4
sottolineò più volte che l’Unione Sovietica è parte dell’economia
mondiale, si sviluppa “nella sfera dei rapporti interstatali
mondiali”
2
, e al di fuori di essi “non può esistere”. Perciò “noi
siamo decisamente per un accordo economico con tutti i paesi,
siamo pronti a cercare forme reciprocamente accettabili, a
partecipare alla soluzione dei problemi che sono comuni
all’intera economia mondiale”
3
.
Col termine di globalizzazione ci si riferisce al fatto che negli
ultimi decenni del ‘900 lo spazio del mercato sembra aver
raggiunto i confini demografici e territoriali del mondo (onde il
sinonimo di mondializzazione). È vero che il mercato – mondo è
in sviluppo da oltre quattro secoli, ma giunti agli inizi del
Duemila, si può affermare che non è rimasto alcun angolo di
alcun continente, alcun gruppo umano o popolazione, le cui
condizioni di vita non subiscano direttamente o indirettamente,
per il meglio o per il peggio, l’influenza del mercato mondiale.
2
Lenin, Opere complete, vol. 40, Mosca 1962-79 p. 89.
3
Lenin, op. cit. vol. 39 e 43.
5
Ora, come far rientrare le previsioni di Marx e di Lenin
nell’espansione mondializzante del mercato?
Di qui la mia curiosità per il problema che mi ha fornito lo
spunto per un progetto di tesi di laurea. Al riguardo ho potuto
constatare l’esistenza di una grande quantità di materiale
disponibile sul periodo della Perestrojka e della sua rilevanza
rispetto al processo di globalizzazione.
Gorbaciov ha aperto all’URSS una finestra verso l’occidente
e attraverso “trattative globali” nel quadro delle Nazioni Unite,
ha tentato, finché glielo hanno consentito, di instaurare un
“nuovo ordine economico mondiale” È, appunto, l’argomento del
mio lavoro.
6
CAPITOLO I
L’URSS NEL MONDO
DALLA CRISI DELLA DISTENSIONE
ALLA CADUTA DEL COMUNISMO
L’approssimativa parità strategica stabilitasi alla fine degli
anni Sessanta fra Stati Uniti ed Unione sovietica può considerarsi
una svolta nella storia delle relazioni internazionali del
dopoguerra e i suoi effetti si fanno sentire ancora oggi. Nella
prospettiva sovietica tale evento ha avuto poi un significato del
tutto particolare assumendo il carattere di una legittimazione
della richiesta di vedersi riconosciuto lo status di potenza
globale. Se con Kruscev si erano poste le premesse per una
maggiore proiezione della politica estera sovietica da un ambito
sostanzialmente continentale, come quello europeo, ad uno
mondiale, fu tuttavia solo negli anni di Breznev che le aspirazioni
vennero a coincidere con i fatti, La raggiunta parità strategica con
gli Stati Uniti e il suo riconoscimento ufficiale da parte di questi
7
ultimi rese possibile una stabilizzazione dei rapporti reciproci e
l’avvio di un processo di negoziazione per la regolamentazione e
la limitazione della corsa agli armamenti secondo un modello di
convivenza non conflittuale che fu chiamato “distensione”
4
.
L’Europa fu pienamente coinvolta in questo processo. Si
dette infatti soluzione ai principali problemi lasciati in eredità dal
secondo conflitto mondiale – soprattutto la questione tedesca – e
nello stesso tempo l’Unione Sovietica ottenne il riconoscimento
giuridico, che aveva per lunghi anni cercato, delle nuove
frontiere. La Conferenza di Helsinki del 1975 e l’Atto finale che
da essa fu approvato, risulto la manifestazione più evidente del
nuovo quadro che si era venuto formando sul continente europeo.
L’Unione Sovietica intanto stabilì anche una serie di accordi
di carattere commerciale che contribuirono a dare
all’interscambio economico un peso molto più forte che nel
passato nell’ambito delle relazioni fra Est ed Ovest.
4
Lapo Sestan, L’Unione Sovietica da Chruscev a Breznev, vol. I,
Milano, 1985, pp. 444-445.
8
Tuttavia l’abbandono dei progetti di riforma del sistema
economico, programmati alla metà degli anni sessanta, indicava
una forma di debolezza del sistema sovietico; di qui nasceva la
contraddizione fra le aspirazioni di politica estera e le possibilità
complessive del paese, affidando sostanzialmente le speranze di
imprimere un maggiore dinamismo alla società sovietica alla
possibilità, creatasi con il processo di distensione, di accedere
maggiormente alle tecnologie straniere.
Nei primi anni Settanta però queste debolezze furono in larga
misura mascherate dai risultati che il paese otteneva sulla scena
internazionale e da un complessivo miglioramento delle
condizioni di vita all’interno.
La seconda metà degli anni Settanta vide il delinearsi di una
inversione di tendenza generale. Molti dei successi sovietici
apparvero essere piuttosto il frutto di debolezze certamente gravi
della controparte quali ad esempio la guerra del Vietnam e la
crisi petrolifera del 1973. Le relazioni fra Stati Uniti e Unione
Sovietica e il complessivo processo di distensione iniziarono ad
9
accusare dei colpi e ad essere sempre di più caratterizzati da
contrasti e polemiche. Sopratutto nell’agire sovietico sulla scena
internazionale si avvertì una crescente propensione ad affidarsi,
in maniera sia diretta che indiretta, al fattore rappresentato dalla
potenza militare. Si metteva così in evidenza una stretta
connessione con la mancata soluzione dei problemi interni.
Infatti la stagnazione interna rendeva problematico da parte della
diplomazia l’impiego di uno strumento classico come quello
economico.
Con l’ascesa alla presidenza degli Stati Uniti di Jimmy
Carter, le relazioni fra le superpotenze non subirono un
immediato deterioramento e tuttavia certe iniziative di Carter non
potevano che spiacere ai Sovietici.
Nel febbraio 1977, poco dopo l’insediamento al potere Carter
inviava una lettera aperta al fisico Andrei Sakharov il maggiore
esponente della dissidenza e scriveva anche a Breznev per
perorare la causa dei dissidenti. Breznev rispose che Sakharov
era un rinnegato che si era trasformato in “nemico dello stato
10
sovietico.”
5
A questo punto i Sovietici piuttosto che ammorbidire
la loro politica di repressione la esasperarono e nel maggio del
1979 condannarono al campo di concentramento un certo numero
di dissidenti assai noti in Occidente e nel gennaio del 1980
costrinsero Sakharov ad abbandonare Mosca per vivere in esilio.
Carter così cercava di diffondere il discredito rispetto ai leader
sovietici e provocare il dissenso fra l’Urss e i partiti comunisti
dell’Europa occidentale.
Nonostante questo la politica di distensione restava il
maggior obiettivo di Carter e perciò consigliava la collaborazione
con l’Unione sovietica la firma dell’accordo Salt II; (Salt II è la
sigla utilizzata per la seconda serie di Negoziati per la
limitazione delle armi strategiche intercorso fra gli stati Uniti e
l’URSS). L'accordo per la limitazione della costruzione di armi
strategiche fu raggiunto a giugno del 1979.
Mantenere questo equilibrio divenne più difficile durante il
1979, quando si verificarono due nuovi motivi di tensione: la
5
AA:VV, (a cura di Lapo Sestan), la politica estera della Perestrojka:
l’URSS di fronte al mondo da Breznev a Gorbaciov,Roma 1988.
11
installazione da parte sovietica e americana di missili a gittata
intermedia in Europa (euromissili) e alla fine del dicembre 1979,
l’invasione sovietica dell’Afghanistan.
L’invasione dell’Afghanistan ebbe inizio alla vigilia di
Natale 1979. Essa venne giustificata da Breznev come
l’accoglimento di un appello lanciato da un governo di Kabul
sulla base dell’art. 51 della Carta dell’Onu
6
per prevenire
un’imminente aggressione di ribelli afgani appoggiati dal
Pakistan, dalla Cina e dalla CIA.
La reazione americana all’azione sovietica fu inattesa e dura.
Il presidente Carter chiese al senato di rinviare la ratifica del Salt
II, e di ridurre le esportazioni di grano dagli Stati Uniti verso
6
L’art 51 cap VII della Carta delle Nazioni Unite recita: Nessuna
disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela
individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro
un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non
abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza
internazionale. Le misure prese da Membri nell'esercizio di questo diritto di
autotutela sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di
Sicurezza e non pregiudicano in alcun modo il potere e il compito spettanti,
secondo il presente Statuto, al Consiglio di Sicurezza, di intraprendere in
qualsiasi momento quell'azione che esso ritenga necessaria per mantenere o
ristabilire la pace e la sicurezza internazionale.
12
l’URSS; furono anche sospese le consegne di merci altamente
tecnologiche comprese le apparecchiature per la perforazione di
pozzi e la vendita di computer. Fu deciso di non aprire nuovi
consolati nei due paesi. Venne inoltre annunciato che gli Stati
Uniti non avrebbero partecipato con una loro squadra di atleti
alle Olimpiadi programmate per l’estate del 1980 a Mosca
7
.
Portata dinnanzi all’Assemblea generale dell’ONU, l’azione
sovietica venne condannata e fu chiesto il ritiro immediato delle
truppe straniere dall’Afghanistan, ma il Politburo sovietico
decise che le sue truppe avrebbero dovuto restare
nell’Afghanistan per un periodo di tempo indefinito. Questa
presenza aizzò la guerriglia e favorì la fuga in massa di centinaia
di migliaia di profughi (quasi quattro milioni) verso L’Iran e il
Pakistan. Quest’ultimo da allora ricevette aiuti sempre più ingenti
dagli Stati Uniti usati per armare i guerriglieri antisovietici.
L’occupazione provocò 15.000 morti fra i militari sovietici e
un numero incalcolabile di vittime fra gli afgani (forse un
7
G. Mammarella, L’america da Roosvelt a Reagan, Roma Bari, 1984.
13
milione di morti) e non si risolse con una vittoria sovietica. Solo
nel febbraio 1989 i sovietici ritirarono le loro truppe. L’altro
motivo di frattura riguardava la questione dei missili a portata
intermedia e la loro installazione in Europa. Era una questione di
equilibrio delle forze fra le super potenze e i rapporti fra gli Stati
Uniti, l’Europa e l’URSS stessa. Dopo la firma degli accordi Salt
I nel 1972 i numeri apparentemente favorivano l’Unione
Sovietica, ma la qualità tecnologica favoriva gli americani perciò
il governo sovietico dotò le sue forze nucleari di armamenti più
sofisticati e in particolare di nuovi missili intercontinentali gli SS
-18 e 19 e di nuovi missili a gittata intermedia (circa 300 miglia)
missili più moderni e più facili da nascondere all’avversario. Essi
furono installati a partire dal 1976 e divennero operativi durante
il 1977. Le nuove armi avevano un carattere difensivo e
contribuivano ad accrescere l’immagine della deterrenza
sovietica senza rappresentare una minaccia per l’Europa e
miglioravano la posizione dell’URSS in vista del Salt II. I
Sovietici definivano gli SS – 20 come armi strategiche e non
14
missili di teatro, cioè di portata intermedia. La concezione
sovietica non era condivisa dagli Occidentali e in particolar modo
dai paesi europei che consideravano gli SS- 20 come una nuova
minaccia diretta espressamente contro l’Europa, esposta a un
grave pericolo senza la certezza delle garanzie atlantiche. Perciò
nonostante il desiderio di molti paesi europei, che pure avevano
sottoscritto la decisione del dicembre 1979, di non pregiudicare il
processo di distensione con l’Unione Sovietica, di distinguersi
cioè da alcuni atteggiamenti della nuova amministrazione
americana, di fatto anche in Europa i rapporti Est-Ovest subirono
un raffreddamento. Nel complesso si veniva delineando una
situazione internazionale particolarmente difficile per l’Unione
Sovietica. Ciò dette adito alle interpretazioni più preoccupate sul
futuro del paese, come quella del pericolo del formarsi di un
nuovo “accerchiamento” a suo danno che fu denunciato da alcuni
esponenti di rilievo dello stesso gruppo dirigente sovietico.
Erano tutti segnali di una crisi grave che suggerivano
l’esistenza di un paradosso di fondo per ciò che riguardava la
15
collocazione internazionale dell’Unione Sovietica: la
contraddizione fra la sua aspirazione ad esercitare un ruolo
globale e l’inadeguatezza delle sue strutture, economiche in
particolare. Tale paradosso pareva in larga parte poter spiegare
anche la crescente centralità della potenza militare nella politica
estera sovietica a partire dalla seconda metà degli anni Settanta:
era il solo settore relativamente competitivo che il sistema
sovietico avesse saputo esprimere.
Questa doppia immagine dell’Unione Sovietica, quale
potenza militare forte – e dunque avvertita come minacciosa dai
suoi interlocutori – ma contemporaneamente debole per la
fragilità delle sue strutture economiche e delle sue alleanze
internazionali, ha continuato ad essere offerta per tutta la prima
metà degli anni Ottanta nonostante i tentativi di fronteggiare la
crisi. È solo a partire dal 1985, con la nomina di Gorbaciov alla
carica di primo segretario di partito, che si è avvertita la volontà
di reagire e di cercare una soluzione.
16
Le elezioni del 1980 negli Usa videro la clamorosa
affermazione di Ronald Reagan, anziano ex attore, esponente
dell’ala destra del partito repubblicano, che molti democratici
avevano sottovalutato e che invece mostrò di possedere
eccezionali capacità di comunicazione e un formidabile istinto
politico. Una delle più comuni interpretazioni delle elezioni
presidenziali americane vuole che sul loro esito le questioni di
politica estera abbiano un’influenza meno rilevante dei problemi
di politica interna. Le elezioni del 1980 costituirono una delle
poche eccezioni a questa regola. È vero che sul loro risultato,
umiliante per un presidente in carica, pesò la situazione
economica degli Stati Uniti, che segnava un livello di crescita
zero, una disoccupazione preoccupante e l’inflazione al 9 per
cento. Ma un rilievo non trascurabile lo ebbe anche la
sensazione, condivisa dalla maggioranza dell’elettorato, che
Carter avesse incrinato il prestigio e l’influenza degli Stati Uniti
nel mondo. Il fatto che le elezioni avessero luogo quando ancora
non era risolta la questione dei 50 ostaggi americani, catturati il 4
17
novembre 1979 dagli studenti khomeinisti a Teheran e dopo il
fallimento, nella notte fra il 24 e il 25 aprile 1980, di un tentativo
di liberarli con un colpo di mano militare, apparendo come una
dimostrazione geometrica di questa decadenza, non poteva che
influenzarne l’esito.
8
Inoltre le polemiche sul vantaggio
unilaterale che i sovietici traevano dal clima di distensione non
erano compensate dal modo risoluto con il quale gli Stati Uniti
avevano risposto all’invasione dell’Afghanistan nel 1979. La
presidenza di Reagan durò due mandati consecutivi, dall’inizio
del 1981 all’inizio del 1989; due mandati nettamente distinti dal
punto di vista della politica internazionale: il primo dominato da
una linea più dura nei confronti dell’unione Sovietica, il secondo
caratterizzato dall’avvio del dialogo con l’ascesa al potere di
Gorbaciov, che cambiò completamente la natura delle relazioni
fra le superpotenze.
All’inizio del suo mandato aveva affermato che l’URSS era
innanzitutto un avversario pericoloso, da ridurre entro i giusti
8
E. di Nolfo Storia delle relazioni internazionali 1918-1999, Roma
Bari 2000.