4
grazie ai grandi flussi migratori che sempre più visibili,
hanno costretto a porsi di fronte al pluralismo culturale che
caratterizza le nostre società, sollevando questioni come
quelle della convivenza interetnica e dell’identità. In un
contesto quindi che vede venir meno i progetti della
modernità, lo stato nazione e le sue garanzie su un mondo di
senso ordinato, il confluire di persone provenienti da luoghi
e culture diverse, aumenta il senso di incertezza e paura
riguardo la propria condizione.
Il mio tentativo qui, è quello di indagare le caratteristiche
tipiche dell’era contemporanea per capire il terreno in cui si
solleva la questione dell’identità. In questo panorama, il
fenomeno della moda e dell’abbigliamento in generale
diventa un interessante campo d’indagine poiché funzione
principale dell’abito è proprio quella di comunicare la
propria identità, definendo la propria appartenenza a uno o
più gruppi rispetto ad altri, tracciando dei confini reali e
simbolici tra sé e gli altri. Gli studi di moda coinvolgono
oggi molte discipline, dalla sociologia, alla storia,
all’antropologia, alla semiotica, alla psicologia, agli studi
culturali e altri ancora, ognuna delle quali porta il proprio
specifico contributo per comprendere la complessità di
questo fenomeno che investe differenti significati sociali.
L’attenzione nuova che anche la ricerca accademica rivolge
oggi al sistema della moda, considerato sia come apparato
produttivo che come luogo di generazione di senso, richiede
una riflessione che ne affronti i caratteri fondamentali nella
complessità del presente. Le discipline della moda si
5
interrogano sui valori che il sistema moda concerne e mette
in moto, sui comportamenti sociali a cui dà vita e da cui si
alimenta, sulle narrazioni sottese alle mode vestimentarie,
sulla questione della definizione di identità attraverso lo
stile delle apparenze. La multidisciplinarità dell’argomento
implica questioni ampie sulla varietà di concezioni
politiche, economiche, sociali e culturali che emergono nei
diversi contesti in seguito al proliferante fenomeno della
globalizzazione che investe ogni campo, dall’economia alle
forme di consumo, dalla comunicazione alle differenti
forme di rielaborazione. Fondamentale a mio avviso è il
lavoro di Georg Simmel che individua la presenza di due
opposte tensioni, uniformità e differenziazione
2
che
rappresentano il punto focale della sua sociologia delle
forme sociali e permea costantemente la sua analisi della
cultura: tutta la storia sociale, egli afferma, si riflette nel
conflitto tra “conformismo e individualismo, unità e
differenziazione”.
3
I temi qui trattati esprimono infatti
questo rapporto antitetico, delineano i processi attraverso
cui avvengono le forme di inclusione ed esclusione sociale.
Il fenomeno della moda descrive proprio queste tensioni
contrastanti. La moda secondo Simmel, esprime la tensione
tra uniformità e differenziazione, il desiderio contraddittorio
di essere parte di un gruppo e simultaneamente stare fuori
del gruppo, affermando la propria individualità.
La moda infatti nasce solo nei contesti sociali dove queste
condizioni possono esistere, dove la mobilità sociale diventa
2
G. Simmel, On Individuality and Social Forms, (introduzione a cura di Donald N. Levine) University of Chicago
Press, Chicago, 1971, p.301.
3
Ibi., p.295
6
possibile, dove cioè i confini tra le classi diventano più
labili e indefiniti. Per questo la moda nasce e si propaga
dove cresce la tendenza alla frammentazione, alla
differenziazione e al desiderio di cambiare, progredire, nella
ricerca della propria collocazione sociale. Le grandi
trasformazioni tecnologiche che hanno originato lo sviluppo
dei mezzi di trasporto e di comunicazione, nonché l’avvio ai
processi di globalizzazione (che hanno intensificato il flusso
di persone, merci, informazioni e immagini), hanno reso
l’esperienza con la differenza, con la novità e con il
confronto, una realtà quotidiana. Lo spostamento di persone
e l’incontro tra culture differenti attraverso il fenomeno
delle migrazioni e dei viaggi, contribuiscono a conoscere ed
esperire la differenza e a moltiplicare la possibilità di scelta
tra modelli culturali alternativi. La moda o, meglio, il
sistema dell’abbigliamento è il prodotto di questo incontro
ed esprime la presenza di identità e appartenenze multiple.
Le massicce immigrazioni , la ridefinizione degli Stati
nazionali e il consolidarsi di realtà sopranazionali mettono
in crisi categorie di appartenenze consolidate, di tipo
culturale, etnico, territoriale o politico. Persone cresciute in
ambienti caratterizzati da una sostanziale omogeneità
culturale o etnica si trovano, nell’arco di pochi anni, calate
in una realtà molto differente, nella quale il contatto,
effettivo o potenziale, con persone e gruppi spesso percepiti
come molto diversi da sé diviene un’esperienza quotidiana.
Queste persone sono chiamate a rivedere le loro categorie di
appartenenza sociale, spesso acquisite precocemente e
quindi molto radicate. I cambiamenti nel modo di percepire
7
e rappresentare la propria identità attraverso l’abito
costituiscono non solo le testimonianze dell’evoluzione
culturale, ma descrivono il tipo di società che li genera.
L’antropologia ha rivelato che la propensione a coprirsi e
ornarsi nasce dalla necessità di comunicare: comunicare
attraverso simboli. L’abito diventa quindi il mezzo
simbolico attraverso cui comunicare informazioni riguardo
la nostra identità (sulla nostra posizione sociale, sul genere,
sull’età, sulla razza, sulla nostra occupazione e così via) e il
mondo che ci circonda.
Come vedremo la moda tendenzialmente non esiste nelle
società tradizionali, caratterizzate da omogeneità e rigidità
sociale, ma al suo posto troveremo quello che definiamo
“costume” e che simbolicamente per la sua continuità
rappresenta il passato e le tradizioni ancora vive. Nella
moda tutto questo tende a disperdersi per lasciar spazio ai
sogni, al cambiamento, all’esigenza di auto definirsi. Le
persone possono ricreare o riadattare la propria immagine
per riflettere i nuovi ruoli dei differenti gruppi sociali e per
rendere visibili i cambiamenti nelle relazioni di potere tra
gruppi differenti. E’ attraverso l’abbigliamento che
possiamo quindi osservare il fenomeno del
multiculturalismo, della convivenza interetnica che pone a
confronto identità e culture diverse e che erige la necessità
di creare la definizione di nuovi spazi nonché di nuovi
confini simbolici che indichino le appartenenze e le
separazioni. Le potenzialità comunicative veicolate
dall’abbigliamento permettono di contribuire a definire sia
8
la propria e l’altrui identità, sia il contesto, il piano
relazionale sul quale porsi rispetto agli altri.
La struttura del mio scritto si articola in quattro capitoli: nei
primi tre ho offerto una discussione prevalentemente
teorica, nel quarto ho privilegiato il campo d’indagine
empirica.
Nel primo capitolo sono stati ripercorsi alcuni dei contributi
sul tema della moda e del vestiario per introdurre il lettore a
questo affascinante argomento, mostrando come siano nati i
primi interessi sull’argomento e presentandone i
protagonisti: l’abito nella sua accezione più generale, la
moda, “dea dell’apparenza” e infine il costume “tradizionale
foggia di vestire”.
L’antropologia e in particolare i contributi offerti dal lavoro
di Ruth Barnes, Joanne B. Eicher, Mary Ellen Roach, Ted
Polhemus e Lynn Proctor, offrendoci informazioni sui
diversi modi di rappresentarsi nel corso della storia,
descrivono e analizzano le diverse realtà culturali,
contribuendo a definire il significato e le funzioni dell’abito
e dei suoi ornamenti nel riprodurre l’ordine sociale. E’ solo
a partire dagli ultimi anni del secolo scorso con le teorie
ormai classiche di Georg Simmel, Gabriel Tarde e Thorstein
Veblen che la sociologia avvia in modo sistematico lo
studio del fenomeno della moda, occupandosi inizialmente
degli aspetti sociali ed economici del fenomeno e del suo
ciclo di diffusione, offrendoci una comprensione
sociologica sulle origini della moda e del suo sviluppo.
L’interesse psicologico per la moda compare invece più
tardi, anche se in Simmel non mancavano gli accenni in
9
termini di conflitto tra individuo e società, la prima opera
sistematica in questo settore può essere considerata quella di
J. C. Flügel che profondamente influenzata dal pensiero
psicanalitico, indaga gli orientamenti psicologici, offrendo
interessanti campi di indagine alle atre discipline,
accennando per la prima volta alla funzione comunicativa,
non verbale, degli abiti
4
.
I successivi studi sulla moda derivano da un corpo di
studiosi americani, che lo analizzano, sviluppando una
comprensione critica della dimensione sociale del vestiario
per poi approdare alle teorie che analizzano come la moda
sia concepita quale fenomeno moderno e postmoderno.
Nel secondo capitolo, viene trattato il ruolo giocato da moda
e abbigliamento nella costruzione dell’identità alla luce
dell’epoca contemporanea, descritta come “postmoderna”
per i mutamenti socio-culturali da cui è caratterizzata. Moda
e abbigliamento sono rappresentative delle trasformazioni in
corso: cambiamenti nel modo di percepirsi vengono espressi
attraverso l’abito.
Queste trasformazioni se da una parte rendono la struttura
sociale più fluida e meno costrittiva rispetto a quelle
passate, dall’altro producono un senso di smarrimento che
porta a ricreare nuove forme di appartenenza e a difendere
quelle che sono sentite minacciate. Il fenomeno della
globalizzazione ha senza dubbio accentuato questa
tendenza: sviluppando processi attraverso i quali il mondo è
percepito come un posto unico e aumentando l’intensità del
contatto tra culture, ha avuto come effetto l’emergere di un
4
J. C. Flügel, Psicologia dell’abbigliamento, Angeli, Milano, 1990, pp. 27-28.
10
contrastante pluralismo di differenti interpretazioni del
significato del mondo (formulato dalla prospettiva di
diverse tradizioni nazionali e civili) sino a produrre una
collisione fra culture che ha portato a intensificare i tentativi
di tracciare i confini tra noi e gli altri, riscoprendo
particolarità, localismi e differenze
5
. Ho analizzato dunque
come queste esperienze sono rese manifeste attraverso gli
abiti. La traccia teorica si delinea prendendo come filo
conduttore gli elementi più vistosi del nuovo clima culturale
“postmoderno”, per delineare il quadro di riferimento che
aiuti a comprendere la complessità dei fattori in gioco.
Ho quindi riassunto quelli che sono considerati i caratteri
tipici del postmoderno e che ci offrono un’utile riflessione
sulla costruzione dell’identità attraverso il vestiario. In
particolare, ad indagare le dinamiche che intercorrono tra
globalizzazione, postmodernismo e identità, grande
contributo lo hanno offerto gli studi sociologici
contemporanei, tra i quali i lavori di Mike Featherstone,
Fredric Jameson, Antony Giddens, Zygmunt Bauman, per
nominarne solo alcuni. Importanti al fine della mia ricerca
sono stati gli studi sulla comunicazione e il rapporto tra
media e identità, nonché quelli sul consumo utili per capire
le dinamiche dei processi di inclusione ed esclusione
sociale, di definizione dei rapporti sociali e di dimostrazione
di status. Mary Douglas e Baron Isherwood spiegano che i
beni “possono essere usati come barriere o come ponti” per
sottolineare alleanze ed estraneità sociali.
5
M. Featherstone, La cultura dislocata, globalizzazione, postmodernismo, identità. Formello, Rimini, SEAM, 1998, pp.
154-155.
11
Nel terzo capitolo ho trattato del multiculturalismo e delle
dinamiche ad esso connesse prima fra tutte il
riconoscimento di identità e culture diverse fra loro, che in
seguito a grandi movimenti migratori verso l’occidente, si
trovano a coesistere e a condividere uno spazio comune. Lo
scopo è stato quello di proporre un’analisi sociologica di
tale fenomeno, prestando particolare attenzione alle
dinamiche collettive e individuali nei processi di
integrazione o di separazione. L’abbigliamento
rappresentando una pratica comunicativa ed espressiva di
una data cultura, gioca un ruolo importante nella
presentazione di sé e nella costruzione di identità. Si è visto
quindi come il vestiario costituisca una pratica sociale
rilevante nel manifestare l’aderenza ad un gruppo piuttosto
che ad un altro e come a volte possa fungere da mezzo di
inclusione e/o di esclusione. E’ stato poi esplorato come
attraverso il confronto e il rapporto con l’altro e con la
differenza di cui è portatore, si collochi come fondamentale
la questione dell’identità e del suo riconoscimento, poiché
“il trattamento riservato a una persona dipende dal modo in
cui essa è definita socialmente, ossia dai processi di
classificazione che generano aspettative di comportamento e
creano le distanze sociali”
6
. Pertanto, analizzando le più
emblematiche forme di rappresentazione che da sempre
accompagnano la figura dell’altro, ne ho evidenziato il
potere nel condizionare le dinamiche dei processi di
inclusione ed esclusione sociale. Infine ho delineato tre
prospettive che rappresentano tre diversi modi di affrontare
6
Zanfrini, op. cit., p.14
12
la diversità e tre diverse strategie identitarie. Lo scopo è di
evidenziare il ruolo del vestiario nella costruzione di identità
e nei processi di inclusione ed esclusione sociale attraverso
quelle strategie identitarie che ho chiamato di assimilazione,
revival etnico e di riflessività. Nel quarto capitolo infine ho
riportato l’analisi di due case-study per descrivere
empiricamente le teorie proposte.
13
PRIMO CAPITOLO
MODA: DIVERSI PERCORSI E CAMPI DI
APPLICAZIONE
In questo capitolo ho tentato di raccogliere alcuni dei
contributi sul tema della moda e del vestiario per introdurre
il lettore a questo affascinante argomento, evidenziando i
caratteri che nella mia ricerca ho trovato più interessanti e
che lasciassero intravedere come storia e “cultura”
costituiscano la trama e l’ordito degli abiti e degli ornamenti
che di epoca in epoca e di luogo in luogo li hanno sempre
connotati di significati differenti.
I temi e i concetti che s’intrecciano in questo libro sono
molti e i più, sono tuttora frutto di studio e riflessione. Lo
scopo di questo capitolo è di illustrare come sono nati i
primi interessi sull’argomento, presentandone i protagonisti:
l’abito nella sua accezione più generale, la moda, “dea
dell’apparenza” e infine il costume “tradizionale foggia di
vestire”; vedremo in seguito, grazie agli studi di differenti
discipline, quali sono le origini e le funzioni
dell’abbigliamento per poi approdare alle teorie che
analizzano come la moda sia concepita quale fenomeno
moderno e postmoderno.
Il tentativo è, in definitiva, quello di sviluppare una
comprensione critica della dimensione sociale del vestiario.
14
1. Termini e definizioni
Vari sono i termini utilizzati in questo ambito di studio:
moda, abito, abbigliamento, costume, ornamento,
decorazione, stile sono tra i più comuni; parole usate
abitualmente ma che necessitano d’esser chiarite, di essere
riviste e ripensate entro il linguaggio delle scienze sociali.
Discipline differenti si sono applicate allo studio di questi
termini e un modo per attribuire loro un senso è quello di
collocarli entro una tradizione disciplinare.
Abbigliamento e ornamento sono spesso termini associati a
una letteratura antropologica e descrivono un’attività più
generale rispetto a “moda” o “costume”.
Il termine moda contiene in sé un significato più specifico,
legato cioè al sistema dell’abbigliamento che si trova nella
società occidentale, e per questo motivo viene generalmente
usato in sociologia o dalle scienze sociali, mentre il termine
costume si trova più facilmente in testi storici.
Non sarà certo questa la sede in cui approfondire questa
sfida terminologica, in quanto questi termini continuano ad
essere usati in maniera intercambiabile e a volte impropria.
15
1.1. Abito
La definizione di abito elaborata dagli antropologi Roach-
Higgins e Eicher
7
, si presenta come la più esaustiva ed evita
usi impropri di termini che appaiono sinonimi ma che in
realtà vengono utilizzati per scopi differenti.
Per questi l’abito include modificazioni del corpo e/o
supplenti applicati al corpo e include quindi determinati
elementi situati sul corpo, quali indumenti, gioielli,
accessori e ancora variazioni di colori, di tessuti, di
profumazioni e di forme. L’impatto che l’abito ci offre è di
primo acchito visivo, ma coinvolge tutti i cinque sensi.
Diverse qualità di tessuto, creme, profumi, rossetti di
differenti fragranze oppure il suono emesso dai gioielli che
indossiamo, stimolano i nostri sensi del tatto, del gusto,
dell’olfatto e dell’udito
8
.
Roach-Higgins ed Eicher suggeriscono che il termine
“vestire” segnali un atto che enfatizza l’azione del coprirsi,
mentre “ornare” pone l’accento sugli aspetti estetici di
alterazione del corpo, scarificazione (incisioni sulla pelle,
tipicamente adottata da popolazioni tribali) o tatuaggi e
piercing
9
.
Per avvicinarsi alla comprensione di questo ampio
argomento è utile fare un excursus sui contributi che lo
studio intrecciato di varie discipline ha raggiunto.
7
J.B. Eicher e M.E. Roach-Higgins , “Definition and classification of dress: Implications for analysis of gender roles”,
in R. Barnes and J.B. Eicher Dress and Gender: Making and Meaning, Oxford: Berg, 1992
8
Ibi, pp. 298-299.
9
M. E. Roach-Higgins e J. B. Eicher, (a cura di), Dress, Adornment and Social Order, New York, John Wiley and Sons,
1965, p. 1
16
L’interesse verso questo campo di studio ha trovato terreno
fertile solo recentemente in quanto è stato a lungo
sottovalutato e considerato non degno di indagine.
1.2. Che cos’è la moda
Moda non è certo un termine sconosciuto nel nostro
vocabolario quotidiano e sappiamo benissimo come questo
termine sia usato in tutti i campi per indicare qualcosa “in
voga” in un determinato momento. Sappiamo anche come
questo termine trovi la totalità della sua essenza se
impiegato nel suo campo privilegiato, ovvero
l’abbigliamento. Moda viene immediatamente associata ad
eventi mondani, a riviste che propongono i modelli della
nuova stagione, a immagini di sfilate, ad articoli che
anticipano e consigliano su come giocare con il nostro look,
… a tutto un mondo che è stato creato ad hoc per questo
settore. Tanto è stato detto sulla moda e in particolare sulla
natura frivola e fugace di questo fenomeno, senza
dimenticare come questo modo di percepirla, sia stato per
lungo tempo un ostacolo al suo studio e alla sua
comprensione; ma è proprio a partire da un approccio
diverso che le scienze di oggi hanno rivelato cosa si celi
dietro la moda, dietro un settore che apparentemente nutre
solo l’economia e poco ha da dire su temi degni di ricerca.
E’ da questo punto ora che cominciamo a scoprire la moda,
sviscerandola e osservandola grazie al lavoro di diverse
discipline che ne hanno riconosciuto l’importanza e la
17
complessità di fattori concomitanti che la rendono tuttora
viva.
L’antropologia e le discipline moderne, quali sociologia,
cultural studies , psicologia, adottano approcci differenti
allo studio dei fenomeni della moda.
L’antropologia nata con l’interesse di studiare e analizzare
differenze ontologiche e universali della popolazione
umana, a partire dalle comunità tradizionali e primitive,
oggi si trova arricchita di numerosi studi sulle società
occidentali moderne.
La sociologia, d’altro canto si pone nello studio dei
fenomeni collettivi con una maggior umiltà prestando
interesse verso questioni che prima non venivano
considerate degne di studio.
La distinzione tra queste discipline tuttora presente ha
prodotto corpi letterari differenti che a volte si sono
scontrati anche nella terminologia usata, ma lo sforzo
comune di creare un’ordinata accumulazione di conoscenze,
le rende oggi interdipendenti.
Un corpo di letteratura antropologica interessato agli aspetti
dell’abbigliamento e dell’ornamento, prende forma nel
lavoro di Barnes e Eicher, Cordwell e Schwarz, Polhemus e
Proctor
10
e altri ancora; un altro corpo di letteratura sulla
10
Per approfondire: Barnes e Eicher, (a cura di), Dress and gender: Making and meaning. Providence, RI, Berg, 1992;
J. M. Cordwell and R. A. Schwarz (a cura di), The Fabrics of culture : the anthropology of clothing and adornment.
The Hague and New York, Mouton, 1979 ; Polhemus and Proctor, Fashion and Anti-Fashion. London, Cox & Wyman,
1978.