6
pregiudizio possa riferirsi a qualsiasi gruppo o classe d’individui, è
stato studiato soprattutto sui gruppi che si differenziano per
caratteristiche somatiche, di lingua, di religione e di cultura, appunto
il cosiddetto pregiudizio etnico e razziale
2
.
La letteratura su questo delicato argomento è vasta e il punto cardine
che unisce le varie correnti di pensiero sarà l’assunto secondo il quale
gli stereotipi sono così radicati negli individui che sarà difficile
modificarli o addirittura eliminarli. Ma ciò non sarà impossibile o
inverosimile.
La ricerca nasce appunto dall’esigenza di comprendere il variegato
mondo delle rappresentazioni sociali e degli stereotipi, che il più delle
volte portano al fenomeno del pregiudizio e dell’esclusione sociale.
Infatti, «gli stereotipi sono la componente cognitiva dell’antagonismo
di gruppo, sono credenze circa gli attributi personali condivisi dagli
individui che appartengono ad un particolare gruppo o categoria
sociale»
3
, soprattutto si cercherà di comprendere se il mezzo
cinematografico riesca a far riflettere i soggetti partecipanti alla
ricerca sulla tematica interetnica.
Il nostro lavoro nasce da una ricerca condotta con tre classi di tre
diverse scuole medie superiori di Perugia. Il campione che ha
partecipato a tale ricerca, è di 62 soggetti tutti provenienti da Perugia
centro e dalla periferia. L’età dei ragazzi che hanno partecipato e
contribuito alla ricerca, sarà di 16 e 17 anni.
2
Cfr. Delle Donne M., Relazioni interetniche. Stereotipi e pregiudizi, fenomeno immigratorio ed
esclusione sociale, EdUp 1998.
3
Arcuri L., Cadinu R., Gli stereotipi, Il Mulino 1998, p. 34.
7
Dunque, si cercherà di sondare il pregiudizio e gli stereotipi dello
straniero, più propriamente dell’immigrato nella cultura giovanile
odierna. È importante sottolineare, che il campione della ricerca non
vuole essere rappresentativo di una cultura ben più vasta ed estesa
come appunto la cultura giovanile. Il nostro intento è quello di
esplorare l’atteggiamento dei 62 ragazzi nei confronti dell’alterità e di
misurare, attraverso la somministrazione di due questionari e la
visione del film, come reagiscono gli intervistati dinanzi a tali stimoli.
Strumento per sondare l’atteggiamento e le reazioni del campione sarà
il questionario, suddiviso in due parti, la prima parte somministrata ai
ragazzi prima della visione del film, la seconda parte dopo la visione.
Il punto cardine della nostra ricerca è il film «Indovina chi viene a
cena?», di Stanley Kramer del 1967, famoso soprattutto per la vicenda
che racconta e la tematica interetnica ed interrazziale che viene
affrontata.
Il primo capitolo farà un excursus sulle rappresentazioni sociali, gli
stereotipi ed i pregiudizi, come si sviluppano e soprattutto come si
diffondono, dunque verrà descritto il fenomeno dal punto di vista
teorico.
Il secondo capitolo includerà l’esposizione della metodologia di
raccolta dati che verranno analizzati e commentati nel terzo ed ultimo
capitolo della ricerca.
Le conclusioni saranno una messa a confronto dell’approccio teorico
con quanto da noi rilevato.
8
Capitolo 1: Le rappresentazioni sociali e gli stereotipi
e pregiudizi
9
1.1. Le rappresentazioni sociali e le sue definizioni
«Continueremo ad
esplorare e
alla fine delle nostre
esplorazioni ci
troveremo al punto da
cui siamo partiti e
conosceremo il posto
per la prima volta».
T. S. Eliot
«Conoscere il mondo sociale permette l’adattamento degli
individui alla propria società d’appartenenza, in quanto occorre
apprendere regole di comportamento e saperle riconoscere se si vuole
far parte di un gruppo, anche di sole due persone»
4
.
Questo concetto
ci aiuterà ad introdurre la nozione di rappresentazione sociale, che è
fondamentale per la strutturazione della conoscenza sociale degli
individui e che è stato più volte oggetto di studio nel campo delle
scienze sociali, benché tale fenomeno sia relativamente recente.
Come sostiene Serge Moscovici (1961), che è considerato il padre di
questo filone di studi, è proprio la psicologia sociale ad avere il
compito di studiare tali rappresentazioni, le loro proprietà, le loro
origini ed il loro impatto.
4
Castelli C., Quadrio A., Venini L., Psicologia sociale dello sviluppo, FrancoAngeli 1998, p. 45.
10
Infatti, nessuna altra disciplina è consacrata a questo compito e
nessuna altra è più adatta a fare ciò. Egli ribadisce che fu proprio
Emile Durkheim ad assegnare alla psicologia sociale questo compito:
«Per quanto riguarda le leggi del pensiero collettivo, esse sono
totalmente ignote. La psicologia sociale, il cui compito è quello di
definirle, non è altro che una parola che descrive vari tipi di
generalizzazioni diverse e vaghe, senza che venga messo a fuoco
alcun oggetto definito. Ciò che è necessario scoprire, confrontando
miti, leggende, tradizioni popolari e linguaggi, come le
rappresentazioni sociali si attraggono l’un l’altra e si escludano, si
fondano insieme o si separino, ecc»
5
. Importante sottolineare che la
psicologia sociale dovrà guardare e analizzare le rappresentazioni in
maniera differente rispetto la sociologia. Infatti, come sostiene di
nuovo il ricercatore, «noi ne abbiamo una visione diversa, o in ogni
caso la psicologia sociale deve considerarla da un’angolatura
differente»
6
. Di fatto la critica che lo studioso muove alla sociologia è
che essa rileva l’esistenza delle rappresentazioni, ma non si pone il
problema di studiare e di indagare la loro struttura e le dinamiche
interne. Tornando all’ambito della psicologia, possiamo definire le
rappresentazioni sociali come punto cardine dell’attività cognitiva
degli individui. Infatti, le rappresentazioni sociali aiutano gli individui
ad orientarsi nel variegato e complesso mondo circostante.
Sarebbe alquanto dispendioso e difficile organizzare la realtà senza
l’aiuto delle rappresentazioni, che potremmo definire come delle
euristiche della e per la nostra mente. La letteratura su questo delicato
argomento è alquanto vasta, ma possiamo provare a dare delle
5
Moscovici S., Farr R. (1984), Rappresentazioni sociali, tr.it., Il Mulino 1989, p. 34.
6
Ibidem.
11
definizioni. Con il termine rappresentazione sociale indichiamo «una
forma di conoscenza, socialmente elaborata e condivisa, avente un
fine pratico e concorrente alla costruzione di una realtà comune ad un
insieme sociale»
7
. Secondo Abric, altro grande studioso delle
rappresentazioni: «Per sistema di rappresentazioni intendiamo la
somma totale delle immagini presenti nel gruppo e riguardanti i
differenti elementi con i quali il gruppo si confronta. […] Il prodotto
dell’attività cognitiva da parte di ciascun individuo è ciò che
chiamiamo rappresentazione. Analizzando queste rappresentazioni, si
possono osservare alcuni elementi della realtà soggettiva, o interna,
degli individui o del gruppo»
8
. Situata tra lo psicologico ed il sociale,
il concetto di rappresentazione può interessare tutte le scienze umane,
infatti, ha una posizione mista, all’incrocio di una serie di concetti
sociologici e di concetti psicologici. Di fatti Doise, grande epigono di
Moscovici e studioso delle rappresentazioni, afferma che «non si può
eliminare dalla nozione di rappresentazione sociale il riferimento ai
molteplici processi individuali, interindividuali, intergruppi, ed
ideologici che spesso sono in equilibrio dinamico gli uni con gli altri e
in cui le dinamiche d’insieme approdano a queste realtà viventi che
sono in ultima istanza le rappresentazioni sociali»
9
. Dunque, l’aspetto
fondamentale delle rappresentazione sociale che non bisogna mai
tralasciare è la sua natura multiforme, le sue radici poliedriche, che
fanno della rappresentazione uno degli argomenti di questa branca di
studi, più interessanti e complessi, dove l’individuale ed il sociale si
fondono in un unico insieme. Jodelet ritiene «che le rappresentazioni
7
Jodelet D. (1989), Le rappresentazioni sociali, tr.it, Liguori Editori 1992, p. 48.
8
Abric J. C. (1984), Rappresentazioni sociali, tr.it., Il Mulino 1989, p. 189.
9
Doise W. (1989), Le rappresentazioni sociali, tr.it, Liguori Editori 1992, p.54.
12
sociali, in quanto sistemi di interpretazione che sorreggono le nostre
relazioni con il mondo e con gli altri, orientano ed organizzano i
comportamenti e comunicazioni sociali»
10
. È fondamentale
sottolineare l’importanza del fattore culturale. È evidente che ogni
cultura e società avranno delle rappresentazioni sociali differenti per
tutti i diversi aspetti della realtà, è fuorviante pensare, ad esempio,
che la rappresentazione del divorzio sia uguale in un individuo
cattolico ed in un individuo laico. Per il primo esso rappresenterà un
peccato ed un oltraggio, per il secondo un giusto diritto. Non volendo
cadere in generalizzazioni azzardate, è giusto ribadire che il corpus
della rappresentazione è anche e soprattutto culturale. Ed infatti come
affermano Jaspars e Fraser «le rappresentazioni sociali sono sociali in
almeno tre sensi diversi. Infatti, riguardano la realtà sociale nel senso
strutturale e culturale del sociale, sono sociali in origine, e sono
ampiamente condivise, il che fa sì che diventino parte della realtà
sociale stessa»
11
. Sono in pratica componenti essenziali della cultura
in cui l’individuo vive, ossia vere e proprie teorie, utili per scoprire,
organizzare e comprendere la realtà. È interessante riportare uno
studio condotto da Newman (1977) e citato da Moscovici e Farr
(1984), sulla percezione della devianza in cinque paesi diversi. In
questo studio si chiedeva agli intervistati di fornire un giudizio su vari
atti devianti quali furto, incesto, appropriazione di denaro pubblico,
omosessualità, ecc. Un’analisi dei dati mostra immediatamente che ci
sono notevoli differenze tra i vari paesi. Ad esempio, a New York il
furto viene denunciato alla polizia nel 95% dei casi, mentre gli
intervistati in un piccolo paese in Italia denunciavano il furto solo nel
10
Ivi, p. 48.
11
Jaspars J., Fraser C. (1984), Rappresentazioni sociali, tr. it., Il Mulino 1989, p. 129.
13
50% dei casi. Il caso dell’omosessualità è interessante, poiché
sembrano esistere differenze molto marcate: in Iran è probabile che se
uno si dichiara omosessuale, sarà denunciato alla polizia; a New York
o in Italia il fatto non verrà denunciato, mentre in Indonesia
l’omosessualità sembra essere un problema da affrontare innanzitutto
con la famiglia o con il capo del villaggio. Ma come vedremo più
avanti, anche la sfera individuale ha un ruolo fondamentale nella
formazione delle rappresentazioni sociali. È importante sottolineare
che la rappresentazione sociale interviene in vari processi: la
diffusione e l’assimilazione delle conoscenze, lo sviluppo individuale
e collettivo, la definizione delle identità personali e di gruppo,
l’espressione dei gruppi e le trasformazioni sociali. «In quanto
fenomeni cognitivi, esse vincolano l’appartenenza sociale degli
individui alle implicazioni affettive e normative, all’interiorizzazione
delle esperienze, delle pratiche, dei modelli di condotta e di pensiero
socialmente inculcati o trasmessi attraverso la comunicazione.
Pertanto il loro studio costituisce un contributo decisivo alla
comprensione della vita mentale individuale e di gruppo»
12
. Nella sua
rassegna della ricerca sugli atteggiamenti ed opinioni, Moscovici ha
suggerito che «il concetto di rappresentazione sociale potrebbe
utilmente sostituire i concetti relativamente statici e descrittivi,
d’opinione o immagine»
13
. Sempre Moscovici ha sostenuto che le
rappresentazioni sociali non sono semplicemente «opinioni su o
atteggiamenti verso, ma sono di diritto teorie o branche della
conoscenza che vengono usate per la scoperta e l’organizzazione della
12
Jodelet D. (1989), Le rappresentazioni sociali, tr.it., Liguori Editori 1992, p. 49.
13
Moscovici S., Farr R. (1984), Rappresentazioni sociali, tr.it., Il Mulino 1989, p. 129.
14
realtà»
14
. Questa definizione di rappresentazione sociale chiarisce e
pone l’accento sull’importanza che le rappresentazioni hanno nella
vita di ogni individuo. In effetti, il processo che ci porta alla
rappresentazione sociale non è così semplice. Esse, infatti, hanno la
funzione di stabilire un ordine che consente agli individui di orientarsi
nel loro mondo materiale e sociale, nonché di padroneggiarlo. Come
sostiene Brown «gli psicologi di ogni orientamento concordano nel
ritenere che il pensiero e la percezione non sarebbero possibili al di
fuori della capacità di semplificare e sistematizzare il mondo
sociale»
15
.
In secondo luogo, la comunicazione fra i membri di una comunità,
fornendo loro un codice per gli scambi sociali e un codice per
denominare e classificare in modo non ambiguo i vari aspetti del loro
mondo e la loro storia individuale e di gruppo. «Le rappresentazioni
vanno ad intervenire e funzionano come dei sistemi che regolano i
rapporti sociali. Poiché esse mediano le nostre relazioni con oggetti,
esse regolano queste relazioni»
16
.
Altra caratteristica importante delle rappresentazioni è quella di
rendere qualcosa di inconsueto, o l’ ignoto stesso, famigliare.
La paura di ciò che è estraneo (e degli stranieri) è profondamente
radicata. Questo avviene perché il timore di perdere i punti di
riferimento consueti, di perdere il contatto con ciò che fornisce un
senso di continuità, di reciproca comprensione sembra insopportabile.
14
Ivi, p. 130.
15
Brown R. (1988), Psicologia Sociale dei Gruppi, tr.it., Il Mulino 2000, p. 253.
16
Moliner P., Images et représentations sociales. De là théorie des représentations à l’étude des
images sociales, Presses Universitaires de Grenoble 1996, p. 32.
« Ainsi, les répresentations vont intervenir comme autant de systèmes de régulation des rapport
sociaux. Puisqu’elles médiatisent nos relations aux objets, elles vont réguler ces relations».
15
«Quando la diversità si impone a noi sotto forma di qualcosa non
abbastanza come dovrebbe essere, noi istintivamente la rifiutiamo
perché minaccia l’ordine prestabilito»
17
. Ed infatti, come sostiene
Asch, è tramite la rappresentazione «che si stabiliscono le
concordanze e le opposizioni nell’ordine sociale»
18
.
Per trasferire ciò che ci disturba, che minaccia il nostro universo
attuiamo il così detto atto di rappresentazione, che consiste nel
trasferire concetti e percezioni normalmente collegati in un contesto
dove l’inconsueto diventa consueto, dove l’ignoto può essere incluso
in una categoria riconosciuta. «È impossibile classificare senza nello
stesso tempo dare un nome, e tuttavia queste sono due attività distinte.
Nella nostra società assegnare un nome a qualcosa o a qualcuno ha un
significato molto speciale quasi solenne. Nel momento in cui
assegniamo un nome a qualcosa, noi la liberiamo da una disturbante
anonimità per dotarla di una genealogia e per includerla in un
complesso di parole specifiche, per collocarla, di fatto, nella matrice
d’identità della nostra cultura»
19
.
Ma, data l’importanza di tali fenomeni, parleremo più avanti e
dettagliatamente del processo di oggettivazione e di ancoraggio, che
portano l’inconsueto nella sfera del consueto.
17
Cfr. Moscovici S., Farr R. (1984), Rappresentazioni sociali, tr.it., Il Mulino 1989.
18
Asch S. E. (1955), Psicologia sociale, tr.it, Società Editrice Internazionale di Torino 1958, p.
605.
19
Moscovici S., Farr R. (1984), Rappresentazioni sociali, tr.it., Il Mulino 1989, p. 56.