann Bahr, denominato da Peter Mendelssohn
l’“organizzatore della letteratura austriaca”, era ben cosciente
del suo ruolo di guida dello Jung-Wien; in una lettera al padre
del 14 agosto 1894 scrisse:
“Sulla mia posizione letteraria sembri proprio sbagliarti. Io
non parlo della mia gloria e fama. E’ indiscusso il fatto, che io
sono dell’intera giovane generazione in Austria, il primo,
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“So hat der Vergleich des jungen Österreich mit dem jüngsten Deutschland keine
Stütze, keinen Halt, kein Recht. Man könnte höchstens bemerken, dass beide nach dem
gleichen Muster streben. Es wird oft gesagt, dass sie die Pariser copieren, und man kann
nicht leugnen, dass sie gern an die französische Meister erinnern. […]. Als die Berliner
sich plötzlich entschlossen, aus Nichts eine Literatur zu schaffen, verfuhren sie einfach:
sie holten sie aus Paris”. Hermann Bahr, Das Jung-Österreich, da Die Wiener Moderne.
Literatur, Kunst und Musik zwischen 1890 und 1910, Reclam, Stuttgart 1981, pag. 291.