3
l’informazione - molte volte ripetuta, ma che almeno dagli anni 1980
non è mai stata vera - secondo cui le minoranze religiose in Italia
rappresentano globalmente l’uno per cento della popolazione.
Scendendo nel dettaglio, e per venire all’argomento di cui ci vogliamo
qui occupare, dell’1,92 % di cittadini italiani che appartengono a
minoranze religiose, il CESNUR ha reperito circa 74.000 buddhisti
italiani praticanti, oltre a circa 25.000 buddhisti praticanti non cittadini
italiani, ma residenti sul territorio. Per rimanere ai praticanti cittadini
italiani, il dato di 74.000 buddhisti tiene conto di cinquantamila fedeli
dell’area concettualmente rappresentata dall’Unione Buddhista
Italiana (theravada, zen e vajrayana: peraltro non tutti fanno parte di
centri U.B.I.), ventunomila membri della Soka Gakkai, tremila
buddhisti di altre tradizioni (la stessa area Nichiren non si riduce alla
sola Soka Gakkai); il tutto suddiviso in un’area che comprende allo
stato attuale 70 centri distinti e organizzati, diffusi sostanzialmente su
tutto il territorio
3
. Tra le figure alle origini dell’interesse per il
buddhismo in Italia
4
vanno segnalati l’italo-americano Salvatore
Ciuffi ("Lokanatha", 1897-1966), una figura nota e rispettata in
Birmania e in India come monaco itinerante, e il professor Giuseppe
Tucci (1894-1983), insieme insigne studioso e divulgatore, sulla base
di un interesse personale, del buddhismo tibetano in Italia. I praticanti
buddhisti in Italia sono attualmente, come si è detto, circa
cinquantamila (esclusi i membri della Soka Gakkai - che da sola
costituisce l’organizzazione buddhista con il maggior numero di
3
Cfr. M. Introvigne - P.L. Zoccatelli - N. Ippolito - V. Roldán, op. cit., pp. 543-624.
4
Cfr. Costanzo Fiore - Maria Angela Falà, Ricerca sulla presenza buddhista in Italia, RES, Roma
1993; e Giampiero Comolli, Buddisti d’Italia. Viaggio tra i nuovi movimenti spirituali, Theoria,
Roma 1995. Ampi, e aggiornati, riferimenti al buddhismo in Italia pure in M. A. Falà, "Il
Buddhismo", in Eugenio Fizzotti e Federico Squarcini (a cura di), L’Oriente che non tramonta.
Movimenti religiosi di origine orientale in Italia, Libreria Ateneo Salesiano, Roma 1999, pp. 111-
124.
4
membri presenti in Italia
5
- e di altre tradizioni), oltre a circa
venticinquemila buddhisti "etnici" immigrati dai paesi asiatici. Vi
sono anche, distribuiti fra le varie tradizioni, una trentina di monaci
ordinati italiani, e alcune monache che hanno pronunciato i voti
minori. La presenza buddhista in Italia comincia a farsi notare negli
anni 1960, con la fondazione a Firenze della Associazione Buddhista
Italiana e con la pubblicazione, dal 1967, della rivista Buddhismo
Scientifico. Negli anni 1970 e 1980 questa presenza cresce, sia con
l’influsso di maestri di scuola vajrayana profughi dal Tibet, sia con la
diffusione dello zen, che si affianca alla già esistente presenza
theravada. Per vie autonome, arrivano in Italia anche gruppi di
tradizione Nichiren.
Nel 1981 Vincenzo Piga (1921-1998) fonda la rivista Paramita.
Quaderni di Buddhismo per la pratica e per il dialogo, che continuerà
la sua esistenza fino alla morte del fondatore. Vincenzo Piga è alle
origini della nascita della Unione Buddhista Italiana (U.B.I.), mosso
dal desiderio di una spinta unitaria nel buddhismo italiano, con l’idea
di un’associazione che, rappresentando tutte le tradizioni buddhiste, si
possa porre come tramite per i vari centri e nel contempo come
referente unico del buddhismo italiano di fronte allo Stato. È così che
il 17 aprile 1985 si perviene a Milano alla formale costituzione, con
atto pubblico, dell’Unione Buddhista Italiana (U.B.I.) con la
partecipazione di nove centri di diverse tradizioni (saranno già diciotto
nel 1986, trentacinque oggi, ma con varie domande di associazione
pendenti). Con decreto del 3 gennaio 1991, successivamente
5
Per una introduzione generale, cfr. Karel Dobbelaere, La Soka Gakkai. Un movimento di laici
diventa una religione, Elledici, Leumann (Torino) 1998; uno studio sociologico sulla Soka Gakkai
in Italia è quello di Maria Immacolata Macioti, Il Buddha che è in noi. Germogli del Sutra del
Loto, SEAM, Roma 1996.
5
modificato con decreto del 15 giugno 1993, l’U.B.I. ottiene il
riconoscimento giuridico come ente di culto. Nel 1992 la sede legale
passa da Pomaia (Pisa) a Roma. Per norma dello statuto, l’U.B.I. non
rappresenta alcun gruppo buddhista particolare, ma si propone di
sostenere l’insieme del movimento buddhista italiano nel rispetto di
tutte le tradizioni. Le finalità sono infatti principalmente quelle di
riunire e assistere i diversi gruppi buddhisti, contribuire alla diffusione
degli insegnamenti e delle pratiche della dottrina buddhista, sviluppare
la collaborazione fra le diverse scuole buddhiste, favorire il dialogo
con le altre comunità religiose, con i centri di impegno spirituale e con
istituzioni culturali e accademiche su argomenti di interesse comune.
Attualmente i centri che aderiscono all’U.B.I. sono di tradizione
theravada, zen e vajrayana. Sono prevalentemente dislocati nel
Centro-Nord e ad essi fa capo la grande maggioranza dei praticanti
italiani (una cifra - come accennato - che non comprende i buddhisti
"etnici" immigrati e quelli di tradizione Nichiren), cui vanno aggiunti
circa diecimila simpatizzanti, che frequentano i centri in modo
discontinuo. Negli ultimi anni, l’U.B.I. ha promosso la creazione di
reti regionali e interregionali di centri associati al fine di consentire
una migliore reciproca conoscenza e collaborazione. Ogni anno i
centri associati all’U.B.I. si radunano per la celebrazione del Vesak, e
ogni quattro anni si tiene un congresso a livello nazionale su temi di
interesse spirituale, al quale intervengono maestri di meditazione
(anche stranieri) oltre che studiosi. L’U.B.I. è a sua volta associata, dal
1987, all’Unione Buddhista Europea (U.B.E.).
Il 20 marzo 2000 l’U.B.I. ha firmato con l’allora Presidente del
Consiglio Massimo D’Alema l’Intesa ex articolo 8, III comma della
Costituzione, accordo che - quando sarà trasfuso in legge - sostituirà
6
nei confronti dell’U.B.I, degli organismi che essa rappresenta e di
coloro che ne fanno parte, la normativa sui "culti ammessi" fino a oggi
applicata. Tale accordo costituisce una novità: per la prima volta, lo
Stato italiano ha avuto come interlocutore una religione che non
proviene dal solco della tradizione ebraico-cristiana. Un accordo
quindi, come è stato rilevato, simbolo di integrazione in una società
multireligiosa, multietnica e multiculturale. L’Intesa si sviluppa su
linee guida comuni alle altre già stipulate: l’assistenza spirituale
assicurata negli istituti ospedalieri, nelle case di cura e di riposo e
negli istituti penitenziari; l’istruzione religiosa; il riconoscimento degli
enti; la partecipazione alla ripartizione della quota dell’otto per mille
dal gettito IRPEF; la possibilità di dedurre dal reddito imponibile delle
persone fisiche fino a due milioni di lire all’anno per erogazioni
liberali a favore dell’U.B.I. Altre previsioni dell’Intesa attengono
invece specificamente all’identità buddhista: così la tutela delle regole
tradizionali per il trattamento delle salme, pur nel rispetto della
normativa vigente in materia di polizia mortuaria; il riconoscimento
della festività del Vesak, fissata convenzionalmente all’ultimo sabato
e domenica del mese di maggio di ogni anno. Non si rileva, nell’Intesa
siglata, il riferimento al "maestro di dharma" (figura complessa che,
pur differenziandosi nelle varie tradizioni, indica colui che è incaricato
di trasmettere gli insegnamenti che da maestro a discepolo - secondo
un lignaggio ininterrotto - sono pervenuti sino a noi), che era presente
invece nelle precedenti bozze che l’U.B.I. aveva portato all’esame
della Commissione interministeriale per le Intese con le confessioni
religiose presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Vi è ora
invece un ripetuto richiamo al "ministro di culto", figura - con questa
denominazione - invero ignota alla tradizione storica del buddhismo,
7
ma più facilmente riconducibile al contesto italiano delle Intese.
Il buddhismo rappresentato dall’U.B.I. si connota per il forte spirito di
apertura verso le altre religioni. In particolare sono intensi i rapporti
con il mondo cattolico, con la frequente organizzazione di conferenze
comuni, rapporti diretti con il Pontificio Consiglio per il Dialogo
Inter-religioso, scambi di esperienze monastiche e inserimento di
pratiche di meditazione buddhista in ambito cristiano. Importanti sono
anche i rapporti con università italiane (a partire da Roma, Bologna,
Napoli e Genova) che hanno specifiche cattedre dedicate al
buddhismo. La rivista Dharma - Trimestrale di Buddhismo per la
pratica e per il dialogo continua l’opera di Paramita. All’interno
dell’U.B.I. opera anche una struttura con finalità più specificamente
culturali: la Fondazione Maitreya di Roma.
Nel periodo di Nara (710-784) il buddhismo giapponese sperimenta
un tempo di crisi. Come reazione a questa crisi emergono due
"sistemi" (chiamati in genere dagli studiosi, senza intenti peggiorativi,
"sètte"), tendai e shingon. Se il "sistema" tendai comprende un
esoterismo, lo shingon è - nella sua natura e nella sua essenza -
esoterico. Shingon è la traslitterazione giapponese dell’espressione
cinese chen-yen, un sistema di buddhismo tantrico con cui il monaco
giapponese Kobo Daishi (Kukai, 774-835) entra in contatto durante un
viaggio in Cina compiuto fra gli anni 804 e 806. A sua volta, chen-yen
è traduzione cinese della nota espressione sanscrita mantra ("parola
vera", o "parola di verità"), la quale allude al fatto che la verità ultima
è contenuta, o almeno può essere catturata, da un suono. Lo shingon
distingue fra mikkyo (insegnamento esoterico) e kengyo
(insegnamento exoterico, fondato sulle scritture). Secondo Kukai,
l’insegnamento kengyo si riferisce a quanto è stato trasmesso dal
8
Buddha storico, mentre l’insegnamento esoterico mikkyo deriva
direttamente dal Buddha Mahavairocana, il "Buddha cosmico" che è
la personificazione della verità. Benché lo shingon si interessi a un
gran numero di scritture preesistenti alla sua fondazione, due sutra di
carattere tantrico composti in India fra il VII e l’VIII secolo hanno
particolarmente attirato la sua attenzione: il Mahavairocana Sutra e il
Tattvasamgraha Sutra
6
. Secondo una tradizione - la cui storicità è
messa in dubbio dagli studiosi contemporanei - la prima scrittura
viene dall’India del Nord e la seconda dall’India del Sud; i loro
rispettivi principali traduttori cinesi, Subhakarasimha (637-735) e
Vajrabodhi (671-741) si sarebbero incontrati per mettere insieme i
rispettivi insegnamenti. Dal punto di vista storico, l’emergere di Kukai
e dello shingon deve essere comunque letto nel contesto della
decadenza di un buddhismo che offriva come prospettiva
l’illuminazione solo al termine di un lunghissimo processo di
numerose reincarnazioni. In una prospettiva tantrica, lo shingon
presenta invece l’illuminazione come qualcosa che può essere ottenuto
da chiunque e in questa vita. Sulla base della dottrina dei tre corpi del
Buddha, lo shingon afferma che la natura del Buddha Mahavairocana
è presente in ogni uomo come "seme" dell’illuminazione (bodhicitta).
Un’altra espressione centrale nel buddhismo shingon è tathagata, sulla
cui traduzione ed etimologia gli studiosi contemporanei sono sovente
in disaccordo. Sulla base di una radice tathata, che indica l’"esserci",
il fluire della realtà ultima che non è né "questo" né "quello", ma è
insieme vuoto e manifestazione ("acqua e onda"), tathagata può
essere reso come "essere andato" (nel mondo dell’illuminazione) o
6
Un’ampia sintesi in inglese è quella di Ryuichi Abé, The Weaving of Mantra. Kukai and the
Construction of Esoteric Buddhist Discourse, Columbia University Press, New York 1999.
9
"essere venuto" (nel mondo della realtà empirica, per portarvi i
benefici dell’illuminazione), e in questo senso è un epiteto del
Buddha.
Nello stato di consapevolezza tathagata si fondono il cosmo
conosciuto e la mente che lo conosce (che non sono veramente
distinti). Lo shingon parla di sei elementi: i primi cinque (terra, acqua,
fuoco, vento e spazio) costituiscono il conosciuto; il sesto (la
consapevolezza) il conoscente. Due mandala - di origine cinese - sono
particolarmente importanti nella tradizione shingon. Il primo, il
garbhakosadhatu (o "matrice") rappresenta il mondo conosciuto, o il
contenuto del Mahavairocana Sutra, e consta di dodici riquadri. Il
secondo, il mandala vajradhatu, si riferisce al conoscente (vajra,
"cercatore della verità") ed è a sua volta distinto in nove riquadri che
rappresentano i livelli della consapevolezza. La pratica dello shingon è
divisa in due cammini: l’adhisthana, o realizzazione del mondo
conosciuto, e la via del bodhisattva, nella quale i frutti della
realizzazione si manifestano nella vita quotidiana. La parola
adhisthana ha un significato esoterico, e si riferisce all’acquisizione di
poteri eccezionali. In genere, fa riferimento ai "tre misteri" (sanmitsu)
necessari per l’illuminazione del corpo, della parola e della mente: i
mudra (una serie di posizioni), i mantra e la meditazione yoga.
Attraverso questi strumenti il praticante si identifica completamente
con il corpo, la parola e la mente del Buddha Mahavairocana. Questa
identificazione è dimostrata dall’ingresso nella via del bodhisattva:
nella vita individuale fioriscono la carità, la moralità, la pazienza,
l’alacrità, e la capacità di meditare.
Come studiosi recenti hanno mostrato, in questo quadro di origine
cinese Kukai e la scuola shingon integrano una serie di elementi
10
tipicamente giapponesi o derivati dalla più ampia tradizione del
buddhismo mahayana. Dopo la morte di Kukai, il successo
dell’esoterismo tendai relega lo shingon in una posizione secondaria.
Kukai, peraltro, continua a essere venerato come uno dei grandi
maestri del buddhismo giapponese e del buddhismo esoterico in
genere. La tradizione shingon - fra alti e bassi - continua fino al XX
secolo, quando conosce un vero e proprio risveglio con una serie di
movimenti che si diffondono anche in Occidente. Diversi dei
movimenti che si possono chiamare neo-shingon sono presenti in
Occidente, e particolarmente negli Stati Uniti; uno solo fra i maggiori,
Shinnyo-en, è presente anche in Italia.
L’oggetto del presente studio è, quindi, il resoconto di
un’osservazione partecipante presso il tempio italiano - a Milano - di
Shinnyo-en, un movimento buddhista giapponese, che si è protratta da
gennaio ad aprile 2001, dopo precedenti incontri e contatti, avviati fra
il 1999 e il 2000. Come si è accennato, l’unica tradizione buddhista
presente in Italia che origina la sua dottrina dalla scuola shingon, nata
con il monaco giapponese Kobo Daishi (o Kukai) e considerata una
variante del buddhismo tantrico a matrice esoterica, è l’ordine
Shinnyo-en
7
. Non è tema di questo resoconto articolare i fondamenti
storici e dottrinali di Shinnyo-en, che quindi saranno solo rapidamente
sunteggiati. Shinnyo-en è un ordine buddhista derivante dal
lignaggio dell’esoterismo shingon, il quale si fonda sul
7
Non esistono fonti secondarie in lingua italiana a proposito di Shinnyo-en. Cfr. Peter B. Clarke (a
cura di), "Shinnyoen. "Garden of Absolute Reality"", in Idem, Bibliography of Japanese New
Religions with Annotations and an Introduction to Japanese New Religion at Home and Abroad.
Plus an Appendix on Aum Shinrikyo, Japan Library, Richmond (Surrey) 1999, pp. 231-234; e
Keishin Inaba, "Shinnyo-en as a whole: its Buddhist tradition and innovation", relazione presentata
alla London School of Economics, in occasione del convegno internazionale organizzato da
INFORM e CESNUR, The Spiritual Supermarket: Religious Pluralism in the 21
st
Century ,
Londra, 19-22 aprile 2001;( non pubblicata).
11
Mahaparinirvana Sutra ("sutra del Grande Nirvana"), considerato
come l’ultimo e definitivo insegnamento lasciato ai suoi discepoli da
Gautama Buddha (563-483 a.C.) al termine della sua vita. La nascita
dell’ordine si deve a Fumiaki Ito (1906-1989) e alla sua moglie
Tomoji Uchida Ito (1912-1967), meglio noti fra i loro seguaci,
rispettivamente, come Kyoshu-sama e Shojuin-sama. Prima del 1935-
1936, la vita dei coniugi Ito non è particolarmente orientata: Fumiaki
Ito nasce in una famiglia la cui madre è praticante di Tenrikyô - una
delle maggiori nuove religioni giapponesi di origine non buddhista,
fondata il 26 ottobre 1838 da Miki Nakayama (1798-1887)
8
- e il padre
gli trasmette la scienza della divinazione Byozeisho, tramandata nella
famiglia per generazioni. Quanto alla moglie (una sua lontana
parente), la nonna era stata una persona dotata di "facoltà spirituale"
(reinosha), che aveva trasmesso alla zia di Tomoji Ito, Tamae Yui. Il
28 dicembre 1935 Fumiaki Ito - che da sette anni è impiegato come
ingegnere presso la compagnia aeronautica Tachikawa - e la moglie
consacrano nella propria abitazione la statua che riproduce l’immagine
di Dainichi Daisho Fudo Myo-o (nota come la statua sacra
dell’Achala), tradizionalmente attribuita allo scultore Unkei, vissuto
agli inizi dell’era Kamakura (1185-1333)
9
. Così, nel gennaio 1936, i
coniugi Ito - detti dai discepoli Sooya-sama - si impegnano in trenta
giorni di austerità invernali (ora considerati dai praticanti il primo
turno di "esercizi invernali" di Shinnyo-en) e il 4 febbraio 1936,
all’una di mattina, Shojuin-sama riceve dalla zia Tamae Yui la "facoltà
8
Fra le numerose pubblicazioni di Tenrikyô è stata tradotta in italiano una delle fonti principali,
con il titolo Micagura-uta: inni sacri, Chiesa Tenrikyô, Tenri (Nara) 1983. Tra le fonti secondarie,
cfr. Johannes Laube, Oyagami. Die Heutige Gottesvorstellung der Tenrikyo, Otto Harrassowitz,
Wiesbaden 1978; e Thora E. Chinnery, Religious Conflict and Compromise in a Japanese Village.
A Firsthand Observation of the Tenrikyo Church, University of British Columbia Press,
Vancouver 1971.
9
nCfr. Il fondatore di Shinnyo-en, Shinnyo-en Italia, Milano 1999, p. 6
12
spirituale" con le seguenti parole: "Passa dall’essoterismo
all’esoterismo, esercitati correttamente e sii consacrata fino in fondo
alla Via per la salvezza dell’umanità e del mondo intero"
10
. È così
che, terminati gli "esercizi invernali", l’8 febbraio 1936, i coniugi Ito
decidono di intraprendere il cammino religioso nel contesto buddhista.
Fumiaki Ito (più noto con il nome sacerdotale di Shinjo Ito) riceve
quindi gli ordini monastici al monastero Daigoji, tempio principale
della Scuola Daigo del buddhismo giapponese shingon, dove riceve la
successione alla corrente esoterica mikkyo. Superando alcune fra le
massime pratiche ascetiche, gli è conferito il Denpo Kanjo, ovvero il
rito con il quale si riceve la conferma di avere ottenuto il rango
spirituale di un buddha, e il titolo di Grande Acharya. Nel ricercare la
via che porta al nirvana, Shinjo Ito scopre il Sutra Mahaparinirvana,
seguendo il quale giunge a quella che presenta come la sintesi di tutte
le posizioni buddhiste sia exoteriche sia esoteriche. In questo
contesto, il Sutra Mahaparinirvana è considerato - appunto - il
definitivo insegnamento predicato da Buddha negli ultimi momenti
della sua vita, nel quale sono esposte le "Quattro Verità" (da non
confondersi, in questo caso, alle "Quattro Nobili Verità" - universalità
del dolore, origine del dolore, soppressione del dolore, cammino che
conduce alla soppressione del dolore -, usualmente associate nel
buddhismo agli "Otto sentieri della perfezione": corretta
comprensione, corretto pensiero, corretta parola, corretto modo di
vivere, corretta attenzione, corretta concentrazione, corretta azione,
corretti sforzi): (1) come corpo della Legge, il Buddha Tathagata
dimora eternamente nel cuore del sutra del grande nirvana per guidare
tutti gli esseri alla felicità finale; (2) il Jo-Raku-Ga-Jo indica la gioia
10
Primi passi verso l’insegnamento di Shinnyo, Shinnyo-en, Milano s.d, p. 17.
13
che si può provare abbandonando tutte le impurità per vivere
finalmente quaggiù in perfetta armonia con il Buddha; (3) tutti gli
esseri viventi possono raggiungere l’illuminazione quando riescono a
praticare l’insegnamento, facendo così risplendere la natura di
Buddha, che possiedono nel più profondo del loro cuore; (4) gli
Ichantika (coloro i quali, avendo rotto tutte le radici che lo legano a
Buddha, vivono senza preoccuparsi di raggiungere un giorno il
nirvana) potranno essere salvati dal Sutra Mahaparinirvana, anche se
gli insegnamenti precedenti negavano loro ogni speranza di salvezza
11
.
Dal punto di vista organizzativo, Shinnyo-en nasce il 21 giugno 1951,
come riorganizzazione di precedenti gruppi e movimenti, sulla base
degli insegnamenti dei Sooya-sama: dalla primavera del 1936 alla fine
del 1937 l’ordine è chiamato Rissho-kaku, e dai cinquanta aderenti
iniziali arriva a contarne fino a duecento; il 15 luglio 1938 è approvata
la fondazione della Chiesa dell’Achala di Tachikawa; il 23 gennaio
1948 il movimento assume il nome di Ordine Religioso Makoto.
Attualmente vi sono circa 800.000 fedeli praticanti di Shinnyo-en in
ogni parte del mondo, e l’ordine si è espanso al punto che luoghi di
culto sono stati fondati in Asia, negli Stati Uniti e in Europa (dove
Shinnyo-en è presente particolarmente in Francia, Belgio, Inghilterra,
Italia, Germania e Spagna). Dal Tempio Madre in Giappone, Shinnyo-
en è guidato dal 1989 dalla figlia del fondatore, Shinso Ito (nata il 25
aprile 1942), nota ai discepoli come Keishu-sama, e da costoro
ritenuta avergli succeduto sia nella forma sia nello spirito.
Le origini della presenza di Shinnyo-en in Italia si situano all’inizio
degli anni 1980, tramite l’incontro - a Parigi - di un gruppo di amici
giapponesi residenti in Italia con la signora Yoshida. Hanno così inizio
11
Cfr. ibid., pp. 19-20.
14
delle informali attività e riunioni di preghiera, che sono accompagnate
dalla frequentazione saltuaria del tempio francese (il primo a essere
inaugurato, in Europa), consacrato nel 1985. Originariamente, come si
è accennato, le prime persone che si collegano a Shinnyo-en in Italia
sono giapponesi (studenti e lavoratori) e le testimonianze raccolte
sottolineano come i primi italiani che si avvicinano a Shinnyo-en sono
anzitutto incuriositi dalla cultura giapponese. Peraltro, sin dall’inizio
della storia italiana di Shinnyo-en, anche i fedeli giapponesi che fanno
richiesta di collegamento all’ordine non sono nati in famiglie di fedeli
e si accostano invece a questa scuola come a una novità. Come
ricorda una fedele di Shinnyo-en residente in Italia da alcuni decenni -
la signora Yasuko Tominaga, che nel frattempo ha acquisito la facoltà
spirituale quale reinosha -, vi è nell’approccio a Shinnyo-en una
centralità determinante della "parola spirituale" ricevuta nel corso
delle sedute di sesshin.
Si tratta di un esercizio di meditazione davvero peculiare a Shinnyo-en
(per quanto esista una pratica terminologicamente analoga nel
buddhismo zen), che può considerarsi a pieno titolo il nucleo
dell’esoterismo Shinnyo
12
, oggi considerato - per esempio nelle parole
di Yoshu Okada, abate del monastero Daigoji - una terza corrente
esoterica del buddhismo giapponese, "in aggiunta alle due correnti
esoteriche tradizionali, quella Shingon e la Tendai […], e perciò oggi
il Giappone è la casa di tre forme salienti di buddhismo esoterico"
13
.
Nel corso di sedute apposite, il reinosha fa da specchio che riflette il
cuore del praticante e lo aiuta attraverso le indicazioni ricevute dal
12
Su cui cfr. A Walk Through the Garden. Shinnyo-en from Different Perspectives, Shinnyo-en,
Tachikawa 1998, pp. 36-37.
13
Cit. in A Walk Through the Garden. Volume II. Foundations of Shinnyo-en, Shinnyo-en,
Tachikawa 1999, p. 41, n. 1.
15
mondo spirituale a colmare le proprie lacune e meglio indirizzarlo
verso il vero cammino della fede, qui inteso come l’altruismo
mahayana, su cui si basa Shinnyo-en. Nel sesshin, cioè, si manifesta
primariamente la facoltà spirituale, che assieme alla corrente del
Dharma del buddhismo esoterico tradizionale e ai principi dottrinali
del Mahaparinirvana Sutra, è una delle tre componenti indispensabili
e inseparabili dell’esoterismo Shinnyo. Vi è stato chi ha interpretato le
sedute di sesshin come una forma peculiare di "sciamanesimo"
14
, ma a
prescindere dall’universo che l’etimo può significare, vale la pena di
ricordare quanto ha precisato sul punto Junno Nakata, segretario
generale della Scuola Daigo del buddhismo giapponese shingon: "Un
elemento distintivo di Shinnyo-en è l’esistenza della facoltà spirituale
Shinnyo. Non si tratta di qualcosa di sciamanistico nella natura, ma è
incorporato in una dottrina compiuta e profonda"
15
.Nel frattempo, nel
1989 i fedeli in Italia di Shinnyo-en sono circa novanta (l’80% dei
quali giapponesi), e una decina di questi frequenta con una certa
regolarità il tempio di Parigi. Così, il 13 novembre 1990, la nuova
guida di Shinnyo - en – Keishu - sama - inaugura a Milano il primo
tempio italiano
16
. Con l’inaugurazione del tempio e le prime parziali
traduzioni in lingua italiana delle sacre scritture del movimento (i
cinque tomi del libro Ichinyo-no-michi, "Il cammino dell’unione con
la Verità"
17
) si prefigura la possibilità di un ampliamento della
diffusione di Shinnyo-en, particolarmente fra gli italiani. Gli annuali
14
Cfr. Catherine Cornille, "Different Forms of Spirit Mediation in Mahikari and Shinnyo-en.
Shamanism East and West", Syzygy: Journal of Alternative Religion and Culture, vol. 1, n. 4
(primavera 1992), pp. 355-366.
15
A Walk Through the Garden. Volume II. Foundations of Shinnyo-en, cit., pp. 28-29.
16
Cfr. "Shinnyo-En Italy Opens to Become The First Temple in Southern Europe", The Nirvana,
dicembre 1990.
17
Cfr., in trad. it., il primo e il quinto tomo: La Sacra Via del Buddha, Shinnyo-en, Milano 1995; e
Perseguire la Via, Shinnyo-en, Milano 1996.
16
"esercizi invernali" - che riprendono la pratica di dedizione attuata dai
fondatori, nel 1936, quale cammino di purificazione e pratica - sono
l’occasione di un rinnovato fervore tra i fedeli e di collegamento da
parte di nuovi membri. Così, per esempio, nel corso degli "esercizi
invernali" del 2001 - svolti fra il 20 gennaio e il 2 febbraio - ci sono
stati dieci nuovi collegamenti, con una partecipazione complessiva di
circa 750 persone, il 70% dei quali italiani. Il progressivo aumentare
dei fedeli ha indotto Shinnyo-en a trovare un luogo più consono per lo
svolgimento delle proprie attività, e così il tempio è stato
ufficialmente aperto in una nuova sede e consacrato - ancora una volta
da Shinso Ito, attuale guida dell’ordine -, il 10 ottobre 1999
18
.
Attualmente, Shinnyo-en è attivo in Italia con circa 500 membri. Di
questi, circa 200 sono italiani, come pure circa 200 sono quelli assidui
nella pratica. Oltre che dal tempio di Milano, Shinnyo-en svolge le sue
attività e diffonde i suoi insegnamenti a Trieste, Firenze, Roma e
Napoli, e cura periodicamente la missione di Santander, in Spagna. Al
progressivo diffondersi del movimento in Italia ha contribuito
indubbiamente anche la creazione delle prime "guide spirituali"
(reinosha) italiane. Dei circa 1500 reinosha a livello internazionale,
sei sono quelli residenti in Italia: due italiani (entrambi maschi) e
quattro giapponesi (tre donne e un uomo).
Le attività interne a Shinnyo-en si esplicano, come accennato,
attraverso l’esercizio di meditazione chiamato sesshin, oppure tramite
le sedute meditative speciali conosciute come eza, predisposte per
coloro i quali desiderano inoltrarsi ancora più avanti nel dirigere i
propri sforzi spirituali.
18
Cfr. Il Nirvana, n. 25 ("Numero Speciale: Consacrazione dell’Occhio Divino del Buddha ed
Inaugurazione del Nuovo Tempio di Shinnyo-en Italia. 10 ottobre 1999"), autunno 1999, pp. 1-6.