3
1.2. Dalla emancipazione ai primi anni del fascismo
Molti di loro avevano partecipato con slancio patriottico al
processo di unificazione nazionale; c erano ebrei anche fra le truppe
italiane che irruppero dalla breccia di Porta Pia a Roma nel 1870 e
strapparono la citt alle forze pontificie. Cadute cos le barriere
dell ultimo ghetto, essi rapidamente raggiunsero in ogni campo
posizioni di un certo rilievo. Ai primi del Novecento, l alto tasso di
matrimoni misti, l esercizio di determinate professioni, l alto livello
di istruzione, la cospicua presenza nella pubblica amministrazione e
persino nella carriera militare, danno il quadro di una comunit ben
assimilata. E innegabile che questa integrazione fosse favorita dalla
scarsa consistenza numerica della comunit ebraica, se Ł vero che nei
due censimenti del 1911 e 1931, si contavano rispettivamente circa
32.000 e 39.000 ebrei. Isacco Artom, per esempio, fu segretario
privato del primo ministro piemontese Camillo Benso di Cavour tra
il 1850 e il 1860. Piø tardi divenne il primo ebreo d Europa ad
occupare un alto incarico diplomatico al di fuori del suo Paese. Nel
1870 due ebrei entrarono a far parte del Consiglio comunale di
Roma, subito dopo l abolizione del ghetto. Tre ebrei furono eletti nel
4
primo parlamento d Italia nel 1861; nel 1871, dopo l annessione di
Roma e Venezia, gli eletti furono nove, e undici nel 1874
1
. Gli ebrei
italiani non erano stranieri nØ tantomeno si sentivano tali; avevano
l aspetto, l abbigliamento e il linguaggio di tutti gli altri italiani e,
non ultimo, erano istruiti. Nel 1861, alla proclamazione del Regno
d Italia, l analfabetismo di tutto il Paese ascendeva al 64,5 per cento,
mentre appena il 5,8 per cento degli ebrei italiani al di sopra dei dieci
anni era analfabeta (nel 1927, quando la percentuale degli italiani
era scesa al 27 per cento, l analfabetismo ebraico era scomparso)
2
.
Nelle universit , nel 1919 il 6,3 per cento dei docenti era formato da
ebrei, nel 1938 era addirittura dell 8 per cento. Nelle carriere liberali
e pubbliche, gli ebrei contavano nel 1901 per il 6,4 per cento. Il tutto
appare singolare e strabiliante, specie se consideriamo che la
proporzione fra ebrei e cristiani era intorno all uno per mille
3
. Va
inoltre detto che la stessa monarchia dei Savoia, che aveva avuto una
lunga tradizione di pregiudizi antiebraici, contribu alla totale
pacificazione. Da parte sua il re scelse degli ebrei come precettori del
principe ereditario, in due materie molto delicate (il generale
1
S.ZUCCOTTI, L Olocausto in Italia,, Milano 1995, p.40.
2
A.MILANO, Storia degli ebrei in Italia, Torino 1992, p.383.
5
Giuseppe Ottolenghi per le scienze militari e Vittorio Polacco per
quelle giuridiche)
4
. Gli ebrei italiani diedero anche contributi
significativi nel campo della finanza (Luigi Luzzatti, Sidney
Sonnino), delle banche, della medicina (Pio e Carlo Fo , Vittorio e
Maurizio Ascoli, Mario Donati), della letteratura (Italo Svevo,
Alberto Moravia, Umberto Saba), dell arte (Paolo D Ancona, Arrigo
Minerbi e soprattutto Amedeo Modigliani), della musica (Alberto
Franchetti, Federico Consolo) della storia (Samuele Romanin,
Eugenio Musatti, Alessandro Della Seta, Arnaldo Momigliano) ed in
special modo delle scienze giuridiche. Nel settore del Diritto
Commerciale, si distinsero Angelo Sraffa, Leone Bolaffio, David
Supino e Tullio Ascarelli; per il Diritto Processuale Civile, Ludovico
Mortara, il quale, dedicatosi alla carriera della magistratura, divenne
presidente della suprema Corte di Cassazione e nel 1919 copr la
carica di ministro di Giustizia; per il Diritto Civile, il gi menzionato
Vittorio Polacco; per il Diritto Amministrativo, Federico Cammeo,
consultato in piø occasioni addirittura dal Vaticano. Al confine tra
scienze giuridiche e mediche spiccava Cesare Lombroso, che
3
MILANO, op. cit., p.383.
4
Ivi, p.384.
6
promosse un nuovo criterio per la valutazione e la rieducazione del
delinquente
5
.
1.2.1. Gli ebrei e il fascismo
6
Diversamente da quanto si potrebbe pensare, anche nel periodo
fascista continu l assimilazione degli ebrei nel contesto italiano.
Anzi, molti ebrei erano fascisti sinceri sin dall inizio. Mussolini
aveva infatti lasciato sempre intendere che in Italia non esisteva un
problema ebraico e che per l esiguit del loro numero, non erano
necessarie particolari prese di posizione. Sin dagli inizi, aveva potuto
contare su appoggi e amicizie considerevoli da parte degli ebrei.
Erano almeno cinque
7
(su centodiciannove), gli ebrei che si riunirono
in piazza San Sepolcro a Milano, il 23 marzo 1919, per fondare i
Fasci Italiani di Combattimento, la prima organizzazione nazionale
di Mussolini, antesignana del partito fascista. Tra i «martiri fascisti»
che morirono tra il 1919 e il 1922, tre erano ebrei. Quando poi vi fu
la marcia su Roma, nell ottobre del 1922, ben in duecentotrenta vi
5
Ivi, pp.385-388.
6
I dati storici contenuti nel paragrafo fanno riferimento a ZUCCOTTI, op. cit.; MILANO, op.
cit., Torino 1992.
7
Cesare Goldman, in particolare, aveva procurato la sala per la riunione.
7
parteciparono e ricevettero il relativo riconoscimento; e l anno
seguente gli iscritti ebrei al partito fascista erano
settecentoquarantasei
8
. Su di un piano meno politico non
dimentichiamo che ebrea era anche Margherita Sarfatti
9
, piø che una
semplice collaboratrice giornalistica
10
e biografa ufficiale per
Mussolini. Una volta consolidatosi il regime, l ascesa di ebrei ai
massimi incarichi pubblici divenne piø difficile di quanto non lo
fosse prima: le designazioni al Senato furono molto piø ridotte;
soltanto un ebreo, Guido Jung, fu chiamato a dirigere un Ministero,
quello delle Finanze; Ludovico Mortara, che avevamo visto essere
stato brillante magistrato, nonchØ presidente della Corte di
Cassazione, fu sostituito nel 1923; mentre nell Accademia d Italia,
creata nel 1929, il massimo organo della cultura italiana, non furono
ammessi ebrei. Viceversa, per gli incarichi di prestigio un po
inferiore, fu lasciato completamente libero l accesso ad ebrei (nelle
istituzioni pubbliche, nelle accademie culturali, nelle universit
11
).
8
Non dimentichiamo che pure molto numerosi erano gli antifascisti ebrei, specie in esilio
(Claudio Treves, Carlo Rosselli).
9
Nel suo periodo socialista, Mussolini strinse un forte legame sentimentale con un altra donna di
religione israelitica, Angelica Balabanoff.
10
La Sarfatti dirigeva la pagina dedicata all arte e alla letteratura del «Popolo d Italia», il
quotidiano di Mussolini.
11
Giorgio Del Vecchio, professore di diritto internazionale e di filosofia, nel 1925 divenne il
8
Questi segnali , se Ł vero che non erano indici di una certa
avversione del regime, altrettanto non lo erano di stima e simpatia. In
verit il pensiero di Mussolini era molto piø contorto ed incerto di
quanto non volessero far intendere le sue pubbliche dichiarazioni di
simpatia. Agli ebrei italiani egli rimproverava sempre il loro
particolare separatismo religioso; a quelli stranieri guardava poi con
sospetto e diffidenza, convinto che il «giudaismo internazionale»
fosse di tendenze antifasciste; riteneva la cosiddetta «plutocrazia
internazionale» ostile al suo regime, ma poi continuava a tessere
contatti con le singole banche straniere ebraiche; non manc di
criticare il sionismo
12
, ma nel 1928 diede il suo beneplacito alla
creazione di un comitato Italia-Palestina ed ebbe frequenti incontri
con i capi stranieri del sionismo.
1.2.2. Una presenza cos «ingombrante»?
Ma quanti erano questi ebrei, e soprattutto erano una
presenza cos ingombrante nella vita italiana del ventennio fascista?
primo rettore fascista dell Universit di Roma.
12
Il sionismo era un movimento nato sul finire dell Ottocento dalle idee di Teodoro Herzl, che si
proponeva di dare agli ebrei una loro sede nazionale dove rivendicare la propria ebraicit . In Italia si
ridusse per ad un mero contributo economico e morale verso i correligionari perseguitati. L «Israel»
9
Per rispondere a questo interrogativo, possiamo rifarci al censimento
del 22 agosto 1938, che ha rappresentato il primo passo della
legislazione razziale e della successiva persecuzione antisemita.
Abbiamo gi visto come, nei due censimenti del 1911 e del 1931, il
loro numero ammontasse rispettivamente a 32.825 e 39.112, una
presenza quindi di scarsissimo rilievo. Nell estate del 1938 venne
cos disposta un accurata rilevazione degli ebrei italiani e stranieri
residenti nel regno d Italia. Essa venne preannunciata pubblicamente
il 5 agosto ed eseguita, come detto, il 22 agosto. Il censimento
precedette di alcuni giorni l emanazione delle prime leggi
antiebraiche ed il suo fine principale era di individuare la base
materiale, la parte cioŁ della popolazione italiana, che doveva essere
assoggettata alla normativa persecutoria. I dati in possesso sugli ebrei
nel primo semestre del 1938 erano incerti, imprecisi e spesso
contraddittori; se poi consideriamo che in origine Mussolini era
orientato verso una politica persecutoria a carattere proporzionale
13
,
comprendiamo come la necessit di dati certi, fosse sentita come
un esigenza indifferibile. Il censimento venne disposto dalla
era la rivista dei sionisti italiani.
13
Alla fine la legislazione persecutoria del regime fascista sar a carattere secco, cioŁ globale.
10
Direzione generale per la demografia e la razza del Ministero
dell interno (nota come Demorazza); ad essa i singoli comuni,
tramite le rispettive prefetture, mandarono i fogli di censimento, in
numero di uno per famiglia, e ad essa l Istituto centrale di statistica
del regno d Italia (ISTAT), terminato il lavoro di spoglio, di
tabulazione e di schedatura, restitu tutto il materiale
14
. Il censimento,
condotto sulla base di criteri razzistici anzichØ religiosi, forniva una
cifra di 47.252 ebrei italiani, cui andavano aggiunti 10.173 ebrei
stranieri, in gran parte residenti in Italia da molti anni e perfettamente
integrati nel nostro Paese
15
. In Campania gli ebrei risultarono 714,
cos ripartiti: 678 a Napoli, 33 a Salerno e 3 ad Avellino
16
. Il Lazio,
con 12.943 ebrei, era la regione piø presente" (nella sola Roma
erano 12.799). Alla fine del 1945, le circa 4000 abiure, solo in parte
ritrattate alla fine della guerra, l emigrazione di quasi due terzi degli
ebrei di origine straniera e di circa 6000 ebrei italiani, e poi
l eliminazione fisica di altre 8000 persone nei campi di sterminio,
modificavano di molto il numero complessivo degli ebrei presenti in
Italia, che alla fine della seconda guerra mondiale ammontava a
14
L.PICCIOTTO FARGION, Per ignota destinazione, Milano 1994, p.132.
15
N.CARACCIOLO, Gli ebrei e l Italia durante il fascismo, Roma 1986, p.23.
11
meno di 30.000, con una riduzione cioŁ di oltre il 38 per cento, in
soli sette anni
17
. Come poteva una minoranza cos esigua pesare
tanto decisivamente nella vita italiana?
«A dare ascolto ai razzisti, agli antisemiti scrive De Felice il
suo peso era enorme, schiacciante; secondo costoro, gli ebrei
sarebbero stati una piovra che stendeva i suoi tentacoli su tutti i
settori piø importanti della vita nazionale: cultura, amministrazione,
politica e soprattutto economia»
18
. Giovanni Preziosi
19
, forse l unico
vero e coerente antisemita italiano del XX secolo, che per oltre
trent anni studi l ebraismo italiano, scriveva nel 1920 e ripeteva
ancora nel 1944:
Gli ebrei sono, in Italia, alla testa della grande banca; d nno
una percentuale altissima di membri ai Consigli di
amministrazione delle nostre Societ Anonime; sono
numerosi tra i membri del Senato e della Camera dei
Deputati; occupano i primi e piø importanti posti delle nostre
Amministrazioni di Stato. Nel campo dell insegnamento sono
numerosissimi, e alcune facolt delle nostre Universit sono
divenute un loro campo chiuso. Hanno nelle mani quasi tutte
le Case editrici librarie d Italia. Molta parte dei giornali
16
Come presenze la Campania era l undicesima regione, mentre Napoli era la quindicesima citt .
17
PICCIOTTO FARGION, Per ignota, cit., p.80.
18
R..DE FELICE, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino 1993, p.9.
19
Uomo politico e pubblicista italiano (1881-1945), diresse dal 1920 la rivista «La vita italiana».
Animatore della persecuzione fascista, durante la Repubblica Sociale Italiana resse l Ispettorato per la
12
quotidiani sono nelle loro mani NØ si dimentichi, che tutte
le iniziative affaristiche, anche quelle a tinta patriottica,
hanno alla loro testa un ebreo
20
.
In realt il quadro era ben diverso. Indubbio Ł il fatto che gli
ebrei sono e sono stati nelle attivit intellettuali presenti in una
proporzione maggiore di quella degli altri italiani, ma da qui a
parlare di una «piovra» ebraica il passo era davvero troppo
azzardato. Del resto la migliore smentita agli antisemiti stava proprio
nella rilevazione delle attivit economiche degli ebrei italiani , come
risultante dal censimento del 1938.
Neppure la rilevazione dei patrimoni ebraici, sulla quale si
gettarono nella seconda met del 1938 tutti i giornali con tanto
entusiasmo e tanto clamore, conducono del resto ad altre
conclusioni
21
. Significativo Ł che quando poco dopo le autorit
fasciste condussero un regolare censimento in merito, si guardarono
bene, dopo tanto clamore, a pubblicarne i risultati. Che dire poi del
fatto che ormai gli ebrei si erano andati inserendo, progressivamente
e senza scosse, nella compagine italiana sia psicologicamente che
giuridicamente, e che dovunque erano accolti senza riserve e senza
Razza.
20
G.PREZIOSI, Giudaismo-bolscevismo-plutocrazia-massoneria, Milano 1944, pp.46-47.
13
pregiudizi?
Il risultato di questa parificazione in toto agli altri cittadini fu una
rapida e massiccia assimilazione
22
, morale e materiale; che si
manifest con un profondo attaccamento all Italia e ai suoi destini e,
nei casi piø estremi, addirittura con il ripudio della propria
ebraicit
23
.
1.3. L antisemitismo cattolico
La situazione italiana, come si Ł visto, non rivestiva un carattere
di eccezionale gravit come in altre nazioni, sia per il numero
limitato di ebrei nel Regno, sia per il gran numero di matrimoni
misti, sia ancora per le posizioni di rilievo che col tempo avevano
raggiunto, che consentivano loro di formarsi un ambiente piuttosto
favorevole. Semmai era limitato ad ambienti sempre piø ristretti ed
arretrati e non andava oltre alcuni luoghi comuni tradizionali (l ebreo
tirchio, sporco, affarista), destinati a scomparire con il progredire
dell assimilazione. Scrive il De Felice:
21
DE FELICE, op. cit., p.14.
22
Secondo il censimento del 1938, su cento coppie solo il 56,3 per cento aveva entrambi i
coniugi ebrei; le altre 43,7 per cento erano miste. Nell Italia meridionale i matrimoni misti erano 156.
23
Tra il 1932 e il 1937, le abiure furono 988.
14
il razzismo come fatto psicologico di massa e in buona parte
anche come fatto «culturale», Ł una conseguenza degli
antagonismi nazionali o, meglio, del nazionalismo, di cui Ł
una componente. Come tale, il razzismo trova in genere le
sue origini ed i suoi punti di forza nelle zone di frontiera
«elastiche» ed etnicamente non ben definite, nelle zone
nazionalmente miste o, almeno, in cui sono presenti forti
minoranze e sono vivi i contrasti tra i vari gruppi nazionali.
non per nulla il razzismo moderno Ł nato in Germania e in
Germania nella Prussia orientale, regione di profondi
contrasti nazionali. [ ] Ora tutto ci Ł sostanzialmente
mancato in Italia, paese in realt omogeneo etnicamente,
dalle frontiere almeno sino al 1918 ben definite e
coincidenti con i confini etnici, nonchØ sostanzialmente
statico entro queste frontiere. Da qui, di conseguenza,
l assenza di un razzismo autoctono e una diffusa sordit per
quello di importazione
24
.
Mentre nel resto d Europa, verso il 1870, l antigiudaismo
tradizionale entrava nei programmi politici di alcuni partiti laici,
coniugandosi con le nuove teorie razziste, in Italia, come sottolinea
lo stesso De Felice, era attivo soltanto quello di matrice religiosa,
legato in origine ai vecchi modelli teologici (gli ebrei deicidi
25
,
nemici della Chiesa e cos via). Ad essi si aggiunsero motivi piø
propriamente «materiali», legati alla concorrenza tra la nuova
24
DE FELICE, op. cit., pp.27-28.
25
Il Venerd Santo, persino il sacerdote invitava nell omelia a pregare per i «perfidi giudei» e a
15
struttura economica della Chiesa, passata da un economia di tipo
feudale ad un economia di tipo capitalistica, e le organizzazioni
dell alta finanza ebraiche. Gli articoli apparsi sulla rivista gesuita La
Civilt Cattolica, in special modo tra il 1881 e il 1893, sono
l espressione piø compiuta di questo antigiudaismo cattolico. La base
argomentativa comunque era sempre la stessa: la degenerazione della
religione israelitica avrebbe condotto il popolo ebraico al «supremo
delitto». A leggere La Civilt Cattolica, sembrerebbe che l Italia
dell ultimo decennio del XIX secolo fosse un Paese in preda al caos,
alla violenza, all immoralit e tutto ci ad opera di una grande
macchina ebraica di potenza infinita. Alcuni periodici clericali
arrivarono addirittura ad attacchi ferocissimi ed ingiustificati. Tutti
erano per concordi nell abolire l uguaglianza dei culti e nel
ripristinare le vecchie limitazione verso gli ebrei
26
. Alcuni arrivarono
a proporre la confisca come beni nazionali, di tutti gli averi ebrei.
Fortunatamente con il XX secolo gli organi di stampa cattolici piø
qualificati diminuirono la periodicit e la durezza dei loro attacchi
contro l ebraismo.
invocare la misericordia di Dio «per la giudaica perfidia».
26
Limitazioni che erano state abolite in Italia con l emancipazione del 1860; a Roma lo saranno