4
Da questa semplice osservazione sulla pratica realtà della
contrattazione odierna (imposta e non concordata), si desume che
il consumatore si presenta come il contraente debole, i cui
interessi, non sempre adeguatamente garantiti, trovano uno scudo
normativo di protezione più puntuale (preventivo o successivo alla
stipula del contratto, come avremo modo di vedere), ove si faccia
riferimento alla recente disciplina di tutela più avanzata di tale
soggetto di cui all’art. 25 della legge 6 febbraio 1996, n. 52 (cd.
legge comunitaria 1994).
Il quadro normativo italiano, relativo alla tutela del
consumatore antecedentemente a tale legge, venne dal Ferrara
definito come “deserto normativo” visto che della nozione di
consumatore non si faceva alcun riferimento né nella Costituzione
né nel codice civile.
2
L’esigenza, comunque, di creare un’oasi normativa a
favore del consumatore si avvertì sin dagli anni ’70, da un lato,
quando la dottrina cominciò ad interpretare estensivamente gli artt.
2, 3, 32, e 41 2° co. Cost. mirando a garantire gli interessi di
coloro che subivano un pregiudizio non tutelabile alla stregua
delle norme sull’illecito civile di cui agli artt. 2043 e ss. del cod.
siano nascoste delle clausole oscure, redatte in modo poco chiaro e non trasparente; lo stesso
sottolinea che queste clausole sono spesso inserite all’interno di contratti standard relativi
all’erogazione di servizi essenziali (acqua, gas, elettricità, telefono), gestiti, per lo più, in
regime di monopolio, di fronte a cui il consumatore-utente si trova innanzi al triste dilemma:
“prendere o lasciare”, aderire o privarsi del bene-servizio.
2
Ferrara, - voce Consumatore ( protezione del ) nel diritto amministrativo, in Dig., disc.
Pubb., vol. III, Torino, 1989, p. 515 ss.
5
civ.; dall’altro, quando si intravide, da parte degli studiosi del
ramo
3
, nel sistema codicistico, una tutela indiretta del consumatore
che, talvolta, veniva definito aderente (vd. art. 1341 e 1342 c.c.),
qualche altra acquirente (vd. art. 1470 c.c.), o in ultima analisi
terzo (vd. art. 1494 c.c.) od anche danneggiato (vd. art. 2043 c.c.).
La ratio dell’assenza di una espressa definizione
codicistica di consumatore e di una sua tutela “diretta” risiedeva,
per comune linea di pensiero
4
, nel tradizionale atteggiamento
normativo consistente sia nel modellare la disciplina dei contratti
sulla funzione economica e sociale che assolvono nel commercio
giuridico, sia nell’assumere un comportamento di sostanziale
neutralità nei confronti della qualità sociale dei contraenti.
In tale ultimo senso si sosteneva, in particolare, che i
soggetti dell’obbligazione si trovavano di fronte alla legge in
posizione di uguaglianza formale, con medesimi diritti e doveri
(il cd. laissez faire), rispettando, assolutamente, la sovrana volontà
che le parti professavano nel disporre della loro sfera giuridico-
patrimoniale
5
.
Successivamente emerse l’inadeguatezza di un tale
principio, completamente estraneo a quelle diseguaglianze
3
Così Alpa, in Tutela del consumatore e controlli sull’impresa, Bologna, 1971, p. 54 ss.; di
analogo pensiero Di Nanni, Tutela del consumatore e mercato in Dir. e giur., 1992, p. 345;
ed anche Valsecchia, Consumer protection e legislazione nazionale, in Contratti, 1996, p.
163 ss.
4
Per tutti , Alpa, I contratti dei consumatori. Diritto comunitario e novellazione del codice
civile in Resp. civ. e prev., 1996, p. 1065 ss.; lo stesso articolo in Vita not., 1996, p. 1129 ss.
5
Bianca, Diritto civile, vol. III, Il Contratto, Milano, rist. 1993, p. 26 ss.
6
sostanziali che scaturivano dal diverso potere contrattuale delle
parti; sorse, così, per la dottrina
6
, l’esigenza, nel silenzio dei
dettami legislativi, di creare la nozione di consumatore quale
soggetto degno, in quanto contrattualmente più debole, di specifica
tutela e più congrua garanzia.
Una spinta incisiva in tal senso è stata sostenuta dal
legislatore comunitario.
Inizialmente, infatti, le istituzioni comunitarie non
riservarono particolare attenzione ai “problemi consumistici”
7
,
considerando la tutela del contraente più debole una mera politica
di accompagnamento. L’allora vigente trattato delle comunità
europee, il cd. Trattato di Roma del 1957, riteneva, del resto, che
tale tutela non rientrasse tra le competenze comunitarie.
Nonostante questo orientamento, nel 1969 venne adottata,
a tutela del consumatore, una Risoluzione del Parlamento
Europeo; non solo, ma tale argomentazione costituì oggetto di
attenzione nel vertice di Parigi il 20/21 ottobre del 1972 ove i Capi
di Stato e di Governo invitarono le istituzioni comunitarie a
rafforzare e coordinare le azioni di protezione del consumatore.
A tal proposito è opportuno ribadire che il primo tentativo
di protezione uniforme dei diritti del consumatore venne realizzato
6
Alpa, voce Consumatore ( protezione del ) nel dir. civ., in Dig., disc. priv., sez. civ., vol.
III, Torino, 1988, p. 542 ss.; Carpani, La tutela del consumatore: tendenza della legislazione
regionale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1991, p. 512 ss.; Zeno Zencovich voce Consumatore
(tutela del ) nel diritto civile, in Enc. giur., vol. VIII, Roma, 1988.
7
dal Consiglio d’Europa nel 1973 stilando la cd. “Carta Europea di
protezione del consumatore”, alla quale fecero seguito molteplici
atti normativi comunitari: si pensi, ad es., alle direttive
comunitarie rivolte a disciplinare singoli rapporti tra professionisti
e consumatori, quali quella sulle vendite compiute fuori dai locali
commerciali del 20 dicembre 1985, n. 85/77, quella sul credito al
consumo del 22 dicembre 1986, n. 87/102, quella sui viaggi “tutto
compreso” del 13 giugno 1990, n. 90/314; si ricordano, inoltre, le
direttive comunitarie che, pur non riportando la definizione di
consumatore, ne fanno menzione (come quella sulla pubblicità
ingannevole, n. 84/450) o ad esso si riferiscono con altra
terminologia, indicandolo come il “danneggiato” (ex Dir. 85/374
sulle responsabilità del produttore).
Anche la giurisprudenza comunitaria, con sentenza della
Corte di Giustizia di Lussemburgo pronunciata il 20 febbraio
1979, causa 120/78 Rewe in Racc. 1979 p. 649 (famosa come
sentenza Cassis de Dijon), incluse la tutela del consumatore tra le
attribuzioni degli organi comunitari.
Non si può non prendere in considerazione la rilevanza
della tutela del consumatore, così come venne accennata nel
Trattato Cee del 1957 agli artt. 30, 36, 85 e 86; all’art. 39 e all’art.
100A, 3° para., introdotti dall’Atto Unico Europeo del 1986; ed,
7
Sannia, Commento all’art. 1469 bis comma 2° in Clausole vessatorie e Contratto del
consumatore a cura di E. Cesaro, vol. I, sec. ed., Cedam, Padova, 1988, p. 87 ss.
8
infine, agli artt. 3 e 129A inseriti, però, dal cd. Trattato di
Maastricht
8
. Recentemente, peraltro, sulla materia de qua è stata
emanata in Italia la l. 30 luglio 1998 n. 281 che costituisce
l’atteso bill of rights dei consumatori e degli utenti
9
.
Tutto questo materiale normativo, caratterizzato da un
elevato “paternalismo legislativo”
10
, tutela il consumatore nella
fase precontrattuale, in quella negoziale, nonchè in quella
funzionale, trasformandolo in soggetto contrattualmente più forte
rispetto alla condizione precedente e, quindi, destinatario di nuovi
diritti nei confronti del professionista
11
.
8
Per completezza di informazione, si ricordi che gli artt. 30, 36, 85 e 86 regolano la
concorrenza tra imprese operanti sul mercato comune, al fine di evitare che lo sfruttamento
della posizione dominante di una o più di esse possa produrre danni al consumatore; che l’art.
39 prevede, specificatamente, la tutela del consumatore che acquista prodotti agricoli; che
l’art. 3, lettera s, indica tra le azioni della Comunità, per il raggiungimento dei fini ex art. 2,
un contributo al rafforzamento della protezione dei consumatori; ed, infine, che l’art. 129 A
disciplina l’intero Titolo XI del medesimo trattato, rubricato “ protezione dei consumatori ”.
9
Chiarisce la problematica Alpa, La legge sui diritti dei consumatori in Corr. giur., 1998, n°
9, p. 997 ss., che evidenzia come ai consumatori ed agli utenti siano riconosciuti come
fondamentali
i diritti alla tutela della salute, alla sicurezza ed alla qualità dei prodotti e dei
servizi, ad una adeguata informazione ed ad una corretta pubblicità, all’educazione del
consumo, alla correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali concernenti beni e
servizi, alla promozione ed allo sviluppo dell’associazionismo libero, volontario e
democratico tra i consumatori e gli utenti, all’erogazione di servizi pubblici secondo standard
di qualità e di efficienza (vd. art. 1, 2° co., della suddetta legge): diritti considerati inviolabili,
insopprimibili, inoppugnabili.
10
Concetto definito da Cosentino, Il paternalismo del Legislatore nelle norme di limitazione
dell’autonomia dei privati, in Quadrimestre, 1993, p. 119 ss., come un giudizio normativo di
disvalore mediante il quale il legislatore limita la libertà di scelta dei destinatari delle norme
giuridiche, manifestando sfiducia nelle capacità di questi ultimi di comprendere appieno gli
effetti delle proprie azioni.
11
Questa posizione più vantaggiosa del consumatore suggerisce a Gatt, Sub art. 1469 bis
comma 2, Commentario del Capo XIV bis del codice civile: dei contratti dei consumatori, p.
803 ss., una qualifica nuova per il consumatore che da homo oeconomicus diviene arbitro del
mercato, conquistando un ruolo attivo nella contrattazione.
9
Parte autorevole della dottrina, la cui linea di pensiero è
condivisa da chi scrive, ritiene che il contratto in argomento non
venga più disciplinato in base a criteri oggettivi
12
ma a qualifiche a
prevalenza soggettiva
13
, in quanto sarà tutelato l’atto “stipulato da
un consumatore”, creando in tal modo una nuovo istituto
identificabile nel contratto del consumatore.
Quest’ultimo è stato ulteriormente disciplinato dalla Dir.
CEE 93/13 che ha fornito gli strumenti tecnici per rendere “non
vincolanti” tutte quelle clausole contrattuali apposte dal
predisponente/professionista che potrebbero determinare a carico
del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli
obblighi derivanti dal contratto
14
.
12
Così Bianca, Il contratto, Diritto civile, 3, Milano, 1987, p. 446, il quale afferma che
l’adozione di un criterio oggettivo permette di distinguere i contratti contenenti condizioni
generali dai comtratti individuali, i contratti ad effetti reali da quelli obbligatori, i contratti
consensuali da quelli reali.
13
L’assunzione di criteri soggettivi è stata interpretata da Trabucchi, Il codice civile di
fronte alla normativa comunitaria, in Riv. dir. civ., 1993, I, p. 717 ss. come la causa della “
moralizzazione del diritto dei contratti”;anche Ruffolo, in Clausole “ vessatorie” e “
abusive”, Giuffrè, 1997, p. 2, definisce questa situazione come una transizione “ dal contratto
” “all’atto del consumatore ”; sulla stessa linea di pensiero è anche Chinè, Il consumatore in
Diritto privato europeo a cura di N. Lipari, I, Padova, 1997, p. 164 ss, il quale sottolinea
come il diritto comunitario abbia realizzato il passaggio dal “ diritto dei consumi ” al “ diritto
dei consumatori ”. Questo orientamento, definito anche soggettivismo legislativo, è
contrastato da chi, come La Torre, Contratti di Assicurazioni e tutela del consumatore, in
Assicurazioni, 1996, I, p. 199 ss., ritiene che questo fenomeno ostacoli la contrattazione di
massa, imponendo al predisponente una regolamentazione del contenuto contrattuale per
classi, diversificata, cioè, a seconda della categoria di appartenenza degli utenti.
14
Sulla Direttiva si è accumulata una vasta letteratura: vds. Alpa, Le clausole abusive nei
contratti dei consumatori, in Corr. giur., 1993, p. 635 ss.; Id. Per il recepimento della
direttiva comunitaria sui contratti dei consumatori, in Contratti, 1994, p. 113 ss.; De Nova,
Direttiva 93/13 CEE. Normativa comunitaria in tema di clausole abusive, 1993, p. 355; Id.,
Criteri generali di determinazione dell’abusività di clausole ed elenco di clausole abusive, in
Riv. trim., 1994, p. 691 ss.; Roppo, La nuova disciplina delle clausole abusive nei contratti
fra imprese e consumatori, in Riv. dir. civ., 1994, I, p. 227 ss.; Roppo e Napolitano,
Clausole abusive, in Enc. giur., vol. VI, Roma, 1994, p. 1 ss.; Pardolesi, Clausole abusive (
10
La procedura di realizzazione di tale Direttiva, iniziata nel
1975, è stata lunga, travagliata ed ha subito diverse redazioni, ma,
alla fine, può essere considerata come il risultato di un
compromesso tra la posizione degli imprenditori e quella dei
consumatori, ed è per questo motivo che la tutela comunitaria
apprestata al consumatore è meno rigorosa rispetto a quella che
alcuni Stati Membri avevano già adottato nei loro ordinamenti
interni
15
.
Così come è stato riportato
16
, i modelli nazionali ai quali
la Direttiva si è ispirata sono, principalmente, quello tedesco e
nei contratti dei consumatori ): una direttiva abusata ?, in Foro it., 1994, V, p. 137 ss.; Id.,
Clausole abusive, pardon vessatorie: verso l’attuazione di una direttiva abusata, in Riv. crit.
dir. priv., 1995, p. 523 ss.; Busnelli e Morello, La Direttiva 93/13 CEE del 5 aprile 1993
sulle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, in Riv. not., 1995, I, p. 369
ss.; Cataudella, Note in margine alla direttiva comunitaria sulle “clausole abusive ”, in
Rass. giur. Energia Elett., 1995, p. 569 ss.; Scalfi, La direttiva del Consiglio CEE del 5
aprile del 1993 sulle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, in Resp. civ.
prev., 1993, p. 435 ss.; Costanza, Condizioni generali di contratto e contratti stipulati dai
consumatori, in Giust. civ., 1994, II, p. 543 ss.; Patti, La direttiva comunitaria sulle clausole
abusive: prime considerazioni, in Contratto e impresa, 1993, p. 71 ss.; Orestano, I contratti
con i consumatori e le clausole abusive nella direttiva comunitaria: prime note, in Riv. crit.
dir. priv., 1992, p. 467 ss.; De Nova, Lo scioglimento del contratto e la direttiva sulle
clausole abusive, in Contratti, 1995, p. 261 ss.; Tondo, Evoluzione nella disciplina giuridica
dei contratti per adesione, in Riv. not., 1995, p. 1 ss.; Alpa, Il controllo amministrativo delle
clausole abusive, in Contratti, 1995, p. 469 ss.; Patroni Griffi, Le clausole abusive nei
contratti conclusi con i consumatori, in Rass. dir. civ., 1995, p.346 ss.
15
Infatti, come nota Faillace, Contratti stipulati con i consumatori, in Contratti e Impresa,
Padova, 1996, p. 359, contrariamente a Paesi come la Svezia, il Portogallo, la Grecia, la
Finlandia, la Danimarca, l’Irlanda, la Francia, la Gran Bretagna e l’Italia che hanno emanato
leggi di attuazione della Dir. 93/13, in Germania, Spagna, Belgio ed Olanda si è ritenuto
opportuno non emanare una legge ad hoc, data la presenza di una legislazione recente in tema
di tutela dei consumatori nei confronti delle clausole abusive.
16
Così Bianca, Le riforme legislative europee lungo le direttrici del controllo amministrativo
e del controllo giudiziale, in Commentario al Capo XIV bis del codice civile, in Le nuove
leggi civili commentate, 1997,Anno XX, Lu.- Ott., n° 4-5, p. 753.
11
quello francese
17
. Tale direttiva dal sistema tedesco ha attinto la
lista grigia delle clausole abusive (un elenco di clausole sospettate
di una vessatorietà che solo il giudice potrà confermare) ed il
principio della buona fede; da quello francese la distinzione tra
“professionelles” e “consommateurs” e l’espressione clauses
abusives (che verrà, nel sistema normativo italiano, sostituita da
clausole vessatorie in conformità all’espressione già adottata negli
artt. 1341 e 1342 c.c.
18
); da entrambi, il principio del controllo
giudiziale sulle clausole presuntivamente vessatorie ad opera
dell’autorità giudiziaria, lasciando, però, espressamente aperta,
agli Stati Membri, la porta ad ulteriori forme di controllo anche sul
piano amministrativo
.
L’attuazione di questa Direttiva, emanata il 5 aprile 1993,
non è avvenuta in Italia in tempi rapidi né senza difficoltà
19
. Essa è
stata attuata, infatti, soltanto nel febbraio del 1996 con il già
richiamato art. 25 della legge statale 52/96. Dato il ritardo con cui
17
Per questa sua peculiarità il Roppo, La nuova disciplina delle clausole abusive nei
contratti tra imprese e consumatori, in Clausole abusive e direttiva comunitaria a cura di E.
Cesaro, Cedam, 1994, p. 85, paragona la direttiva ad “ un corpo tedesco rivestito con qualche
abito francese ”.
18
In tal senso Faillace, Contratti stipulati con i consumatori, in Contratto e Impresa, Padova,
1996, p. 363, invita a considerare che “il distratto legislatore, a sorpresa, fa comparire il
termine abusivo nell’ultimo comma dell’art. 1469 quinquies c.c. e nel comma 1° dell’art.
1469- sexies c.c.”.
19
Diverse le proposte di legge presentate: si ricordino, ad es. le iniziative assunte nel 1993
dal Ministro per gli Affari Sociali, Fernanda Contri, su proposta dei prof. Alpa e Bianca, che
prevedevano l’inserimento nel codice civile degli artt. 1341 bis- 1341 octies ( riportate in
Alpa, Per il recepimento della direttiva comunitaria sui contratti dei consumatori, in
Contratti, 1994, p. 113 ss.); e, di non minore rilevanza, la proposta di legge dell’allora
Ministro dell’Industria Comino che statuiva l’inserimento degli artt. 2062 bis/sexies
12
l’Italia ha recepito la direttiva, si pose il problema della tutela da
apprestare ai consumatori nel periodo tra il 31 dicembre 1994
(termine assegnato dal Consiglio delle Comunità Europee agli
S.M. per conformare la propria normativa alla Dir. 93/13) ed il 25
febbraio 1996 (data di entrata in vigore della legge di
attuazione)
20
. Si decise
21
che la direttiva, contenendo una certa
quantità di norme definite e precise, potesse essere considerata
come un atto self-executing e, dunque, immediatamente efficace
nei confronti dei consumatori anche senza legge di attuazione. Per
il periodo successivo all’entrata in vigore, sono assoggettati alla
nuova disciplina non solo i contratti conclusi posteriormente al 25
feb. 1996, ma anche i contratti a tempo indeterminato conclusi
precedentemente a tale data e destinati ad esaurire i loro effetti
(commentata in De Nova, Le clausole vessatorie. Art. 25, legge 6 febbraio 1996, n° 52,
Milano, 1996, p. 61 ss.).
20
Per un quadro esaustivo vds. De Nova, La Dir. 93/13 e la sua attuazione, in Le clausole
vessatorie, Ipsoa ed., 1996, p. 5 ss.; dello stesso parere Bianca, Applicazione della Direttiva
ai contratti stipulati dopo il 31 dicembre 1994, in Le nuove leggi civili commentate, 1997,
Anno XX, Lu.- Ott., n° 4-5, p. 754 ss.
21
Cfr. Roppo, La nuova disciplina delle clausole abusive nei contratti fra imprese e
consumatori, in Riv. dir. civ., 1994, I, p. 301, il quale rileva che “ la direttiva è suscettibile di
applicazione immediata se risulta formulata in termini abbastanza puntuali, analitici ed
univoci da poter offrire regole di giudizio per la soluzione di casi concreti anche senza il
medium di un atto di ricezione”; lo stesso autore puntualizza che “ a partire dal 1°gennaio
1995, anche in assenza di ricezione, la direttiva potrà direttamente applicarsi nel diritto
italiano [..]”; conformemente il De Nova, op. cit., p. 6, riferisce di concordare con la tesi
secondo cui la direttiva può essere considerata di immediata applicazione; anche la
giurisprudenza si è espressa confermando questo orientamento: infatti, la Corte Giust. Cee,
14 luglio 1994, in Foro amm., 1994, p. 2657, statuì che “la direttiva comunitaria,
sufficientemente precisa, è applicabile nei confronti dello Stato, ma non lo è nei rapporti tra
privati [..]”; cfr. la Cass., 5 aprile 1995, n. 3975 che ribadisce che “qualora la direttiva
contenga disposizioni che appaiono incondizionate e sufficientemente precise, il singolo può
agire per il risarcimento dei danni, dinanzi ai giudici nazionali, nei confronti dello Stato
inadempiente, sia nell’ipotesi in cui questo non abbia tempestivamente recepito la direttiva,
sia che l’abbia recepita in modo inadeguato”.
13
dopo di essa. Rientrano in quest’ultima categoria i contratti di
somministrazione attraverso i quali l’impresa si obbliga ad una
prestazione continuata nel tempo (si pensi al flusso continuativo
dell’erogazione dell’energia elettrica, del gas o dell’acqua); tali
negozi, infatti, sono suscettibili di produrre effetti giuridicamente
rilevanti anche a notevole distanza temporale dal momento del
perfezionamento del negozio.
Ai fini dell’attuazione della direttiva in Italia, le vie
percorribili, e percorse a livello di proposta, consistevano da un
lato nell’inserire questa normativa in una legge speciale
22
;
dall’altro nella sua introduzione nel corpo del codice civile
attraverso la tecnica della novella.
Quest’ultima, come è noto, è stata la via prescelta
23
che ha
previsto l’inserimento di un corpo di articoli (artt. 1469 bis/ sexies
c.c. ) nel titolo II del Libro IV del cod. civ. sotto il nuovo Capo
XIV bis intitolato “Dei contratti dei consumatori”
24
.
22
Lo stesso Alpa, I contratti dei consumatori. diritto comunitario e novellazione del codice
civile, in Resp civ. prev. 1996, p.1065 ss., affermava che “la disciplina dei consumatori è un
polo a sé a meno che i legislatori nazionali non decidano di attuare la direttiva con la tecnica
della novellazione”.
23
Gatt, Ambito soggettivo di applicazione della disciplina, in Commentario, Le nuove leggi
civili commentate, 1997, Anno XX, Lu-Ott., p. 805, chiarisce che “la tecnica della
novellazione ha prevalso sull’ipotesi di una legge speciale perché valutata più idonea ad
assicurare l’attuazione di norme che approntano una tutela generale del consumatore contro
l’inserimento di clausole vessatorie nei contratti stipulati con il professionista ed aventi ad
oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizu”.
24
Dettagliatamente Ruffolo, in Clausole “vessatorie”e “abusive”, Giuffrè, Milano, 1997, p.
1 dichiara che la riregulation deve essere intesa come una disciplina volta ad accordare tanto
“protezione” a soggetti “deboli” quanto adeguate risposte alle nuove domande di mediazione
giuridica che provengono da emergenti protagonisti, costituiti da nuovi soggetti sociali, e
nuovi interessi sociali, entrambi spesso “collettivi”. Tale rilegificazione nel primo caso si
14
Dopo questa necessaria premessa a carattere storico-
giuridico, alla luce della novella ed avuto riguardo al tema da
svolgere che richiama i rapporti tra il consumatore ed altri soggetti
che erogano servizi essenziali, il lavoro proposto sarà affrontato
secondo due direttrici:
ξ la prima, caratterizzata dall’analisi di concetti che la
legge 52/96 ha mutuato dalla Direttiva europea 93/13, talvolta
anche modificandoli, per garantire il coordinamento con la
normativa già in vigore (ad es. gli artt. 1341 e 1342 c.c.); in tal
senso ci soffermeremo sull’ambito soggettivo di applicazione della
nuova normativa e, qualificando i soggetti definiti formalmente
consumatore e professionista; sull’individuazione dei parametri
normativi necessari per effettuare il test di vessatorietà, a seguito
del quale le clausole potrebbero essere invalidate; specificando,
inoltre, da che tipologia invalidante verranno colpite; saranno,
inoltre, individuati, nelle linee essenziali, quali strumenti verranno
affidati al consumatore per difendere e garantire la sua effettiva
partecipazione nella redazione del contratto. Particolare rilievo,
compie, soprattutto, con le nuove Authorities; nei secondi, penetra, dapprima, nella
legislazione speciale come tutela aquiliana (danni ambientali, danni da prodotto etc.) e poi,
addirittura, come ricodificazione: è il caso dei nuovi artt. 1469-bis e ss. del cod. civ.; per
un’interpretazione dell’istituto come “ dejà vu ”, che sembra invertire il corso della storia
ritornando al sistema dualistico, tipico dell’epoca napoleonica, caratterizzato dalla dicotomia
codice civile-codice commerciale, ove vi era differenza di disciplina in ragione della
qualifica soggettiva dell’autore dell’atto, vd. Alpa, Introduzione, in Le clausole vessatorie
nei contratti con i consumatori, p. 26; Vacca’, La disciplina dei contratti con i consumatori,
in Diritto privato, 1996, p. 463 ss.;
contra Gatt, op. cit., p.841, la quale esclude che la normativa in esame ripristini la
distinzione tra atti civili ed atti di commercio.
15
infine, sarà dato all’azione degli enti esponenziali che la nuova
normativa (si veda sia la l. 52/96 che la l. 281/98) ha rivestito di
pieno titolo giuridico per tutelare il consumatore non solo in via
preventiva con l’azione inibitoria, ma anche, e soprattutto, come
interlocutore primario del professionista nella fase formativa del
contratto- tipo.
ξ la seconda, indirizzata all’esame dettagliato delle clausole
vessatorie che sono state eliminate dalle società erogatrici di
servizi pubblici essenziali facendo, ove possibile, un confronto tra
contratti predisposti prima e dopo l’entrata in vigore della nuova
normativa. La ricerca sarà volta, per quanto di interesse al tema
proposto, ad analizzare clausole ancora presenti nei contratti di
fornitura che dovrebbero essere eliminate in quanto, secondo i
criteri normativi riportati nella novella, sostanzialmente causa di
un significativo squilibrio nei confronti del consumatore. Il lavoro,
come è ovvio, non potrà essere supportato da indicazioni definitive
giurisprudenziali (poche, al riguardo, le sentenze della S.C.), ma
saranno prese in considerazione quelle sentenze di più ampio
respiro interpretativo e di tutela sostanziale dei rapporti di
obbligazione nei contratti cd. per adesione ed, in via generale, tra
professionista e consumatore.
Un’ attenzione particolare, inoltre, verrà riservata all’art.
1469-ter/ 3° c.c. che contiene una presunzione di non vessatorietà
per le sole clausole contrattuali che riproducono disposizioni di
16
legge e non anche di regolamenti (così come invece previsto dalla
Dir. CEE 93/13) stimolando, in tal modo, un originale
orientamento che vede sottoposte al test di vessatorietà anche le
condizioni generali di contratto predisposte dalle imprese che
forniscono servizi pubblici inserite, quasi sempre, in disposizioni
regolamentari.