4
2. Profilo storico
2.1. Origini ed evoluzione dell’inquinamento luminoso
Da migliaia di anni l’uomo ha uno stretto rapporto con il firmamento: già 4000 anni fa i
Babilonesi studiavano il cammino celeste del pianeta Venere; e ancor prima gli Egiziani
si servivano del moto regolare delle stelle per misurare lo scorrere del tempo,
concependo per primi l’idea di un calendario suddiviso in 365 giorni.
L’astronomia è indubbiamente la scienza più antica del mondo e il suo studio ha
accompagnato nei secoli il progredire di tutte le grandi civiltà.
Nel XVII secolo, poi, l’invenzione del telescopio ha portato ad una notevole
accelerazione nello studio del nostro universo, rendendo possibili grandi scoperte come
la legge di gravitazione universale di Newton o la teoria della relatività di Einstein.
Un’altra importante invenzione, messa a punto nel 1879, cambiò per sempre il modo di
vivere di noi tutti: la lampada ad incandescenza, realizzata da Thomas Alva Edison.
Fu un’invenzione cardine per la nostra società, poiché, oltre a dare un maggior senso di
sicurezza, creava i presupposti affinché tutte le attività umane potessero essere svolte
comodamente anche di notte.
Il nuovo ritrovato ebbe naturalmente larga diffusione e nei decenni successivi tutte le
grandi città europee e nord-americane, complice il relativamente basso costo
dell’energia, potevano permettersi una illuminazione pubblica estesa e capillare. A
questo beneficio si accompagnò però l’«inquinamento luminoso».
Ad oggi i soggetti colpiti a vario titolo da questa particolare forma di inquinamento
sono vari.
5
2.2. Soggetti colpiti
2.2.1. Gli osservatori astronomici e la ricerca scientifica
I primi ad accorgersene furono gli astronomi che operavano coi propri telescopi nelle
grandi metropoli (Londra, Parigi, Boston, Tucson): la luce zodiacale (insieme di
minuscoli detriti presenti sul piano dell’eclittica che rivelano la loro presenza riflettendo
la luce del sole) non era più visibile. Pian piano cominciarono ad essere osservabili
sempre meno stelle e, col passare degli anni, anche la Via Lattea scomparve dai cieli
delle grandi città.
Il problema fu ignorato e aggirato costruendo i nuovi osservatori lontano dai grandi
centri abitati. Solo quando ci si accorse che i siti idonei alle osservazioni erano rimasti
pochi, e comunque minacciati, la comunità scientifica cominciò ad impegnarsi
costantemente e unanimemente nella lotta all’inquinamento luminoso.
Anche la ricerca astrofisica in Italia sta subendo gravi danni: dopo anni di discussioni
sulla migliore collocazione per il nostro Telescopio Nazionale Galileo (TNG), si è
preferito evitare il rischio di collocarlo in territorio italiano; e così al Pollino, una delle
zone ancora accettabili dal punto di vista osservativo, si è preferita la lontana isola di La
Palma nell’arcipelago spagnolo delle Canarie.
Quest’isola, date le sue caratteristiche ideali, è per la stragrande maggioranza degli stati
colpiti dal problema uno dei luoghi migliori dove installare le proprie avanzate
strumentazioni (elevato numero di notti serene; bassa turbolenza atmosferica; stabilità
politica; buone e mirate leggi contro l’inquinamento luminoso).
Purtroppo la vicina isola di Tenerife, con una popolazione che supera il milione di
abitanti, comincia a creare i primi fastidi alle decine di osservatori disseminati sulla
cima del vulcano di La Palma, riproponendo così anche qui il problema
dell’inquinamento luminoso.
Alcune facoltose nazioni hanno deciso di eliminare il problema direttamente alla radice
mandando i propri strumenti in orbita dove la totale assenza di atmosfera garantisce
6
l’eliminazione di tutti i problemi ad essa connessi (turbolenza, copertura nuvolosa,
inquinamento luminoso, ciclo notte-giorno).
Ovviamente questa soluzione estrema non è attuabile su grande scala e da tutti gli Stati;
inoltre la mancanza di atmosfera crea pur sempre altri specifici problemi, in particolare
di manutenzione: difficoltà di raggiungere i telescopi nello spazio, continua esposizione
degli stessi a meteoriti, detriti spaziali e radiazioni solari.
Tornando all’Italia e alle sue decine di osservatori professionali distribuiti sul territorio
nazionale, il danno economico e scientifico che la mancanza di una buona politica
illuminotecnica sta creando allo Stato e alla comunità scientifica aumenta di anno in
anno.
2.2.2. La Comunità astrofila
In Italia si affiancano all’ufficiale comunità scientifica alcune centinaia di associazioni
astrofile che raccolgono decine di migliaia di “amanti” delle stelle.
Costoro, interessandosi di astronomia in maniera amatoriale, si occupano sul proprio
territorio di divulgazione scientifica, facendo crescere nella popolazione, e in particolare
negli studenti delle scuole medie e superiori, la passione per la scienza in generale e per
l’astronomia in particolare.
Gli astronomi professionisti, essendo spesso impegnati con le loro strumentazioni su
obiettivi nuovi e mirati, tralasciano e rimandano alla comunità astrofila compiti di
monitoraggio meteoritico e planetario.
Altra fondamentale branca della astronomia ad essa “commissionata” è l’astrometria,
ovvero la ricerca di nuovi asteroidi e la determinazione delle loro orbite.
Questo tedioso lavoro non può essere condotto dagli scienziati e viene quindi svolto da
decine di telescopi amatoriali, i quali per settimane seguono i nuovi asteroidi per
tracciarne l’orbita; le conclusioni di queste ricerche vengono poi messe a disposizione
della comunità scientifica.
7
Una classe di questi asteroidi ci interessano poi in particolar modo poiché, come si
evince dal loro acronimo (NEO: Near Earth Object), le loro orbite, intercettando quella
del nostro pianeta, possono risultare un pericolo, seppur remoto, per tutti noi.
I semplici astrofili, oltre ad essere ostacolati dall’inquinamento luminoso in maniera
classica (ovvero a causa della riflessione e diffusione dei flussi luminosi da parte delle
particelle che compongono l’atmosfera), lo sono anche a causa di flussi diretti che,
incidendo sulle pupille, le fanno contrarre riducendo così la quantità di informazioni che
giungono al cervello e penalizzando di conseguenza le osservazioni.
2.2.3 La sicurezza stradale
Anche la sicurezza stradale risente dell’inquinamento luminoso. Un mal direzionato
flusso luminoso, che può provenire da diverse fonti (illuminazione stradale, cartelloni
pubblicitari, illuminazione privata, illuminazione sportiva), spesso investe direttamente
gli utenti, i quali rischiano di creare incidenti. L’occhio umano è un organo molto
sensibile, capace di modificare le proprie caratteristiche fisiche e biochimiche: quando è
sottoposto ad una luce troppo intensa, l’iride, per impedire danni alla retina a causa
dell’eccessivo flusso di fotoni, si riduce velocemente (pochi secondi), per poi ritornare
alla normale dimensione quando l’intenso fascio è scemato; anche la rodopsina, un
pigmento rosso contenuto nella retina e sensibile alla luce, viene a modificarsi più
velocemente nelle sue funzioni quando passa da uno stato di bassa luminosità ad uno di
elevata, piuttosto che il contrario; e ciò pregiudica le capacità del guidatore nei secondi
successivi ad un episodio di abbagliamento.
Quando ci si trova alla guida di un’autovettura, considerata la velocità degli eventi, le
informazioni che il cervello può elaborare in tempo utile sono ovviamente limitate e un
sovraccarico di input tende ad affaticare e distrarre il conducente, che sarà
maggiormente soggetto a incidenti.
L’uniformità di luce proveniente dall’area osservata dal conducente della vettura è
fondamentale e l’illuminazione stradale deve essere progettata in modo tale che l’utente
non venga investito in maniera diretta dal flusso luminoso prodotto, bensì in maniera
indiretta per riflessione del manto stradale. Le curve fotometriche proprie di questa
8
categoria di sorgenti devono essere caratterizzate da una direzione della luce più intensa
emessa compresa entro un angolo di 75° rispetto al nadir e da una elevata uniformità del
flusso luminoso. A tale riguardo interviene anche il Codice della strada con l’articolo
23
1
che, seppur in maniera generica, impedisce l’installazione di sorgenti luminose con
caratteristiche abbaglianti.
2.2.4. La flora e la fauna
La luce che il Sole emana influenza enormemente tutti i sistemi biologici terrestri e
l’alternarsi del giorno con la notte è un fattore fondamentale per gli esseri viventi che
sulla terra vivono, siano essi animali oppure piante.
Gli effetti dell’inquinamento luminoso sulla fauna e sulla flora sono ancora poco
studiati, ma gli esperimenti e le ricerche finora condotti sulla risposta fisiologica e
comportamentale di diverse specie alle luci artificiali portano a creare preoccupazione
fra i conservazionisti.
Gli studi condotti da Witherington nei primi anni novanta sono allarmanti. Egli ha preso
in esame due specie di tartaruga marina, la Caretta Caretta
1
e la Chelonia Mydas, in una
delicata fase del ciclo vitale: la deposizione notturna delle uova sui litorali sabbiosi. Per
vedere la loro risposta a condizioni di luce artificiale lo studioso ha preso in
considerazione un’area di spiaggia non antropizzata e la ha suddivisa in due settori, uno
dotato di lampade con diverse caratteristiche di emissione, l’altro completamente buio
(area di controllo).
I risultati ottenuti hanno evidenziato una significativa riduzione di tartarughe annidate
nell’area prossima ai lampioni (circa cinquanta metri di raggio) rispetto al settore di
buio naturale.
1
L’articolo 23, “Pubblicità sulle strade e sui veicoli”, al primo comma recita: “Lungo le strade o in vista
di esse è vietato collocare insegne, cartelli, manifesti, impianti di pubblicità o propaganda, segni
orizzontali reclamistici, sorgenti luminose, visibili dai veicoli transitanti sulle strade, che per dimensioni,
forma, colori, disegno e ubicazione possono ingenerare confusione con la segnaletica stradale, ovvero
possono renderne difficile la compressione o ridurne la visibilità o l’efficacia, ovvero arrecare disturbo
visivo agli utenti della strada o distrarne l’attenzione con conseguente pericolo per la sicurezza della
circolazione […] Sono, altresì, vietati i cartelli e gli altri mezzi pubblicitari rifrangenti, nonché le sorgenti
e le pubblicità luminose che possono produrre abbagliamento.”