2
condanna e di riabilitazione. Il loro studio rappresenta uno dei nodi
cruciali per meglio comprendere la figura di Giovanna d’Arco,
sospesa tra storia e leggenda.
Fu grazie al movimento romantico ed al suo interesse per l’epoca
medievale che la figura della Pulzella d’Orléans ritornò al centro degli
studi storici. Nel 1868, lo storico Eugène O’Reilly tradusse i testi editi
in latino (lingua giuridica ed amministrativa del XV secolo), facendo
della Pulzella una “eroina francese”, avvenimento al quale aveva
largamente contribuito, qualche anno prima, la grande voce dello
storico Michelet, amico del Quicherat. Questa prima traduzione è
all’origine, nel 1869, della domanda di canonizzazione della giovane
da parte del vescovo di Orléans, Mons. Dupanloup. La sua figura
prese, così, una dimensione universale grazie a tale processo di
canonizzazione.
Nel corso del XX secolo, l’interesse crescente per la figura di
Giovanna d’Arco dipende in larga misura dal fatto che i valori di cui
ella è l’esempio, sono i medesimi da cui dipende la sopravvivenza
dell’individuo nella società di massa. Inoltre, si intensificò il ricorso
diretto ai documenti del XV secolo, epoca in cui visse la giovane; ciò
3
portò alla nascita di numerosi centri a lei dedicati
3
. Nonostante tutto,
la sua figura mantiene ancor oggi un alone leggendario, dovuto al fatto
che il suo stesso nome e le sue origini sono avvolti da una sorta di
mistero. Nel XV secolo Giovanna non venne mai chiamata attraverso
il suo nome e cognome. Secondo la regola generale, si veniva
identificati attraverso il nome, aggiungendovi l’appellativo del luogo
di residenza o di nascita e qualche volta un soprannome. La madre di
Giovanna d’Arco, Isabelle, veniva chiamata “Isabelle Romée”,
soprannome derivatole da un pellegrinaggio affettuato a Roma. Invece
la giovane si faceva chiamare “Jeanne la Pucelle”
4
(Giovanna la
Pulzella), facendo di questo soprannome un vanto, un segno stesso
della sua missione. In numerose lettere ella si firma “Jehanne”
5
, per i
suoi compagni d’armi è “Giovanna la Pulzella”, mentre per i suoi
nemici inglesi e la Chiesa ella è “Giovanna che è detta la Pulzella”;
infine per l’Università di Parigi è “mulier quae Johannam se
nominabat”. L’interesse verso il nome di Giovanna d’Arco ebbe
origine con l’apertura del processo di riabilitazione (1455-1456). Nel
1455, papa Callisto III nelle sue lettere menziona i fratelli ed il padre
3
Il più famoso centro dedicato a Giovanna d’Arco è quello fondato in Francia nel 1974, nella città
di Orléans. Esso possiede oltre 13.000 documenti relativi a Giovanna d’Arco sotto forma di 312
microfiches, consultabili garzie a moderni apparecchi di lettura.
4
Soprannome dovuto al suo voto di verginità
5
Firma originale di Giovanna d’Arco ( vedi Appendice foto n.1)
4
della Pulzella “Pierre, Jean Darc, leur sœur quondam Johanna Darc
et Jacques Darc”
6
; l’arcivescovo di Reims, a sua volta, menziona in
molte sue lettere la famiglia Darc: “Isabelle Darc, Pierre et Jean
Darc, mère et frères defuncatae quondam Jeanne Darc, vulgariter
dictae la Pucelle”
7
. L’espressione “Pulzella d’Orléans” fece la sua
apparizione nel XVI secolo, grazie alla grande biografia su Giovanna
d’Arco pubblicata nel 1630 dallo storico Edmond Richer, intitolata
“Storia di Giovanna, la Pulzella d’Orléans”. Il nome patronimico
della Pulzella si è prestato nel corso dei secoli alle più svariate grafie.
Gli storici Quichérat, Siméon, Luce, Champion scrivevano “Darc”,
mentre lo storico Pierre Tisset nella traduzione del processo di
condanna adottò la grafia “D’Arc”. In conpenso, se si considerano i
testi originali del XV secolo vi si trova una estrema varietà di grafie:
“Darc o d’Arc”, ma anche “Dars, Day, Dai, Darx, Tarc e Dart”.
All’epoca l’apostrofo non era mai indicato nella scrittura dei nomi, è
stata l’ortografia moderna ad introdurlo come connotazione del luogo
d’origine o come espressione d’appartenenza nobiliare; così “Darc” è
diventato “d’Arc”. Dunque, alla Pulzella sono state attribuite due
6
E. DELARUELLE - P.DONCOEUR, La réhabilitation de Jeanne la Pucelle: rédaction épiscopal
du Procès du 1455-1456, Paris 1958, pp.93-98
7
R. PERNOUD, Jeanne d’Arc par elle-même et par ses témoins, Paris 1962, pp.135-139.
5
possibili origini: una popolare, l’altra aristocratica. Nel “Traité
sommaire tant du nom et des armes, que de la naissance et parenté de
la Pucelle d’Orléans et des ses frères, fait en octobre 1612 et revu en
1628 ” lo storico e linguista Charles du Lys scrisse :
“ Il patronimico d’Arc deriva dal fatto che gli stessi genitori e gli altri
discendenti della Pulzella portavano un arco fasciato con tre frecce ”
8
.
Attribuendo al padre di Giovanna, Jacques d’Arc, il possesso di armi
“un arco d’oro fasciato con tre frecce”, si è voluta dare un’origine
nobiliare alla famiglia della giovane. Secondo Paul Doncœur, uno dei
più autorevoli storici di Giovanna d’Arco, “La grafia Darc non ha
alcuna ragione di essere scomposta in d’Arc, poiché il nome Jacques
d’Arc nel testo latino sarebbe stato scritto de Arco, come nel 1343 un
certo Pierre Darc, canonico di Troyes, fu denominato Petrus de
Arco”
9
. Nonostante ciò, sarà la grafia con l’apostrofo a prevalere,
volendo attribuire a Giovanna d’Arco una connotazione aristocratica.
Un importante avvenimento che contribuì ad accentuare il carattere
eroico della Pulzella fu il processo di condanna. Esso è stato percepito
come un enorme complotto eretto tra Stato e Chiesa contro Giovanna
8
BARON de COSTON, Origines éthymologiques et signification des noms propres et des
armoires, Paris 1878, pp.135-152
9
P. DONCOEUR, Nouvelles littératures, n.1198, Paris 1950, p15-32.
6
d’Arco, ritenuta “pericolosa” per la società, contribuendo ad
accentuarne il carattere mistico. Secondo la religione cristiana, il
termine mistico rappresenta l’unione dell’umano con il divino ed in
tale unione si pacifica la ricerca di tutti i misteri. Come in Gesù anche
in Giovanna d’Arco l’intreccio tra l’umano ed il divino è totale;
pertanto non si può discutere della Pulzella, senza considerare insieme
le voci celesti e le vie della storia. Furono proprio le “Voci” che la
giovane udì, dall’adolescenza sino alla morte, ad accentuare il suo
carattere mistico. Il maggiore problema dei giudici durante il
processo, non fu di determinare la veridicità o meno delle Voci, ma la
loro non provenienza da Dio a causa degli effetti che produssero. A
questo titolo bisogna riconoscere che Giovanna non sarà trattata senza
una certa cortesia da alcuni giudici, cercando di riportare nel bene
questa illuminata da Dio, come molti altri “alumbrados”
10
d’altri
tempi. La questione dell’origine delle Voci o “apparizioni” di
Giovanna d’Arco è relativa allo studio dei loro contenuti e delle loro
conseguenze. L’enorme apparato del tribunale di Rouen, di fronte a
tale questione, si ridicolizzò inventando mille domande e redigendo
risposte che non permettevano alcuna condanna. I giudici posero
10
In questo modo venivano definiti nel XIII e XIV secolo gli “Illuminati da Dio”, ai quali
7
l’accento su ciò che la giovane aveva visto, sentito, toccato
11
.
Ripercorrere diacronicamente le Voci significa, dunque, ricostruire
l’esperienza mistica di Giovanna d’Arco ed il suo cammino di vita.
Proprio sull’onda di questa esperienza si svolse la missione guerriera
della Pulzella. Ella si inserì in un momento particolarmente convulso
della storia di Francia, prendendo parte alla Guerra dei Cent’Anni
nella sua fase finale, quando la Francia era completamente dominata
dagli Inglesi. Trascorse l’infanzia nel piccolo villaggio di Domrémy,
in Lorena, conoscendo l’esperienza delle popolazioni in fuga dalla
guerra; ciò fece si che l’idea della guerra fosse onnipresente nel suo
pensiero. Gran parte del processo di Rouen si svolse attorno alla
compresenza dello spirituale e del temporale, esaltando il rapporto tra
le Voci e la missione guerriera della Pulzella. Il tribunale interrogò
senza sosta la giovane, costringendola a confessare una rivelazione
avuta dalle sue Voci e destinata esclusivamente al Delfino di Francia
venne paragonata la stessa S.Teresa d’Avila.
11
Le Voci di Giovanna d’Arco erano sia visioni sia esperienze sensibili (tattili,olfattive,uditive).
Oltre alle sante Caterina e Margherita, la giovane parlò delle visioni di S.Michele e S.Gabriele
Arcangeli e di S.Luigi.Ella parlava delle Voci come fossero il suo consiglio.Ciò che è straordinario
è la forma di questo consiglio: fuori norma, sensibile ed esteso nell’arco di sette anni.Tuttavia non
si trattava di un film che sarebbe stato presentato a Giovanna per informarla su ciò che doveva fare
o meglio pensare. Durante tutto l’arco del processo di Rouen, Giovanna è sola e decide sola con la
sua fede. La giovane, infatti, disse che ciò che le dicevano le Voci si trovava in ciò che scrivevano
i notai.
8
Carlo VII. Tale rivelazione riguardava la sconfitta degli Inglesi ad
Orléans e l’ascesa al trono di Francia da parte del Delfino. Secondo
numerosi storici il Delfino stesso dubitava della sua legittimità,
pregando spesso Dio di aiutarlo a recuperare il Regno, come segno
della sua legittimità. La risposta a tale preghiera sarebbe rappresentata
proprio dalla Pulzella d’Orléans, ma il rapporto tra Carlo VII e la
giovane non ebbe tra i giudici di Rouen la considerazione che
meritava. Questi ultimi utilizzarono il cosiddetto “Fait Jeanne d’Arc”
come un’opportunità strategica e politica, sfruttando la Pulzella al fine
di liberarsi degli inglesi, grazie alle sue numerose vittorie in battaglia.
Dall’altro lato, i giudici negarono alla giovane il ruolo di “nuovo
Alessandro”, relegandola al rango di contadina visionaria. Giovanna
d’Arco impose sempre la visione dei santi canonizzati dalla Chiesa
rispetto all’autorità della Chiesa stessa, volendo riconoscere la
legittimità del Delfino CarloVII e scacciare gli inglesi dal suolo
francese; inoltre, ritenendosi inviata da Dio affermò:
“ Je suis envoyeé de par Dieu – Ego sum missa a Deo ”
12
.
I giudici di Rouen giocarono la carta dello scandalo, gridando al
12
G. e A. DUBY, Le Procés de Jeanne d’Arc, Paris 1973, p.146.
9
blasfemo. Inoltre, inserendosi l’intervento della Pulzella nella guerra
dei Cent’Anni nei termini della giustizia e del servizio verso la patria,
il tribunale introdusse una problematica inesistente, sul diritto di
ritenersi “inviati da Dio” in un servizio temporale. Giovanna d’Arco
non prese parte alla guerra dei Cent’Anni per “fare la guerra”, ma per
porvi fine. Ella non si lanciò in una “guerra santa”, non essendo al
servizio della guerra ma della giustizia, che l’ordine della guerra
corrompe e compromette; su questa scia non si può difendere
l’occasione di un “ostracismo”
13
, di qualunque ordine esso sia:
morale, culturale, razziale. Si tratta di vedere nella Pulzella l’angelo
messaggero di una purezza culturale, l’allegoria dell’identità
nazionale, ma in un contesto medievale ciò significa fare un
anacronismo. Giovanna d’Arco fu missionaria di una giustizia nella
storia, non soltanto una giustizia che tocca gli individui, ma
“pubblica”, nella quale le comunità umane sono chiamate a
confrontarsi. Pertanto, si può ben comprendere che la giovane non si
mise al servizio esclusivo della “nazione francese”, ma di questa
“giustizia nella storia”, che vuole che tutte la nazioni possano esistere.
13
Termine derivante dal greco “οστραχισµος ”, derivato di “οστραχίζω ” infliggere l’ostracismo
Istituzione del diritto pubblico ateniese, mediante la quale si poteva condannare in esilio decennale
un cittadino ritenuto pericoloso per lo Stato.
10
Giovanna poteva mettersi al servizio della giustizia divina,
esclusivamente servendo la sua nazione, la Francia, minacciata dagli
Inglesi nella sua stessa esistenza. In tal senso ella servì ciò che nella
mentalità del XV secolo non era ancora la “nazione francese”, senza
entrare in conflitto con quella inglese. A tal proposito, durante il
processo di Rouen al fine di rassicurare il re d’Inghilterra, la Pulzella
affermò:
“Dieu aime les Anglais chez eux”
14
.
Giovanna d’Arco non intervenne in politica, filosofia , sociologia, era
ignorante in materia; non disse come si doveva governare una
nazione, semplicemente affermò la necessità del bisogno di Dio da
parte dell’uomo per conoscersi e potersi governare. La guerra condotta
da questa giovane di diciassette anni, con l’armatura, era una guerra
contro l’ingiustizia di una situazione giunta allo stremo: la povertà
della nazione francese umiliata degli Inglesi. La lotta armata
rappresentava il solo mezzo per fermare il corso di tale ingiustizia,
senza umiliare l’offensore. Giovanna non apportò soluzioni definitive
ai problemi ai quali prese parte in prima persona, volle ricordare
all’uomo il potere che possiede nello “scrivere la storia” e la continua
14
J. QUICHERAT, Procés de condamnation et réhabilitation de Jeanne d’Arc, Paris 1841-
1849, p. 235.
11
presenza di Dio in essa. Quest’ultimo interviene nella storia, tramite il
linguaggio che la Pulzella era chiamata a predicare “il linguaggio
della croce”
15
. Pertanto, dovrebbe crearsi una sorta di alleanza ideale
tra una concezione umana della storia ed il consiglio divino. Giovanna
d’Arco appariva come la messaggera di questo equilibrio, fatto di
umiltà davanti al consiglio divino e di orgoglio per la grandezza della
sua opera. Tale equilibrio si esplica, inoltre, nella volontà di costruire
una società in cui venga fatto posto alla parte spirituale; anche se la
battaglia condotta dal “piccolo re di Bourges”
16
non aveva un tale
scopo, l’intervento della Pulzella servì proprio a sollevare tali
questioni. Giovanna, cercando di compiere sino in fondo la sua
missione, realizzò ciò che nel XX secolo Papa Leone XIII,
nell’enciclica “Immortale Dei”, definì come “Il servizio più nobile
reso alla società, la cui salvezza è fortemente compromessa dalle
cattive dottrine e dalla cattive passioni ”.
15
Dalla I lettera di S.Paolo ai Corinti, vv. 1,18.
16
Soprannome utilizzato dagli Anglo-Borgognoni per designare il Delfino di Francia, Carlo VII.