2
delle superfici dentali, agendo sulla modificazione della forma,
della consistenza e della composizione della crocchetta.
Il fine di questo lavoro è quello di verificare qual è l’attuale
prevalenza delle patologie dentali nel gatto domestico,
evidenziarne i fattori di rischio e, soprattutto, concentrare
l’attenzione sul ruolo che ha l’alimentazione nell’eziopatogenesi e
nella profilassi di queste malattie.
A tale scopo, è stato analizzato il cavo orale di 150 gatti, condotti
a visita presso due ambulatori veterinari; mediante un questionario
proposto al proprietario, si è cercato di delineare le abitudini I
alimentari dei soggetti.
I risultati di questo studio, nonostante rappresentino una realtà
molto ristretta, concordano abbastanza con i dati disponibili in
letteratura.
3
ANATOMIA E FISIOLOGIA DEI DENTI
I denti sono organi passivi deputati alla masticazione, ma possono
anche intervenire nella prensione degli alimenti, nell’attacco e nella
difesa dell’animale (1).
Si tratta di strutture tendenzialmente coniche, costituite da
diversi tessuti di consistenza dura; sono accolti sulle arcate
dentarie, in escavazioni delle ossa incisive, mandibolari e
mascellari dette alveoli dentari (2).
Nei mammiferi i denti si dividono in semplici e composti e questi
animali sono detti eterodonti, in quanto la forma dei vari denti non
è omogenea (2).
In ciascuna arcata dentale si possono osservare:
ξ incisivi: divisi a loro volta, procedendo in senso medio-
laterale, in piccozzi, mediani e cantoni;
ξ canini: con una sola radice ed apice appuntito; sono
leggermente ricurvi e sottili e sono conformati per afferrare
e lacerare il cibo;
ξ premolari: hanno da una a tre radici e la loro la funzione è di
afferrare e recidere l’alimento;
ξ molari: destinati a triturare il cibo; hanno da una a tre radici
e, come i premolari, non hanno una corona fessurata,
caratteristica della dentatura onnivora (1) (10).
Pertanto la formula dentaria del gatto sarà: 2*( I 3/3 C1/1 PM
3/2 M 1/1) (2).
4
Rispetto al cane, dal punto di vista anatomico, mancano il I
premolare superiore ed il I e II premolari inferiori (1).
Figura 1: Disposizione e nomenclatura dei denti nel cavo orale
I carnivori deglutiscono boli scarsamente masticati, poiché le
gengive permettono solamente movimenti limitati in senso latero-
mediale e antero-posteriore ed i loro molari sono inadatti alla
triturazione fine del cibo; questi ultimi vengono invece utilizzati a
guisa di cesoia, compiendo atti masticatori che avvicinano la
mandibola alla mascella soltanto secondo un piano verticale (1)
(29).
Nei carnivori domestici e nel gatto in particolare, i denti servono a
lacerare la carne, e presentano una cresta tagliente, per cui si
parla di dentatura secodonte (2).
5
Nel corso della vita i mammiferi vanno incontro a due dentizioni, al
fine di adattarsi alle modificazioni dello scheletro della faccia
durante l’accrescimento somatico: si parla quindi di difiodontia
(2).
I denti monofisari (molari) permangono per tutta la vita, i difisari
(incisivi e premolari) compaiono due volte: la prima nel corso della
dentizione di latte (denti decidui) e la seconda durante la
dentizione definitiva ( denti permanenti o di sostituzione) (2).
La formula dentaria dei decidui è: 2* ( I 3/3 C1/1 PM 3/2 );
pertanto i gattini hanno 26 denti, gli adulti 30 (1).
Rispetto al dente dell’adulto, le radici dei denti decidui sono sottili
ed allungate e la corona è acuminata, di colore grigio-bianco opaco
(43).
I denti definitivi continuano a mutare nel tempo, prima per
processi trofici, poi, negli anziani, per fenomeni distrofici-
displasici (10).
Alcuni soggetti possono avere un numero di denti anormale, ma
oligodonzia e denti soprannumerari sono più rari che nel cane (1).
I denti mancanti possono predisporre a traumi dei tessuti molli
circostanti durante la masticazione e, favorendo il ristagno
dell’alimento, diminuire gli effetti dell’igiene orale (1).
I denti soprannumerari, competono con i normali per lo spazio
anatomico da occupare e molto spesso li spostano o crescono in
posizione anomala (1).
6
I carnivori hanno una dentatura brachiodonte: infatti, i denti
definitivi hanno un accrescimento limitato, in relazione ad
un’alimentazione che non usura molto i tessuti (2).
Gli elementi costitutivi di un dente carnivoro “tipo” sono:
ξ Radice
ξ Corona
ξ Colletto
Figura 2: Caratteristiche anatomiche di un dente felino
La Radice, di aspetto grigiastro, è la porzione infissa nell’alveolo e
provvede all’apporto neuro-vascolare del dente (1).
Nei denti semplici è unica e termina restringendosi nell’apice del
dente; in quelli composti più radici si fondono tra loro a livello del
colletto ed ognuna conserva il suo apice indipendente (2).
La Corona è la parte visibile del dente, di colore bianco lucente; è
divisa in quattro facce: vestibolare, linguale, mesiale e distale. Nei
denti semplici, più che di facce, è meglio parlare di margini (1).
7
La parte di corona che viene a contatto con il dente dell’arcata
opposta è la faccia d’occlusione o masticatoria (nei denti semplici
si parla di estremità d’occlusione); nell’insieme le varie facce
masticatorie formano la tavola masticatoria o triturante (2).
Nei denti composti questa faccia presenta diverse punte o cuspidi
e piccole sporgenze o tubercoli (10).
Il Colletto è la porzione del dente compresa fra la corona e la
radice (1).
In sezione longitudinale, ciascun dente è costituito da:
ξ dentina o avorio: tessuto osseo modificato giallastro
(idrossiapatite inorganica e collagene), costituente
l’impalcatura della corona e della radice (1).
Ne esistono di tre tipi:
Primaria: presente durante la formazione dei denti
decidui e permanenti;
Secondaria: rimpiazza continuamente la primaria
durante la vita;
Terziaria: funge da sostanza riparativa, per
risposta degli odontoblasti ad un trauma o ad un
eccessivo logorio (1).
ξ cemento: tessuto osseo più scuro, che riveste la dentina in
corrispondenza della radice. Non è né vascolarizzato, né
innervato e serve da inserzione alle fibre del legamento
periodontale (5).
8
ξ smalto: un bianco, durissimo e trasparente tessuto epiteliale
modificato (cristalli d’idrossiapatite), che ricopre la dentina
a livello della corona (1).
Figura 3: Struttura del dente, sezione longitudinale
A livello del colletto vi è un punto di transizione: lo smalto si
esaurisce e la dentina viene coperta dal cemento della radice (
CEJ = cement enamel junction ) (1).
All’interno, ogni dente possiede una cavità pulpare; a livello della
radice quest’ultima si restringe in un canale pulpare, che a sua
volta si apre all’estremità con il forame apicale (2).
Nella cavità pulpare si trova la polpa dentaria, un tipo di tessuto
connettivo che permette l’innervazione e la vascolarizzazione della
dentina e contiene odontoblasti, sostenuti da una matrice
connettivale (1).
9
Il Periodonzio è l’insieme dei tessuti che coprono e sostengono il
dente: gengiva, legamento periodontale, osso alveolare e cemento
(5).
Il Solco gengivale è l’area compresa fra il tessuto gengivale libero
e il dente; può mancare nella gengiva sana ed in ogni caso non deve
superare gli 0.5 mm di profondità (5).
In esso giungono i leucociti provenienti dall’epitelio giunzionale (
CEJ ) e si accumulano il Complemento gli Anticorpi e le altre
sostanze atte a contrastare le infezioni e la degradazione dei
tessuti (5).
La Fissazione del dente all’interno dell’alveolo è garantita dal
legamento alveolo-dentale o periodontale, un insieme di robusti
fasci di fibre collagene, che vanno dall’osso alveolare al cemento,
perforandolo (2).
Si tratta di una struttura riccamente vascolarizzata, che
permette lievi movimenti del dente durante la masticazione (1)
(5).
10
EPOCHE DI ERUZIONE DEI DENTI (6)
DENTI PRIMA
DENTIZIONE
SECONDA
DENTIZIONE
Incisivi 2-3 settimane 3-4 mesi
Canini 3-4 settimane 4-5 mesi
Premolari 3-6 settimane 4-6 mesi
Molari ----------- 4-5 mesi
I tempi di eruzione dei denti possono essere influenzati dalla
razza, dalle condizioni ambientali, dalla stagione, dagli ormoni ed
anche dall’alimentazione (1).
11
ANATOMIA DELLE GENGIVE
La gengiva è quella porzione di mucosa buccale che riveste le
arcate dentarie e gli alveoli dentali (2).
Ciascuna gengiva è costituita da una parte libera, il cercine
gengivale, circondante ad anello il colletto del dente e da una
parte aderente al periostio del processo alveolare (2).
Istologicamente queste strutture sono costituite da connettivo
denso e molto vascolarizzato e da uno strato più superficiale
d’epitelio stratificato cheratinizzato, contenente alcuni melanociti
(2).
Nel gatto giovane le gengive aderiscono intimamente allo smalto;
col progredire dell’età esse prendono impianto sul cemento del
dente e si parla di retrazione gengivale (2).
Sul margine libero della gengiva sono presenti gli orifici gengivali,
cavitazioni che accolgono i denti e ne permettono l’infissione;
questi sono assenti fino all’epoca dell’eruzione e scompaiono
nell’anziano, dove si ha l’atrofia degli alveoli e l’aumento della
densità della mucosa, al fine di sostituire i denti ormai caduti nella
masticazione (2).
12
PRINCIPALI PATOLOGIE DENTALI ED
EZIOPATOGENESI
Le patologie del cavo orale sono più frequenti di quanto si pensa,
ma difficili da identificare a causa della difficoltà che si riscontra
nell’ispezionare la bocca di un gatto senza l’ausilio di sedazione o
anestesia (3).
Tuttavia, la diagnosi precoce e la rispettiva terapia consentono un
miglioramento del benessere del soggetto nella maggior parte dei
casi (3).
¾ MALATTIA PARODONTALE
Malattia parodontale è un termine generico che indica un insieme
di manifestazioni cliniche, determinate dall’infiammazione e
dall’alterazione delle strutture che circondano il dente (5).
Si può trattare di una flogosi localizzata alla gengiva (gengivite),
ma negli stadi avanzati si arriva all’estensione del processo alle
strutture limitrofe (periodontite) (3).
Si tratta di affezioni subdole, in quanto, almeno negli stadi iniziali,
esse non provocano dolore all’animale e danno come unico sintomo
l’alitosi (10).
Poco a poco si ha la distruzione dell’epitelio gengivale, del
legamento alveolo-dentale, dell’osso alveolare e, nei casi più gravi,
dei tessuti dentali (3).
13
Le cause predisponenti possono essere squilibri endocrini,
immunosoppressione, malattie metaboliche (diabete mellito),
terapie protratte con cortisonici ed anche squilibri nutrizionali
(3).
Dal punto di vista odontoiatrico il rischio aumenta in caso di
malocclusione, placca batterica, denti soprannumerari e
immunosoppressione dell’ospite (5).
E’ bene non sottovalutare queste patologie orali, perché molto
spesso tendono a diffondersi per via sistemica, con fenomeni di
batteriemia-setticemia e possono arrecare danni ai reni, al fegato,
all’apparato cardio-circolatorio ed al sistema immunitario stesso,
iperstimolandolo o deprimendolo (3).
La causa principale di questa patologia è un’alterazione
dell’equilibrio tra la flora batterica della placca e del tartaro, che
si localizza a livello del solco gengivale e la risposta immunitaria
dell’individuo (11).
I batteri presenti fisiologicamente nel cavo orale sono
soprattutto aerobi Gram positivi (Streptococchi e Actinomyces).
Si tratta di microrganismi opportunisti che, in caso d'eccessiva
proliferazione, utilizzano maggiori quantità di ossigeno, creando un
habitat favorevole per la colonizzazione delle specie Gram
negative ed anaerobie (Bastoncelli mobili e Spirochete),
responsabili della gengivite (11) (20).
14
La gravità della patologia dipende dall’invasività del microrganismo
e dalla sua specificità d’azione nei confronti dei tessuti del cavo
orale (20).
0
10
20
30
40
50
01020
Tempo
Conteggio
batterico
Aerobes
Anaerobes
Figura 4: Sviluppo dei batteri del cavo orale di un soggetto con periodontite.
Una delle difese più utili dell’organismo nei confronti dei batteri
che colonizzano il cavo orale è il dilavamento attraverso la saliva
(10).
I depositi dentali sono classificati in placca, tartaro
sopragengivale e tartaro sottogengivale (30).
ξ La placca è una patina morbida e gelatinosa, in costante
accumulo, ma poco aderente alle superfici dentali (5) (17).
Essa è composta per un 70-75% da microrganismi del cavo
orale, da prodotti del loro metabolismo, detriti e componenti
15
salivari; queste sostanze si depositano sul bordo gengivale e
sulle superfici esposte del dente (5) (17).
foto 1: Esempio di Placca Sottogengivale ( a sinistra) e di Placca
Sopragengivale (a destra)
Si tratta di una struttura organizzata ed in equilibrio con i
tessuti del cavo orale; solamente quando la placca è lasciata
accumulare e l’omeostasi viene sconvolta da fattori esterni si
verificherà la sintomatologia clinica (5) (17) (10).
I batteri del cavo orale sono protetti dalla placca e sono
poco aggredibili dagli antibiotici (10).
La placca matura non viene rimossa dai normali movimenti
della lingua o risciacquando la bocca; è necessario lo
spazzolamento o l’abrasione meccanica durante la
masticazione, altrimenti si forma il tartaro (8).
16
Figura 5: Ciclo di formazione della placca e del tartaro
ξ Il tartaro deriva dalla mineralizzazione della placca, per
precipitazione dei minerali contenuti nella saliva in risposta
ad un aumento del pH. Questo fenomeno si verifica quando a
livello della flora batterica del cavo orale prevalgono le
specie anaerobie Gram negative (17).
Il tartaro è composto da un 75-80% di materiale inorganico:
la percentuale maggiore è rappresentata dai cristalli di
carbonato di calcio, la restante da una piccola parte di
fosfato di calcio (17).
Il rimanente 20-25% è uno strato di cellule microbiche,
epitelio desquamato e detriti orali (17).
Si tratta di una struttura inerte, priva di alcun potere
patogeno; tuttavia, la sua superficie ruvida predispone ad un
ulteriore accumulo di batteri (7) (20).
Il tartaro sopragengivale è un deposito di colore bianco-
crema, facilmente asportabile (30).