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in un’epoca di crisi, di previsioni allarmanti, d’inquinamento
planetario, di dissoluzione dei rapporti umani alienati dagli
eccessi della tecnologia, dagli strumenti informatici.
La nascita, in quanto evento fisiologico, carico di un alto
potenziale emotivo, mette in crisi il modello tecnologico sul
quale si fondano i valori che la società di oggi vuole perpetuare.
Dal punto di vista biologico, l'atto generativo si pone come
istinto primario, che garantisce la conservazione delle specie,
ponendole sotto il controllo delle procedure riproduttive; dal
punto di vista antropologico, è il vissuto proprio del soggetto,
con i suoi elementi affettivi e relazionali, a porre la libera scelta
della procreazione. Al di là ed oltre l'istinto biologico, è la
ricchezza degli elementi propri alla storia del soggetto a
costituire il tratto caratteristico e saliente di ciò che chiamiamo
maternità.
Con l’intento di analizzare tale concetto, ho preso in esame vari
possibili significati, dal punto di vista psicodinamico e sociale,
mettendo al centro della riflessione sia le angosce sperimentate
dalla donna sia le rappresentazioni della figura della madre per la
comunità.
Nel primo capitolo ho analizzato il complesso quadro in cui
s’inscrive l’uomo nel “terzo millennio”. Le profonde
trasformazioni economiche, politiche, culturali, i cambiamenti
nella famiglia, nella scuola, nel lavoro, sono aspetti del mondo
globalizzato e tecnologico, in cui emerge una profonda crisi di
valori e certezze e dove l’individuo ha perso i principali punti di
riferimento. Molti aspetti della vita dell’uomo hanno acquisito
significati nuovi e l’uomo sembra schiacciato dalle sue stesse
conquiste, perché incapace di gestirle.
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Nel secondo capitolo l’analisi verte sull’evoluzione storica delle
rappresentazioni della madre e dei significati della maternità. È
rilevante l’influenza della società sulla vita delle donne e, in
particolare, delle madri, che svolgono un ruolo importante sia a
livello personale e familiare, sia a livello della collettività.
Nel terzo capitolo, con l’intento di riflettere sull’origine del
desiderio di maternità, sono partita da alcuni contributi della
psicoanalisi, che, pur dandone diverse interpretazioni, lo
ricollegano nella maggior parte dei casi ad esperienze che
risalgono a fasi cruciali dello sviluppo, edipiche e pre-edipiche.
In quest’ambito, il desiderio di essere madre è stato spesso
identificato con l’istinto materno e considerato, quindi, come una
“qualità innata”, un dato psicobiologico di base, ma appare più
completa la definizione di “sentimento materno”, poiché
comprende anche l’ambivalenza propria dei sentimenti umani.
Oltre a considerare i principali contributi della psicoanalisi sulla
genesi del desiderio di maternità, sono molte le riflessioni che si
possono fare sulla presenza o meno della spinta procreativa di
una donna, su come e dove questa abbia origine e sulle
implicazioni che reca con sé. Per esempio, non si può tralasciare
la spinta verso la vita, che è insita nel concetto stesso e nel
progetto della maternità. Un figlio consente di andare oltre la
propria condizione di caducità, di vincere la morte creando una
nuova vita. Il bisogno di affermare la vita, tuttavia, non deve
sfociare nel desiderio narcisistico di una gravidanza per colmare
un vuoto, per alleviare stati depressivi o per sfuggire a
problematiche personali, o ancora per tentare di risolvere
problematiche di coppia.
Dopo avere cercato di comprendere, o almeno di riflettere, sulla
realtà psicologica e sociale della donna, e soprattutto della
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madre, mi sono domandata come la nostra società si occupa della
nascita e quali strutture e figure accompagnano questo evento.
Ho perciò ricostruito alcune tappe dell’evoluzione storica dei
metodi di gestione del parto, evidenziando le figure di
accompagnamento che si sono susseguite.
Oggi, l’evento della nascita è rivalutato, con maggiore attenzione
alle componenti psicologiche coinvolte in tale processo.
Esistono, anche in Italia, nuovi progetti di preparazione e
accompagnamento alla nascita, che offrono un supporto, anche
psicologico, alla donna, fin dall’inizio della gravidanza.
È necessario un approccio interdisciplinare per esaminare, nei
comportamenti, l’intreccio, tipico delle relazioni interpersonali,
tra difficoltà e scelte individuali da un lato e radici storiche e
significati sociali dall’altro.
I temi e gli argomenti sulla maternità sono molteplici e
potrebbero essere ulteriormente approfonditi. Ho scelto di aprire
numerose finestre sulla realtà della donna, e della madre in
particolare, con l’intento di mantenere uno sguardo globale, in
cui l’interdipendenza di numerosi fattori implicati in tale
processo ne evidenziano la complessità.
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CAPITOLO PRIMO
LA SOCIETA’ COMPLESSA
1. Le trasformazioni nell’età contemporanea
La nostra società ha subito profonde trasformazioni negli
ultimi anni e si presenta oggi caratterizzata da un quadro di
complessità, nel quale è difficile orientarsi e dare significato a
molti aspetti della vita dell’uomo.
Complexus significa ciò che è tessuto insieme. La complessità è
il legame tra l’unità e la molteplicità. “Nell’epoca delle
telecomunicazioni, dell’informazione, di Internet, siamo
sommersi dalla complessità del mondo e le innumerevoli
informazioni sul mondo soffocano le nostre possibilità
d’intelliggibilità.” (Morin, 1999, p.64).
La conoscenza pertinente deve saper affrontare la complessità,
perciò, come evidenzia Edgar Morin, “si tratta di sostituire un
pensiero che separa e che riduce con un pensiero che distingue e
che collega.” (Morin, 2001, p.46).
Nel quadro della complessità, emerge un oggetto di dibattito
attuale, che sta ristrutturando profondamente il nostro modo di
vivere, influenzando gli avvenimenti sia su scala mondiale, sia a
livello della vita quotidiana: la globalizzazione. E’ un fenomeno
economico, politico, culturale, tecnologico, e si è diffusa, dalla
fine degli anni Sessanta, con l’utilizzo delle nuove tecnologie
d’informazione e di comunicazione. Queste ultime hanno
compresso lo spazio e il tempo (Callari Galli, 2003), annullando
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le distanze, già ridotte dai moderni mezzi di trasporto, e
permettendo la trasmissione, in tempo reale, delle informazioni.
Il mondo è sempre più interdipendente, ma, se da un lato la
globalizzazione ha avvicinato paesi, popoli e culture, dall’altro
ha prodotto la nascita, in varie parti del mondo, del nazionalismo
locale, come risposta a tali tendenze globalizzanti.
Nel mondo in cui viviamo siamo quotidianamente in contatto
con altri, che pensano e vivono diversamente da noi, e in questo
quadro emergono due ideali contrastanti: la tolleranza
cosmopolita, che accoglie la complessità culturale, e il
fondamentalismo, che giudica tale complessità inquietante e
pericolosa, e che, se si radica in aree con forte identità etnica,
religiosa o nazionalista, può esprimersi in forme di violenza.
(Giddens, 1999).
Nel processo di globalizzazione, emerge una serie di
irreversibilità planetarie: omogeneizzazione e artificializzazione
degli habitat e degli ecosistemi naturali, con la conseguente
riduzione di diversità umana e naturale; l’artificializzazione del
clima; l’esplosione demografica e degli habitat urbani; la
virtualizzazione del corpo, prodotta dagli sviluppi della
medicina, dei trapianti, dell’ingegneria genetica; la crisi della
cultura; il cambiamento delle relazioni sociali e del senso di
collettività e di comunità, che dipendono da reti di portata
globale; la nuova complessità raggiunta dal problema delle
identità individuali e collettive. (Ceruti, 2003).
Inoltre, come sottolinea Mauro Ceruti, è significativa “la crescita
esponenziale degli stimoli e delle possibilità cognitive per ogni
individuo che, se enfatizza superficialmente il suo senso di
onnipotenza, nello stesso tempo mette in evidenza i forti limiti
temporali della sua esperienza e impone un nuovo
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apprendimento per l’elaborazione di mappe selettive e di
relazioni prioritarie.” (Ceruti, 2003, p.16).
Le trasformazioni del mondo contemporaneo sono determinate,
oltre che dall’affermazione delle tecnologie dell’informazione,
da altri fattori, molti dei quali concomitanti, tra cui: la
mondializzazione dell’economia, cioè la libera circolazione dei
capitali, dei beni e dei servizi, e l’impatto del mondo scientifico
e tecnologico.
Dagli anni Sessanta-Settanta, il passaggio dall’industria
meccanica a quella fondata sull’elettronica e alla moderna
industria della telecomunicazione e dell’informatica, induce una
trasformazione della società e della cultura, comportando una
ristrutturazione del lavoro, del sapere, del modo di vivere.
La cultura contemporanea, caratterizzata dalla complessità,
richiede itinerari di formazione che sappiano leggere ed
interpretare i percorsi della globalizzazione, la nuova
cittadinanza planetaria, la variegata realtà etnica, e necessita di
una riforma del pensiero che permetta di riconoscere e
connettere i problemi del mondo, perché vi è un’inadeguatezza
profonda tra i nostri saperi disgiunti, frazionati e realtà o
problemi sempre più polidisciplinari, trasversali,
multidimensionali, transnazionali, globali, planetari. (Morin,
2001).
Inoltre, la società postmoderna è profondamente influenzata dai
mass-media e dall’affermarsi della cultura dello spettacolo e del
consumismo culturale. Il consumo è correlato alla ricerca di
gratificazione o soddisfazione, al senso di frustrazione provato
nel mondo del lavoro e al desiderio di competizione e ascesa
sociale. “La libertà nelle scelte, da parte dell’uomo, non
trascende il consumo materiale che viene stabilito dal sistema
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economico e indotto da quello culturale.” (Trisciuzzi, Fratini,
Galanti, 1998, p.158).
Sono mutati i sistemi finanziari, l’organizzazione della
produzione e della divisione del lavoro e i comportamenti e i
costumi legati alla vita familiare e alla sfera intima e personale.
(Callari Galli, 2003). I processi d’identità, che prima si
realizzavano sulla base dell’appartenenza a precise categorie
sociali, ora si realizzano sulla base della condivisione degli stili,
delle informazioni e dei modelli. L’esistenza non è più
caratterizzata dalla scansione in fasi della vita rigidamente
prescritte, perciò “nei vissuti di ciascuno diventa così sempre più
difficile elaborare la propria esistenza come ‘appropriata’ o
‘tipica’ di una certa fase della vita.” (Piazza, 2003, p.13).
“La prevedibile sequenza di studi, impiego, matrimonio e figli
seguita dai giovani adulti in passato si sta diversificando in una
grande varietà di percorsi.” (Watters, 2003, p.36).
L’abolizione dei riti di passaggio, in particolare del passaggio
alla maturità, all’assunzione di responsabilità, crea un vuoto, che
si riempie di paure, incertezza, insoddisfazione.
2. Le trasformazioni nella famiglia
Negli anni Venti e Trenta, nell’educazione dei figli
predominava il clima della disciplina e del controllo parentale. I
bambini dovevano conformarsi ai modelli di comportamenti
prestabiliti. I valori sociali includevano il rispetto dell’autorità e
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dei diritti altrui, la partecipazione e cooperazione nella vita di
gruppo, l’operosità, la responsabilità, la fiducia in sé.
Dagli anni Quaranta e Cinquanta, con la diffusione della
psicoanalisi e delle teorie freudiane sullo sviluppo della
personalità, lo stile educativo si caratterizzò di un permissivismo,
dovuto alla consapevolezza che la repressione aveva effetti
deleteri sullo sviluppo della personalità infantile.
In un clima di autorealizzazione, in contrapposizione ai
tradizionali concetti di responsabilità sociale, si è creata una
corrente anti-maternità, che rivendicava per le madri il diritto di
abbandonare la responsabilità dei figli in cambio della
realizzazione di se stesse. (Heffner, 1979).
Gli anni Sessanta furono un periodo di cambiamento, ma a
livello individuale permanevano aspettative e ruoli sociali ben
definiti. Dagli anni Settanta, invece, il modello familiare ha
subito delle profonde trasformazioni: un calo demografico, con
conseguente invecchiamento della popolazione; una maggiore
fragilità del legame matrimoniale e conseguente incremento di
separazioni e divorzi; un numero maggiore di figli nati fuori dal
matrimonio; la separazione della sessualità dalla riproduzione; il
cambiamento dei ruoli maschili e femminili.
Famiglie unipersonali, monoparentali, costituite, cioè, da un
solo genitore con i figli, e ricostituite, in cui i coniugi (o uno di
loro) provengono da un precedente matrimonio, sono i nuovi
modelli familiari, che hanno segnato il passaggio da famiglia
estesa a famiglia mononucleare. I nuovi modelli familiari
aprono problemi di classificazione e di ridefinizione di cosa sia
una famiglia e, se da un punto di vista giuridico, queste relazioni
transfamiliari sono in parte regolamentate, rimangono comunque