CAPITOLO 1
IL LIBANO CRISTIANO - MARONITA
1.1 I maroniti: un accenno storico
Uno degli aspetti che ha reso il Libano un paese unico all’interno del mondo arabo -
musulmano è stata la presenza di una forte ed influente comunità cristiana. Questa
presenza ha avuto delle conseguenze importanti non solo per l’identità della stessa
comunità cristiana; ma anche per quella delle altre confessioni, che loro malgrado, si
sono ritrovate all’interno dei confini del Libano.
La presenza cristiana nell’area risale al V secolo, quando si creò una vasta comunità,
intorno ad un monaco, San Marone, che predicava nella zona di Emeso. Nel corso dei
secoli successivi alla morte dell’eremita, questa comunità si era rafforzata ed aveva
cominciato l’evangelizzazione delle popolazioni presenti sulle montagne del Monte
Libano e nelle pianure della valle del Beeka.
Nel VII secolo, l’impero Bizantino, indebolito dalle guerre contro l’eresia Monofisista
ed il Nestorianesimo, si trovò in notevole difficoltà a contenere l’espansione della
neonata comunità islamica.
I maroniti
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, rimasti fino ad allora sotto l’influenza bizantina, abbracciarono l’eresia
Monotelita, che proclamava la duplicità della natura divina, ma l’unicità della sua
volontà. Giustiniano II, deciso a ristabilire l’autorità imperiale, mosse le sue truppe
contro la comunità maronita, ma fu sconfitto nel 694 in una battaglia nei pressi del
Monte Libano. Il 694 rappresenta una data storica per la comunità maronita, perché
segna l’inizio dell’indipendenza della propria chiesa dall’autorità di Costantinopoli;
autonomia che si concretizzava qualche anno più tardi con la prima elezione
autonoma del proprio patriarca, San John Maron. La vittoria ebbe breve corso, poiché
gli arabi erano ormai alle porte dell’Anatolia e la comunità fu costretta per
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La chiesa maronita sostiene che nel periodo tra il 6 ed il 12 secolo la comunità era rimasta fedele al
cattolicesimo, interpretazione che viene però messa in discussione da altre comunità cristiane, come i
melchiti, i siriaco – ortodossi ed i siriaco – cattolici. In questa tesi si è voluta seguire l’interpretazione
storica più seguita all’interno della letteratura, avvallata oltretutto dalla stessa Chiesa Romana.
HEBERMANN C., PACE E., PALLEN C., SHAHAN T., WYNNE J., Enciclopedia Cattolica,
Edizione del 1908, www.newadvent.org
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sopravvivere a ritirarsi dalle zone costiere e dalle pianure del Beeka per rifugiarsi
sulle montagne del Monte Libano
2
.
Il lungo isolamento in cui cadde la comunità fu interrotto dalle crociate e dai
successivi Regni Latini intorno a Gerusalemme. I maroniti, ormai divenuti una
confessione cristiana autonoma, decisero, nel 1152, di riconoscere l’autorità del papa
di Roma e furono ufficialmente riammessi
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all’interno del cattolicesimo. La comunità
conservava però alcune delle proprie prerogative, come l’elezione del patriarca,
ottenendo così in cambio del riconoscimento dell’autorità della chiesa Romana una
notevole indipendenza nell’esercizio delle proprie funzioni.
Da questo momento in poi, i maroniti, cominciarono ad istaurare dei rapporti duraturi
con l’Occidente e con il Papato in particolare, che ne diventava il protettore. Con la
fondazione del Collegio Maronita a Roma nel 1582, molti membri del clero potevano
infatti perfezionare i propri studi in occidente
4
.
La fine dell’esperienza delle crociate ed il ritorno in Palestina dei regni musulmani,
con Saladino ed i Mamelucchi, raffreddavano per qualche tempo i contatti dei
maroniti con l’occidente, isolandoli nuovamente all’interno del mondo musulmano.
Nonostante le ovvie difficoltà che la comunità aveva vivendo sotto una autorità
religiosa islamica; poteva usare questa dominazione per preservare la propria identità,
poiché secondo le scritture del corano, i cristiani, erano parte delle così chiamate
“Genti del Libro”
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. Essi erano si sottoposti alla “capitolazione” ed ad una “imposta
fondiaria”; ma avevano la possibilità di organizzarsi in maniera autonoma,
mantenendo intatta la propria identità, con la non trascurabile possibilità di accedere
ad alcuni ruoli prestigiosi all’interno della pubblica amministrazione, senza però mai
avere la possibilità di assumere il potere direttamente.
Con l’arrivo degli Ottomani, nel 1516, la situazione cambiò in senso positivo.
L’impero Ottomano infatti era notevolmente esteso dal punto di vista geografico, e
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HARRIS W., Faces of Lebanon: Sects, Wars, and Global Extensions, Markus Wiener Publishers,
Princeton, 1997, pag. 34
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Esiste anche qui una disputa storiografica tra i Maroniti ed altre chiese comunità cattoliche del Medio
Oriente. Come in precedenza si è seguita l’interpretazione della Chiesa cattolica Romana.
HEBERMANN C., PACE E., PALLEN C., SHAHAN T., WYNNE J., Enciclopedia Cattolica,
Edizione del 1908, www.newadvent.org
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PACINI A., Comunità cristiane nell'islam arabo: la sfida del futuro, Fondazione Giovanni Agnelli,
Torino, 1996, pag. 77
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Espressione coranica che indica i fedeli facenti parte delle religioni rivelate non islamiche. Gli
aderenti a questa categoria hanno uno statuto particolare, quello di “Dhimmi” (“protetti”). Ibidem,
pag.81
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questo comportava continui problemi di stabilità e di ordine interno. La grande
diversità etnico e religiosa poteva essere superata solamente attraverso una vasta
autonomia concessa alle minoranze religiose più importanti, in modo da evitare il loro
antagonismo con il potere della Sublime Porta. L’impero alternava due tipi di
controllo del territorio, uno diretto, attraverso i propri governatori, ed uno indiretto nel
caso che si trattasse di una minoranza religiosa. Il metodo indiretto veniva chiamato
Millet e conferiva notevoli libertà alle comunità dal punto di vista finanziario, civile e
amministrativo
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.
Dal 1740 in poi, grazie all’accorso sulle “capitolazioni” siglato con l’impero
Ottomano, i cristiani potevano contare oltre che sul supporto della Chiesa anche sulla
“protezione” francese. L’accordo conferiva alle potenze europee il diritto di
intervenire a favore delle minoranze religiose cristiane stanziatesi all’interno dei
confini ottomani nel caso in cui fossero minacciate.
Sotto il profilo educativo ed organizzativo la comunità maronita era all’avanguardia,
numerosi collegi erano stati fondati durante il 700 e la stessa Chiesa aveva una
struttura interna ben organizzata e funzionale nella gestione del proprio patrimonio
economico. L’estendersi dell’influenza francese assieme al loro supporto finanziario
migliorò ulteriormente l’istruzione della comunità maronita, rendendola la più
“moderna” oltre che numericamente la più istruita del Libano
7
.
Con le ostilità nate tra il viceré egiziano Mohammed Ali e le autorità Ottomane nel
1830, le potenze europee ebbero la prima occasione di intervenire direttamente per
favorire gli interessi propri e delle minoranze cristiane. L’arrivo delle truppe egiziane
di Ibrahim Pasha nel Libano conferì ai maroniti per la prima volta la possibilità di
godere degli stessi diritti riservati ai musulmani. Gli alti tributi richiesti però dagli
egiziani causarono violente sommosse contro l’autorità all’interno della comunità
drusa nello Chouf ed in quella sciita del sud del paese. Gli egiziani repressero
duramente queste rivolte e costrinsero molti notabili drusi all’esilio, rimpiazzandoli
con i propri omologhi maroniti. Con la sconfitta di Pasha, i notabili drusi ritornarono
e cominciarono una guerra contro i maroniti per riconquistare le posizioni perdute. Gli
scontri vennero fermati dal duplice intervento ottomano ed europeo, che per evitare il
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HANF T., Coexistence in wartime Lebanon : decline of a state and rise of a nation, I.B. Tauris,
London, 1993 pag. 60 e ss.
7
PACINI A., Comunità cristiane nell'islam arabo: la sfida del futuro, Fondazione Giovanni Agnelli,
Torino, 1996, pag. 83 e ss.
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ripetersi della situazione concordarono di dividere il Libano in due governatorati, uno
del nord del paese, sotto controllo maronita, e uno nel sud, sotto controllo druso
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.
La successiva istituzione di un consiglio delle comunità religiose in supporto dei
governatore, l’elezione del primo patriarca maronita non proveniente da una famiglia
di notabili, causarono l’inizio di una rivolta all’interno della comunità maronita e
l’emergere di una nuova generazione delle classi dirigenti, slegate dal ruolo notarile
ed intrise di ideali repubblicani europei. Nel nord il conflitto rimase interno alla
comunità, nel sud diventò invece l’inizio di una “guerra civile” tra cristiani e
musulmani.
Il nuovo intervento congiunto da parte degli ottomani e delle potenze europee sancì
nel 1861 un nuovo equilibrio. Nasceva il governatorato del Monte Libano, con un
ruolo preminente affidato ai notabili maroniti, sebbene istituzionalmente non avessero
alcun ruolo importante. Difatti, il governatore era un cristiano, ma non libanese, ed
era affiancato nell’esercizio delle proprie funzioni da un consiglio multi confessionale
che rappresentava tutte le comunità del governatorato.
Da questo momento in poi i cristiani assumevano il ruolo di comunità guida di tutto il
“piccolo Libano”, distinguendosi, alla fine del XIX secolo, nel Medio Oriente, per la
ricezione degli ideali nazionalistici e liberali allora circolanti all’interno dell’Europa
Occidentale. Allo stesso modo, il nazionalismo legato alla rinascita araba nasceva
anche dall’ispirazione di una elite intellettuale di origini cristiane, che vedeva, in uno
stato secolare ed arabo, la possibilità di riscattare il proprio status di minoranza
perenne all’interno del mondo musulmano. Un ambizione comune ad entrambe le
religioni era quella di staccarsi dall’Impero Ottomano, ormai in balia della volontà
degli stati europei che nel 1908, grazie alla rivoluzione di Ataturk, stava cominciando
ad assumere le caratteristiche di un vero e proprio stato nazionale turco; a cui gli
“Arabi” si sentivano ormai sottomessi da troppo tempo.
1.2 Un paese su misura
La fine della prima guerra mondiale ed i mandati occidentali segnavano una cesura
storica di notevole importanza all’interno della storia non solo del Libano, ma anche
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HANF T. Coexistence in wartime Lebanon : decline of a state and rise of a nation, I.B. Tauris,
London, 1993, pag 68 e ss.
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