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PARTE PRIMA
1.1 La formazione docente
L’idea di una seria formazione psico-pedagogica e metodologico-didattica
obbligatoria per tutti coloro che desiderano intraprendere la professione di
insegnante è senza dubbio innovativa in Italia, dove per troppo tempo i ragazzi
sono stati le cavie di docenti alle prime armi e senza la minima idea su come
insegnare. Concordo pienamente con coloro che hanno voluto e sostenuto questo
tipo di formazione, poiché ritengo che la condizione sine qua non per
intraprendere una carriera d’insegnamento sia la conoscenza approfondita e
consapevole della propria disciplina, qualunque essa sia, nonché dei numerosi
processi che stanno alla base dell’apprendimento della stessa.
Lo scopo dei corsi SSIS, sia di area trasversale che specifica, è
principalmente quello di fornire quest’ultimo tipo di conoscenza, che va ad
accompagnarsi ad una necessaria competenza, ad un saper fare, basato invece su
quanto esperito nei laboratori e, maggiormente, attraverso il tirocinio e le varie
esperienze professionali di ciascuno, nella pratica didattica in classe, la sola che
consenta una formazione quotidiana sul campo. La seria preparazione teorico-
pratica fornita in ambito accademico dovrebbe quindi consentire al docente di
essere in grado, in concreto, di realizzare una programmazione con metodi e
proposte adeguati alle reali esigenze degli studenti.
1.2 Corsi e laboratori
In particolare, ho trovato estremamente interessanti per il mio campo
d’indagine, che verrà di seguito approfondito in questa relazione, le lezioni di area
trasversale sulla gestione della classe tenute nel II anno di corso dal prof.
D’Alonzo. In esse è stato affrontato con taglio scientifico un tema troppo spesso
trascurato e tuttavia fondamentale per la scuola: le modalità e tecniche più valide
per una corretta gestione del gruppo-classe, che si presenta spesso come il
principale problema a detta della maggior parte dei docenti, anche di quelli più
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esperti. All’interno del corso sono stati approfonditi aspetti di tipo motivazionale,
interazionale ed organizzativo in base alle più recenti ricerche di studiosi
soprattutto americani; questi argomenti sono stati ripresi a livello più pratico nel
laboratorio di Classroom management tenuto dalla prof. Piergallini.
Nell’area specialistica, altrettanto stimolanti, oltre che piacevoli, sono state
le lezioni di linguistica applicata al lessico tenute dalla prof. Murphy, che mi
hanno permesso di conoscere nuove modalità per insegnare la lingua viva in un
contesto realmente comunicativo.
Tuttavia, se è ammessa qualche critica alla struttura generale della SSIS,
sarebbe auspicabile un maggior coordinamento fra corsi generali e laboratori.
Inoltre occorre favorire una maggiore apertura a collaborazioni con docenti che
quotidianamente operano nella secondaria, come già avviene per molti laboratori.
Alcuni di questi mi sono parsi estremamente utili per esperire aspetti concreti
dell’attività didattica, come la progettazione di un’unità di apprendimento, nonché
per imparare a lavorare in team coi colleghi.
La formazione di base fornita dalla SSIS deve tuttavia essere per ogni
docente solo un punto di partenza: è infatti opportuno che ad essa faccia seguito
un continuo aggiornamento in servizio che, si ricorda, è diritto-dovere di ciascun
insegnante, soprattutto oggi, data la realtà sempre mutevole della scuola e la vasta
offerta di corsi, seminari e convegni di buon livello. Ciò consentirà al docente di
modificare nel tempo con continui aggiustamenti la propria attività didattica. Io
stessa ho fatto tesoro di numerose esperienze di aggiornamento, verificandone
l’utilità direttamente in classe con un positivo feed-back degli studenti.
1.3 L’esperienza di tirocinio
Il tirocinio SSIS si è articolato nel corso di un biennio; è stato effettuato in
un liceo della mia città nel primo anno e in una scuola media della provincia di
Piacenza nel secondo. Due sono le fasi in cui è possibile suddividere il tirocinio:
la prima e più ampia fase, di tipo osservativo, ha occupato interamente il I anno e
buona parte del II; a questa fase ha fatto seguito, alla fine del II anno, una breve
fase attiva che mi ha consentito di tenere personalmente alcune lezioni, provando
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a concretizzare quanto appreso in precedenza. Le esperienze nei due ordini di
scuola si sono entrambe rivelate particolarmente interessanti ed utili, soprattutto al
fine di impostare il mio lavoro in futuro.
1.3.1 La fase osservativa
Grazie al tirocinio, ho avuto modo di osservare stili educativi
profondamente differenti. In entrambi gli ordini di scuola ho rilevato come sia
essenziale stabilire da subito un chiaro ed esplicito accordo con gli studenti sulle
modalità di lavoro, sugli obiettivi e sulle regole della classe. Quando questo è
stato fatto, la gestione della classe si è rivelata sempre meno complessa col
procedere delle lezioni; diversamente, allorché le norme erano implicite, non
condivise o non coerentemente mantenute, si è assistito ad un calo di attenzione,
di motivazione e di impegno negli studenti, con una conseguente flessione del
rendimento degli stessi.
Molto interessante è stato anche il confronto tra varie modalità di lezione: si
è passati dalla classica lezione frontale alla lezione più interattiva, fatta di scambi
continui fra studenti e docente e fra studenti stessi. Quest’ultimo modello, di
stampo comunicativo, è quello in cui mi sono ritrovata maggiormente e che ho poi
tentato di riprodurre nella fase attiva.
Nella scuola superiore in particolare mi ha colpito l’atteggiamento degli
studenti nei confronti della scuola, molto diverso da quello con cui io mi ponevo
ai tempi del liceo. Purtroppo ormai il liceo non è più una scuola scelta da chi
vuole una preparazione seria, che comporta un maggior impegno nello studio,
nonché dei sacrifici consapevoli, ma è la scuola scelta dalla massa, non solo per la
qualità, ma anche per questioni di moda. Nello specifico, la scuola presso la quale
ho effettuato il tirocinio è l’Istituto superiore che in città vanta il maggior numero
di iscritti. Il livello delle prestazioni si è abbassato molto, forse anche perché
manca nella scuola media un serio orientamento che indirizzi i ragazzi verso la
scuola più adatta a loro e non verso quella più gettonata.
Infine nella scuola media mi ha colpito soprattutto il mancato rispetto della
continuità con la scuola elementare, in cui io lavoro. Le osservazioni svolte in una
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classe prima hanno evidenziato come, in genere, i professori di lingue delle medie
non tengano conto del fatto che l’apprendimento dell’inglese soprattutto e, in
alcune realtà locali, anche di altre lingue come il francese o il tedesco, inizia
diversi anni prima, senza citare le diffuse sperimentazioni alla scuola materna.
Infatti la scuola media non deve essere pensata come entità a se stante, bensì come
un percorso strutturato in continuità con quello appena precedente della scuola
primaria, specie con l’avvento degli Istituti Comprensivi. Pertanto non ha senso
fare esercitare gli alunni su quei contenuti di base che dovrebbero essere già stati
consolidati, a meno che non vi siano delle vistose lacune. Inoltre sarebbe bene vi
fosse anche una certa continuità nel metodo, che nella primaria è prevalentemente
comunicativo. Non è pensabile che degli studenti abituati a servirsi di enunciati
organici e contestualizzati passino da un giorno all’altro alla frammentazione del
testo o alla sua traduzione parola per parola.
1.3.2 La fase attiva
Il tirocinio attivo si è svolto in due classi di scuola media, una prima ed una
terza. Sarebbe stato interessante avere un maggior numero di ore di tirocinio
attivo a disposizione, magari limitando il monte ore osservativo. Cinque ore per
classe non sono state certo sufficienti per consentirmi di realizzare in toto un’unità
di apprendimento completa, come invece si dovrebbe, di verifica finale.
Queste considerazioni derivano anche dal fatto che questa esperienza di
tirocinio non è per me la prima: nel corso dei miei studi superiori presso il Liceo
pedagogico, nell’ultimo biennio alcune ore erano dedicate settimanalmente al
tirocinio presso asili indo e scuole elementari. Anche allora alla fase osservativa,
con relativa compilazione di griglie, aveva fatto seguito quella attiva, ma
quest’ultima era molto più cospicua. Inoltre in ogni scuola il tirocinio aveva come
obiettivo la realizzazione di un’intera unità didattica o di un progetto, al fine di
dare maggior continuità ad efficacia al lavoro. Questo nel tirocinio SSIS non è
stato possibile, specie in I, dove la professoressa mi ha chiesto di sviluppare
argomenti sempre diversi ogni settimana.
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In conclusione, attraverso il tirocinio ho potuto affacciarmi su una realtà
composita, quella della scuola secondaria, non esente da limiti ma anche
suscettibile di possibili modifiche che fanno ben sperare in una positiva
evoluzione della scuola stessa, i cui protagonisti non possono e non devono essere
solo gli insegnanti, ma prima di tutto gli studenti, con esigenze, desideri e
potenzialità così diversi da un’età all’altra: sono loro il vero motore della scuola,
che potrà davvero riqualificarsi come tale solo se sarà in grado di rispondere alla
sfida che nasce dall’incontro con tutto ciò che loro rappresentano.