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affascinato gli artisti di ogni epoca, a partire dai romani che, prendendo
spunto dalle raffigurazioni ellenistiche (oggi perdute), cominciarono a
decorare case private, templi e ambienti di vita quotidiana. Testimonianze
ancora visibili, per esempio, nella Casa di Livia a Roma, e negli affreschi
provenienti dal Tempio di Iside di Pompei.
Prendendo le mosse proprio dalle rappresentazioni piø antiche, questo
lavoro cerca di fare luce sull evoluzione dell icon ografia del mito,
attraverso una selezione significativa di opere, che dimostra la fortuna della
vicenda nella storia dell arte.
Nel primo capitolo viene fatto il punto sulle fonti letterarie e artistiche
dell antichit , ovvero il materiale di riferimento delle prime decorazioni,
mentre nel secondo vengono presentati i manoscritti medievali che hanno
permesso la diffusione del testo ovidiano in epoca moderna. L Ovide
MoralisØ e l Ovidius Moralizatus ebbero nel Trecento un influenza
significativa nelle rappresentazioni del mito, utilizzato quasi sempre come
allegoria ed exemplum morale, come dimostra la figura di Mercurio che
mutua l iconografia di San Michele.
Nel Quattrocento (capitolo terzo), la fortuna della vicenda amorosa non si
arresta e continua ad essere rappresentata: dalle miniature delle opere di
Boccaccio (1313-1374), De Mulieribus Claris e Genealogie Deorum
Gentilium, ai cassoni di Apollonio (1420 ca 1465 ca) e Barto lomeo di
Giovanni (documenti dal 1488 al 1501), fino ad arrivare alle decorazioni
dell Appartamento Borgia in Vaticano, volute da Alessandro VI (1431-
1503) per valorizzare gli elementi araldici della sua famiglia. Un fatto
curioso perchØ le immagini mettono da parte i carateri moralizzatori del
Trecento, a favore di una pura rappresentazione pagana.
Tuttavia, Ł con la comparsa della stampa a cavallo del Quattro-Cinquecento
(capitolo quarto), che le Metamorfosi di Ovidio e quindi il racconto del mito
di Giove e Io, riescono ad accrescere la loro diffusione. Ne deriva anche un
interesse sia dei committenti che di incisori ed artisti. Tra i piø significativi,
3
Correggio (1489-1534) con le tele sugli Amori di Giove , Giovan Battista
Zelotti (1526-1578) con gli affreschi di Villa Emo a Treviso e Perin del
Vaga (1501-1547) e Caraglio (1500-1570) con le incisioni (in parte
censurate dalla Chiesa) degli Amori degli Dei .
Nei secoli successivi (capitolo quinto), la rappresentazione viene adattata
alle nuove tendenze e gusti artistici, che prediligono gli elementi
naturalistici. Da una parte, la Controriforma limita la diffusione di soggetti
pagani, che diventano cos appannaggio di commissioni private o comunque
di artisti provenienti dalle regioni del Nord-Europa, divenute in modo
definitivo zone di influenza del protestantesimo; dall altra, l interesse
crescente per i paesaggi sposta l attenzione agli episodi del mito che vedono
coinvolti Mercurio e Argo. La conoscenza del tradimento di Giove viene
data per scontata e la scena si sposta in un contesto idillico-pastorale con i
personaggi ridotti ad elementi secondari.
Ecco cos , le opere dei pittori Fiamminghi, tra cui Pieter Paul Rubens (1577-
1640) con La morte di Argo, Abraham Bloemaert (1566-1651) e Jan Both
(1618-1652) con Mercurio e Argo, Jacob Jordaens (1593-1678) con una
lunga serie di copie di Mercurio e Argo e di Paul Bril (1553/54-1626), con
Paesaggio con Mercurio e Argo. In Spagna, infine, si distingue Diego
Vel zquez (1599-1660) con Mercurio e Argo.
La vicenda di Giove e Io continuer ad essere rappresentata anche
successivamente, sebbene la poca originalit delle immagini faccia pensare
ad una raffigurazione ormai ridotta a stereotipo. L unica eccezione Ł quella
di Felice Giani (1758-1823) con il disegno Mercanti fenici rapiscono Io,
figlia del re d Argo , che decise di discostarsi dalla tradizione ovidiana,
utilizzando come fonte ispiratoria Erodoto2.
2
Erodoto, Storie, Libro I, 1, 2.
Introduzione di Livio Rossetti, Traduzione di Piero Sgroj, Revisione e Note di L. Rossetti
in Collaborazione con Graziano Ranocchia, Roma, Grandi Tascabili Economici Newton,
1997, pagg. 25 e 26.
4
L analisi proposta si ferma alla fine del 600 e pr esenta la descrizione delle
principali opere. Le raffigurazioni successive sono raccolte come
testimonianza, in un appendice che contiene anche le principali fonti
letterarie.
6
Capitolo Primo
Le fonti letterarie: Giove e Io nella tradizione
greca e romana
I miti e gli dei sono sempre stati parte integrante della vita dell uomo,
radicandosi nel desiderio di scoprire da dove traggono origine tutte le cose.
Sappiamo che componimenti di carattere mitologico furono scritti
nell antica Grecia da Omero (VIII-VII secolo a.C.), Nicandro (cronologia
incerta) e da Partenio di Nicea, dei quali per non esistono piø testi integri.
Un caso di particolare rilevanza nel quadro della letteratura e nell arte
figurativa Ł rappresentato da Ovidio (47 a.C.-18 d.C.) con il suo poema
epico e collettivo -tutte le storie sono indipendenti ma accomunate da uno
stesso tema- le Metamorfosi (il titolo latino Ł Metamorph seon libri ) scritto
tra il 2 d.C. e l 8 d.C. in cui vengono appunto narrate storie di soggetto
mitologico. Le vicende trattate nei 15 libri sono 250, inserite in un tempo
cronologico ben delineato: il primo libro infatti, inizia con un proemio al
quale si aggiunge il racconto della nascita del mondo seguita alla confusione
originaria e infine alla creazione del genere umano dovuta all intervento
divino. Oltre che in Ovidio gi nella tradizione gr eca l uomo e la donna
nuovi nacquero s per volere di Dio, ma grazie al l aiuto che Deucalione e
Pirra diedero a Zeus/Giove nel creare una nuova stirpe di uomini.
Deucalione era figlio di Prometeo, il quale, plasm sempre per intervento di
un Entit Superiore l uomo dalla terra generando co s creature che verranno
annientate nel diluvio mandato da Giove, insoddisfatto del loro
comportamento. Deucalione e Pirra che non avevano commesso alcuna
colpa contro gli dei vengono salvati dalla punizione divina sotto consiglio di
Prometeo che dice a Deucalione di fabbricare un imbarcazione e di salirvi
con Pirra sua sposa; i due navigano per nove giorni e al termine del diluvio
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che sconvolge l umanit si rendono conto di essere gli unici due abitanti
della terra. Consultato l oracolo divino, ai due superstiti viene indicato di
velarsi il capo e gettare delle pietre alla loro spalle: le pietre si
trasformeranno in uomini e donne3. Da questo momento, nascono tutte le
storie che caratterizzano gli dei, ma anche racconti di ninfe, semidei: il tutto
per dare un senso logico alla storia del mondo, fino ad arrivare al libro
quindicesimo, in cui Ovidio narra della storia di Roma contemporanea:
l apoteosi di Cesare mutato in cometa, la glorificazione di Augusto e la
sicurezza del poeta di aver raggiunto l immortalit scrivendo la sua opera.
Dopo questa premessa Ł importante focalizzare l attenzione sul primo libro
dell opera dell autore romano perchØ, tra gli altri miti, viene descritta la
vicenda amorosa di Giove e Io. Giove intravede Io nel bosco e cerca di
avvicinarla per impossessarsi di lei parlandole, mentre Inaco, fiume e padre
della ragazza, piange la scomparsa della figlia. Io, recalcitrante nei confronti
di Giove cerca di sfuggire alla volont del dio, ma egli, ravvolta la terra di
vasta nebbia, nasconde la ninfa, la ferma e le toglie il pudore 4. Giunone,
moglie del padre degli dei, sospettosa del fatto che banchi di nuvole
coprissero il cielo limpido comincia subito a cercare Giove, ma senza
risultati. Ordina allora alle nebbie di dissolversi, ma Giove, che aveva
previsto di lei l improvvisa discesa, in una bianca giovenca converse
l inachide ninfa 5. Giunone una volta trovato il consorte chiede da dove sia
giunta la mucca che si trova vicino al marito e ammirandone le fattezze la
chiede come dono. Giove, inizialmente titubante sul da farsi poichØ cedere
l amata sarebbe stato crudele e non farlo sospetto, concede alla moglie e
sorella di prendere con sØ l’animale per non far capire che non si trattava di
una semplice giovenca. Per paura che il marito potesse rubargliela, Giunone
3
Lucia Impelluso, Eroi e Dei dell Antichit , Milano, Electa, ristampa 2003, pagg. 83, 216 e
217.
4
Ovidio, Le Metamorfosi (2/8 d.C.), vv. 599 e 600, Libro I.
A Cura di Ferruccio Bernini, Bologna, Nicola Zanichelli Editore, 1958, pag. 37, vol. I.
5
Ovidio, Le Metamorfosi, vv. 610 e 611, cit..
8
affida l’animale in custodia ad Argo dotato di cento occhi, dei quali due
dormono a turno, mentre non dormono gli altri che vigili fanno la scolta 6.
Io si trova cos a pascolare di giorno e ad essere imprigionata di notte; si
trova a bere alle sponde di Inaco, che ignora la sua identit , senza poter dire
chi Ł. Ma non con parole, con segni che scrisse col piŁ su l a polve,
diedegli (al padre Inaco) triste la prova del corpo che s era mutato 7. Inaco
una volta riconosciuta la figlia esclama: Figlia, per tutte le terre cercai:
non t avessi trovata! Era piø lieve il dolore!...e alle paterne parole rispondi
con alti muggiti! 8. Argo, accortosi dei lamenti del padre della fanciulla la
spinge verso pascoli deserti, ma Giove non sopportando piø la prigionia di
Io chiede a Mercurio, suo fedele messaggero, di portarla in libert . Egli,
prendendo le sembianze di un pastore si siede in compagnia di Argo; dopo
avergli raccontato la storia di Siringa e di Pan, lo fa addormentare con il
suono della zampogna9 e lo decapita. Giunone dispiaciuta per l’accaduto fa
degli occhi di Argo la decorazione delle piume del pavone, animale a lei
sacro. Io punita nuovamente da Giunone Ł costretta a non trovare pace e a
girovagare senza sosta finchØ la dea, sotto la pres ione di Giove, pone fine
al suo supplizio mentre si trova sulle rive del Nilo. Io riprende l aspetto di
prima tornando qual era. C donle i peli dal capo, l e corna si scemano, gli
occhi impiccoliscono, il muso s accorcia, le spalle e le mani tornano, e
l unghie si perdon sciogliendosi in cinque ciascuna: della giovenca non
resta piø nulla se non il candore 10. In Egitto la figlia di Inaco fecondata
precedentemente da Giove dar alla luce Epafo.
6
Ovidio, Le Metamorfosi, vv. 625 e 626, cit..
7
Ovidio, Le Metamorfosi, vv. 646 e 647, cit..
8
Ovidio, Le Metamorfosi, vv. 650-655, cit..
9
Sembra che Mercurio per addormentare Argo si sia fatto prestare la siringa di Pan.
10
Ovidio, Le Metamorfosi, vv. 736-742, cit..