attivato, porterà una performance inferiore rispetto a quella in una condizione di
controllo. Per far ciò chiederemo ai partecipanti di rispondere ad alcuni
questionari che rivelano alcune caratteristiche come autostima, livello di
prevention/promotion, aggressività nel loro approccio al gioco, e di sottoporsi a
due test che indichino invece il loro livello in abilità che si ritiene essere
importanti nell’aumento della competenza scacchistica. In seguito ogni
partecipante giocherà due partite, nelle quali le variabili che verranno manipolate
saranno il genere dello sfidante (reale e supposto tale) e la scelta del colore
(ricordo che negli scacchi inizia sempre il bianco). Secondo le nostre ipotesi le
partecipanti facenti parte del gruppo sperimentale otterranno dei risultati inferiori
nella condizione di minaccia, soprattutto se caratterizzate da un basso livello di
autostima e da una bassa aggressività scacchi-specifica, e saranno più orientate
ad avere un atteggiamento di prevention per evitare di confermare lo stereotipo
attivato. Si presume inoltre che abbiano risultati migliori quando si troveranno di
fronte ad un avversario creduto donna rispetto che quando dello stesso avversario
è conosciuta l’appartenenza al genere maschile.
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Capitolo I
IL GIOCO DEGLI SCACCHI
1.1.La Storia
“Ogni giocatore di scacchi confermerà
volentieri che il gioco degli Scacchi, questo
meraviglioso dono dell’oriente, è non
solamente il più nobile e più bello di tutti i
giochi, ma procura anche i più grandi piaceri
intellettuali, perché si colloca alla frontiera fra
il gioco, l’arte la scienza.” (Siegbert Tarrash)
1.1.1 Le origini
Il gioco degli scacchi è da sempre considerato uno tra i più nobili e
complessi giochi che l’umanità abbia dato alla luce. E’ anche ricoperto da un
alone di mistero, che ci fa chiedere come facciano grandi campioni a rimanere
per ore davanti ad una scacchiera senza dar segni di stanchezza, salvo poi alzarsi
completamente sudati dalla fatica fatta, oppure come sia possibile giocare
un’intera partita senza però avere la scacchiera di fronte, usando solo quanto la
memoria riesce a offrir loro, o ancora, ritornando indietro nei secoli, in che
tempo e in che modo essi siano nati. Secondo gli ultimi studi, il gioco degli
scacchi trova le sue origini nell’India dell’II o III secolo d.C., e si pensa derivi
dai dadi; si presume infatti che inizialmente esistesse un gioco, le cui regole
ricordano quelle del gioco dell’oca, per cui, disegnata a terra una linea, e segnate
su di essa delle tacche trasversali, a seconda del punteggio derivante dal lancio
dei dadi, il giocatore dovesse giungere alla fine della suddetta linea. Tuttavia,
vedendo che in questo modo le partite erano troppo brevi, si aggiunse dapprima
una linea parallela con lo stesso numero di tacche, poi una seconda, una terza, e
così via, venendosi così a formare la tipica griglia della scacchiera.
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Questo modo di segnare i punti faceva sì che a volte un giocatore, con un
lancio di dadi fortunato, raggiungesse una casella già occupata dal segnaposto
avversario. Inizialmente non si diede peso a questa situazione, finquando non si
decise che il pezzo che giungeva su una casella già occupata avesse il potere di
scacciare il pezzo già presente concludendo così la partita. L’evoluzione
successiva previde non più l’allontanamento del pezzo, bensì la sua cattura,
facendo sì che ad un maggior numero di pezzi presi coincidesse un maggior
guadagno per il vincitore. Quest’immagine del tributo che lo sconfitto doveva
versare al vincitore riportava all’idea di una tassa regale, tanto che ogni incontro
poteva considerarsi una lotta tra re. Inoltre la competizione insita in questo gioco
(che prese il nome di chaturanga) unito alla cattura del nemico fece sì che ogni
partita venisse vista come una guerra; ovviamente ai due re servivano delle
armate.
L’esercito prese la forma di quello indiano, quindi composto da elefanti,
carri da guerra, fanteria e cavalleria, disposti secondo un ordine rigidamente
fissato: i carri da battaglia ai fianchi, la cavalleria in mezzo, gli elefanti al centro
e la fanteria in prima linea. Il re, o maraja, era fermo al centro, accanto a lui era
posizionato il suo miglior consigliere, il visir. Inizialmente non c’era differenza
nel movimento dei pezzi, si continuò a spostarli in avanti verticalmente secondo
il numero determinato dal lancio dei dadi, allo scopo di raggiungere l’ultima casa
o di guadagnare i pezzi avversari, poi si vide necessario differenziare le mosse
dei diversi pezzi e i dadi servivano solo a indicare quale pezzo muovere.
A questo punto, il gioco dei quattro elementi (chatur = quattro; ranga =
parti di un tutto) era nato; l’ultimo passo fu togliere i dadi.
Gli scacchi iniziano presto a diffondersi in diverse direzioni: marciano
verso Est lungo lo stesso itinerario del buddismo e quindi conquistano a Nord Est
la Cina e a Sud Est la Tailandia; dalla Cina passano in Corea e in Giappone. Gli
scacchi dell’Estremo Oriente asiatico sono molto diversi dagli scacchi
internazionali, che provengono dall’espansione verso Nord Ovest, ma sono
scacchi a tutti gli effetti con una grande tradizione culturale e tecnica.
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Arrivati in Persia ai tempi di Cosroe, gli scacchi si diffondono,
lentamente, ma costantemente in due direzioni: Nord e Ovest.
Gli storici sono concordi nell’affermare che gli arabi conobbero gli
scacchi in seguito all’invasione della Persia nel 641. Li diffusero, assieme alla
matematica greca e all’aritmetica indiana, fino al Marocco, poi nella penisola
iberica, quando nel 711 passarono lo stretto di Gibilterra, e in Sicilia,
probabilmente già nei 75 anni, dall’827 al 902, che ci misero per conquistarla.
A differenza di ciò che dicono alcune fonti, gli scacchi non erano noti ai
greci e ai romani. La celebre anfora, conservata al museo etrusco di Roma. in cui
si vedono Achille e Aiace che giocano su un tavoliere, secondo la tradizione
durante una pausa dell’assedio di Troia, non ha nulla a che vedere con gli
scacchi. I due eroi omerici forse giocano ai latrunculi (il giuoco dei briganti) o al
“lusus duodecim scriptorum” antenato della tavola reale (detto poi tric trac e oggi
backgammon).
Il latrunculorum lusus non poté essere identificato con certezza. Nel
medioevo fu supposto simile agli scacchi e così nacque l’uso tardo medievale di
chiamare gli scacchi latrunculorum lusus (Così Francesco Petrarca nel “De
remediis utriusque fortunae”, quando si scagliò contro gli scacchi, eccessiva
perdita di tempo) o più semplicemente lusus calculorum. Sembra proprio, come
felicemente nota Adriano Chicco, che mentre il giuoco dei latrunculi scompariva
a Occidente (le ultime tracce sono del quinto secolo), gli scacchi nascessero in
Oriente.
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1.1.2 Il medioevo
Sono all’incirca dell’anno 1000 le prime testimonianze scritte di epoca
medioevale, e la loro provenienza va ritrovata nella penisola iberica. Questo dato
non deve stupire, visto che proprio qui fu più forte l'influenza degli arabi.
Anche dall’Italia ci sono delle testimonianze scritte riguardanti il gioco,
come si legge in una lettera scritta nel 1061 da S. Pier Damiani, cardinale di
Ostia, al papa Alessandro II, in cui l’autore deplorava la passione dei dadi, della
caccia e degli scacchi. Gli scacchi furono infatti messi dalla Chiesa allo stesso
livello di un gioco d’azzardo, e quindi considerati immorali, condanna che è
pesata per lungo tempo sulle sorti di questo gioco. Il malinteso nacque dal fatto
che molti giocatori dell'epoca, per rendere il gioco più eccitante, avevano inserito
l'uso dei dadi per determinare quale mossa si dovesse compiere, alterando in tal
modo le regole originali ed avvicinando il gioco praticato più al latrunculorum
lusus dei legionari romani che non agli scacchi per come li conosciamo oggi.
La diffusione degli scacchi nel medioevo fu comunque grandissima. Tanto
è vero che interi poemi furono dedicati a questo gioco, come quello, lunghissimo,
intitolato Les èches amoureux, che conta 30060 versi.
I primi veri e propri trattati scacchistici, cioè manoscritti sulle regole e
tecniche di gioco, trattarono soprattutto la problemistica, cioè lo svolgimento di
posizioni precostituite che potevano portare alla vittoria od al pareggio di uno dei
due giocatori solo attraverso una serie di mosse difficile da individuare.
In particolare importanti e celebri sono i codici miniati Bonus Socius e
Civis Bononiae. Un esemplare del primo codice è conservato nella Biblioteca
nazionale di Firenze e riporta su pagine in pergamena ben 194 problemi
scacchistici. Altro codice miniato importantissimo è il Tractatus partitorum
Schachorum Tabularum et Merelorum Scriptus anno 1454, rinvenuto nel 1950 e
presente a Modena nella Biblioteca Estense. Il codice è composto da 347 fogli
finemente decorati, e le soluzioni sono state riportate a tratti sia in latino che in
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antico volgare, cosa che ci fa capire come questo gioco godesse di una vasta
diffusione in ogni ceto sociale e culturale.
1.1.3 Il rinascimento
Nel XVI secolo gli scacchi raggiunsero un periodo di grande fulgore e
fiorirono i primi famosi giocatori del gioco moderno. All’epoca dei viceré
spagnoli gli scacchi erano ufficialmente considerati il gioco di corte, ma
specialmente l'Italia divenne la patria di campioni che i regnanti di tutte le corti si
contesero senza badare a spese, organizzando tornei e sfide con ricchi premi. In
primo luogo è doveroso citare le figure di Leonardo Cutrio, o da Cutro, (1552-
1597), detto "il Puttino", e del suo grande rivale Paolo Boi (1528-1598),
soprannominato "il Siracusano". Si racconta che Leonardo da Cutro riuscì
perfino a liberare suo fratello, catturato dai feroci Saraceni, giocandone la libertà
a scacchi con il capo dei pirati.
Probabilmente però il giocatore più famoso di questo secolo fu
Gioacchino Greco, detto "il Calabrese". Egli fu forse quello che più girovagò per
tutta Europa, passando da una corte all'altra, fino a toccare le terre d'Inghilterra,
di Francia e naturalmente di Spagna, dove primeggiò alla corte di Re Filippo IV.
E' da sottolineare come la generosità dei potenti nei confronti dei migliori
giocatori dell’epoca diede un grosso contributo allo sviluppo tecnico del gioco,
portandolo a livelli prima sconosciuti.
In Europa, nei primi cinquecento anni, gli scacchi subirono solo lievissime
modifiche. Erano in primo luogo un passatempo sociale più che un'occupazione
intellettuale; di conseguenza, furono fatti pochi passi avanti, teorici o tecnici,
rispetto a quelli descritti nella letteratura musulmana.
Fu verso la fine del XV secolo che avvenne un'improvvisa riforma nelle
regole che fu adottata velocemente in tutta Europa: si tratta del maggior
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cambiamento di questo gioco nel corso di tutta la sua storia documentata. Una
delle nuove regole permetteva a un pedone di avanzare di due case alla sua prima
mossa e questo ebbe l'effetto di velocizzare il gioco senza stravolgerne troppo le
tattiche generali.
Due ulteriori variazioni risultarono ancora più importanti: fu permesso
all'Alfiere di spostarsi più lontano, mentre il consigliere, pezzo più debole sia di
torre che di cavallo divenne la Donna che assume i movimenti dell’alfiere e della
torre moderni.
1.1.4 L’illuminismo
E’ il Settecento che ospita il primo vero giocatore teorico, cioè il francese
André Francoise Danican Philidor, detto "il Grande", nato a Dreux nel 1726, che
può essere considerato senza ombra di dubbio il maggiore trattatista del XVIII
secolo. Philidor divenne famoso sia per la sua innegabile forza di giocatore, sia
per avere partorito un'opera fondamentale come Analyse du jeu des échecs,
pubblicata a Londra per la prima volta nel 1749. Questa fu l'unica opera di
Philidor sul gioco degli scacchi, ma introdusse concetti nuovi e sconosciuti
all'epoca, riassunti nella sua celebre frase "I Pedoni sono l'anima del giuoco degli
scacchi". Il libro di Philidor ebbe un tale successo che in breve tempo vennero
stampate sessanta edizioni in varie lingue.
Fu nel periodo di Philidor che i giocatori di scacchi presero l'abitudine di
incontrarsi nei caffè delle città, luogo di ritrovo anche di artisti e letterati. I centri
dell'attività scacchistica durante questo secolo furono l'Inghilterra e la Francia; a
Parigi, il Café de la Régence era il luogo d'incontro preferito dai giocatori di
scacchi. Riunì i migliori giocatori dell'epoca, inclusi Légal de Kermeur, François-
André Danican, Philidor, La Bourdonnais, Alexandre Deschapelles e Saint-
Amant così come famosi giocatori non professionisti quali Voltaire, Diderot,
Rousseau e Benjamin Franklin.
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In Inghilterra, fra il 1700 ed il 1770, furono molto frequentati dai giocatori
di scacchi il Caffè Parshoe ed il Caffè Tom, entrambi a Londra. Il Caffè Tom
divenne successivamente la sede ufficiale del famoso London Chess Club, al
quale erano iscritti i migliori scacchisti inglesi.
Una curiosa "innovazione" del XVIII secolo fu il cosiddetto giocatore
meccanico. Ne furono progettati numerosi, ma tutti seguivano uno schema di
base: una scatola che metteva in mostra un complicato meccanismo contenuto
all'interno e che sembrava in grado di giocare a scacchi grazie a un braccio
meccanico; ma in realtà, naturalmente, tutte queste invenzioni funzionavano solo
grazie all'intervento umano. Le prime “automazioni” nascondevano una persona
all'interno della scatola, in seguito divennero comandate a distanza,
elettricamente (vd. Porreca, 1959).
1.1.5 Il diciannovesimo secolo
La prosperità economica del XIX secolo portò a un aumento del numero
di persone dotate di cultura sufficiente a trovare appassionanti gli scacchi. Fu in
questo periodo che nacquero club destinati esclusivamente agli scacchi,
particolarmente in Gran Bretagna. Alcune scoperte tecnologiche vennero in aiuto
all'espansione del gioco degli scacchi: la riduzione del costo di stampa portò ad
edizioni economiche di numerosi libri sugli scacchi e sempre in questo periodo i
Francia nacque la prima rivista di scacchi. A causa della complessità del gioco, il
materiale scritto per giocatori di ogni livello fu fondamentale per la sua
diffusione.
Tuttavia colui che divenne la maggior personalità della cultura
scacchistica di questo periodo fu senz'altro Howard Staunton. Nato nel 1810, si
dedicò assiduamente alle sue due passioni preferite, il teatro shakespeariano e gli
scacchi. Ottimo giocatore, fondò la celebre rivista scacchistica "The Chess
Player's Chronicle", punto di riferimento per i giocatori dell'epoca.
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In effetti nel 1851 Staunton organizzò quello che fu il primo torneo
internazionale della storia, il grande Torneo di Londra. Naturalmente Staunton
partì da favorito, ma a sorpresa la competizione venne vinta da un allora
semisconosciuto giocatore tedesco, Adolf Anderssen.
Il maggiore giocatore del periodo romantico dell'Ottocento fu tuttavia
l'americano Paul Charles Morphy. Imparò a giocare a scacchi dal padre all'età di
dieci anni ed a tredici riuscì a battere nientemeno che l'ungherese Löwenthal,
venuto negli Stati Uniti per un giro d'esibizione! Volle quindi cimentarsi con
l’Europa ed i suoi massimi esponenti a livello scacchistico, e lanciò più volte il
guanto di sfida a Staunton, che però si rifiutò di incontrarlo anche perché non
stava attraversando un periodo di forma ottimo in quanto alle prese con il suo
lavoro. Ci fu così il match tra Morphy e Anderssen che vide il primo vincere con
un grosso distacco dall’avversario (+7, =2, -2).
Il 1886 vide nascere il primo campione mondiale di scacchi; Steinz, in un
incontro che vedeva come avversario Zukertort, vinse e si proclamò come il più
forte giocatore di scacchi al mondo. Da questo momento in poi, come regola di
base, chi avesse voluto sfidare il campione per strappargli il titolo avrebbe
dovuto essere accettato dal campione stesso, che stava ben attento a scegliere
solo giocatori in grado di portare in pegno un’ottima borsa economica. Steinz
rimase campione fino al 1894, quando, negli Stati Uniti, venne sconfitto da
Lasker.
1.1.6 Il ventesimo secolo
Gli scacchi fiorirono nel secolo scorso, sia in popolarità che in tecnica.
Come altre manifestazioni, anche gli scacchi durante la prima guerra mondiale
videro un calo di attività nei Paesi coinvolti. Il più importante cambiamento
amministrativo del XX secolo fu la creazione della federazione mondiale per gli
scacchi. Nell'estate del 1924, delegati provenienti da 15 Paesi si incontrarono a
Parigi e costituirono la FIDE, (Féderation Internationale des Éches). Al momento
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