VI
sia tanto importante per noi giovani e, soprattutto, perchè tanti
giovani abbiano bisogno dell’ecstasy per entrare in sinergia con
la discoteca stessa e i suoi fruitori. Seguono delle proposte di
prevenzione e un mio modestissimo contributo a tutto ciò. Spero
veramente che noi tutti riusciremo ad avvertire la gravità di
quanto sta accadendo per poterci dare una mano, perchè spesso,
dove non arrivano le istituzioni, e qui sicuramente non sono
arrivate, possiamo arrivare noi giovani in un dialogo tollerante e
comunque arricchente.
VII
METODOLOGIA DI LAVORO
La decisione di iscrivermi al corso di laurea in Scienze
dell’Educazione è scaturita quattro anni fa da una mia precisa
volontà di trovare un inserimento lavorativo nel campo delle
tossicodipendenze o, quanto meno, di potere entrare in contatto
con materie di carattere più specificatamente sociale, pedagogico
e psicologico per avere una certa conoscenza, seppure solo
teorica, del settore in questione. Devo dire che, tra i tanti corsi
che ho seguito, solo in rare circostanze ho sentito parlare del
“problema tossicodipendenza” e, in questo senso, talvolta mi
sono anche chiesta fino a che punto questo corso di laurea
offrisse reali strumenti operativi per entrare a conoscenza, dal
punto di vista scolastico, dei meccanismi che governano questo
delicato settore. L’esperienza del tirocinio mi ha visto entrare in
una Comunità Terapeutica Semiresidenziale e qui ho potuto,
giorno dopo giorno, per un totale di ore superiori alle 400,
rendermi conto di come tante volte nelle aule universitarie non
c’era stato bisogno di parlare specificatamente del problema
VIII
tossicodipendenza in quanto quelle stesse normali “regole” di
cui si parlava per lo più rivolgendosi all’ “universo bambino” o
all’ “universo anziano” erano riconducibili anche a questo
settore. Mi rivolgo, ad esempio, a quanto ha a che vedere con il
non coinvolgimento emotivo dell’educatore sul vissuto
dell’educando, al non avere delle aspettative, all’ascoltare in
luogo del parlare, al sapere mettere in dubbio sè stessi, all’andare
in crisi, ecc. ecc.
L’esperienza nella Comunità dei Giovani, sotto la tutela di
Federico Della Corte e la supervisione di Alberto Agosti, è stata
per me altamente gratificante e con ciò non voglio certo dire che
sia stata priva di momenti “pesanti” o difficili da vivere, ma che,
soprattutto a distanza di tempo, mi rendo conto di quanto essa sia
stata utile nel mio percorso formativo e non posso che auspicare
che, con il tempo, ci siano delle normative più chiare riguardo
questo importante momento degli studi di quanto lo siano state
quando io mi ci sono apprestata. Sarebbe anche, a parere mio,
molto importante che ci fosse una migliore scansione riguardo il
numero stesso delle ore, magari con una suddivisione delle stesse
già a partire dal secondo anno. Un altro appunto riguarda
l’importanza di fare esperienze diverse di tirocinio: io ho svolto
interamente il mio lavoro nella medesima struttura ma non posso
IX
certo negare che sarebbe stato molto importante per me se avessi
avuto un termine di paragone con realtà differenti. Nel periodo
in cui ero impegnata in questo tirocinio, mi è stato proposto di
lavorare durante i week-ends in una discoteca veronese. come
cameriera, o meglio, come “raccattabicchieri” in quanto il
compito mio e delle altre ragazze consisteva più che altro nel
raccogliere i bicchieri e le bottiglie sparse in giro al locale perchè
la gente non rischiasse di tagliarsi e per rifornire i bar di nuovi
bicchieri. Ho accettato questa proposta di lavoro sapendo bene
che tipo di situazioni avrei trovato in questa discoteca. E’ qui
dentro, in questo locale, che ho avvertito un’enorme voglia di
potere fare qualcosa per tutti quei ragazzini che ingoiano
pastiglie, pastiglie e pastiglie ancora in nome del divertimento.
L’odore del popper dovunque, l’alcool, i corpi scatenati al suono
di una musica martellante, il delirio di fronte al d.j. quasi
idolatrato, i discorsi delle ragazzine nei bagni, i vestiti cortissimi,
gli occhi sbarrati, le mascelle impazzite, la polizia in borghese, le
mani di una persona nella bocca di un’altra. Tutto ciò mi ha
veramente colpita. Sono rimasta impressionata e mi sono
veramente chiesta dove sta andando questo mondo. Ho parlato
con tanti di questi ragazzi, tra di loro ho trovato alcuni dei miei
amici, o degli amici di qualche conoscente. E mi sono resa conto
X
che l’ecstasy ha una forza enorme e dirompente. Chiunque la ha
provata. Chiunque se la trovi in mano non la butta via. Magari
tanti non la vanno a cercare, ma se gli capita non la rifiutano.
Mai. L’ecstasy non è considerata una droga da chi la utilizza. E’
un surplus, qualcosa che ti dà un bonus in più per la serata da
trascorrere. Non è come prendere un acido, che il giorno dopo sei
talmente depresso che ti toglieresti la vita, l’ecstasy ti fa divertire.
E devi solo ingoiarla, come una normalissima medicina contro
qualche nevralgia. Ma ogni volta, durante la serata, alla fine della
serata, a volte prima ancora che la serata cominci, vedi qualcuno
che sta male. Solitamente sono quelle persone che ne hanno
abusato, che hanno fatto uso di altre sostanze, che avevano
bisogno di un qualcosa in più per sentire ancora quell’energia
particolare delle prime volte dentro di loro. “Quando cominci a
usare l’ecstasy ti piace, e se continui ad usarla ti piace sempre di
più, poi però arrivi ad un punto in cui, se sei fortunato, ti accorgi
che tu non sei più tu, che tutto è regolato da quelle pastigliette. E
ti accorgi che stai male. Che hai paura, che hai in testa delle
paranoie maledette.” Questo è una parte di ciò che mi ha detto
un ragazzo da me conosciuto nel locale e reincontrato in altre
circostanze. Un ragazzo, tutto sommato, fortunato perchè si è
accorto che qualcosa nella sua testa cominciava a non funzionare
XI
più bene e ha trovato la forza per mollare tutto ciò che riguarda il
discorso pastiglie e stupefacenti in genere. C’è qualcuno di più
fortunato, che non ha bisogno di arrivare a stare male per capire
che c’è qualcosa che non funziona dentro di sè. C’è qualcuno di
più sfortunato, che rischia la vita, e a volte la perde...
Ho quindi deciso di muovermi in questa direzione, ho parlato
del problema in questione con i ragazzi della Comunità e mi sono
proprio resa conto che il mondo dell’ecstasy è un mondo
completamente diverso dal mondo dell’eroina. Mi sono messa in
contatto con il prof. Fabrizio Schifano, farmacologo del Ser. T. di
Padova e da lui ho cominciato ad avere i primi materiali riguardo
questa droga sintetica. Ho assistito ad alcune sue lezioni e ho
fatto tesoro di quanto egli mi diceva, sia dal punto medico, che
viene in
questa tesi trattato in modo molto generico, sia dal punto sociale
e psicologico, dato a me molto più pertinente. C’è stata quindi
una collaborazione tra il Ser. T. di Padova e Match Music di
Verona ai fini di una prevenzione nelle scuole e nella televisione
e quindi, tramite Match Music, ho potuto contattare persone del
mondo della discoteca da cui avere testimonianze dirette, e altre
personalità impegnate nella battaglia contro l’ecstasy. Questo
mio studio si è spesso scontrato con la difficoltà di reperire
XII
notizie valide ed utili al mio lavoro ma, al termine, penso di
essere in qualche modo riuscita a tracciare un quadro quanto più
possibile rispecchiante la realtà di questo fenomeno. Avrei voluto
essere stata in grado di definire meglio il ruolo della società in
tutto ciò, ma, a volte, è molto difficile descrivere un fenomeno
che nella propria mente è molto chiaro se non si ha a disposizione
un materiale bibliografico esaustivo di ciò di cui si intende
parlare. Ritengo di avere sfruttato al meglio il materiale che ho
avuto a disposizione e spero che sempre più istituzioni si
facciano carico di questo problema affinchè questa possa essere
la prima ed ultima “generazione in ecstasy”.
XIII
NORME RELATIVE ALLE ATTIVITA’ DELLE DISCOTECHE, DELLE
SALE DA BALLO E DI INTRATTENIMENTO E DEI LOCALI
NOTTURNI
Testo unificato dei disegni di legge NN. 398/872
ART.1
1. Le discoteche, le sale da ballo e i locali di intrattenimento notturno, anche annessi
alle strutture ricettive di cui all’articolo 6 della legge 17 maggio 1983, n. 217,
possono aprire dalle ore 15 e chiudono entro le ore 3.
2. I locali di cui al comma 1 non possono aprire dopo le ore 23.
3. L’orario di chiusura dei locali di cui al comma 1 può essere protratto di un’ora nel
periodo compreso tra il 1° giugno e il 30 settembre, tra il 23 dicembre e il 6 gennaio,
nella settimana di pasqua e nel giorno della festa patronale del comune.
4. Il 1° gennaio, l’ultimo Giovedì, Sabato e Martedì di carnevale non è prescritto alcun
limite di orario.
5. Gli orari di cui ai commi precedenti debbono essere osservati, in occasioni di
intrattenimenti musicali o danzanti anche dai circoli privati e dalle associazioni a
carattere culturale, ricreativo e sportivo nonchè dai pubblici esercizi che esercitano
prevalentemente l’attività di somministrazione di bevande e alimenti.
ART.2
1. Nei locali di cui all’articolo 1:
a) i suoni al di fuori della pista da ballo emessi dai diffusori acustici nei locali non
possono eccedere il limite di novanta decibel, restando comunque salve le vigenti
norme che disciplinano la numerosità rilevabile all’esterno dei locali,
b) le luci stroboscopiche possono essere attivate per più di cinque minuti ogni trenta
minuti.
XIV
ART.3
1. Nell’ultima ora di apertura dei locali dei cui all’articolo 1:
a) i limiti di rumorosità di cui al Capo IV del decreto legislativo n. 277 del 1991 si
applicano anche nell’area della pista da ballo,
b) è vietato l’uso di luci a intermittenza.
2. Nelle ultime due ore di apertura dei locali di cui all’ articolo 1 è vietata la
somministrazione di bevande alcooliche e superalcooliche.
ART.4
1. Nei casi di inosservanza delle norme di apertura e di chiusura di cui all’articolo 1
viene
comminata la sanzione pecuniaria di lire 5 milioni. Alla seconda violazione la
sanzione
è elevata a 10 milioni. Alla terza violazione verrà disposta la chiusura
dell’esercizio
per 30 giorni. Sempre con trenta giorni di chiusura verranno punite le violazioni
successive.
2. Nei casi di inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 2 e 3 sono
comminate le sanzioni pecuniarie di lire 2 milioni, 4 milioni e 6 milioni
rispettivamente
alla prima, alla seconda e alla terza violazione. A ciascuna violazione successiva
si
applica una sanzione pecuniaria di lire 10 milioni.
ART.5
1. Le regioni adeguano le proprie norme alle disposizioni della presente legge entro tre
mesi dalla data della sua entrata in vigore.
XV
ART.6
1. La presente legge entra in vigore dal giorno della sua pubblicazione sulla Gazzetta
ufficiale della Repubblica italiana.
1
CAP.1: LA STORIA DELL’ECSTASY
1. COS’E’ L’ECSTASY
L’ecstasy in chimica si chiama Mdma o, per dare il nome più
completo, “3,4 metildiossi-N-metilanfetamina”. Per un chimico il
nome descrive la composizione della molecola. La parola “metil” può
essere abbreviata in “met” e la lettera “N” e i numeri “3,4” omessi,
facendo così rimanere il termine più comune
“MetileneDiossiMetilAnfetamina”. Nello stesso modo, le iniziali
possono essere ridotte a MDMA. Il contenuto medio di Mdma in una
compressa di ecstasy varia, in media, tra 75-150 mg. Alcune volte, in
una pasticca, sono contenute altre sostanze. Dal punto di vista
strutturale, l’Mdma ha le caratteristiche sia dell’anfetamina che della
mescalina, che è un allucinogeno e costituisce la molecola più nota di
un insieme di sostanze dette “entactogene” (o anche “empatogene”)
per la loro azione farmacologica
2
2. LA STORIA DELL’ECSTASY
L’ Mdma, cioè la metilendiossimentanfetamina, viene sintetizzata
per la prima volta nei laboratori della compagnia tedesca Merk. Voci
popolari vogliono che essa sia stata brevettata come pillola
dimagrante. Ad ogni modo, il brevetto non indicava nessun uso
specifico per questa sostanza. Ritornò ad essere usata nel 1953
quando l’esercito americano provò una serie di droghe per
applicazioni militari e, di nuovo, dicerie vogliono che sia stata testata
quale siero della verità, ma non esiste alcun tipo di prova in merito.
Sembra anche che essa venne somministrata ai soldati durante la
prima guerra mondiale perché non sentissero la fame e la fatica.
Alexander Shulgin , dopo avere conseguito una laurea in
biochimica all’università di Berkeley in California, trovò lavoro in una
compagnia chimica come ricercatore e inventò un insetticida assai
redditizio. Di qui il via libera verso un laboratorio personale e la
decisione di studiare le droghe psichedeliche. Le sostanze da lui
analizzate venivano testate sui pesci combattenti e subito egli si trovò
di fronte al non indifferente problema di avere dei pesci come cavie. Il
problema venne da lui risolto con l’espressione “ingoiare ed
aspettare”.
1
1
Nicholas Saunders “E come ecstasy”, Feltrinelli, Milano, 1995
3
Evidente che la compagnia presso la quale egli lavorava fu
imbarazzata nel ritrovarsi proprietaria di brevetti di alcune popolari
droghe di strada e, così, il “patrigno” dell’ecstasy, così egli voleva
definirsi, venne educatamente allontanato.
Continua comunque a sperimentare queste droghe su di sé e su un
gruppo selezionato di amici e sembra che le sue ricerche fossero
appoggiate completamente dal governo americano. L’Mdma è solo
una delle 179 sostanze psicoattive che egli descrive in dettaglio e,
nonostante i suoi effetti di breve durata, è quella che più si avvicina al
suo desiderio di scoprire un farmaco terapeutico. Uno dei tanti
sperimentatori di questa sostanza fu un vecchio amico psicoterapeuta
di Shulgin, Leo Zeff. Opinione comune di questi psicoterapeuti era
che non si poteva prescrivere una sostanza psicoattiva ad un’altra
persona senza essere pienamente consapevoli degli effetti di essa
sostanza sulla propria mente. Si svilupparono piccoli gruppi o équipe
di professionisti e l’informazione e le tecniche riguardo questa
sostanza si sparsero a livello internazionale. Queste persone
riconoscevano di trovarsi di fronte ad un nuovo ed importante
strumento e uno di loro disse: “L’Mdma è penicillina per l’anima e,
una volta visto quel che la penicillina fa, non smetti di prescriverla”
2
.
2
Saunders N., op. cit., p. 29
4
Essi sapevano benissimo che l’Mdma era diventata una droga
popolare e intuivano che il suo destino sarebbe stato quello dell’LSD
con la conseguente criminalizzazione da parte del governo
statunitense. Per questo motivo decisero di continuare a svolgere le
ricerche su quello che loro volevano diventasse un importante farmaco
terapeutico in modo il più possibile informale. La cosa sembra essere
riuscita abbastanza bene visto che l’allarme ecstasy nota come “droga”
scoppiò solo nel 1985.
A questo punto potremmo chiederci come mai, se l’Mdma è così
importante a livello terapeutico, non è mai stata commercializzata da
nessuna compagnia farmaceutica e l’unica risposta che pare essere
plausibile è che l’ecstasy “fa male”. L’ecstasy permette a chi ne fa uso
di essere un altro, di essere come si vorrebbe essere e cioè brillante,
attivo, seduttivo, capace, sciolto, disinibito. Sembra quasi diventare un
“integratore di energie”
3
, tanto che c’è anche chi la definisce “una
vitamina per il sentimento”
4
ma, in realtà, è una sostanza molto
pericolosa e incombe come una spada di Damocle su chi la usa per il
rischio della neurotossicità intrinseca alla sostanza, come si vedrà nel
corso di questo studio.
3
Bagozzi F., Generazione in ecstasy, Edizioni, Gruppo Abele, Torino, 1996, p. 55
4
Bolelli F., Le nuove droghe, Castelvecchi, Roma, 1994, p. 57