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corso del tempo, è stata filtrata, modificata o deformata
completamente". Questi studi confermano e approfondiscono una
visione che risale addirittura agli antichi Greci per i quali in ogni
mito ci sarebbe un nucleo di verità storica. A proposito di miti:
da sempre si dice che le donne sono sinonimo di pettegolezzi. In
realtà questo è un pregiudizio. Sia gli uomini sia le donne amano
le chiacchiere allo stesso modo, ma fino a qualche tempo fa i
ruoli erano più definiti e gli uomini provavano un certo disagio
ad affrontare pubblicamente argomenti "privati". Oggi, però,
questi schemi sono caduti e non ci sono più differenze rilevanti
di comportamento.
Questa è, in verità, la ragione che ci vede motivati ad
intraprendere la nostra ricerca.
Abbiamo valutato infatti, che nonostante non ci siano
dimostrazioni empiriche significative tra uomini e donne,
tutt’oggi la categoria femminile è additata come più “pettegola”,
cosa che assumiamo come il frutto di una pregiudizio da parte
della controparte maschile basata sulla differenziazione di ruoli:
agli uomini spetta il potere politico ed economico, alla donna il
potere nelle relazioni interpersonali.
Abbiamo trattato a tal proposito il concetto di “Sessismo
Ambivalente” di Glick e Fiske (2001) che abbiamo misurato
tramite la scala ASI (Ambivalent Sexism Inventory), utilizzata
dagli stessi autori.
Ci siamo chiesti successivamente se l’attitudine al gossip sia
relata ad altri costrutti che presentano affinità con lo stesso e se
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tale relazione si differenziasse tra i sessi: il paragone sociale e la
desiderabilità sociale. Il nostro scopo nel presente lavoro è anche
quello di mostrare come realmente i contributi sul gossip sono
numerosi ma che non sono riportati nei testi ma solo confinati a
spazi ben circoscritti, nonostante il fatto che, a ben vedere, le
implicazioni sul piano psicologico (e psico-sociale) non sono
poche. E’ stato considerato un meccanismo di facilitazione nelle
relazioni interpersonale ( Fine & Rosnow, 1978: 164; Ben-
Ze’ev, 1994; Gilmore 1978; Kuttler et al 2002;Noon &
Delbridge, 1993;. Abrahams, 1970; Ben-Ze’ev, 1994;
Derbyshire, 2001; Dunbar, 1998a; Gelles, 1989; Morreall, 1994;
Nevo & Nevo, 1993; Rosnow, 1977; Rosnow & Fine, 1974;
Rosnow & Georgoudi, 1985; Taylor, 1994; Young, 2001, .
Gelles, 1989: 667, Morreall 1994, Thomas, 1994; Spacks, 1982)
una forma indiretta di paragone sociale (Levin & Arluke, 1987;
Morreall, 1994; Nevo & Nevo, 1993, 1994; Wert & Salovey,
2004a,b), una modalità di controllo culturale (Abrahams 1970;
Arno, 1980 ;Brenneis ,1984, 1987; Haviland ,1977; Almirol,
1981 Gilmore ,1978; Paine, 1967; Gluckman, 1963; Wilson,
Wilczynski, Wells, & Weiser, 2000) un risarcimento al nostro
senso d’inferiorità ( Benvenuto 2004), un maestro di moralità
(Gottman & Mettetal, 1986), un modo per incrementare lo status
(Abrahams, 1970; Cox, 1970; Gelles, 1989; Paine, 1967;
Rosnow, 1977; Smith, et al., 1999), e non ultimo un leggero e
piacevole passatempo.
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Per quanto concerne l’organizzazione del presente lavoro, nel
primo capitolo si passeranno in rassegna i contributi principali
della ricerca sul gossip andando in ultimo a descrivere più
accuratamente l’ipotesi di ricerca.
Nell’ambito del secondo capitolo si procederà alla descrizione
del campione e delle proprietà psicometriche relative alle misure
impegnate nello studio.
Successivamente, nel terzo capitolo si darà spazio alla verifica
delle ipotesi e, in ultimo, si discuteranno i risultati della ricerca
che è stata condotta. Questi ultimi, tra l’altro, confermano che tra
uomini e donne non esistono rilevanti differenze nell’attitudine
al gossip quanto piuttosto una differenza tra i sessi nella
tendenza al gossip in relazione ad altre caratteristiche presenti in
diversa misura tra i sessi.
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Capitolo 1
Il “Gossip”
1.1 Caratteristiche di un fenomeno alla base della civiltà:
dalle speculazioni filosofiche alle ricerche in psicologia
Pettegolezzi e dicerie sono delle costanti antropologiche. Primo
Levi nella sua opera “DEL PETTEGOLEZZO” lo ha intuito
quando scriveva che: “Il pettegolezzo è una forza della natura
umana. Chi ha obbedito alla natura, trasmettendo un pettegolezzo
prova il sollievo esplosivo che accompagna il soddisfacimento di
un bisogno primario”.
Heidegger in “ESSERE E TEMPO” scrisse:
"La chiacchiera è la possibilità di comprendere tutto senza alcuna
appropriazione preliminare della cosa da comprendere…….
La totale infondatezza della chiacchiera non è un impedimento
per la sua diffusione pubblica ma un fattore decisivo”.
Lo psicologo Sergio Benvenuto (2004), riprendendo il solco di
questo pensiero, sostiene che la diceria si basa intrinsecamente su
un'ambiguità, o meglio su un'indifferenza all'ambiguità ed alla
mancanza di rigore: “È un atteggiamento che ci appare naturale,
banale, implicito nella complessità del reale e nell'urgenza di
semplificarlo e di non farsene paralizzare. Non per niente, il
pensiero scientifico si basa su un lungo apprendistato
metodologico a sfuggire a queste scorciatoie semplificatorie…ma
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la vita quotidiana non può reggere a questa tensione continua
verso la lucidità. C'è bisogno di lasciarsi andare, di parlare tanto
per parlare, di farsi portare dalla corrente del pensiero
inverificato; la cui totale infondatezza rappresenta non un limite,
ma un fascino”.
Il requisito fondamentale per lo sviluppo della pratica del
pettegolezzo è la presenza di una rete sociale.
I gruppi vivono di comunicazione. Comunicare risulta
fondamentale a tal punto che l’essere umano lo fa anche quando
sul piano funzionale non è indispensabile per raggiungere i propri
scopi; in questo modo si spiega la pratica del pettegolezzo, come
un bisogno vitale di comunicare che spinge a parlare degli altri
membri di un gruppo in termini positivi o negativi, esprimendo
giudizi e raccontando aneddoti.
Attraverso diversi studi è ormai verificato che gli individui si
scambiano regolarmente informazioni sulle loro conoscenze
comuni (Elmer & Fisher, 1981; Elmer, 1989).
Come risulta dalla ricerca condotta da Elmer e Reicher (2000),
la gente tende a parlare soprattutto di se stessa, ma l’argomento
immediatamente successivo è costituito proprio dai conoscenti
comuni, piuttosto che dalla politica, dalla religione o da altri temi
di tipo impersonale.
Diverse ricerche dimostrano che la gente passa molto tempo a
fare gossip sulle altre persone (Dunbar et al.,1997; Marriot &
Duncan,1997). In uno studio di Baumeister et al (2003), ad
esempio, i ricercatori somministrarono due questionari allo scopo
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di ottenere maggiori conoscenze del gossip come meccanismo
d’apprendimento culturale; reclutarono a tal proposito 58 studenti
di psicologia (33 uomini e 25 donne) ai quali furono
somministrati i formulari: il primo chiedeva ai rispondenti di
riportare i pezzi di gossip più succosi di cui essi avevano sentito
nell’ultima settimana, nell’ultimo mese, nell’ultimo anno; il
secondo includeva semplici domande circa le motivazioni che
conducono al gossip, del tipo : ”Perché le persone
spettegolano”?, “Qual è il target del gossip?”; “Quale emozione
provi mentre odi un episodio di gossip?”
I risultati dello studio hanno dimostrato che il gossip si focalizza
su persone delle quali abbiamo maggiore conoscenza; in larga
parte, la categoria di coloro sui quali si spettegola è rappresentata
proprio dagli amici ( con una percentuale del 33%); dai
conoscenti (con la percentuale del 30%); dagli amici più prossimi
al soggetto (22%). I membri della famiglia non sono considerate
il bersaglio del pettegolezzo (l’1%), gli stranieri lo sono all’11%
e le celebrità al 4%.
Da questo semplice studio ricaviamo che il gossip è
principalmente focalizzato sugli accadimenti sociali delle
persone al di fuori della famiglia (Roy F. Baumeister, Liqing
Zhang, Kathleen D. Vohs). In altri studi è stato anche dimostrato
che tale pratica riveste un ruolo determinante nella vita delle
persone. Una ricerca di Emler (1994) riporta che circa il 70% del
tempo passato nelle conversazioni include il gossip; Slade (1997)
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notò tuttavia che il 14% del tempo speso anche sul posto di
lavoro implica un episodio di gossip.
Definiamo “Gossip” un’oziosa chiacchierata su terze persone
non presenti, in cui gli individui s’impegnano senza particolare
ragione o giusto per passatempo. Esistono ad ogni modo alcuni
elementi che caratterizzano la pratica del pettegolezzo: a dirla
come Mantovani (2000) occorrono tre ingredienti.
Il “gossip” deve: 1) riguardare i membri di un gruppo, 2) fornire
informazioni confidenziali e attendibili circa il possibile
scostamento dalle condotte effettive delle persone rispetto alla
loro immagine pubblica, 3) valutare il senso di tale scostamento
in rapporto alle norme implicite del gruppo.
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1.2 UN CENNO ALL’ETIMOLOGIA
I pareri sulla provenienza dei termini “pettegolezzo” e
“pettegolo” sono discordanti. Di sicuro si sa che si tratta di
termini settentrionali, rintracciabili già nel Cinquecento.
Qualcuno li fa derivare dal veneziano “petègolo” che
probabilmente deriva da peto, con un’allusione all’incontinenza
verbale dei pettegoli; altri li collegano al latino “pithecus”,
scimmia. In altre lingue europee, l’origine del termine si può
ricondurre con facilità alla figura della madrina, vale a dire alle
chiacchiere fra comari riunite a casa di una donna in procinto di
partorire. Il francese “commerage” proviene da commater,
appunto madrina, detta oggi commère. In spagnolo “comadreo”,
deriva da comadre, o meglio vicina di casa; in inglese
l’etimologia del termine è identica a quella francese e spagnola,
“gossip” deriva da god-sib, cioè madrina. A ben vedere tutti
questi termini evocano la presenza di una figura femminile.
Addirittura, in russo, “corre voce che…” si dice “babushka
skazala” che significa “nonnina diceva…”(Benvenuto, 1999).
Una spiegazione possibile è che nei tempi passati la donna,
esclusa dalla vita pubblica e politica, abbia cercato, attraverso
l’arte del pettegolezzo, di evidenziare i segreti di chi invece
partecipava a quella fetta di mondo che non le competeva e
ricreasse così, nel suo piccolo circolo di amiche, un ambiente
simile a quello da cui era bandita. D’altro canto, le ragioni del
ruolo subordinato della donna nella sfera pubblica risalgono al
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pensiero greco e a quella divisione aristotelica tra oikos (la vita
privata, che doveva rimanere nascosta) e la polis (la politica, ciò
che doveva essere visibile a tutti). La prima esclusiva delle
donne, che a causa delle differenze biologiche e delle funzioni
riproduttive, svolgevano un ruolo separato dagli uomini poichè
non potevano affermare la loro soggettività al di fuori delle mura
domestiche; la seconda appannaggio esclusivo degli uomini che
potevano costituirsi, invece, come soggetti autonomi nella polis.
In pratica:
”Private della vita pubblica, le comari rendono pubblica la vita
privata”, così come prese a dire Kapferer (1987).
Vi sono, infatti, alcune evidenze che dipingono le donne come
più pettegole degli uomini
(Dunbar,1993°,1994;Eckert,1990;Foster,2003;Haviland, 1997;
Levin & Arluke, 1985; Loudon,1961;Nevo, Nevo, & Derech-
Zehavi,1993), anche se in questi studi le differenze riscontrate
sono minime.
Uno studio di J.A.Litman et al. (2005) mise in evidenza la
rilevanza delle differenze di genere nella trasmissione del gossip.
Utilizzando una scala di attitudine verso il gossip (ATG) a 12
item e la scala TGQ di Nevo (1994) a 20 item che stima
l’interesse a trasmettere il pettegolezzo, i ricercatori notarono
differenze di genere in TGQ, ma non in ATG, dove i risultati
appaiono contrastanti.