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Nel corso di questo secolo vi sono stati molti cambiamenti sotto il profilo
economico-sociale. Essi hanno messo in luce l’importanza della qualità come
strumento utile alle aziende per migliorare la loro posizione sul mercato.
Inizialmente la qualità era garantita attraverso le attività di controllo della
qualità stessa, affidate ad una funzione ad hoc all’interno della struttura
aziendale, al fine di evitare che i prodotti difettosi giungessero sul mercato.
In seguito, per contenere maggiormente i costi di produzione, si estesero i
controlli anche a tutti i processi per evitare che i semilavorati difettosi
potessero essere immessi nel ciclo produttivo. Secondo quest’ottica, si fa
strada la convinzione in base alla quale per l’azienda risulta
economicamente conveniente un’attività di controllo che si estenda non solo
ai prodotti, ma anche a tutti processi: solo in questo modo è possibile la
riduzione dei costi connessi alle attività di produzione e la concomitante
soddisfazione dei clienti, i quali sono rappresentati non solo dagli acquirenti
finali ma anche dai reparti a valle. Si afferma, pertanto, il concetto di qualità
totale da intendere come la progressiva ricerca di superiori livelli qualitativi
all’interno della struttura aziendale nella sua interezza, cioè con riferimento a
tutte le attività, e, quindi, non solo a quelle di natura tecnico-produttiva.
In questo nuovo contesto diviene indispensabile che la Direzione prenda
attivamente la leadership della qualità in azienda, in quanto la qualità non è
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più intesa come un aspetto tecnico da lasciare agli specialisti. La Direzione
Aziendale deve indicare gli obiettivi della qualità e guidare tutta l’azienda
verso tali obiettivi: le decisioni relative alla qualità assumono carattere
strategico.
La prima consapevolezza che deve essere acquisita è che tutte le attività
esistenti in un’azienda formano una catena (cerchio, circolo), e ognuna di
esse è un anello fondamentale della suddetta catena. Tra gli anelli vi sono
anche clienti e fornitori (esterni/interni). Se uno solo di questi anelli non è
funzionale agli altri, si interrompe tutta la catena. La qualità deve essere
gestita a tutti i livelli in modo efficace.
Fig. 1.1 Anelli funzionali dell’azienda
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L’azienda, inoltre, deve creare un Sistema di Gestione della Qualità rivolto al
servizio del cliente. Questo implica che tale Sistema raggiunge ogni settore
dell’organizzazione e viene compreso da tutti gli uomini dell’azienda stessa;
ognuno deve realmente ritenere importante la Qualità e dare quindi il
proprio apporto in modo costruttivo.
La gestione delle non conformità e ancor prima la prevenzione, che deve
essere attuata affinché possano crearsi le condizioni per operare al meglio,
attraversano l’intero sistema azienda su più livelli, e non tanto la produzione
in quanto core-business, ma anche tutti i processi che sono ad essa correlati.
Lo studio dell’evoluzione storica delle modalità di attuazione del controllo
della qualità appare opportuno, in quanto i cambiamenti succedutisi
riguardano non tanto l’esigenza di qualità dei prodotti e dei processi, ma i
mezzi impiegati per ottenerla: la politica del soggetto decisionale è mutata,
infatti la natura del controllo da operativa è elevata a strategica.
Inizialmente secondo un approccio orientato alla produzione, la qualità era
intesa prevalentemente come conformità alle specifiche e quindi era
garantita da severi controlli di produzione. Questi controlli erano eseguiti,
alla fine del processo produttivo, da personale tecnico ed erano
completamente separati dalle altre attività aziendali. Il problema della
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qualità era pertanto di natura essenzialmente operativa e risolvibile
attraverso l’applicazione dei metodi statistici.
Il controllo della qualità consisteva nell’attività di ispezione finale che,
fungendo da filtro, consentiva di evitare che i prodotti difettosi giungessero
sul mercato. Pertanto era indispensabile una funzione aziendale specifica per
questo scopo. Va notato, però, che tale funzione svolgeva un ruolo
meramente consecutivo, privo di possibilità di correzione e miglioramento
delle linee produttive e, peraltro, si affermava la concezione secondo la quale
il garante della qualità dei prodotti immessi sul mercato non è rappresentato
da chi realizza tali prodotti ma da chi li ispeziona.
Successivamente, al fine di controllare meglio i costi di produzione connessi
alla difettosità dei prodotti si è pensato di spostare i controlli a monte lungo il
processo produttivo per evitare così che i semilavorati difettosi venissero
sottoposti ad ulteriori fasi di lavorazione. Si tratta, in sostanza, di un
approccio attraverso il quale si assoggettano a controllo non solo i prodotti
destinati alla vendita ma anche tutti i processi finalizzati alla loro
realizzazione.
La logica evolutiva di questa situazione ha portato, poi, alla estensione di
questo approccio a tutte le funzioni aziendali, che così divengono
responsabili del livello qualitativo delle attività svolte: si assiste ad un
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coinvolgimento di tutte le funzioni aziendali fino ad abbracciare l’unità
produttiva nel suo complesso.
Nel corso del tempo, a seguito delle mutate condizioni economico-sociali, si
fa strada la convinzione che non è più sufficiente accertare la conformità, ma
occorre estendere i controlli fino alla soddisfazione dei clienti: alla
prospettiva interna si aggiunge quella esterna. Per questa via, si afferma un
approccio alla qualità come “modo di gestire l’impresa”, intendendo con
questa espressione che il miglioramento del livello qualitativo può realizzarsi
a condizione che sia svolta un’efficace azione direzionale volta a coinvolgere
tutto il personale nel programma di miglioramento della qualità: il personale
a tutti i livelli deve avere sempre presente la necessità di garantire la
soddisfazione del cliente.
Anche sul piano economico si nota un’impostazione diversa rispetto al
passato. In passato infatti le esigenze di convenienza della gestione si
anteponevano a quelle della soddisfazione del cliente. Attualmente invece
l’economicità, condizione indispensabile per la sopravvivenza del sistema,
viene posta in secondo piano poiché si ritiene che esista una relazione di
diretta proporzionalità tra politica della qualità ed economicità.
L’obiettivo immediato del controllo della qualità, pertanto, non è quello di
acquisire profitti nel breve periodo, ma quello di produrre elevati livelli di
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soddisfazione nei consumatori, che così “sostengono” la sopravvivenza
dell’azienda effettuando acquisti non occasionali, ma ripetuti nel tempo. In
questo modo i produttori non realizzano i loro profitti in maniera diretta,
bensì indiretta attraverso la creazione ed il mantenimento di buoni rapporti
con i clienti, come è esemplificato nel seguente diagramma:
SODDISFAZIONE DEL CLIENTE
↓
INCREMENTI DELLE VENDITE
↓
INCREMENTI DEI PROFITTI
Fig. 1.2
1.1.1 I COSTI DELLA NON QUALITÀ
Il problema della misurazione di una grandezza economica diviene rilevante
ogni volta che si presenti la necessità o la volontà di controllare e gestire un
fenomeno d’impresa, qualunque esso sia.
La misurazione del fenomeno qualità non si concretizza necessariamente in
una misurazione di tipo monetario, tuttavia la traduzione in termini monetari
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degli sforzi fatti da un’impresa per gestire e migliorare la qualità della
propria offerta permette di portare il problema all’attenzione della dirigenza,
abituata a ragionare proprio con grandezze monetarie.
Monitorare il fenomeno della qualità e riuscire a controllarne l’evoluzione
significa dunque poter disporre di informazioni chiare sulle tendenze passate
e sull’andamento attuale, nonché sulla stima di quello futuro, dei costi ad
essa correlati; significa evidenziare quali siano le determinanti dei costi stessi
e quali leve possano essere attivate per dominarle.
L’aumento della concorrenza richiede inoltre che le aziende siano capaci di
massimizzare la resa dei fattori riducendo contestualmente l’inefficienza
interna.
I profondi cambiamenti che l'intero sistema economico e politico
internazionale ha attraversato in quest'ultimo decennio hanno imposto alle
imprese un atteggiamento sempre più reattivo e di continua ricerca di
vantaggi competitivi. Si richiede, in sostanza, un orientamento strategico che
investa tutta la struttura aziendale in modo da esercitare leve di stimolo nei
confronti della domanda, soddisfacendo le maggiori aspettative dei
consumatori, con effetti, sia in termini di aumento dei volumi di vendita, che
di recupero di "vantaggi di costo". In relazione a quest'ultimo punto è
necessario aggiungere che le facoltà di manovra a disposizione delle aziende
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per il contenimento dei costi aziendali tendono a ridursi notevolmente, dal
momento che la gamma dei costi rigidi verso il basso si va ampliando
sempre di più. L'attenzione deve quindi, necessariamente, concentrarsi su
quelle componenti negative di reddito generate da non conformità, da
operazioni sbagliate e ripetute, da situazioni di sub ottimizzazione delle
risorse o da sprechi.
Di fronte alla necessità da parte delle imprese di recuperare vantaggi
competitivi, nel senso ampio del termine, le tecniche e le metodologie di
applicazione del sistema qualità svolgono un ruolo fondamentale. Da tempo,
infatti, nell'ambito degli studi in economia aziendale si è sviluppato un
crescente interesse per la strategia della qualità, soprattutto grazie al
superamento dell'idea che tale strategia si ponesse in antitesi rispetto
all'obiettivo tradizionale del profitto. II principio della qualità totale, infatti,
innesca meccanismi operativi efficaci, alla fine, anche per produrre reddito
e per controllare i rischi.
L'interesse per le metodologie e le tecniche in oggetto si è fatto sempre più
vivo, man mano che i risultati di alcune ricerche hanno posto l'accento sul
rilievo economico che gli sprechi possono avere in termini di costi della
qualità, nonché sulla redditività che gli investimenti in qualità possono
generare.
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La rivista “Business Week” pubblicò nel 1987 dei dati estremamente
interessanti: i lavoratori delle imprese manifatturiere statunitensi
impiegavano più del 25% del proprio tempo lavorativo e delle risorse
aziendali per individuare i prodotti difettosi e ripararli o scartarli. E' come se
nel 1987 fosse esistita un'unica immensa fabbrica invisibile, con un numero
di lavoratori pari al 25% di tutte le aziende manifatturiere degli Stati Uniti,
che non si occupava di progettare, produrre e vendere, ma esclusivamente di
rilevare, rilavorare, ripristinare, riparare e scartare: una serie di attività il cui
costo è ‘improprio’ .
La contabilizzazione di tali costi, come “Aspetti economici della qualità” ha
quindi progressivamente conquistato spazi, quale fattore di supporto
decisionale, soprattutto nei contesti aziendali chiamati a competere in termini
qualitativi.Nell'ambito dell'applicazione del sistema qualità lo studio dei costi
della qualità e della non qualità rappresenta, appunto, una parte integrata
dell'intero programma, soprattutto come strumento di monitoraggio del
processo di continuo miglioramento del livello qualitativo. Esprimere gli
obiettivi qualitativi e le periodiche performance aziendali in termini di costi
consente di porre a confronto i risultati perseguiti nei diversi prodotti,
processi o dipartimenti, in ogni momento, oltre a rappresentare l'unita di
misura più comprensibile per il management di leadership di costo.
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In sostanza l'utilità di un sistema di controllo dei costi della qualità può
essere evidenziata in tre momenti fondamentali per l'azienda:
1. in sede di analisi aziendale, per studiare le aree di debolezza esistenti
ponendole a confronto tra loro in relazione al peso che hanno dal punto di
vista economico, per verificare il livello delle prestazioni e per evidenziare le
opportunità di miglioramento;
2. in fase di programmazione, per definire dei parametri necessari per la
scelta tra diverse alternative di utilizzo delle risorse;
3. in sede consuntiva, allo scopo di controllare le prestazioni effettive
rispetto agli obiettivi prefissati, per valutare l'efficienza e l'efficacia dei
processi aziendali.
1.1.2 I COSTI DELLA QUALITA’
Per quello che attiene la classificazione dei costi della qualità si può dire che
lo studio in oggetto è basato sulle indicazioni espresse in materia dalla Guida
della British Standards Institution BS 6143:198 1, ancora oggi riferimento
normativo basilare.
Secondo la norma della BSI, la prima ed unica interamente dedicata ai costi
connessi alla qualità, i costi sono calcolabili come somma dei costi sostenuti
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per svolgere attività atte al raggiungimento di un livello di qualità a priori
individuato con quei componenti negativi di reddito afferenti, invece, al
mancato ottenimento di tale livello.
Da tale definizione consegue una classificazione dei costi della qualità che
segue le linee principali introdotte dal Feigenbaum nel 1916, riassumibile
nelle seguenti quattro categorie:
- Costi di prevenzione: Sono definiti "costi di prevenzione" quei costi
sostenuti per ogni azione adottata allo scopo di analizzare, prevenire e ridurre
il rischio di difetti, cioè di mancata rispondenza del "prodotto" alle specifiche
a priori definite .Sono quindi compresi in questa categoria tutti i costi relativi
alle attività di progettazione ed attuazione dei sistema qualità; all'interno di
queste si possono individuare quei componenti di costo imputabili al
personale, oltre a quelli riferibili alle attrezzature di supporto alle attività del
personale stesso.
- Costi di valutazioni (o di controllo): I costi di valutazione (o di controllo)
sono tutti quei costi sopportati per verificare il grado di conformità ai
requisiti della qualità stabiliti. Questi sono soprattutto rappresentati dagli
elementi contabili relativi a prove e collaudi effettuati all'interno dell'azienda
o all'esterno, atti a determinare se le attività sono state svolte nel modo
corretto.
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- Costi di difetti interni: I costi per difetti (o insuccessi) interni sono quelli
conseguenti ad un prodotto che non soddisfa i requisiti di qualità a priori
definiti, per difformità rilevate prima che questo sia distribuito sul mercato.
Esempi a tale proposito possono essere considerati i costi relativi agli scarti, i
costi di manodopera e di materiale sostenuti per procedere alle riparazioni o
alle rilavorazioni, all'analisi dei difetti, alle ripetizioni di collaudi, oppure gli
oneri connessi a declassamenti del prodotto. Oltre a tali costi direttamente
imputabili, per un corretto calcolo è necessario considerare una quota di
spese generali di produzione e/o di amministrazione e di vendita, nonché
alcuni costi finanziari e figurativi.
- Costi di difetti esterni: I costi per difetti (o insuccessi) esterni sono relativi
a difformità del prodotto finale rilevate dopo la commercializzazione del
prodotto. Tali difetti possono essere evidenziati dal cliente finale o dal
distributore. Questi comprendono quindi anche tutti quei costi sostenuti
dall'azienda per ripristinare il rapporto con il cliente. In sostanza si possono
considerare tutte le componenti di costo rilevate per i difetti interni, alle quali
devono essere aggiunti quei costi connessi alle attività conseguenti al fatto
che le difformità di cui sopra hanno avuto impatto anche sul cliente.
Le quattro voci sopra esposte possono ulteriormente essere ricondotte a due
grandi gruppi: i “costi di controllo” sostenuti per contenere la difettosità di
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cui fanno parte i costi di prevenzione e di valutazione; i “costi di non
controllo”, imputabili invece proprio al manifestarsi dei difetti, ai quali
afferiscono i costi per difetti, sia interni che esterni.
Per il calcolo effettivo di ogni voce di costo è necessario procedere ad
un'imputazione delle diverse spese sostenute per il personale, per le
attrezzature, per i materiali e per le attività riconducibili all'ambiente
aziendale come indicato in precedenza, la classificazione dei costi della
qualità presentata in questo studio segue le indicazioni delle normative in
uso. Da più parti, comunque, si ritiene che la realtà operativa comporti la
necessità di considerare, a completamento dell'analisi di cui sopra, altre due
categorie: i costi indiretti ed i costi intangibili, nei confronti dei quali sta
sempre più crescendo l'interesse soprattutto tra le aziende.
I costi indiretti sono essenzialmente da imputare ad una carenza di
razionalità nel prodotto o ad un'errata organizzazione aziendale, in
particolare ad elementi inseriti per eccesso di zelo e per fronteggiare
situazioni dovute a scarsa programmazione ed efficienza. A titolo di esempio
si possono indicare i costi sostenuti per la detenzione di un quantitativo di
scorte superiore al livello ottimale allo scopo di tutelarsi da eventuali rischi
di partite difettose o da errori nella programmazione, oppure i costi
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sopportati per dare garanzie sul funzionamento del prodotto finito in modo
eccessivo e ridondante rispetto a quelle realmente necessarie .
Con i costi intangibili si cerca invece di individuare e rilevare quegli
elementi che completano la categoria dei costi per difetti esterni. Si tratta di
quei costi che l'impresa sostiene a causa della mancanza di una o più
caratteristiche qualitative nel prodotto o nel servizio rispetto alle richieste
della clientela. Sono infatti considerati costi intangibili tutti quegli elementi
strettamente connessi a situazioni che si ripercuotono direttamente
sull'immagine dell' azienda, collegati con stati d'insoddisfazione del cliente
ma che, in assenza di una reale manifestazione monetaria immediata,
presentano notevoli difficoltà di quantificazione.
Tra i parametri utilizzati per valutare in termini economici situazioni in cui la
qualità standard per l'azienda si discosti negativamente da quella per il
mercato, si possono citare il tasso di riacquisto ed il calcolo della quota di
mercato.
Il tasso di riacquisto, in particolare, trova ampio impiego nel caso di beni non
durevoli, a basso grado di rischio di perdita economica e strumentali. Si
tratta, in sostanza, di calcolare i minori utili realizzati nel periodo in esame e
negli esercizi successivi imputabili a mancati adeguamenti qualitativi.