8
Pubblica Amministrazione l’obbligo di una attività
amministrativa di adeguamento. Questa disposizione è stata poi
ripresa dall’art. 27 del T. U. delle leggi sul Consiglio di Stato
approvato con il R. D. 26 giugno 1924, n. 1054. L’art. 37 della
legge 6 dicembre 1971, n. 1034, istitutiva dei TAR, rappresenta
l’ultima tappa del processo evolutivo che ha trasformato il
ricorso in ottemperanza da rimedio specificamente destinato ad
ottenere quanto l’autorità amministrativa abbia omesso di fare,
ossia la modifica o l’annullamento dell’atto illegittimo, in
rimedio di carattere generale destinato ad operare ogni volta che
la sentenza di qualunque Giudice, resa nei confronti della
pubblica amministrazione, debba avere in ogni modo
adempimento, debba cioè essere portata ad effetto
2
.
Il giudizio di ottemperanza si è quindi sviluppato nel diritto
processuale amministrativo e grazie al notevole contributo della
giurisprudenza del Consiglio di Stato, dei Tribunali
amministrativi regionali e della Suprema Corte di Cassazione ha
ampliato il suo ambito di applicazione fino a diventare il rimedio
esperibile per assicurare l’esecuzione di sentenze che obblighino
l’amministrazione al pagamento di somme di denaro divenendo
2
In tal senso, Servidio S., il giudizio di ottemperanza nei confronti dell’amministrazione, in Rivista di diritto tributario,
n. 12, 1993, pgg. 1348-1349.
9
addirittura fungibile o cumulabile con l’azione esecutiva
ordinaria
3
.
Ampio è stato il dibattito in dottrina sulla natura del giudizio di
ottemperanza.
C’è stato chi come Piras ha ritenuto essere lo stesso un
procedimento oggettivamente amministrativo e solo formalmente
e soggettivamente giurisdizionale, laddove poi, superata tale
concezione il dibattito si è sviluppato sulla natura cognitoria o
esecutiva del procedimento medesimo
4
.
Così partendo dal fatto che al Giudice della ottemperanza è dato
accertare l’inadempimento dell’amministrazione e nello stesso
tempo chiarire la portata reale dell’ordine contenuto nella
sentenza, individuando peraltro il provvedimento che
l’amministrazione stessa avrebbe dovuto –e dovrà- adottare,
ossia in altri termini compiere un esame di merito, c’è stato chi
ha affermato la natura cognitoria del procedimento di
ottemperanza.
Non sono mancati tuttavia altri autori che hanno ritenuto essere
quello di ottemperanza un giudizio misto: necessariamente di
cognizione ed eventualmente di esecuzione, nel senso che
3
Cons. di Stato, Ad. Plen., 9 marzo 1973, n. 1.
4
Così Piras, Interesse legittimo e giudizio amministrativo, Milano, 1962.
10
l’elemento centrale del giudizio è sempre costituito da una
cognitio mentre l’esecuzione è solo eventuale
5
.
La giurisprudenza, ferma restante la natura giurisdizionale del
giudizio di ottemperanza ne ha evidenziato la peculiarità di
procedimento atipico, con caratteri esecutivi e cognitori, in
sostanza un giudizio sui generis con una qual forma di
differenziazione rispetto sia al giudizio di cognizione, sia a
quello di esecuzione così come strutturati nel codice di procedura
civile.
La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha poi notevolmente
ampliato la portata del giudizio di ottemperanza e ne ha esteso
peraltro l’applicabilità nei confronti del giudicato dei giudici
amministrativi speciali
6
.
Tanto ha avuto come conseguenza una sempre maggiore
complessità sia dell’attività del giudice dell’ottemperanza, sia del
suo organo nell’amministrazione ( come si dirà, il commissario
ad acta), e come ulteriore conseguenza lo svilupparsi di un
notevole dibattito dottrinale sulla natura giuridica di tale organo e
della sua attività, dibattito del quale si tratterà appresso
analizzando appunto la disciplina relativa all’anzidetto organo.
5
In tal senso, Nigro, Giustizia Amministrativa, il Mulino, pg. 210.
6
Cons. di Stato, sez. IV, 9 febbraio 1987, n. 87.
11
Alla luce di quanto detto e analizzando comparativamente il
giudizio amministrativo ed il giudizio tributario molti sono i
profili che accomunano, in generale, le due forme di processo:
entrambi si aprono con una vocativo iudicis, per entrambi non è
prevista alcuna possibilità di mutatio libelli, il carattere
impugnatorio del ricorso e la valutazione in sede tributaria di
interessi legittimi e diritti soggettivi che si conclude o con
l’annullamento di provvedimenti amministrativi imperativi o con
l’accertamento di diritti soggettivi ed infine la necessaria
presenza della pubblica amministrazione quale parte resistente.
Infatti al momento della riforma del processo tributario vi era chi
ne auspicava un’attrazione nell’ambito tipologico della giustizia
amministrativa al fine di ricostruire in termini unitari le forme di
tutela giurisdizionale date al cittadino nei confronti della p.a. che
agisca in forme autoritative.
Il legislatore delegato, seguendo i criteri ed i principi direttivi
fissati dall’art. 30 della legge n. 413/1991, ha adeguato le norme
del processo tributario a quelle del processo civile. Possiamo
constatare comunque un avvicinamento tra i due modelli
processuali in ragione delle situazioni giuridiche tutelate e del
fatto che i processi sono strutturalmente simili e funzionalmente
12
destinati come innanzi detto al controllo giurisdizionale sugli atti,
e più in generale, sulla attività della pubblica amministrazione.
Ben si comprende dunque come la riforma del contenzioso
tributario operata con il D. Lgs. 546/1992 abbia previsto
l’introduzione di un istituto proprio del processo amministrativo
nel processo tributario anche in ragione di una sistematizzazione
dei criteri di riparto della giurisdizione non in base agli strumenti
giuridici attribuiti a ciascuno, ma piuttosto per le materie trattate.
E proprio in questa ottica il giudizio di ottemperanza nel
processo tributario è stato forgiato sul modello dell’omologo
giudizio proprio della giurisdizione amministrativa.
Il legislatore ha infatti tenuto conto delle considerazioni elaborate
dalla lunga elaborazione giurisprudenziale che nel processo
amministrativo ha garantito non soltanto l’effettività della tutela
esecutiva nei confronti della pubblica amministrazione
soccombente ma anche la già detta espansione della natura e
degli effetti del giudizio, trasformando la fase di esecuzione della
sentenza amministrativa in una penetrante forma di controllo
sull’agire della pubblica amministrazione successivo alla
formazione del giudicato
7
.
7
Sull’argomento, M. Basilavecchia, il giudizio di ottemperanza, in Giurisprudenza sistematica di diritto tributario.,
Utet, 1998, pg. 932
13
2. Imparzialità e spontaneo adempimento alla decisione del
giudice amministrativo.
Il precetto costituzionale dell’art. 97 dispone che
L’organizzazione dei pubblici uffici deve essere effettuata
“secundum legem”.
Il principio di legalità impone, inoltre, di tener conto di questi
elementi teleologici che orientano l’attività della pubblica
amministrazione anche in mancanza di specifiche disposizioni di
legge a carattere applicativo.
L’esercizio del potere organizzatorio della pubblica
amministrazione-collegato ai canoni di buon andamento e di
imparzialità- rappresenta un problema non particolarmente arato
dalla dottrina sia in sede di ottemperanza che in sede di
adempimento spontaneo del giudicato da parte della pubblica
amministrazione
8
.
Nell’ ordinamento processuale, la pubblica amministrazione si
pone quale protagonista del momento autoesecutivo del giudizio,
deve essa dare primario adempimento al giudicato del giudice
8
Il dovere di adempimento istituzionalizzato si manifesta, innanzitutto, mediante l’obbligo di conformazione al
giudicato da parte della p.a.(in cui è da rimarcarsi il carattere della spontanea adesione alla pronuncia del giudice). Esso
viene ad attualizzarsi mediante moduli procedimentali sia di ordine sostanziale che di ordine processuale. Lo spontaneo
adempimento viene effettuato nell’esercizio del potere amministrativo proprio della p. a., sul terreno dell’autonomia di
quest’ultimo: si tratta di un modulo procedimentale che investe anche il principio di “ buon andamento” ex art. 97 Cost.
Cfr. Giannini M.S.,Istituzioni di diritto amministrativo,p. 300.
14
della legittimità, in conformità con le norme che attribuiscono al
soggetto od organo amministrativo- titolare del potere di
autoesecuzione delle sentenze emanate dal giudice
amministrativo-, il potere-dovere di attuare e portare ad effetto la
decisione giudiziale di annullamento.
In proposito, devono affacciarsi preliminari perplessità nel
constare che l’imparzialità, lungi dal manifestare un aspetto
meramente deontologico, si pone in realtà come criterio
costituzionale di base per l’espletamento della funzione
esecutiva, tendendo essa a realizzare una fattispecie che
costituisce la risposta dell’ordinamento a quelle istanze
pregiudiziali di effettività che si riflettono sulla competenza del
giudice all’annullamento non meno che di quello
dell’ottemperanza.
Sembra, allora, di potere osservare che, in tale fenomeno, si
rispecchi come plasticamente il rapporto di integrazione tra
norma processuale e norma sostanziale, almeno quanto all’
ipotesi di vigenza dell’imparzialità amministrativa come criterio
di raccordo funzionale tra la decisione annullatori a del giudice,
nella varietà dei suoi esiti, e/o le scelte operative poste in essere
dall’amministrazione in attuazione del principio di “salvezza”.
15
Un tale profilo critico è, in realtà, emblematico di una svolta che
vede l’ imparzialità dell’amministrazione priva di adeguata
valorizzazione nei momenti di rapporto funzionale mentre è
affidato alla voluntas espressa dal giudice con la sentenza, il
riferimento cardine per la conseguente azione strumentale da essa
posta in essere.
La formulazione dell’ art. 97 Cost. nella sua incondizionatezza di
espressione, non fa certo ostacolo ad una interpretazione del
precetto costituzionale che consenta alla regola posta dalla
sentenza amministrativa che, come è noto,è implicita, elastica,
incompleta e incondizionata- di fissare il senso della maggiore
discrezionalità “elastica”
9
attribuita al giudice dell’ottemperanza,
in considerazione dell’ ineludibile implicitezza dei fini pubblici
fondamentali nel fine di pubblico interesse generale, che la
regola dell’imparzialità promuove e garantisce.
10
Che, quindi, L’amministrazione possa manifestare la propria
tendenza all’imparzialità attraverso atti di autotutela,
11
come
9
L’elasticità della disciplina concernente l’amministrazione pubblica induce a ritenere le amministrazioni un oggetto
costituzionalmente inafferrabile, ancor più, ove si osservi, che i problemi di osservanza e svolgimento dei principi ex
art. 97 Cost. sembrano divenire prevalenti su quelli di stretta interpretazione( Cfr. Pinelli C., La pubblica
amministrazione, art. 97 Cost.,in Commentario della Costituzione).
10
Sandulli A. M.,Consistenza ed estensione dell’obbligo delle autorità amministrative di conformarsi ai giudicati,in
Atti del Convegno sull’adempimento del giudicato amministrativo( Napoli 23-25 aprile 1960), Milano , 1962, 55 ss.
11
Secondo Capaccioli E., Per l’effettività della giustizia amministrativa(Saggio sul giudicato amministrativo),469, il
potere di autotutela in capo all’amministrazione viene meno nel momento della proposizione del ricorso giurisdizionale.
Analogamente, una volta pronunciata la sentenza definitiva, si verifica consumazione del potere del giudice(
applicandosi il principio del ne bis in idem) l’effetto preclusivo è conseguente. L’esame dell’amministrazione
16
quelli che si inseriscono in un conflitto tra amministrazione e
amministrato, sembrano non meno rilevante del necessario
carattere imparziale negli atti che concludono il procedimento del
giudizio di ottemperanza, quando essi siano emanati dal
commissario ad acta nell’interesse della giustizia.
Rimane ben fermo, pertanto, che l’imparzialità si attagli
particolarmente a quell’attività di amministrazione pubblica che,
a sua volta, si manifesta strettamente connessa con l’attività
giurisdizionale, particolarmente in funzione attuativa ed
esecutiva.
In questo senso, la maggior evidenza della caratteristica materiale
degli atti imparziali non può esprimersi esclusivamente con
riguardo al concetto di esecutività ma sembra operare soprattutto
secondo articolati contenuti discrezionali nel quadro più generale
dell’imparzialità: essa non ha riferimento, esclusivamente, alle
attività di autotutela e di autonomia dell’amministrazione
12
ma si
riferisce, tipicamente, al momento reiterativo dell’esercizio del
pubblico potere, una volta compiuta la fase demolitoria con la
pronuncia del giudice all’annullamento sull’atto impugnato dal
non contempla, però, il giudizio di ottemperanza e i relativi svolgimenti.
12
Non può essere messa in dubbio l’autonomia del potere dell’amministrazione dopo il consolidamento del giudicato di
cui sono espressione l’enorme ex art. 45 T.U. Cons. di Stato e 26 l. T.A.R., nonché la norma dell’art 88 reg. proc. Cons.
Stato, relative specificamente all’esecuzione delle decisioni:cfr Mariuzzo F. il commissario nel giudizio di
ottemperanza, in atti del XXVII Convegno di Studi di Scienze dell’Amministrazione, Varenna ( 17-19 settembre 1981),
Milano,1983,250.
17
ricorrente.
13
Si tratta di un fenomeno che non ha determinato
sufficienti approfondimenti sul versante dell’attività della
pubblica amministrazione, concernente lo spontaneo
adempimento della decisione del giudice amministrativo: la
sentenza da ottemperare, infatti, determina nella pubblica
amministrazione la necessità di una attuazione e conformazione
che si ispirano ai caratteri di buon andamento e di imparzialità,
ex art. 97, 1° comma, Cost.
In questa sede di adempimento spontaneo, la pubblica
amministrazione assolve alla funzione di prima e naturale
esecutrice della decisione annullatoria pronunciata nel giudizio
amministrativo di legittimità.
Ciò anche ai sensi dell’art. 88 Reg. proc. Cons. Stato, approvato
con Regio Decreto 17 agosto 1907, n. 642 e dell’art. 45 T.U.
Consiglio di Stato, per cui, annullandosi in sede giurisdizionale
l’atto o provvedimento, sono comunque fatti salvi gli ulteriori
provvedimenti dell’autorità amministrativa.
Poiché l’esecuzione delle sentenze del giudice amministrativo si
fa “in via amministrativa” ( art. 88 Reg. proc. Cons. Stato) e,
13
E’ stato osservato che, ove sia corretto l’assunto secondo il quale “l’attore che ha vinto non può più essere disturbato
nel godimento di quel bene;l’attore che ha perduto non può ulteriormente reclamarne il godimento”, il giudicato
amministrativo di rigetto, riconoscendo la legittimità del provvedimento, preclude una nuova contestazione da parte del
ricorrente, mentre non preclude che la p. a. , in sede di autotutela non possa riconoscere spontaneamente al ricorrente”
quel bene che la decisione giurisdizionale gli aveva negato”.
18
comunque, conseguentemente alla sentenza del giudice
amministrativo che abbia pronunciato l’annullamento dell’atto
impugnato, l’amministrazione è restituita alla sua funzione di
ordinaria titolare della gestione della cosa pubblica, nei limiti e
per gli effetti ordinatori stabiliti dal giudicato.
In tale fase che assomma in sé le esigenze proprie della regola
sostanziale dell’azione amministrativa e di quella speciale
dell’ottemperanza, “l’esecuzione per via amministrativa” ha
come necessario punto di riferimento i precetti costituzionali
relativi al buon andamento e all’imparzialità
dell’amministrazione
14
.
14
Sembrerebbe che non vi sia altro spazio per altri tipi di vincoli che condizionano la p.a. e vadano oltre ciò che è stato
dedotto in giudizio.
19
3. La natura del giudizio di ottemperanza del giudicato
amministrativo, tra giudizio di cognizione e giudizio di
esecuzione.
Importante problema è quello della natura del giudizio di
ottemperanza nei confronti delle sentenze del giudice
amministrativo, se cioè esso si possa inserire nell’ ambito del
giudizio di cognizione, ossia in quella tipologia di giudizio con il
quale si accerta la volontà della legge nel caso concreto, ovvero
nell’ambito del giudizio di esecuzione destinato all’attuazione del
comando contenuto nella sentenza.
Ma, ai fini dell’identificazione del carattere cognitorio o
dichiarativo del rimedio, non sembra nemmeno decisiva la
considerazione
15
secondo cui, per l’individuazione di una attività
giurisdizionale come esecutiva, non basterebbe accertare che essa
tenda a procurare all’interessato un bene contro la volontà di chi
è tenuto a prestarglielo, bensì occorrerebbe verificare la struttura
del procedimento. Ciò che escluderebbe di qualificare questi
giudizi come esecutivi, sarebbe la considerazione della
particolare soluzione adottata dall’art. 88 del reg. di proc. del
1907 per garantire l’effettiva realizzazione della tutela accordata
dalla sentenza.. Il nascere dalla sentenza l’obbligo per
15
Piras A., Interesse legittimo, in Riv. Dir. Proc., 1963, 523 e ss.
20
l’amministrazione di conformarsi ad essa, spezzerebbe quel
rapporto tra accertamento ed esecuzione,senza del quale non
potrebbe parlarsi di processo di esecuzione, mentre il giudizio di
ottemperanza tenderebbe proprio ad accertare quell’ obbligo, che
fino al momento della sentenza conclusiva di questo giudizio
sarebbe ancora incerto e quindi non potrebbe costituire
presupposto per un processo esecutivo.
In ordine al suddetto argomento,è stato osservato
16
che la riserva
degli “ulteriori provvedimenti” a seguito dell’annullamento e la
previsione che “l’esecuzione delle decisioni si fa in via
amministrativa” stanno solo a significare che l’esecuzione spetta
in prima battuta all’amministrazione, ma non escludono affatto il
giudice dall’esecuzione della sentenza.
In ogni caso l’esistenza di queste disposizioni ed in particolare
dell’ art. 88 reg. 1907, che fa riferimento al momento esecutivo
della sentenza, non può non influenzare del medesimo carattere
anche il giudizio di ottemperanza, che segue quando “la prima
battuta”, riservata a tali fini all’ amministrazione, non abbia dato
i risultati ottemperativi previsti. In altri termini, per il giudicato
del giudice amministrativo è proprio l’art. 88 del reg. di proc.
16
Nigro M., Il giudicato amm., in Atti Varenna, 1981, 85 e seg.
21
stabilendo che “l’esecuzione delle decisioni si fa in via
amministrativa”, a porre direttamente a carico
dell’amministrazione l’obbligo dell’esecuzione, obbligo quindi
che nasce per effetto del giudicato e non per effetto della
sentenza conclusiva del giudizio di ottemperanza.
Il fatto che esista un obbligo già accertato nel giudicato( prima
del giudizio di ottemperanza) esclude che esso debba essere
ulteriormente accertato per poter dar luogo all’esecuzione;
mentre l’attribuzione di poteri di merito nella subbietta materia si
fonda sull’esigenza di consentire la sostituzione del giudice
all’amministrazione.
L’obbligo di conformarsi al giudicato non è dunque un obbligo
astratto ma è un obbligo strumentale, preordinato al
soddisfacimento dell’interesse che nel giudicato ha trovato
riconoscimento.