7
analizzare, suggerire, progettare e realizzare una strategia formativa finalizzata a
preparare migliaia di addetti, responsabili, esperti futuri operatori dell’ospitalità.
Ma non è più sufficiente avere la lente sul mercato di riferimento per dare al sistema
la risposta in termini di orientamento, occupazione e stabilità; questa è la logica del
passato binomio “domanda del mercato del lavoro=offerta formativa”, attraverso il
quale, con freddo tecnicismo e pratica statistica, venivano sondati i vari mercati e ad essi
presentati i package formativi da utilizzare secondo standard prefissati e testati; non
funziona più così: si pensi alla domanda sociale e produttiva di maggiore attenzione alle
specificità dei bisogni di competenze da parte di singoli individui o organizzazioni; ma si
pensi anche agli indirizzi ed alle direttive dei diversi livelli di governo istituzionale dei
sistemi formativi, “sempre più orientati a valorizzare la cultura del servizio e
dell’orientamento al cliente”
3
.
L’ingegneria della formazione e istruzione professionale oggi, soprattutto per il
settore del turismo e della ristorazione, deve fare i conti con vincoli più restrittivi e
selettivi e superare le formule ormai scadute del “prodotto formativo preconfezionato”
perché ciò porterebbe solo a disperdere soldi e risorse umane; d’altro canto, non di
secondo ordine, è l’esigenza di adeguare le tecniche e, con esse, le competenze e la
professionalità degli operatori del sistema dell’ospitalità e della ristorazione, viste le
innumerevoli tecnologie che hanno coinvolto anche il settore, e in tale contesto il ruolo
delle aziende, in un’ottica di formazione continua e di integrazione costruttiva, deve
appropriarsi di nuovo vigore e impegnato protagonismo.
Il presente lavoro tenta in parte di dare risposta a queste come ad altre
problematiche rilevabili nel sistema della formazione professionale del settore più
generale del turismo e dell’ospitalità e lo studio traccia alcune indicazioni pratiche
attraverso un’analisi dei risultati di alcuni interventi formativi progettati negli anni scorsi
secondo la logica, che ha ispirato tutta l’indagine, della ‘individualizzazione e
personalizzazione dei percorsi di apprendimento’ nel settore specifico.
Dopo un’introduzione sull’attuale scenario evolutivo del sistema istruzione-
formazione professionale a seguito dei decreti applicativi della legge 53/2003 e delle
nuove opportunità che la stessa riforma rende sperimentabili, ci si è soffermati sull’attuale
offerta formativa in campo turistico e ristorativo facendo una sorta di ‘swot analisys’ del
sistema mettendolo a raccordo con le nuove tendenze della ristorazione moderna; in
ultimo si è voluto riportare tre esperienze formative che appaiono significative, ai fini
3
Pier Giovanni Bresciani, Prefazione a Personalizzare e Individualizzare, FrancoAngeli, Milano 2004
8
della ricerca, per dare concreta risposta alle opportunità che oggi ha
l’istruzione/formazione professionale di creare percorsi personalizzati e sistemi
individualizzati di apprendimento.
Nel corso della ricerca si è formata la consapevolezza che lo studio e l’esame
paziente di concept formativi che, partendo dall’esperienza e dai saperi dell’individuo,
costruiscano percorsi integrati, individualizzati e personalizzati di apprendimento nel
settore frenetico della ristorazione e dell’ospitalità in genere, possano rappresentare delle
‘buone pratiche’ da assumere come format perché diventino “corresposabilizzazione di
tutte le istituzioni coinvolte, al fine di responsabilizzare tutti”
4
.
Lamberto Crulli
4
Cfr. W. Richmond, Il Teorema dell’educazione continua, tr. It., Armando, Roma, 1971
9
1° CAPITOLO
EVOLUZIONI NEL SISTEMA DI ISTRUZIONE E
FORMAZIONE: VERSO LA PERSONALIZZAZIONE E
L’INDIVIDUALIZZAZIONE DEI PERCORSI
Premessa
Nell’ultimo decennio il sistema formativo e quello dell’istruzione, come anche il
sistema universitario italiani, sono stati al centro di profonde innovazioni, che hanno
insistito sulla diversificazione degli interventi formativi, sulla flessibilizzazione
nell’organizzazione dell’offerta, sul consolidamento della qualità dei servizi e,
contemporaneamente, sull’integrazione delle diverse componenti: vi sia, per esempio, un
insieme organico di ambiti di intervento formativo (istruzione, formazione professionale,
formazione permanente, orientamento), posti in relazione di cooperazione reciproca,
miranti a perseguire le stesse finalità e obiettivi omogenei. Tutto questo si traduce in uno
sforzo di integrazione e creazione di sistema che sfumi le diversità e persegua le finalità
che lo Stesso Consiglio di Lisbona
5
ha fissato come prioritarie per un futuro e moderno
sistema competitivo. Il sistema della formazione non è più assimilabile allo stereotipo
della formazione come addestramento e, dall’altra, anche il sistema Scuola di Stato, stante
l’interesse che il lavoro riveste per l’economia e i rapporti sociali, si è maggiormente
avvicinato a mondi per troppo tempo ad esso estranei, come appunto quelli della
produzione di beni, della loro commercializzazione, della loro ideazione. Allora si può
convenire con Nicoli
6
che vi sia veramente un “crescente valore cognitivo delle esperienze
di lavoro, una rivalutazione della prassi come luogo di apprendimento, un’accresciuta
consapevolezza circa i limiti dei sistemi di insegnamento centrati sul trasferimento delle
5
Al Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000, i Capi di Stato o di Governo, constatando che "l'Unione
europea si trovava dinanzi a una svolta epocale risultante dalla globalizzazione e dalle sfide presentate da
una nuova economia basata sulla conoscenza", hanno stabilito un obiettivo strategico forte: per il 2010
l'UE deve "diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado
di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore
coesione sociale". Il Consiglio europeo ha sottolineato che tali cambiamenti richiedevano non solo "una
trasformazione radicale dell'economia europea", ma anche "un programma ambizioso al fine di (...)
modernizzare i sistemi di previdenza sociale e d'istruzione".
6
Dario Nicoli, “Per un’istruzione e formazione professionale di eccellenza. Nuovi Percorsi formativi per la
riforma del sistema educativo” FrancoAngeli edizioni, Milano, 2005.
10
nozioni, il riconoscimento di una pluralità di stili cognitivi e una migliore diffusione di
approcci di apprendimento basati sulla circolarità di azioni e conoscenza”.
Stiamo affrontando cambiamenti epocali e assumiamo nuovi significati che portano
ad abbattere i confini di una formazione rigida e segmentata aprendo verso nuove forme di
integrazione che consentono di dialogare con lo stesso registro e rendono applicabili i
dispositivi del credito formativo, della individualizzazione dei percorsi, della
capitalizzazione delle acquisizioni progressive, dell’accreditamento delle competenze,
concetti peraltro presenti sotto forma di enunciato nelle varie indagini condotte dall’ISFOL
sul sistema di formazione e istruzione professionale.
7
Proprio dalle recenti indagini, dei vari enti preposti al monitoraggio del sistema
europeo di formazione professionale, sembra crescere, sempre più in modo evidente, la
propensione sociale delle famiglie a investire sul futuro dei giovani dedicando attenzione
all’accrescimento dei loro saperi e delle loro competenze (Tabella 1).
Tabella1: Spesa media annua delle famiglie per livello scolastico dei frequentanti e tipologia di
spesa – Anno 2002
Totale Infanzia Primaria Sec. I grado Sec. II grado
Spesa media
annua (in
euro)
727 501 480 661 1.173
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Spese dirette
per la scuola
(%)
30,3 81,6 44,4 16,8 15,9
Spesa per
acquisti sul
mercato(%)
69,7 18,4 55,6 83,2 84,1
Spesa media per famiglia per ripartizione geografica (indice Italia= 100)
ITALIA 100 100 100 100 100
Nord 121 141 130 87 117
Centro 107 89 108 114 197
Mezzogiorno 78 63 69 82 83
Fonte: ISAT, indagine sulle spese delle famiglie per l’istruzione, Anno 202
La richiesta di una maggiore attenzione alle esigenze individuali nell’ambito della
progettazione dei percorsi di formazione è presente ormai da alcuni anni sia nei documenti
7
AA.VV, ISFOL, La personalizzazione dei percorsi di apprendimento e di insegnamento. Modelli, metodi e
strategie didattiche, Franco Angeli, Milano, 2004
11
istituzionali di indirizzo e programmazione dei sistemi formativi8 sia nei documenti della
concertazione socio-istituzionale
9
.
Le ragioni d questa maggiore attenzione sono molteplici, e vorrei in questa
sede richiamare sinteticamente quelle che sono, a mio avviso, decisive:
ragioni di efficacia : disegnare ‘su misura’per i singoli individui i percorsi
formativi costituisce il modo migliore per raggiungere adeguati risultati di
apprendimento;
ragioni di efficienza : la pratica della formazione mostra come alla lunga il
dovere mediare troppo tra esigenze molto diversificate e fabbisogni differenziati
nell’ambito di uno stesso gruppo, obblighi al mantenimento di un ‘dispositivo
formativo” costoso e pesante, destinato a forti dispersioni;
ragioni di qualità : dalla riflessione e dalle pratiche del ‘self management’
sappiamo che la soddisfazione dei clienti-utenti della formazione è tanto più
elevata quanto più questa venga percepita da ciascuno come coerente con i
propri specifici bisogni
10
;
ragioni di organizzazione produttiva e sociale : gli scenari del ‘life long
learning’ e della formazione continua implicano integrazione fra lavoro,
formazione, orientamento e per fare questo l’approccio deve rimodularsi
temporalmente, adattandosi alle singole e specifiche esigenze di tempo e
fruizione;
ragioni di organizzazione didattica e formativa : e teorie e i modelli
psicopedagogici emergenti pongono sempre di più l’accento sull’efficacia, ai fini
dell’apprendimento, delle diverse forme di personalizzazione e
individualizzazione della funzione formativa (tutoring, counselling, coaching,
mentoring, tirocini, project work, fruizione individuale di cataloghi di offerta,
imprese simulate, e-learning) e del loro mix spazio-temporale;
ragioni afferenti la cultura dei clienti-utenti della formazione : è andata
aumentando in questi anni sia la consapevolezza delle proprie esigenze
8
Cfr. la programmazione UE e cfr. la produzione nazionale relativa alle nuove filiere di intervento: NOF,
apprendistato, IFTS, ecc
9
Il patto per il lavoro del ’96 e il patto per lo sviluppo del ’98 contengono riferimenti alla necessità che la
progettazione e l’erogazione di interventi di formazione tengano in conto sempre maggiore la diversità
delle dotazioni – motivazioni, aspettative, risorse, competenze, ecc che gli individui portano in ingresso
alla formazione, e che implicano la necessità di personalizzare e individualizzare i percorsi.
10
Pier Giovanni Bresciani, Personalizzare e Individualizzare, strumenti di lavoro per la formazione,
FrancoAngeli , Milano, 2004, pag 16
12
professionali e formative da parte degli individui, sia la capacità di lettura delle
proprie esigenze e questo richiede personalizzazione.
Queste possono essere considerate le ragioni della spinta attuale verso la
‘individualizzazione/personalizzazione’ dei percorsi formativi, ma la risposta
istituzionale in termini di creazione ‘delle condizioni di fattibilità’ per il nostro
sistema di istruzione/formazione sta muovendo in questi anni ‘i primi passi’.
13
1.1 Il Sistema formativo italiano: i numeri egli ambiti del cambiamento
Il sistema italiano di istruzione e formazione, così come riformato dalla recente
legge n.53 del 28 marzo 2003 (cosiddetta Legge Moratti), assicura ad ogni individuo il
diritto all’istruzione e alla formazione per dodici anni o, almeno, fino al conseguimento di
una qualifica entro il diciottesimo anno.
Visti tali presupposti il sistema educativo di istruzione e formazione si articolerà
come segue:
11
Figura 1
11
Lo Schema è basato su quello predisposto dal MIUR (www.istruzione.it)
14
Il secondo ciclo, che qui interessa, è costituito dal sistema dei licei
12
, sistema
dell’istruzione e dalla formazione professionale insieme, di seguito, alle opportunità di
formazione nella nuova previsione dell’Apprendistato, dell’alta formazione,
dell’alternanza scuola-lavoro e del nuovo assetto universitario
Il Sistema di istruzione e formazione si sta adattando e avvicinando ai setting
europei, come richiama la stessa legge 53/2003, ma questo non crea ancora chiarezza sugli
orizzonti del sistema nel suo complesso, anche se, stante i fatti, giungono a noi i primi
frutti di un progetto condiviso e riformatore:
1. si fanno sentire, già oggi, i primi effetti prodotti dall’estensione dell’obbligo
formativo
13
fino al compimento del diciottesimo anno di età,
infatti, il tasso di aderenza scolastica della popolazione tra i 15 e i 17 anni è in
aumento così come il numero di coloro che conseguono una qualifica presso gli istituti
professionali.
In Italia, nel 2004/2005 gli iscritti alle scuole secondarie di II grado sono stati
2.648.914, di cui 2.465.342 nelle scuole statali come si può vedere nella tabella
sotto(Tabella 2).
Tabella 2: Iscritti per e regione e per anno scolastico (valori assoluti e variazioni percentuali)_Scuola
secondaria di II grado statale – A.S. 2003/2004
Totali iscritti Di cui al primo anno
Regioni
Valori assoluti
Var. % sull’A.S.
2002/2003
Valori assoluti
Var. % sull’A.S.
2002/2003
ITALIA 2.451.598 0,7 612.584 -1,3
Piemonte 148.471 1,7 36.649 -1,2
Valle d’Aosta
(a)
4.466 7,6 1.147 7,1
Lombardia 314.792 1,2 81.203 -0,8
Trentino A. Adige
(a)
33.056 0,6 8.073 0,1
Veneto 168.643 0,7 40.796 -2,5
Friuli V. Giulia 42.725 0,3 10.260 1,9
Liguria 51.398 1,4 13.069 -0,7
Emilia Romagna 139.352 2,1 34.675 2,7
Toscana 131.396 0,1 32.634 -0,6
Umbria 36.144 1,0 8.322 -1,2
Marche 65.290 0,3 15.030 -1,9
Lazio 235.566 0,0 57.856 0,2
Abruzzo 62.669 -0,2 14.485 -0,9
Molise 17.206 0,2 3.852 -0,1
Campania 321.833 0,8 84.609 -1,2
Puglia 217.355 0,2 53.872 -3,4
Basilicata 35.238 0,0 8.358 -1,0
Calabria 117.841 0,2 28.382 -1,2
Sicilia 260.326 1,2 68.516 -2,2
Sardegna 85.353 -1,7 20.016 -5,8
12
Il sistema dei licei è composto al momento dai seguenti indirizzi, ognuno dei quali ha una durata di 5 anni:
artistico, classico, economico, linguistico, musicale, scientifico, tecnologico, delle scienze umane. Ciascun
liceo ha una durata quinquennale e si conclude con un esame di stato che consente poi l’accesso
all’università, all’alta formazione artistica, musicale e coreutica e all’istruzione tecnica superiore (IFTS); il
sistema della formazione professionale invece prevede una durata almeno quadriennale al termine della
quale con un esame di stato si può accedere all’università o all’alta formazione previa la frequenza di un
anno integrativo; dopo tre anni è comunque possibile concludere il percorso con una qualifica spendibile
nel mondo del lavoro e riconosciuta a livello europeo.
13
L’obbligo formativo, per legge, si configura come un diritto/dovere alla formazione, consentendo a tutti i
giovani di completare un percorso scolastico o formativo facilitando e favorendo il conseguimento di
livelli culturali più elevati e un inserimento non dequalificato nel mondo del lavoro.
15
(a) In queste regioni non sono presenti scuole statali. Il dato si riferisce alle scuole pubbliche non statali. Il totale Italia non tiene conto
del totale in questione
Totali Scuole Scuole Statali
Anni scolastici
Valori assoluti Var. % sull’A.S precedente Valori assoluti Var. % sull’A.S precedente
1994/1995 2.723.715 2.512.574 -1,3
…
1999/2000
(a)
2.552.148 0,6 2.360.808 0,6
2000/2001 2.565.369 0,5 2.382.154 0,9
2001/2002 2.583.375 0,7 2.401.703 0,8
2002/2003 2.616.678 1,3 2.435.415 1,4
2003/2004 2.634.135 0,7 2.451.598 0,7
2004/2005 2.648.914 0,6 2.465.342 0,6
ISCRITTI AL 1° ANNO
1994/1995 644.198 612.186
…
1999/2000
(a)
618.588 -4,0 585.496 -4,4
2000/2001 617.910 -0,1 585.351 0,0
2001/2002 632.851 3,9 599.802 2,5
2002/2003 653.859 3,3 620.424 3,4
2003/2004 645.922 -1,2 612.584 -1,3
2004/2005
(b)
645.334 -0,1 611.796 -0,1
(a) per l’A.S. 1999/2000 la variazione percentuale è stata calcolata sull’anno scolastico 1994/1995
(b) Valori provvisori
Fonte: MIUR – DG Studi e Programmazione
I dati disaggregati per età del Ministero dell’Istruzione e della Ricerca Universitaria,
evidenziano che nell’ultimo anno, la scolarizzazione dei ragazzi di 15 anni è quasi totale
(97,1%, mentre si riduce all’86,6% a 16 anni, fino ad arrivare al 69,5% per i 18. Va
considerato però, che parte di questi ragazzi potrebbero essere iscritti ad altra tipologia di
formazione, avere già conseguito il diploma o essere in possesso di una qualifica
professionale. A livello regionale, le Marche e l’Umbria presentano tassi di scolarità
14
, per
i ragazzi di 15-18 anni, superiori di ben 10 punti percentuali al valore medio italiano
(Graf.1). nel Trentino Alto Adige invece, a causa del particolare sviluppo del sistema di
formazione professionale regionale, la scolarizzazione dei ragazzi in questa fascia di età è
di 14 punti percentuali inferiore allo stesso valore medio
Grafico 1: Tassi di scolarità (per cento) dei giovani di 15-18 anni per regione – A.S. 2003/2004
14
I tassi di scolarità si riferiscono ai giovani di15-18 anni iscritti ad un qualsiasi livello scolastico, esclusa
l’università. Non sono compresi gli studenti di altri tipi di corsi (formazione professionale regionale, ecc.).
Tasso di scolarità per regione
94
93
90 90 90
89 89 89
88 88
85
83 83 83
82 82
80
79
78 78
69
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
16
Nell’A.S. 2003/2004 i diplomati delle scuole secondarie di II grado sono stati
454.849 (Tab. 3). A causa della stasi delle leve giovanili nella classe di età interessata, il
dato ha un andamento, in valore assoluto, debolmente crescente; la “probabilità” di
conseguire un diploma è, invece, in rapido aumento: oggi lo raggiungono 76 diciannovenni
su 100, tre in più rispetto all’A.S. 2001/2002 (73%).
Tabella 3:Variazione percentuale degli iscritti alle scuole di secondo grado dall’anno scolastico ‘94/’95
all’a.s. 2003/2004
Anni Scolastici Valori assoluti Var. % sull’A.S
precedente
Per 100
diciannovenni
Femmine per
100 diplomati
1994/1995 490.348 - 62 52,4
…
1999/2000
(a)
444.370 -9,4 70 52,5
2000/2001 455.118 2,4 73 51,3
2001/2002 443,841 -2,5 73 52,6
2002/2003 454,071 2,3 76 51,4
2003/2004 454.240 0,0 76 51,0
(c) per l’A.S. 1999/2000 la variazione percentuale è stata calcolata sull’anno scolastico 1994/1995
Fonte: MIUR – DG Studi e Programmazione
La probabilità di concludere le scuole superiori risente, oltre che della diversa
propensione a proseguire gli studi, anche della maggiore/minore diffusione di canali
formativi alternativi a quello scolastico, nelle varie zone del Paese; una bassa quota di
giovani diplomati non è quindi necessariamente indice di scarsa partecipazione al sistema
formativo, complessivamente inteso. Quando si considerano anche le qualifiche
professionali, scolastiche ed extrascolastiche, la probabilità di conseguire un titolo
“secondario superiore” passa dal 76 all’82%
15
. Il tasso di conseguimento di un diploma,
calcolato in accordo con gli standard internazionali, vede il nostro Paese posizionarsi al di
sopra di Spagna e Svezia ed ex aequo con la Francia (Grafico 2).
15
Nei confronti internazionali sul tasso di conseguimento del diploma si fa riferimento a tutti i titoli di studio
del livello tre della classificazione ISCED 99 (International Standard Classification of Education), che
include sia corsi scolastici (di durata dai due ai cinque anni), sia corsi di formazione professionale
scolastici ed extrascolastici. Per l'Italia il dato si riferisce alle qualifiche professionali scolastiche e della
formazione professionale regionale e ai diplomi di maturità, ognuno conteggiato un'unica volta per
individuo.
17
Grafico 2: Tasso di conseguimento del diploma o titolo equivalente(a) in alcuni Paesi europei (diplomati per
100 giovani in età di diploma) – Anno 2002
100
93
85 85
82 82
79
77
72
68
0
20
40
60
80
100
120
D
a
n
i
m
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r
c
a
G
e
r
m
a
n
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F
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S
p
a
g
n
a
L
u
s
s
e
m
b
u
r
g
o
Danimarca
Germania
Finlandia
GraciaFrancia
Italia
Belgio
Irlanda
Svezia
Spagna
Lussemburgo
(a) per l’Italia sono incluse anche le qualifiche professionali scolastiche ed extrascolastiche
Fonte:”Education at a Glance” OECD indicators 2004
Tipi di scuola ITALIA Nord Centro Mezzogiorno
TOTALE
100 100 100 100
LICEI
30,4 29,5 34,3 29,3
IST.MGISTRALI
8 7 5,6 9,8
IST.TECNICI
41,3 40,9 40,9 41,8
IST. PROFESSIONALI
16,9 19 15,5 15,8
ISTR. ARTISTICA
3,5 3,6 3,8 3,2
Tabella 4: Diplomati di
scuola secondaria di II
grado per ripartizione
geografica e tipo di scuola
(composizioni percentuali) –
A.S. 2003/2004
Fonte: MIUR-DG Studi e Programmazione
Per quanto riguarda il tipo di studi concluso (Tab. 4), sono gli istituti tecnici (41,3%),
seguiti dai licei (30,4%) a sfornare il maggior numero di diplomati. Il Centro si caratterizza
0
20
40
60
80
100
120
T
O
T
A
L
E
L
I
C
E
I
I
S
T
.
M
G
I
S
T
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P
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S
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O
N
A
L
I
I
S
T
R
.
A
R
T
I
S
T
I
C
A
Italia
NORD
centro
mezzogiorno
18
per una quota più elevata di ex liceali (34,3%); il Nord per avere la percentuale più alta di
giovani provenienti dagli istituti professionali (19,0%) (Grafico. 3).
diplomati per Regione delle Scuole superiori
professionali
5.036
16 3
10 . 3 4 4
1. 12 0
6.511
1. 6 6 5
1. 53 7
816
536
4.054
1. 18 3
2.343
6.446
1. 54 2
355
10.905
7.393
1. 18 2
3.826
7.173
2.003
4.785
156
9.835
1. 0 8 0
6.164
1. 573
1. 4 4 2
755
516
3.813
1. 12 0
2.230
6.025
1. 4 3 8
327
10 . 6 2 1
6.977
1. 0 9 0
3.721
6.894
1. 73 5
251
7
509
40
347
92
95
61
20
241
63
113
421
10 4
28
284
416
92
10 5
279
268
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino Alto Adige
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Liguria
Genova
Reggio Emilia
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Non diplomati
Diplomati
Esaminati
Grafico 3: numero diplomati per regione delle Scuole professionali-Fonte: Miur 2005, ufficio statistico
2. La situazione è in netto miglioramento anche per gli studi universitari: la flessione
nel tasso di passaggio all’università registrata dalla seconda metà degli anni
novanta, si è invertita per la prima volta nell’anno accademico 2000/2001, anno in
cui risulta immatricolato il 68% dei neomaturi a fronte del 63% dell’anno
precedente e i dati dell’anno accademico 2003/2004 confermano questa tendenza
(Tabella 5).
19
Tabella 5: Tasso di passaggio dalla scuola all’università per regione e sesso (immatricolati per 100
diplomati della regione di residenza) – A.A. 2003/2004
REGIONI
TOTALE UOMINI DONNE
ITALIA 72,3 66,5 77,9
Piemonte 66,7 61,3 71,7
Valle d’Aosta(a) 93,5 84,8 101,5
Lombardia 68,7 65,2 72
Trentino A. Adige(a) 61,8 55,3 67,1
Veneto 69,1 63,1 74,7
Friuli V. Giulia 69,2 63,8 74,5
Liguria 73,6 67,7 79,3
Emilia Romagna 75,4 70 80,6
Toscana 72,1 69,4 74,6
Umbria 68,6 62,6 74,6
Marche 67,3 62,7 71,6
Lazio 82,4 74,2 90,9
Abruzzo 87,3 82 92,6
Molise 89,1 85,1 93
Campania 73,2 66,7 80,1
Puglia 67 59,7 74,1
Basilicata 71,6 65,5 77,7
Calabria 80,2 74,4 86
Sicilia 72,5 65,3 79,4
Sardegna 59,1 53,9 63,9
103,9
55,4
57
28,6
0
20
40
60
80
100
120
LICEI IST.MGISTRALI IST.TECNICI IST.
PROFESSIONALI
Serie1
Il tasso può risultare superiore a 100 a causa di ritardi nelle
immatricolazioni dopo il conseguimento del diploma
Fonte: MIUR – DG Studi e programmazione
Grafico 4: Tasso di passaggio
dalla scuola secondaria superiore
all’università per tipo di scuola
(immatricolati per 100 diplomati
dell’A.S. precedente) – A.A.
2003/2004
La propensione a proseguire gli studi dopo il conseguimento di un titolo di scuola
secondaria superiore varia in base alle regioni di residenza degli studenti, infatti, questa
risulta generalmente più elevata nelle regioni centrali e meridionali ed in particolare nel
Molise (89,1%) e in Abruzzo (87,3%).
20
Fa eccezione al Nord la Valle d’Aosta, dove l’indicatore (94%) risente del grande
aumento di immatricolati dovuto alla recente istituzione di un ateneo nella regione, e al
Sud la Sardegna dove solo 59 diplomati su 100 accedono all’università.
Il tasso di passaggio dalla scuola all’università
16
è fortemente influenzato dal tipo di
scuola secondaria frequentato: riguarda pressoché tutti i diplomati dei licei, mentre è
decisamente più contenuto per gli istituti professionali (28,6%) (Graf.4).
Quando si discute del livello di istruzione nel nostro Paese, si lamenta che abbiamo
pochi laureati, in realtà questo è vero solo se si considera la popolazione nel suo
complesso, infatti, appena il 10% di chi ha tra i 25 e i 64 anni è in possesso della Laurea,
mentre oltre il 18% ha la licenza elementare o nessun titolo di studio. Se però prendiamo in
considerazione i soli giovani di 25-34 anni, i laureati sono di più e la quota di persone con
licenza elementare o nessun titolo è molto bassa.(Graf. 5)
Grafico 5: Popolazione per titolo di studio.Anno 2003, composizioni percentuali
Fonte: ISTAT, Rilevazione trimestrale sulle forze di lavoro
18,5
4,5
35
34,2
6,4 7
29,6
41,6
10,5
12,7
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
Senza titolo,
Scuola
Elementare
Media
Inferiore
Qualifica
professionale
M aturità Titolo
Universitario
25-64 anni
25-34 anni
Allora è più corretto dire che in Italia è ancora scarsamente diffuso il titolo
accademico breve (che prima della riforma era rappresentato soltanto dai diplomi
universitari). Il fenomeno è confermato anche dai confronti con gli altri Paesi: in Italia 20
giovani su 100 sono in possesso di una Laurea di tipo lungo, mentre soltanto 3 su 100 di un
diploma universitario (Graf. 6).
16
Il tasso di passaggio dalla scuola all’università è calcolato rapportando il totale degli immatricolati di un
dato A.A. ai diplomati dell’A S. precedente. L’indicatore offre una stima per eccesso della “probabilità” di
una singola generazione di diplomati di proseguire gli studi all’università, in quanto i giovani che si
immatricolano all’università possono provenire da più di una generazione di diplomati.
21
Grafico 6
Giovani in possesso di titolo universitario per Paese.
Anno 2002
b
, per 100 giovani di età corrispondente
(a) I dati si riferiscono ai corsi "brevi" di primo livello (diplomi universitari, bachelor's, ecc.).
(b)I dati si riferiscono al 2001 per Francia e Italia, al 2000 per gli Stati Uniti, al 1999 per Belgio e Spagna.
(c) I dati si riferiscono ai corsi "lunghi" di primo livello (lauree,maitrise, ecc.)
Diplomati di 1° livello corti (a)
2,5 2,7
6,5
8,6
10,9
12,8
18,8
33,3
0
5
10
15
20
25
30
35
I
t
a
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o
Diplomati di 1° livello lunghi (c)
2,5
5,8
12,7
13,3
15,3 15,3
17,5
20,2
0
5
10
15
20
25
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a
Fonte: OCSE 2002
Come risultato della maggior partecipazione al sistema dell’istruzione, si è elevato il
livello di scolarizzazione generale delle forze di lavoro; se all’inizio degli anni novanta i
possessori di titoli medio-bassi rappresentavano la maggioranza delle forze di lavoro, ora
lo sono i possessori di titoli medio-alti. Ciononostante, il gap complessivo rispetto agli altri
paesi economicamente progrediti rimane evidente.
Al gap risponde la recente riforma universitaria, la cui attuazione ha cambiato
radicalmente il panorama dell’offerta formativa accademica, indirizzando le scelte dei
giovani verso corsi di durata più breve e a taglio maggiormente professionalizzante. La
minore durata dei nuovi corsi di laurea di primo livello, oltre ad anticipare l’età media di
22
inserimento nel mercato del lavoro dei laureati, dovrebbe produrre effetti positivi sulla
dispersione e sulla regolarità dei percorsi di studio
17
.
Gli ultimi dati forniti dal sistema statistico e di valutazione del sistema Universitario del
MIUR
18
ci dicono che nel corso dell’ultimo decennio il numero di laureati è in costante crescita:
negli ultimi tre anni, in particolare, si è assistito ad un aumento tumultuoso dei laureati che sono
passati dai 175.000 del 2001 ai 234.000 del 2003 (Tab.6), con un incremento del 33,8%.
Anche la quota di giovani che conseguono il titolo è aumentata, si è passati da circa 18
laureati ogni 100 venticinquenni nel 2000 a ben 31 nel 2003 (Tab. 7).
Tabella 6: Laureati per tipologia di corso e sesso (valori assoluti e percentuali) – Anni1994-2003
Totale
Laureati/diplomati
Vecchio
ordinamento
Nuovo Ordinamento
Anni V.a.
Variazione
% sull'anno
preceente
%
Donne
Lauree Diplomi*
Lauree
triennali
Lauree
Specialistiche
a ciclo unico
Lauree
specialistiche
1994 105.166 13,3 53,4 98.283 6.879 - - -
1995 112.608 7,1 53,7 105.097 7.511 - - -
1996 124.457 10,5 54,3 115.024 9.433 - - -
1997 131.987 6,1 55,3 121.785 10.202 - - -
1998 140.126 6,2 55,5 129.167 10.959 - - -
1999 152.341 8,7 55,8 139.109 13.232 - - -
2000 161.484 6 55,8 143.892 17.592 - - -
2001 175.386 8,6 56,4 153.976 20.136 1.267 6 1
2002 205.235 17 56,1 164.531 17.484 22.304 817 99
2003 234.672 14,3 56 164.123 8.012 53.741 5.825 2.971
Tabella 7: Tassi di laurea per sesso (laureati per 100 venticinquenni) – Anni 2000-2003
Anni Totale Uomini Donne
2000 18,6 16,2 21
2001 21 18,1 24,1
2002 26,3 22,9 29,8
2003 31,6 27,5 35,8
0
10
20
30
40
Uomini Donne
2000
2001
2002
2003
17
Laurea. Comunemente detta laurea di primo livello, ha durata triennale. Per il conseguimento della laurea
di qualsiasi tipo è obbligatorio lo studio di almeno una lingua straniera. Sono necessari 180 crediti
formativi.
Master di primo livello. Vi si può accedere dopo la laurea: subito, oppure dopo diversi anni. Anche se già si
lavora, un master universitario consente di mantenersi aggiornati ed aumentare le competenze specifiche.
Laurea specialistica. Comunemente detta laurea di secondo livello, ha durata biennale. Vi si accede dopo la
laurea, scegliendo tra le numerose specializzazioni destinate alla preparazione professionale. Sono
necessari 300 crediti formativi. Di questi, 180 sono i crediti già conseguiti per la laurea a meno che non si
scelga una specializzazione diversa da quella del corso di laurea
Laurea specialistica a ciclo unico. Si tratta di architettura- ingegneria edile, farmacia, odontoiatria e
veterinaria (che durano 5 anni) e medicina (6 anni), per le quali non è previsto alcun titolo dopo i primi tre
anni, ma solo al completamento del ciclo. Per medicina rimangono le diverse specializzazioni post laurea.
Master di secondo livello. Vi si può accedere dopo la laurea specialistica per affinare la formazione e/o
acquisire ulteriori competenze utili nel mondo del lavoro.
18
Sistema di Valutazione del Sistema Universitario Italiano- Miur 2005