6
Quest’ oggetto, che ci è apparso davanti quasi miracolosamente da un
momento all’ altro, (e l’ assoluta scarsità di trattazioni antecedenti o di scritti
che in qualche modo si riconducessero al tema in modo esplicito sembra
testimoniarlo) ha quindi delineato lo scenario presente, estremamente
frammentato e difficile da rappresentare anche perché richiede un approccio
metodologico del tutto inedito, dato che anche il lettore dovrà affrontare il
tema completamente scevro dagli schemi aprioristici esistenti.
L’ obiettivo che questo scritto si è preposto, sperando almeno in parte di
averlo raggiunto, è quello di compiere una rassegna quanto più organica
possibile della letteratura esistente nel dibattito sulla globalizzazione
compiendo una ricerca storiografica che rivelasse le radici del tema,
spiegando come si è arrivati alla configurazione attuale; il tutto,
naturalmente, con particolare riguardo alla realtà italiana dato che, dopo aver
“scoperto” quali fossero stati gli albori della discussione, si è voluto indagare
su come e perché il dibattito sia giunto nella cultura italiana ed in particolare
all’ interno del panorama ristretto delle riviste economiche contemporanee.
Assimilando metaforicamente la globalizzazione ad un convoglio ferroviario
possiamo dire di aver ricercato la stazione di partenza dello stesso, osservati
i passeggeri che ne facevano parte, ricostruito il tragitto percorso e
confrontati i passeggeri giunti a destinazione con quelli che sono partiti.
Nasce da qui la suddivisione dello scritto in sei parti, la prima delle quali si
concentra sulla presentazione dell’ argomento discusso, sulle sue origini e
sulla sua formazione; la seconda si occupa invece di considerare, in un
contesto dibattimentale, le voci che si oppongono a questo fenomeno; il
terzo capitolo, iniziando il lettore al problema della penetrazione della
globalizzazione nel dibattito italiano, si prepone l’ intento di spiegare le
modalità e i tempi attraverso i quali questo si è verificato; il quarto capitolo è
invece incentrato sulla determinazione dei modi in cui i contenuti propri del
dibattito sono stati recepiti entro i confini nazionali, così come gli ultimi due
che si occupano in modo più specifico di due singoli aspetti messi in luce
dalla globalizzazione: la questione della riformulazione dell’ impresa su
7
canoni diversi e la messa in discussione del potere politico tradizionale, con
il conseguente terremoto sociale derivato da tutto ciò.
Naturalmente, come già detto, ogni parte dello scritto seguirà l’
impostazione descritta ovvero partendo dalle radici per arrivare all’ ultimo
ramo descrivendo, quanto più possibile dettagliatamente, ogni suo pur
piccolo sviluppo.
8
Capitolo 1
I PROFILI DELLA GLOBALIZZAZIONE
1. Che cos’ è la globalizzazione ?
Ancor prima di entrare nel vivo della discussione si è ritenuto opportuno
fare un piccolo excursus filologico sull’ origine del termine, indagando sul
periodo durante il quale è stato coniato, il significato originale che esso
assumeva e quello che gli si attribuisce oggi.
Tale termine nasce nel secolo scorso ad opera di sociologi come Saint-
Simon e di studiosi di geopolitica con lo scopo di indicare il processo
attraverso il quale la modernizzazione determinava una crescente
integrazione del mondo. Lasciato in naftalina per quasi un secolo il termine
viene poi ripreso fra la fine degli anni 60 e l’ inizio dei 70 dagli studiosi di
Scienze Politiche
4
con l’ intento di descrivere come andavano mutando i
rapporti politici a causa della sempre maggiore interdipendenza economica e
relazionale. Nell’ ambito politologico il termine é diventato quindi di moda e
più volte è stato ripreso, a cavallo degli anni 80 e 90, con significati che
possono essere considerati dei sinonimi ovvero: compressione spazio-
temporale
5
, accelerazione dell’ interdipendenza
6
o contrazione del mondo
7
intesa come erosione dei confini nazionali tradizionali.
Nel mondo economico l’ antesignano della globalizzazione è stato il
sistema-mondo di Wallerstein inteso come “..una struttura sociale dotata di
4
Modelski,G. Principles of world politics 1972, New York, Free press
5
Harvey,D.The condition of postmodernity 1989, Oxford, Blackwell; trad. It. La crisi della modernità 1997,
Milano, Il saggiatore
6
Giddens,A. The consequences of modernity 1990, Cambridge, Polity press; trad. It. Le conseguenze della
modernità: fiducia e rischio, sicurezza e pericolo 1994,Bologna, Il mulino
7
Rosenau,J.N. Turbulence in world politics 1990, Brighton, Harvester Wheatsheaf
9
confini, strutture, gruppi, regole di legittimazione e coerenza”
8
e sul quale
torneremo nel corso del capitolo per approfondire le tesi che esso
sosteneva.
Dunque all’ interno del panorama culturale italiano il concetto irrompe con
la traduzione di quest’ opera , ma il suo definitivo battesimo con il nuovo
nome di “globalizzazione” avviene, circa un decennio più tardi, ad opera
non di un economista ma di un grande scienziato della comunicazione il
quale, con il suo scritto
9
riguardante le rivoluzioni connesse alle innovazioni
del mondo dell’ informazione, delinea lo scenario di un mondo futuro che, a
causa della crescente presenza ed efficienza di questi stessi mezzi, non potrà
avere segreti: ovvero l’ elettronica come mezzo di estensione della
consapevolezza umana in un ambiente mondiale globale.
A fine di questa breve digressione ci pare corretto assumere come
definizione, per lo meno nel corso di questo scritto, quella data da uno
studioso tedesco, J. Habermas, e ripresa in un articolo della più autorevole
rivista italiana:
“Uso il termine globalizzazione per descrivere un processo, non uno stato
finale. Esso designa l’ estendersi e l’ intensificarsi delle relazioni di traffico,
comunicazione e scambio al di là dei confini nazionali”
10
.
Una volta definito il significato è comparsa di fronte a noi la necessità di
circoscrivere e puntualizzare il campo semantico che il termine comporta.
Molto spesso infatti vediamo utilizzati indifferentemente i sostantivi
globalizzazione e globalismo, magari confondendoli con il termine di
globalità. Questo equivoco è spesso ingenerato dal fatto che, essendo gran
parte della bibliografia in merito di origine anglo-sassone, nel corso della
traduzione si perdono queste sfumature.
8
da Wallerstein,I. The modern world-system, 1974, New York, Academic press; trad. It. Il sistema mondiale dell’
economia moderna III 1978, Bologna,Il Mulino pag. 448
9
Mcluhan,M. Il villaggio globale 1989, Milano, Sugarco
10
da Russo,P. Sentieri della globalizzazione da “Il Mulino” anno 1999, vol. 48, fasc. 381 pagg 60-67
10
A questa lacuna sembra aver provveduto un sociologo tedesco, U. Beck la
cui opera
11
, che sarà più volte richiamata nell’ ambito di questo lavoro, ha
posto fine a questi equivoci; immediatamente questo segnale è stato recepito
in Italia grazie ad un articolo
12
che meriterebbe di essere posto come
preambolo di ogni discussione sul tema. In sostanza Beck individua tre
termini: globalizzazione, globalismo e globalità. I primi due possono, a suo
parere, essere considerati degli stretti sinonimi con una forte connotazione
economica: essi rappresentano una configurazione del mondo come
dominio delle multinazionali le quali, con la loro forza economica e
finanziaria, sembrano poter avere il sopravvento e soggiogare ogni forma di
potere precostituito. In particolare il secondo sostantivo sottintende più
marcatamente lo sviluppo del dominio “politico” sul mercato mondiale,
mentre il primo è più riconducibile ad una definizione strettamente
economica.
La globalità infine ha un significato meramente sociologico e significa
“vivere in una società mondiale dove non esistono spazi chiusi” (intesi
ovviamente in senso sociale e non fisico); su questo aspetto ritorneremo nel
sesto capitolo ma per il resto utilizzeremo gli altri due sostantivi con le
accezioni ora specificate.
2. La dimensione storica della globalizzazione e la sua validità
temporale
Solitamente si parla della globalizzazione come di un aspetto caratterizzante
l’ evoluzione delle relazioni economiche internazionali ma, come abbiamo
visto nel capitolo primo, questo è uno degli aspetti ovvero dei volti che
questo fenomeno ha assunto nel corso dei secoli; anzi esso rappresenta il
11
Beck,U.Che cos’è la globalizzazione. Rischi e prospettive della società planetaria, 1999, Roma Carocci
12
Caselli,M. Recensione di “ Che cos’è la globalizzazione. Rischi e prospettive per la società planetaria” da “Studi di
sociologia” anno 1999, vol. 37, fasc. 4 pagg 509-512
11
significato più generale e scontato di questo processo storico, iniziato
almeno nel XVI° secolo, e che ha portato alla formazione dell’ economia
mondiale modernamente intesa. La dimensione storica appare quindi
importante per comprendere come, gradualmente, questo fenomeno che ha
preso vita attraverso le conquiste territoriali dei secoli XV° e XVI° sia
divenuto sempre più pervadente in tutti gli ambiti sociali ed individuali della
vita umana.
In tal senso ripercorrendo il cammino che abbiamo fatto per l’ analisi
bibliografica ci accorgeremo come, ad ogni singolo livello, quello storico sia
l’ aspetto che per primo balza agli occhi degli studiosi individuando perciò
nello scorrere dei secoli la chiave di lettura del presente e del futuro.
Già nell’ opera che ha aperto la via agli studi sulla globalizzazione si poneva
in risalto questa componente: Modelski infatti ritiene nella sua opera
13
che
uno dei fattori determinanti per l’ avvio di questo processo sia rinvenibile
nella supremazia europea rispetto al resto al mondo così come si è
configurata nel tardo medioevo e fino alle soglie della modernità. Le cause
che sembrano aver permesso questa condizione di superiorità di un
continente rispetto agli altri sono tre:
ξ la presenza di stati autonomi e sovrani (così come già si
configuravano la Spagna, la Francia e la stessa Gran Bretagna fin
dalla prima metà del 1500)
ξ Il surplus economico e sociale che l’ Europa possedeva in quell’
epoca, frutto sia di quel lungo periodo di floridità comunale dell’
area centro-meridionale che della ricchezza di quello oggi si chiama
capitale umano
ξ Il terzo fattore artefice di questa supremazia viene individuato da
Modelski nella caduta dei grandi imperi che avevano contrassegnato
la storia fino alle soglie del XVI° secolo.
Quanto l’ aspetto storico del processo globalizzante fosse di primaria
rilevanza ce lo testimonia il fatto che l’ opera prima che si annovera nella
13
Modelski,G. op. cit.
12
bibliografia che abbiamo chiamato di “ricezione”, vale a dire in lingua
italiana, è quella di uno storico
14
il quale approfonditamente ed in modo
minuzioso ripercorre le tappe che hanno portato alla costituzione di quello
che egli chiama “sistema-mondo” così come appare ai nostri occhi
15
.
Egli ritiene di individuare in questo processo 5 fasi consecutive:
1. la prima, che prende il nome di fase pre-capitalistica risulta
delimitata superiormente dalla metà del XV° secolo ed affonda le
proprie radici nel basso medioevo. Questo periodo risulta
caratterizzato da una parte dal progressivo decadimento del
sistema feudale e dall’ altra dall’ ascesa rapida e decisa di quella
che, comunemente, si chiama economia di mercato o economia
del libero scambio.
2. Il periodo seguente è quello che Wallerstein ricomprende nell’
arco di tempo fra il 1450 ed il 1640. Esso segna la nascita di
quello che gli storici definiscono il capitalismo commerciale
3. La terza fase della formazione del sistema mondiale arriva fino al
Congresso di Vienna (1815) e rappresenta l’ epoca durante la
quale l’ economia capitalistica consolida le proprie fondamenta.
4. Nel lasso di tempo che va dal 1815 alla fine del primo conflitto
mondiale che il sistema capitalistico si trasforma in impresa
globale.
5. L’ultimo intervallo di tempo considerato dall’ autore è quello che
arriva ai nostri giorni (o almeno al 1978 quando l’ opera è stata
scritta) ed è visto come una fase di assestamento del capitalismo.
A margine dell’ analisi di questo volume , che meglio di ogni altro
rappresenta la tesi storicistica, resta un’ annotazione: secondo Wallerstein
ogni periodo di quelli esaminati si distingue dal precedente per la
peculiarità di generare un incremento di ricchezza maggiore rispetto al
14
Wallerstein,I. op. cit.
15
“Nel XVI° secolo si arrivò in Europa ad una economia mondiale basata sul sistema capitalistico di
produzione. L’ aspetto più singolare di questo periodo è che i capitalisti non si palesavano ancora”
Wallerstein,I. op. cit.
13
precedente. Potremmo dire, per usare un termine caro agli studiosi di
scienze aziendali, che il sistema mondiale nel suo complesso presenta
“rendimenti di scala crescenti”.
La tesi appena esposta, che pure rappresenta una piattaforma culturale
unanimemente accettata da tutti gli studiosi, non ha trovato in verità un
riscontro molto ampio e puntuale all’ interno del panorama delle riviste
economiche (forse per la sua ampiezza eccessiva che lo rende proibitivo
a questo tipo di pubblicazioni).
L’ unico articolo, fra quelli rinvenuti, che dedica una certa attenzione all’
argomento è quello di Omarini
16
del 1995.
Pur tuttavia questo saggio ha un taglio decisamente finanziario; esso
studia con particolare attenzione i mercati dei titoli e, più in generale
quello del credito, nelle sue evoluzioni storiche e nei suoi sviluppi
lasciando in secondo piano l’ aspetto reale dell’ economia ed i
meccanismi che hanno portato alla formazione del mercato globale.
Nonostante la constatazione di questa lacuna dobbiamo prendere atto di
come, in più di un articolo
17
, venga richiamata l’ opera del Wallerstein
quale punto di partenza imprescindibile per ogni tipo di approccio al
tema.
18
3 Affinità fra globalizzazione ed economia-mondo
Una piccola deviazione dal sentiero che abbiamo tracciato- il lettore ce la
consentirà pazientemente- è d’ obbligo per illustrare i contenuti dell’ opera
di un grandissimo storico dell’ economia
19
la quale, in via del tutto
autonoma rispetto alle voci transoceaniche ed in modo differente rispetto
16
Omarini,A. La globalizzazione: storia e mercati da “Banche e Banchieri” 1995, anno 22, fasc. 4. pagg 427-
455
17
Russo,P. op. cit.
18
Balcet,G. op. cit.
19
Braudel,F. op. cit.
14
all’ approccio del Wallerstein, propone un’ idea e una spiegazione del tutto
inedite del sistema economico moderno.
Il concetto nuovo messo in campo da Braudel è quello dell’ economia-
mondo, o weltwirschaft secondo l’ etimologia tedesca, inteso come :
“ un brandello di terra economicamente autonomo”
20
che, precisa immediatamente l’ autore, non è in alcun modo da confondersi
col concetto di economia mondiale inteso come mercato nell’ accezione
Sismondiana del termine ovvero: “ il genere umano, o tutta quella parte di
esso, che commercia insieme e che oggi, in qualche modo, non forma che
un unico mercato”
21
. Un’ economia-mondo, nella definizione dello storico
francese, è tale se e soltanto se presenta tre caratteristiche e più
precisamente:
ξ Dei confini ben definiti e che mutano lentamente; essa deve cioè
risultare circoscritta in modo netto
22
e la sua estensione o
fagocitazione ad opera di un’ altra economia-mondo può avvenire
soltanto nel corso dei secoli.
ξ Una città od uno stato che rappresenta il centro funzionale e
dominante del modello descritto ma che, non necessariamente resta
sempre lo stesso col passare del tempo ed anzi, come la storia ci ha
dimostrato, è possibile che si verifichi più di un avvicendamento nel
corso dell’ esistenza di un’ economia-mondo (Madrid, Amsterdam,
Londra e New York si sono succedute cronologicamente ).
ξ Il terzo carattere distintivo è la gerarchia che vige fra le diverse aree
appartenenti alla struttura in questione. Braudel infatti immagina l’
economia-mondo suddivisa in tre cerchi concentrici; all’ interno del
primo si trova il centro con le caratteristiche descritte al punto
precedente, nel secondo, più ampio, si trovano i così detti “brillanti
20
Braudel,F. op. cit. pag. 4
21
Braudel,F. op. cit. pag. 5
22
“un’ economia-mondo finisce laddove un’ altra economia dello stesso tipo, avendo per confine una
linea o una zona che, economicamente parlando, nessuna delle due parti ha convenienza a varcare se
non in casi eccezionali” Braudel,F. op. cit. pag. 8
15
secondi”. Nel terzo infine, che rappresenta la fetta più ampia dell’
intero, si colloca la periferia del sistema ovvero la parte
sottosviluppata e sottomessa ma assolutamente indispensabile
poiché, senza di essa, non potrebbe esistere il centro.
Gli ulteriori strumenti che debbono essere forniti al lettore per meglio
comprendere lo scritto del Braudel sono che:
ξ Per ogni periodo esiste almeno un’ economia-mondo così come
definita ed anzi ve ne possono essere contemporaneamente più di
una
ξ L’ economia-mondo coincide, in buona sostanza, con la
dominazione della borghesia detentrice del capitale e del potere
politico
23
Adesso, esposti i due modelli principali riguardo alla tesi storicistica,
(quello del Wallerstein e del Braudel) riteniamo opportuno confrontarli
per rilevare analogie e differenze; le prime consistono:
ξ Nella struttura del sistema che entrambi disegnano come
concentrico (anche se per Braudel più articolato) e fortemente
gerarchizzato.
ξ Nell’ identità della classe sociale dominante (per entrambi quella
borghese) e nel rapporto di questa con il potere dello stato-
nazione col quale confligge e collabora.
La differenza che invece risalta in modo notevole è quella circa la
formazione del sistema economico moderno. Mentre Wallerstein
identifica un momento storico ben preciso, a partire dal quale il sistema
si trasforma sino ad assumere le sembianze che oggi vediamo, Braudel
non fa altrettanto e la sua analisi risulta pertanto essere di tipo statico
piuttosto che dinamico; ci descrive i singoli momenti storici così come si
sono presentati ma non spiega che cosa sta in mezzo ad essi.
23
“è grazie a governi simili che non conoscono esitazione nel ricorso alla violenza che noi possiamo
utilizzare abbastanza presto le parole “imperialismo” e “colonialismo”, il che non impedisce che tali
governi centrali siano più o meno alle dipendenze di un capitalismo precoce e che con esso spartiscano il
potere” Braudel,F. op. cit. pag. 32