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collega Elena Canna
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e a una équipe di ispettrici egiziane, ha
ottenuto il permesso dal Ministero dell'Educazione Egiziano di
entrare a visitare alcune scuole secondarie del Cairo in cui è
insegnata la lingua italiana. Questa visita ha permesso di
verificare il contesto di apprendimento degli studenti e la
preparazione linguistica e glottodidattica del corpo docente, con
la conseguente presa di coscienza che l'offerta formativa legata
alla nostra lingua in modo adeguato alla domanda e ai bisogni
degli apprendenti. Per risolvere tale problema il nostro Governo
ha deciso di promuovere per gli anni 2003, 2004 e 2005 varie
iniziative culturali affinché la lingua italiana si diffonda
adeguatamente alla domanda nelle scuole attraverso corsi di
aggiornamento e di formazione per gli insegnanti, scambi tra
scuole italiane e egiziane, pubblicizzazione della nostra lingua e
cultura nelle scuole e infine adozione di un nuovo libro di testo.
In queste pagine verranno analizzati dati e informazioni
raccolte dalla sottoscritta durante i tre mesi di tirocinio
universitario promosso dal Ministero Affari Esteri in accordo con
la Conferenza dei Rettori Universitari Italiani presso l’Istituto
Italiano di Cultura del Cairo, e verranno presentate le nuove
iniziative che il Governo Italiano sta portando avanti in Egitto,
con particolare riguardo alla stesura del libro di testo per
l’insegnamento dell’italiano nelle scuole secondarie curato da un
gruppo di esperti coordinati dal Professor Massimo Vedovelli,
professore di Glottodidattica e di Semiotica del testo presso
l’Università per Stranieri di Siena, e direttore del Centro di
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Entrambe selezionate per il tirocinio universitario di tre mesi (settembre-dicembre 2003) presso
l’Istituto Italiano di Cultura del Cairo, Egitto, entro il progetto congiunto Ministero Affari Esteri e
Conferenza dei Rettori Universitari Italiani.
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Eccellenza e di Ricerca presso la medesima università, di cui fa
parte anche la sottoscritta.
Questa tesi è strutturata in modo tale da permettere al
lettore di approfondire non solo le caratteristiche del libro di
insegnamento della lingua italiana per le scuole secondarie
egiziane, ma anche di conoscere le motivazioni che hanno spinto
il gruppo di lavoro ad operare determinate scelte. A tal fine, è
risultato necessario introdurre nel primo capitolo una breve
relazione storica dell’apertura del Medio Oriente all’Europa,
focalizzando sul ruolo chiave rivestito della Repubblica d’Egitto.
Nel secondo capitolo sono descritte specificamente le relazioni
storiche tra l’Italia e l’Egitto. Affinché si comprenda il reale
bisogno che hanno i cittadini egiziani di imparare la nostra
lingua, il terzo capitolo introduce i principali settori in cui
l’italiano viene usato e in cui viene richiesto, con alcune foto
significative scattate nel dicembre 2003. In questo capitolo
emerge l’immagine che gli egiziani percepiscono del nostro Paese
e degli italiani stessi. Nel quarto capitolo viene descritto il
sistema scolastico egiziano e nel quinto capitolo vengono esposte
le iniziative del Governo Italiano, ciascuna introdotta da un
paragrafo relativo alla situazione attuale e alle motivazioni per
tale iniziativa. Il sesto capitolo contiene le osservazioni ricavate
durante le visite nelle scuole, autorizzate dal Ministero
dell’Educazione Egiziano, e le reazioni di docenti e studenti di
fronte a una visita esterna. In questo capitolo è presentata
un’intervista fatta agli insegnanti per capire la loro preparazione
e la loro prassi didattica. Il settimo capitolo illustra la risposta del
Centro d‘Eccellenza di fronte alla richiesta ministeriale di
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realizzare un nuovo libro di testo di italiano per le scuole
egiziane, dando particolare risalto alle sezioni del libro curate
dalla sottoscritta. Infine, è presentato il confronto tra la prima
unità del libro in uso e del nuovo libro di testo “Amici del
Mediterraneo”.
1. Cenni storici sulle relazioni fra Medio Oriente e
Occidente
Osservare il mondo arabo con le sue contraddizioni e i suoi
continui mutamenti può essere difficile per un europeo, che con
occhi generalmente laici stenta a comprendere una cultura che
basa la propria identità non su cittadinanza, stirpe o nazionalità
ma sull’appartenenza religiosa. Infatti, è necessario sapere che
termini come cittadinanza, nazionalità, nazionalismo,
patriottismo, democrazia e dittatura, usati comunemente in
Occidente, risultano del tutto nuovi per il Medio Oriente. Essi
rappresentano concetti stabiliti dall’esperienza storica e politica
europea, ma non mediorientale; sono prestiti e neologismi che in
lingua araba hanno spesso subito una modificazione semantica
rispetto alle accezioni occidentali e all’uso che ne facciamo. Un
esempio per comprendere meglio è la parola cittadino, che in
arabo standard si dice muwātin, ma il cui significato letterale è
“appartenente allo stesso paese, watan”, senza avere in sé
nessun valore politico. Da questo si comprende come la
mediazione tra due culture così diverse debba essere attenta e
costante, consapevoli che anche una singola parola potrebbe
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creare ambiguità o peggio provocare disagio e incomprensione.
Per questo motivo, nella stesura del libro di insegnamento
dell'italiano per le scuole egiziane è stata fatta molta attenzione
sia alla scelta dei vocaboli che alla scelta dei temi da trattare.
L’influenza europea sulle scelte politiche e sociali del Medio
Oriente è sempre stata forte, prima grazie al dominio diretto poi
grazie ai rapporti commerciali e alla globalizzazione. Una data
importante è stata il 1869, anno in cui fu aperto il Canale di
Suez. Lo studioso Albert Hourani scrive in proposito: “La sua
apertura fu uno degli avvenimenti più importanti del secolo. Il
khedive Isma’il colse l’opportunità per dimostrare che l’Egitto
non faceva più parte dell’Africa, ma apparteneva al mondo civile
dell’Europa” (Hourani, 1998: 283). L’Egitto divenne di fatto
indipendente dall’Impero Ottomano e cominciò a dotarsi delle
istituzioni tipiche di una società moderna. L’istruzione venne
estesa e lo Stato egiziano divenne uno dei principali produttori di
cotone, esportato specialmente nel mercato inglese. Opere
d’irrigazione, creazione di vie di comunicazione accessibili, i
lavori per la rete ferroviaria che nella metà dell’Ottocento era già
funzionante, e gli ingenti costi per il Canale di Suez provocarono
nel 1876 un indebitamento tale che il controllo finanziario del
paese passò a inglesi e francesi. Nel 1881 Ahmad ‘Urabi,
chiamato anche Arabi Pasha, si fece simbolo della rivolta contro il
controllo degli Stati esteri sugli affari economici egiziani. Questo
provocò l’intervento diplomatico di Francia e Gran Bretagna e nel
1882 il bombardamento da parte inglese di Alessandria, con la
conseguente assunzione di potere del governo inglese sull’Egitto,
riconosciuto dalla Francia solo nel 1904.
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Durante la terza edizione della “Settimana della Lingua
italiana nel mondo”, iniziativa promossa dal Ministero Affari
Esteri e dal Ministero per gli Italiani nel Mondo, svoltasi dal 20 al
25 ottobre 2003, l’Istituto Italiano di Cultura del Cairo ha
promosso fra le altre iniziative tre esposizioni di articoli di
giornale, selezionati e allestiti anche dalla sottoscritta. Una di
queste si intitolava appunto “La rivolta di Arabi Pasha 1881-82”
con articoli pubblicati in quell’epoca storica. Si comprende da
questi articoli che l'attenzione dei periodici italiani a ciò che
accadeva in Egitto alla fine del 1800 era molto forte,
dimostrando l'interesse del nostro paese per l'Egitto e più in
generale per il Medio Oriente. Ma è interessante vedere anche
l'opinione che i massimi esponenti del Medio Oriente avevano di
noi. Di seguito vengono riportate alcune frasi scritte da Ali Pasha,
Ministro dell'Impero Ottomano, nel 1862, sulla situazione italiana
“L’Italia che è abitata da una sola razza che parla
la stessa lingua e professa la stessa religione,
incontra gravi difficoltà nel conquistare
l’unificazione. E per il momento tutto ciò che ha
ottenuto è anarchia e disordine. Giudicate cosa
accadrebbe in Turchia se fosse dato pieno sfogo a
tutte le diverse aspirazioni nazionali. […]
Occorrerebbero cento anni e fiumi di sangue per
ristabilire uno stato di cose sufficientemente
stabile.” (citato da Lewis, 2000: 153)
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Continuando questa breve descrizione storica sulle relazioni
fra Occidente e Medio Oriente, ritorna in primo piano la figura
predominante dello stato egiziano sugli altri stati arabi: nel 1952
i guerriglieri egiziani distrussero varie installazioni militari e di
rappresentanza inglesi e nel luglio 1952 un comando di ufficiali
egiziani con a capo Jamal ‘Abd al-Nasir fece deporre il re e
proclamò la Repubblica d’Egitto. Dopo questo anno, iniziò il
rimpatrio definitivo della comunità italiana d'Egitto i cui membri
non si erano mai considerati né comportati da colonialisti con gli
egiziani, ma che, al contrario, consideravano l'Egitto una loro
seconda Patria. Al-Nasir divenne il simbolo del movimento dei
popoli arabi verso una maggiore unità e un’autentica
indipendenza, distaccandosi dagli Occidentali. Nei suoi progetti
l’Egitto sarebbe dovuto divenire lo stato leader dell’unione dei
paesi arabi: qualunque stato europeo che avesse voluto avere
rapporti con essi avrebbe dovuto interpellare il governo del
Cairo. ‘Abd al-Nasir adottò una politica del non allineamento e si
rivolse sempre direttamente alle popolazioni arabe, passando
talvolta sopra ai loro governanti. Ben presto le forze politiche
europee e arabe si accorsero che al-Nasir sarebbe potuto
diventare una minaccia, sia per la sua politica sia per il fortissimo
consenso popolare in tutto il mondo arabo. Nel 1956 al-Nasir
decise di nazionalizzare la Compagnia del Canale di Suez,
provocando un grande allarmismo nel mondo europeo e negli
Stati Uniti e, grazie alla conseguente invasione dell’Egitto da
parte di Israele, la giustificazione per una nuova occupazione
della zona da parte di militari inglesi e francesi. Grazie a
pressioni statunitensi si evitò un tracollo finanziario e le tre forze
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si ritirarono, aumentando però la stima del popolo arabo nei
confronti del leader al-Nasir, uscito politicamente vincitore dalla
crisi. Il simbolo del nazionalismo vincente e unitario,
impersonificato dal capo egiziano, vide l’inizio del proprio declino
nel 1967 quando Israele invase nuovamente l’Egitto fino ad
occupare l’intera penisola del Sinai schiacciando militarmente
l’esercito egiziano in pochi giorni. Nel 1970 al-Nasir morì
all’improvviso e come si legge in Hourani (1998:414), “Le scene
straordinarie dei suoi funerali, con milioni di persone in lacrime
per le strade, significavano certo qualcosa; perlomeno per il
momento, era difficile immaginare l’Egitto o il mondo arabo
senza di lui. La sua morte fu la fine di un’era di speranza in un
mondo arabo unito e rinnovato”.
È molto importante rendersi conto che in questi paesi la figura
di un leader assume molto più rilievo che da noi, abituati ad
analizzare ed a sottoporre a costante valutazione l’operato delle
istituzioni. Il consenso popolare, il criterio gerarchico e la
creazione di veri e propri idoli da ammirare è parte del sistema
politico arabo. Un esempio sono gli inni cantati in alcune scuole
maschili prima dell'inizio delle lezioni, accompagnati dalla frase
"W il nostro Presidente, W l'Egitto" e le foto del Presidente Hosni
Mubarak in tutte le aule, comprese quelle in cui mancano
strumenti primari quali la luce e l'elettricità.
Un momento di forte crisi fra i paesi mediorientali e
l’Occidente si ebbe nel 1973 quando l’organizzazione dei paesi
esportatori di petrolio (OPEC) decise di aumentare il prezzo del
petrolio del 300% e di ridurne la produzione. L’Arabia Saudita
minacciò di imporre un blocco totale nelle esportazioni verso
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Stati Uniti e Paesi Bassi, principali alleati israeliani, se Israele
non avesse lasciato i territori occupati. Con gli accordi di Camp
David negli Stati Uniti del 1978 il nuovo presidente egiziano
Sadat riuscì a riottenere il Sinai e parte degli altri territori
occupati, ma gli interessi israeliani avevano comunque prevalso
sulla questione palestinese. Il riottenimento del Sinai grazie agli
accordi ONU, in Egitto venne visto come una vittoria dello Stato
egiziano e addirittura oggi nella zona del Cairo nuova esiste
un’immensa struttura, l’October War Panorama, che organizza
spettacoli in lingua inglese e araba sulla destrezza dei militari
egiziani nel 1973 contro l’occupazione israeliana, chiaro esempio
di propaganda politica. In realtà, questi accordi non furono
accettati dalla Palestina e dagli altri paesi arabi e l’Egitto fu
espulso dalla Lega Araba per aver accettato la pace con Israele.
Sadat fu assassinato nel 1981 e il suo successore, l’odierno
presidente egiziano Hosni Mubarak, rafforzò i contatti e
l’allineamento con la politica statunitense ottenendo molti
vantaggi finanziari e militari. L’apertura verso l’Occidente è
conosciuta in Egitto con il nome di infitah, politica della porta
aperta. Oggi l'Egitto è uno dei principali paesi impegnati nel
mantenimento della stabilità della regione araba e ha un ruolo di
mediatore riconosciuto a livello internazionale.
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2. Cenni storici sulle relazioni fra Italia ed Egitto
Grazie alla sua posizione, l’Italia ha avuto un ruolo di
intermediaria tra Occidente e Oriente sin dall’antichità. I
mercanti italiani, soprattutto provenienti da città come Venezia,
Genova, Amalfi, Pisa e Livorno avevano stabilito accordi e trattati
con i maggiori porti orientali, soprattutto il principale centro
d’affari egiziano: Alessandria. Con la scoperta delle Americhe nel
XV secolo i traffici nel bacino Mediterraneo persero importanza e
prestigio, pur continuando i rapporti commerciali tra Italia ed
Egitto. Agli inizi del XIX secolo la colonia italiana in Egitto
cominciò ad essere numerosa, grazie anche all’accoglienza e alla
tolleranza dimostrata da Mohammed Alì verso gli Europei. Prima
dell’apertura del Canale di Suez l’interesse inglese e francese per
questa zona era minimo; militari, ingegneri, tecnici, operai
specializzati, medici, uomini d'affari, commercianti, e costruttori
italiani erano invece presenti in Egitto contribuendo alla
ricostruzione dello Stato e a far entrare gli egiziani in contatto
con la vita europea. Nel 1927 gli italiani residenti in Egitto
prevalevano numericamente su tutti gli altri europei. Sono
riportati i dati numerici dei censimenti dell’anno 1917 e dell’anno
1927 (Sammarco, 1937:41).
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ANNO 1917
Egiziani .............................12.512.306
Italiani .................................... 40.198
Inglesi .................................... 24.345
Francesi .................................. 21.270
Greci....................................... 56.731
Nazionalità diverse.................... 32.599
Popolazione totale...............12.718.255
ANNO 1927
Egiziani .............................13.952.264
Italiani .................................... 52.462
Inglesi .................................... 34.169
Francesi .................................. 24.332
Greci....................................... 76.264
Nazionalità diverse.................... 38.373
Popolazione totale...............14.177.864
Molti sono i nomi italiani che contribuirono a rendere l’Egitto
un paese moderno: da Lorenzo Masi che nel 1820 realizzò il
primo catasto, a Carlo Meratti che introdusse il servizio postale,
a Federico Amici che effettuò nel 1882 il primo censimento
d'Egitto, a Giuseppe Acerbi e Antonio Colucci che si occuparono
dell'organizzazione sanitaria, assistenziale e ospedaliera, ad
Antonio Scialoia che risanò la situazione finanziaria e tanti altri,
famosi soprattutto nel campo edilizio, dove si distinsero
ingegneri, architetti ed imprenditori. E, naturalmente, gli
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archeologi e i geografi italiani che studiarono attentamente il
territorio egiziano e del Nord Africa (Sofra 2004).
Fino al 1876 la lingua ufficiale dell’amministrazione egiziana
era l’italiano, sostituita nel 1877 dall’arabo e dal francese.
Mohammed Alì, al potere in quegli anni, sapeva parlare e
comprendeva la nostra lingua, utilizzata per le relazioni tra le
popolazioni indigene e gli stranieri. Nel 1822 Mohammed Alì
ordinò di scrivere un dizionario italiano-arabo il cui autore fu Don
Raffaele Zakkur, e il Console Generale d'Austria in Egitto,
l’italiano Giuseppe Acerbi, fece il discorso di presentazione delle
proprie credenziali a Mohammed Alì in italiano. Inoltre, i
documenti del Consolato inglese dal 1818 al 1861 sono in lingua
italiana.
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Si presenta qui uno di questi documenti, tratto dal libro
di Sammarco: è la patente di un suddito britannico emessa al
Cairo nel 1840.
2
Per una più ampia bibliografia sul tema della lingua italiana usata come lingua amministrativa
all’inizio del XIX secolo si rimanda agli studi di Francesco Bruni.
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