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In parte di quel periodo si è assistito al Minimo di Mauder (figura I.2): il ciclo solare si è
interrotto dal 1645 al 1715. Con la ripresa del ciclo sono ripartite le aurore boreali, con
grande spavento dei contadini del nord Europa che ne avevano perso memoria.
Ultimamente, è stata avanzata un’ipotesi su una possibile influenza del ciclo solare sul
clima che passa attraverso la modulazione che esso induce sull’arrivo in atmosfera dei
raggi cosmici galattici: essi influenzerebbero notevolmente la formazioni di nubi nello
strato più basso dell’atmosfera terrestre. Il meccanismo è lo stesso che è alla base di uno
dei primi tipi di rivelatori di raggi cosmici: la camera a nebbia.
Da qui l’occasione per questo lavoro di tesi.
Il primo capitolo descrive il fenomeno dei raggi cosmici in maniera generale
presentandone la scoperta, i problemi ancora irrisolti e “l’incontro” con il nostro
pianeta.
Nel secondo capitolo, invece, la trattazione diventa un po’ più tecnica, con una precisa
classificazione che evidenzia le differenze e i livelli di conoscenza raggiunti
relativamente a ciascuna tipologia. Per lungo tempo prima della costruzione dei grandi
acceleratori di particelle, i raggi cosmici sono stati la sola fonte di particella di alta
energia a disposizione dei fisici. Hanno permesso la scoperta delle antiparticelle, come i
positroni, e di molti barioni. E’ proprio ripercorrendo tali scoperte che, nel capitolo 3, si
è giunti agli esperimenti più recenti basati sui raggi cosmici. Naturalmente l’attenzione è
stata rivolta a quegli esperimenti appena conclusi o ancora in atto in cui sono coinvolti
direttamente ricercatori dell’Università “Federico II”, presentando la tecnologia
utilizzata e i risultati a cui si è giunti.
L’ultimo capitolo, invece, descrive gli ultimi sviluppi relativi alla teoria che lega il flusso
di raggi cosmici alle variazioni climatiche terrestri e alle sempre maggiori influenze che i
raggi cosmici possono avere negli sviluppi tecnologici a terra e nello spazio intorno alla
terra.
Figura I.2 – Ciclo solare in termini di numero di macchie presenti sul Sole. Nel
periodo 1645-1715 il ciclo si interrompe (Minimo di Mauder)
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I.
I RAGGI COSMICI
I raggi cosmici sono particelle cariche che viaggiano a velocità prossime a quelle della
luce e colpiscono la terra da tutte le direzioni. La maggior parte di essi è per lo più
costituita da nuclei di atomi, a partire da quelli appartenenti agli elementi più leggeri
della tavola periodica fino ai più pesanti, elettroni ad alta energia, positroni e altre
particelle subatomiche.
I raggi cosmici ci danno uno dei pochi esempi diretti di materia esterna al sistema
solare. Hanno origine nello spazio e sono prodotti da diverse sorgenti come il Sole, le
altre stelle e altri oggetti lontani come le supernovae e i loro resti, le stelle di neutroni, i
buchi neri, i nuclei galattici attivi e le galassie radio. [OULU]
Esistono tre diversi tipi di raggi cosmici:
- Raggi cosmici galattici, originati fuori dal sistema solare;
- Raggi cosmici solari, originati dai brillamenti del Sole;
- Raggi cosmici anomali, originati dallo spazio interstellare.
Figura 1.1- Fondo cosmico a raggi X
L’immagine di una notte chiara ottenuta con strumenti sensibili ai raggi X o ai raggi gamma è diversa da quella
usuale: si notano ancora le stelle brillare ma anche un debole scintillio del cielo che non apparirà più scuro.
Questo è dovuto al diffuso fondo cosmico ad alta energia, ossia raggi X e raggi gamma diffusi nell’universo.
Le sorgenti di questa radiazione di fondo sono differenti a seconda dell’energia che stiamo considerando. Per
basse energie dei raggi X, circa 0.25 KeV, il cielo brilla a causa della radiazione emessa dai gas caldi che occupano
lo spazio interstellare. Questo gas ha una temperatura di circa un milione di gradi ed è emesso in due modi:
dall’esplosione di una supernova e dai venti caldi emessi da stelle giovani molto massive. Per energie più alte, di
0.5 KeV, le sorgenti del fondo cosmico cambiano considerevolmente; infatti, la radiazione rilevata è,in tal caso,
isotropica, pertanto, molti scienziati affermano che essa proviene dall’esterno della Via Lattea, poiché a causa
della forma della nostra Galassia, la radiazione non è uniforme. La radiazione avente energia superiore ad 1 KeV,
invece, è generata da oggetti extragalattici galattici molto distanti da noi. Usando le osservazioni della sonda
ROSAT, più del 60% della radiazione ad 1-2 KeV è stata attribuita a sorgenti come i quasar. L'origine della
componente isotropa del fondo gamma invece non è ancora del tutto chiara. Un'ipotesi formulata prevede che sia
costituita da un fondo non risolto di galassie sorgenti di raggi gamma. A questa radiazione extragalattica potrebbe
però sovrapporsi una componente galattica proveniente dall'alone.
[NASA, GSFC]
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1. LA SCOPERTA
La prima evidenza dell’esistenza dei raggi cosmici arrivò inaspettatamente
all’inizio del 1900 studiando i fenomeni radioattivi che risultavano ineliminabili, anche
usando delle schermature. Infatti, l’inizio del secolo fu molto ricco di scoperte in fisica
nucleare poiché, sebbene la teoria di Maxwell avesse spiegato la propagazione delle
onde elettromagnetiche, la natura della luce e la sua emissione continuavano ad essere
oggetto di studio.
Così, nel 1895 il fisico W .Roentgen scoprì i raggi X e pochi anni dopo, prima il fisico
Bequerel e poi i fisici Curie, contribuirono alla scoperta della radioattività. I raggi X e gli
elementi radioattivi vengono studiati attraverso la ionizzazione che producono sui gas
che acquisiscono, quindi, la capacità di condurre l’elettricità.
Strumenti in grado di rilevare questi effetti sono gli elettroscopi e gli elettrometri. Gli
elettroscopi misurano l’intensità della radiazione attraverso i suoi effetti sulla carica
elettrica accumulata. Infatti, quando l’elettroscopio viene caricato, le lamelle conduttrici
al suo interno si separano per repulsione elettrostatica; la radiazione può ionizzare l’aria
nell’elettroscopio e far perdere la carica, cosicché le lamelle ritornino al loro posto.
Nello studio dell’identificazione degli elementi fu rilevato che ognuno di essi ha
un determinato potere radioattivo che decresce col passare del tempo. Il problema si
presentò quando gli elettroscopi rilevavano radioattività anche senza la presenza di
sorgenti radioattive vicine: fu subito chiaro che questo eccesso di radiazione non
potesse provenire dalla Terra. Pertanto, l’origine della radiazione misurata fu prima
posta sulla cima delle montagne, poi nella stratosfera ed, infine, nello spazio lontano.
Furono fatti diversi esperimenti per eliminare questa carica residua, ma nessuno riuscì
nel suo intento.
Si pensò, quindi, di allontanare gli strumenti di misura dalla Terra, in modo da eliminare
gli effetti di radioattività naturale, ma anche questo tentativo fallì. I primi risultati si
ebbero solo nel 1911 quando un fisico austriaco, Victor Hess, effettuò misurazioni con
il suo elettroscopio su un pallone aerostatico; egli notò che, inizialmente, l’intensità della
radiazione decresceva con l’aumentare dell’altitudine, ma arrivando oltre 5000 piedi la
radiazione diventava molto più intensa rispetto al livello del mare.
Hess concluse, quindi, che: “I risultati delle presenti osservazioni possono
essere spiegati ammettendo la presenza di una radiazione estremamente energetica che
penetra l’atmosfera e, interagendo, provoca la ionizzazione dell’aria così come essa
viene osservata” (Figura 1.2).
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Per Hess si trattava di raggi gamma, gli stessi osservati nel decadimento radioattivo
naturale; della stessa idea era Robert Millikan che durante le sue misure rilevò una
quantità di radiazione in eccesso pari all’incirca al 25% di quella misurata da Hess in
Europa e, quindi, concluse che non esisteva radiazione di origine cosmica. In realtà, la
differenza misurata era dovuta alla differenza dei valori assunti dal campo magnetico
terrestre in Texas e in Europa; correggendo i dati ottenuti, Millikan accettò l’idea di una
radiazione proveniente dallo spazio e la chiamò cosmic radiation, o cosmic rays.
[Friedlander, 1989]
Figura 1.2- Victor Hess, lo scopritore dei raggi cosmici.
Per trovare una spiegazione all’eccesso di radioattività misurato
dagli strumenti a terra, portò i suoi esperimenti a bordo del pallone
aerostatico che nel 1912 arrivò all’altezza di 17.500 piedi. La
radiazione risultò essere, però, di intensità molto più elevata di
quella aspettata e fu attribuita ad una sorgente di origine esterna
all’atmosfera: nacque l’ipotesi dei raggi cosmici. [LNGS]
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2. L’ORIGINE
Esistono svariate ipotesi relative all’origine dei raggi cosmici; infatti, essendo
elettricamente carichi, vengono deflessi dai campi magnetici, per cui è impossibile
individuare la loro direzione originaria. Il primo passo nella comprensione dell’origine
dei raggi cosmici è stato stabilire se essi provenissero da oggetti interni alla nostra
Galassia o da oggetti lontanissimi, come i quasar (Figura 1.3). Inizialmente, l’analisi
degli sciami cosmici avvalorava l’ipotesi di un’origine extragalattica, ma questa idea
venne abbandonata quando fu misurata con maggiore accuratezza la densità di energia
dei raggi cosmici e fu determinata la distanza tra le diverse galassie in modo più
preciso.
Esistono diverse argomentazioni a favore dell’ipotesi che la maggior parte dei raggi
cosmici non abbia un’origine extragalattica. Occorre, infatti considerare la
frammentazione delle particelle pesanti che dovrebbe darci abbondanze di elementi nei
raggi cosmici diverse da quelle effettivamente misurate; inoltre, a causa delle enormi
distanze attraversate, gli elettroni, interagendo con fotoni di bassa energia della
Radiazione di Fondo Cosmico, dovrebbero perdere quasi tutta la loro energia.
Figura 1.3- La Nebulosa del Granchio
Si trova a 2 Kpc dalla Terra e fu identificata nel 1948 come il primo emettitore galattico di radiazione radio e
visibile. Dall’analisi del suo spettro è stato rilevato che la maggior parte della radiazione emessa con lunghezza
d’onda nel visibile è radiazione di sincrotrone, prodotta da elettroni con energie superiori a 10
11
eV. Dunque,
dopo circa 100 anni gli elettroni non dovrebbero avere più energia per l’emissione di radiazione nel visibile, ma
ancora oggi la Nebulosa del Granchio è una fonte di fortissima radiazione di sincrotrone: deve esserci qualcosa
che fornisca energia agli elettroni. Basandosi su queste considerazioni, si scoprì che al centro della Nebulosa
c’è una pulsar. Ancora oggi, a più di 900 anni dalla sua esplosione, la Nebulosa del Granchio emette, attraverso
diversi meccanismi e in varie regioni dello spettro elettromagnetico, 2*10
38
erg/s. [NASA, GSFC]
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Le interazioni con questi fotoni possono essere trascurate solo se consideriamo oggetti
all’interno della nostra galassia, ma non possono essere ignorate nel caso di distanze
intergalattiche.
Un ulteriore argomento contrario all’origine extragalattica della maggior parte dei raggi
cosmici è fornito dai raggi gamma ad alta energia che sono stati rivelati in
corrispondenza dell’equatore galattico, mentre se i fotoni primari fossero di origine
extragalattica ci si aspetterebbe una distribuzione più omogenea.
Dopo aver stabilito che i raggi cosmici provengono, in maggior parte, dall’interno della
nostra galassia, occorre comprendere dove possono essere prodotti. Per trovare
l’origine degli raggi cosmici occorre considerare le abbondanze dei vari elementi e il
loro spettro, dai quali possiamo ricavare le distanze percorse e l’età della radiazione.
Le sorgenti più accreditate di raggi cosmici risultano essere le supernovae, ma
analizzando in maggior dettaglio le abbondanze, si nota che lo spettro delle particelle
con carica maggiore o uguale di 26 non è consistente con quello che ci si aspetta sulla
base dei processi di nucleosintesi che avvengono nelle stelle.
C’è, invece, un generale un buon accordo con le abbondanze relative al sistema solare,
che si è formato quando una densa regione di materia interstellare si è contratta.
Qualitativamente, quindi, ci aspettiamo che si verifichi un’accelerazione dove si
diffonde l’onda d’urto della supernova in cui gli atomi si scontrano, ma questo modello
non è ancora completo.
Occorre, quindi, un modello per l’accelerazione dei raggi cosmici che consideri
l’interazione con il materiale interstellare nel suo complesso. Quest’ultimo, però,
consiste, per lo più, di atomi con un modesto grado di ionizzazione, mentre i raggi
cosmici sono composti da nuclei completamente ionizzati. E’ ampiamente accettato che
gli atomi vengono ionizzati per effetto dell’accelerazione, ma è difficile per la materia
neutra raggiungere le energie dei raggi cosmici; infatti per ionizzare un atomo è
necessario fornirgli un’energia pari al potenziale di ionizzazione che dipende dal tipo di
atomo e dal grado di ionizzazione che si vuol raggiungere. Questo sembra indicare che
gli atomi con basso potenziale di ionizzazione sono più probabilmente accelerati
rispetto a quelli con un potenziale alto perché è più semplice ionizzarli.
Un’altra anomalia è data dalle rilevazioni delle abbondanze dei diversi isotopi. I primi
esperimenti evidenziarono abbondanza di isotopi di magnesio e silicio, che originarono
una teoria secondo cui i raggi cosmici provenissero da stelle in cui le abbondanze
iniziali di C,N,O sono maggiori dell’80% rispetto al sistema solare in modo da ottenere,
attraverso successive reazioni di nucleosintesi le quantità effettivamente misurate.