4
relazione tra due importanti articoli della Costituzione:
il 7 e l’8 apparentemente molto contrastanti, mettono a
confronto due realtà, la religione cattolica e il
pluralismo religioso che rappresentano le due facce di
una stessa medaglia: il bisogno del divino che da
sempre è radicato nell’uomo. L’attenzione è stata
soffermata sull’art. 8 che rappresenta un po’ il “bandolo
della matassa” di questo lavoro, è infatti proprio in
questo articolo, che è consacrato nella Carta
Costituzionale il diritto di libertà di tutte le confessioni
religiose e la possibilità per esse di regolare i loro
rapporti con lo Stato sulla base di intese con le relative
rappresentanze. Nonostante, abbiamo detto, siano
ancora vigenti in Italia la L. 24 giugno 1929 n. 1159 sui
culti ammessi nello Stato e il R.D. 28 febbraio 1930 n.
289 attuativo di essa, sono stati presentati tre DDL con i
quali si intendeva dettare una nuova normativa generale
per prevenire la frammentazione legislativa prodotta
dalle intese. Il disegno di legge, già presentato alle
camere durante la XIII legislatura ed ora riveduto in
base agli indirizzi allora emersi nel corso dell’esame in
sede referente, intende attuare compiutamente i principi
costituzionali in materia di libertà religiosa e
parallelamente abrogare la legge 1153 del 1929
sull’esercizio dei culti diversi dal cattolico, che con
riferimento al concetto di religione dello stato contenuto
nei patti lateranensi, venivano allora definiti
“ammessi”.
Come abbiamo già introdotto, la ratio di questo lavoro
risiede in un determinata esigenza, una trasformazione
della società, che vede trasformarsi lo storico rapporto
Stato-Chiesa da un unico blocco in tanti piccoli, infiniti
5
pezzi. Il nostro lavoro pone l’attenzione su uno di
questi: il culto Baha’i, dalla particolare storia e
tradizione. Abbiamo trattato ampiamente la storia e la
tradizione di questo culto, ed è difficile pensare,
spiegare, capire come esso, nonostante sia nato nel
cuore dell’Islam in un ambiente integralista, sciita,
fondamentalista, sia in realtà una religione basata su
princìpi del tutto avulsi e contrari a quelli espressi
dall’integralismo islamico. Per rispondere a tanti
interrogativi abbiamo deciso di iniziare proprio
dall’analisi del momento storico e politico in cui in
Persia si è originata questa confessione, inoltre abbiamo
messo a confronto la fede Baha’i con l’Islam e con la
religione Cattolica per coglierne analogie e differenze. I
principi fondamentali della fede Baha’i sono
stranamente simili a quelli della religione Cattolica, la
colonna portante della fede Baha’i è l’amore, rivelato
tramite l’uguaglianza, la tolleranza, il rispetto e
soprattutto l’unità di tutte le religioni.
Proprio questo è il messaggio fondamentale da essi
dichiarato: l’unicità di un solo Dio che si è rivelato in
epoche diverse e sotto forme diverse, per questo l’unità
tra i popoli la contrarietà alle guerre e ai conflitti
politici sono insegnati ai fedeli di questo culto.
Attraverso l’esame di preziose fonti reperite al
Ministero dell’Interno nell’Ufficio Affari dei culti
diversi dal cattolico si è ripercorsa tutta la
corrispondenza tra i Baha’i e il Governo per avviare la
trattativa di un intesa.
Abbiamo esaminato le innumerevoli richieste, i
documenti inviati, lo Statuto, l’elevazione a ente
morale, la costituzione di organizzazione non
6
governativa, il resoconto delle attività annuali, per
comprendere
la storia di questa confessione e le ragioni ostative
all’intesa. Da quest’analisi delle fonti documentali in
realtà non abbiamo trovato una soluzione al nostro
problema, soprattutto perché abbiamo potuto esaminare
solo la corrispondenza inviata dai Baha’i al Governo e
non i riscontri destinati ai Baha’i. Quindi ci siamo
rivolti direttamente ai Baha’i e abbiamo avuto dei
colloqui con alcuni, tra i loro rappresentanti, per
conoscere anche la loro opinione. Da questi colloqui più
che le ragioni ostative è venuto fuori un forte dissenso
da parte dei Baha’i i quali ritengono che il problema
non sia nello specifico tra la loro confessione e lo Stato,
ma bensì ci si trova di fronte ad un atteggiamento
frenato da parte dello Stato nei confronti delle intese.
È evidente che la posizione è delicata, infatti è
facilmente comprensibibile che non si può aprire una
trattativa con ogni rappresentante di chissà quale
marginale confessione religiosa, ma di contro non si può
nemmeno ignorare la problematica dei seguaci di quelle
confessioni che sono organizzate in maniera tale da
risultare stabili. Non va dimenticato infatti che il diritto
alla propria identità religiosa e la possibilità di
esprimerlo è un diritto di ogni individuo, quando non
contrasta i principi dello stato e dell’ordine pubblico. È
difficile trovare un equilibrio tale da soddisfare le
esigenze di tutti i cittadini, anche perché i problemi e le
questioni sono tanti e le intese, soprattutto in questo
momento, non costituiscono certo una priorità politica.
L’attenzione poi non deve essere concentrata solo sul
punto di vista dei diritti e delle libertà, ma anche sul
7
punto di vista squisitamente economico, infatti è anche
compito dello Stato ponderare i finanziamenti che
devono essere stanziati per ogni confessione religiosa,
per la costruzione delle strutture, degli edifici di culto,
dei cimiteri etc. Nessun uomo è un isola, quindi non si
deve far prevalere l’interesse di pochi sull’interesse di
molti, né viceversa. Tramite questo lavoro abbiamo
studiato e confrontato alcune intese in particolare la
prima, cronologicamente parlando, ovvero quella con la
tavola valdese, quella con l’Unione delle Comunità
Israelitiche Italiane e l’intesa con l’Unione Buddista
Italiana e confrontandole non è stato difficile trovare un
filo rosso che le accomuna, infatti il contenuto è grosso
modo lo stesso per tutte le intese.
In conclusione di questo lavoro abbiamo espresso le
ultime considerazioni finali riguardanti le cause ostative
all’intesa. La grande ed intensa trasformazione avvenuta
in questi ultimi quindici anni nei rapporti dello Stato
italiano con la Chiesa cattolica e con le altre confessioni
religiose, ci fa pensare che ormai, il meccanismo di
rinnovamento è stato innescato.
Il 1984 è stato l'anno che ha visto l'avvio di tale
trasformazione, attesa fin dall'entrata in vigore della
Costituzione, con la revisione del Concordato
Lateranense del 1929 e con la prima intesa della storia
della Repubblica con una confessione diversa da quella
Cattolica, anche se non possiamo ignorare che la stagione
delle intese sia al momento sospesa, lasciando i Baha’i e
le altre confessioni in attesa prive di intesa in una
condizione di standby.
8
E’ difficile prevedere se la confessione Baha’i riuscirà a
superare i diversi ostacoli per riuscire a ottenere l’intesa,
soprattutto per un motivo in particolare: la sua origine.
Non dobbiamo dimenticare che la confessione Baha’i è
nata nel cuore dell’Islam, e anche se i Baha’i stessi si
definiscono una religione indipendente e del tutto avulsa
da quella musulmana, non possiamo ignorare questo,
seppur latente, cordone ombelicale che ancor oggi le
collega. D'altronde anche i musulmani hanno avviato
diverse e infruttuose richieste d’intesa: la prima bozza
d’intesa è stata presentata e formulata nel 1992 dall’
U.C.O.I.I. (Unione delle Comunità e Organizzazioni
Islamiche in Italia); la stessa richiesta veniva avanzata
nel 1993 in una lettera ufficiale del Centro Culturale
Islamico d’Italia allo Stato italiano. Nel 1994
l’Associazione dei Musulmani Italiani propose una
propria bozza d’intesa. Infine, nel 1996, l’associazione
per l’informazione sull’Islam in Italia Coreis ha
presentato un ultima bozza d’intesa. I problemi sono tanti
e sicuramente, almeno per ora, dell’intesa non se ne farà
nulla, dal momento che la natura delle cause ostative non
è di semplice risoluzione. Tra le problematiche più
rilevanti abbiamo sottolineato la questione della
rappresentanza della comunità islamica italiana. La
soluzione di questo problema non appare agevole in
quanto esiste una pluralità di soggetti che rivendica la
rappresentanza di tutti i musulmani italiani. Per questo la
posizione del governo è molto delicata, infatti concedere
l’intesa ai Baha’i potrebbe accendere la miccia di una
guerra senza fine da parte del mondo musulmano,
generando ulteriori intolleranze e insanabili fratture.
9
In conclusione è giusto che dalla revisione del
concordato, sia stato definitivamente cancellato il
carattere confessionista dello Stato, ed è anche giusto che
sia iniziata per tutte le confessioni una fase di conquista
e soprattutto di riconoscimento della propria identità e
dei propri diritti, ma è importante non trasformare questa
situazione in una lotta alle diversità: infatti in una guerra
di simboli è facile confondere gli eserciti. Per questa
ragione è comprensibile la negazione di alcune richieste
d’intesa e anche il generale rallentamento che si è
verificato rispetto all’inizio della stagione delle intese.
Abbiamo ritenuto quindi importante sottolineare il ruolo
di controllo da parte dello Stato, allo scopo mantenere
fermi quegli equilibri indispensabili in un ordinamento
giuridico.
10
CAPITOLO I
UGUAGLIANZA E LIBERTÀ DELLE
CONFESSIONI RELIGIOSE
1.COSTITUZIONE E PLURALISMO CONFESSIONALE.
Il nostro ordinamento è caratterizzato dal pluralismo
confessionale (art 8, primo comma, Cost.) e, secondo
parte della dottrina
1
, considera tutte le confessioni
religiose come veri e propri ordinamenti con un proprio
orizzonte normativo, cui va rivolta un’attenzione
particolare sia perché questi gruppi sociali sono
rappresentativi di interessi soggettivi ricollegabili ad
esigenze essenziali di sviluppo della persona umana, sia
perché sono espressivi di forme di vita spirituale di cui si
avvantaggia la convivenza civile nel suo complesso
.
Bisogna osservare che i principi costituzionali che
muovono da queste premesse assumono una portata
differente a seconda che si riferiscano alla chiesa
cattolica oppure alle altre confessioni religiose
2
. Non a
caso, infatti, i due tipi di rapporti sono disciplinati da due
articoli differenti: i primi dall’art 7 Cost. e i secondi
dall’art 8 della Cost. Obiettivo principale dell’art 7 è
quello di fissare il principio di non interferenza tra i due
ordini, lo Stato e la chiesa cattolica, e determinare di
conseguenza delle aree di competenze proprie ed
esclusive, stabilendo poi nel secondo comma il criterio
1
Vitale A., voce confessioni religiose-chiesa cattolica-pluralismo confessionale e
chiesa cattolica in Enciclopedia Giuridica Treccani, il Veltro, Roma,1994 pag.1
2
Vitale A., voce confessoni religiose-chiesa cattolica-pluralismo confessionale e
chiesa cattolica in Enciclopedia Giuridica Treccani, Roma, 1994 pag.1
11
della bilateralità per la trattazione delle materie di
comune interesse cosiddette materie miste. Con ciò non
s’intende affermare che la determinazione delle materie
su cui negoziare sia completamente abbandonata al più
completo arbitrio dei due interlocutori poiché vi è sempre
un limite: la legalità.
La disposizione costituzionale nel primo comma dell’art.
8, per il quale “ tutte le confessioni religiose sono
egualmente libere davanti alla legge” riguarda, secondo
quanto ricavabile dalla formulazione letteraria della
stessa, tutte le confessioni religiose. Ivi compresa la
cattolica
3
, e non solo le confessioni diverse dalla
cattolica, come invece vorrebbe una parte della dottrina
4
.
La funzione della norma, che contribuisce a qualificare in
senso pluralistico l’ordinamento, è di garantire a tutte le
confessioni religiose, senza eccezione, gli stessi spazi di
libertà. In sostanza, la norma in esame, coniugando i due
elementi della libertà e dell’uguaglianza, non intende
disporre un’eguale disciplina giuridica per tutte le
confessioni. Infatti un dettato di tal genere, per altro,
sarebbe impossibile anche in base alle differenti esigenze
di culto. In sostanza, tale norma è posta come clausola di
garanzia perché il pluralismo, e quindi la diversità, di
regimi giuridici che possono caratterizzare
nell’ordinamento italiano la condizione delle varie
confessioni religiose, non vada a intaccare la libertà che
a tutti comunque devono essere assicurate. La norma
quindi svolge la funzione di raccordo fra la garanzia,
inderogabile, della libertà individuale e collettiva in
materia religiosa, e quella dell’adattabilità del sistema
3
Cardìa C., Stato e confessioni religiose, Il Mulino, Bologna, 1992, pag. 154
4
Lariccia S., Diritto ecclesiastico, Cedam, Padova, 1986, pag.126
12
giuridico alle peculiari esigenze delle singole
confessioni.
5
Per quanto concerne l’art. 8, questo riguarda appunto le
altre confessioni. Per indicare queste, la Carta usa una
perifrasi, qualificandole come “le confessioni religiose
diverse dalla cattolica” . Con tale locuzione, l’art. 8
comma 2 indica codeste manifestazioni del religioso e
ogni ulteriore fenomeno di tale natura, qualcuno di essi
già noto ed esistente in Italia nel 1947, altri ancora
lontani dal nostro paese, ma nel quale sarebbero giunti
nei decenni successivi
6
. Con l’art. 8 si introduce l’analisi
del fenomeno del pluralismo religioso, affrontando il
problema della condizione giuridica dei culti diversi dal
cattolico è opportuno distinguere due profili. Quello
ordinamentale, definito dalla Costituzione e meglio
precisato a livello pattizio e l’altro inerente alla
personalità giuridica delle confessioni religiose e dei
rispettivi enti esponenziali, ancora oggi disciplinato dalla
L. 1159/1929 sui c.d. culti ammessi
7
. è plausibile
osservare che, mentre l’art. 7 Cost. disciplina i rapporti
con la confessione di maggioranza, le norme dell’art. 8
secondo comma e terzo comma riguardano le confessioni
di minoranza, così intese tutte le altre manifestazioni del
religioso
8
. In ogni modo anche se di minoranze si tratti,
tutte le confessioni organizzate, secondo l’art 8 comma 2
Cost. (il quale contiene una norma generale di
riconoscimento, analoga a quella speciale dell’art. 7
comma 1 Cost. riguardante la Chiesa Cattolica) danno
vita ad altrettanti ordinamenti giuridici originari e
5
Dalla Torre G., Lezioni di diritto ecclesiastico, Giappichelli, Torino, 2000, pag. 72, 73
6
Finocchiaro F., Diritto ecclesiastico, Zanichelli, Bologna, 1995, pag.142
7
Cardìa C., Manuale di diritto ecclesiastico, il Mulino, Bologna, 1996, pag.250
8
Finocchiaro F., Diritto ecclesiastico, Zanichelli, Bologna, 1995, pag.142
13
indipendenti da quello dello Stato
9
. Tramite l’art. 8
s’intende estendere quei privilegi riservati alla religione
cattolica anche ad altre confessioni,
il problema quindi, si
riassume nell’individuare quali siano i destinatari dell’art
8 tramite un processo di pre-individuazione delle
confessioni, non solo rispetto alle associazioni religiose,
ma anche rispetto alle altre confessioni. La garanzia
dell’eguale libertà se non si vuole limitarla alla sfera del
lecito, assume una precisa qualificazione in ordine a
diritti e prerogative che competono alle confessioni in
quanto organismi identificabili ed autosufficienti rispetto
a qualsiasi altra aggregazione religiosa”
10
.
9
Finocchiaro F., Diritto ecclesiastico, Zanichelli, Bologna, 1995, pag. 143
10
Cardia C., Stato e Confessioni Religiose. Il regime pattizio. ,Il Mulino, Bologna 1992,
pag.378 e ss.
14
2. DEFINIZIONE DI CONFESSIONE RELIGIOSA
Il pluralismo confessionale per la Costituzione italiana
non è fondato soltanto sulla libertà di scelta e di opinione
degli individui, ma tutela anche il diritto all’esistenza,
all’organizzazione e alla funzionalità delle varie
istituzioni, sorte da iniziative del tutto autonome da
quelle dello Stato e degli enti pubblici.
La difficoltà di definire esattamente una confessione
religiosa ha radici profonde, infatti, nessuna norma dà la
nozione di confessione religiosa: sia l’art. 8 sia l’art. 7 la
considerano come un presupposto del loro dettato.
11
Inoltre essendo molteplici le confessioni e del tutto
eterogenee l’una con l’altra è difficile trovare un comune
denominatore per trarre una definizione. Dal momento
che nell’ordinamento italiano non esiste una norma
legislativa che definisca cosa è una confessione religiosa,
tale concetto è stato elaborato dalla giurisprudenza
costituzionale.
Parte della dottrina
12
per dare una corretta definizione di
confessione religiosa evidenziò il collegamento tra l’art.
8 secondo comma Cost. e l’art 18 Cost. riguardante la
libertà di associazione cercando, tramite criteri analogici,
di risalire alla definizione. È indubbio l’art. 18 garantisca
anche l’associazione con fine di religione o di culto, però
i due fenomeni, dell’esistenza di un ordinamento
giuridico confessionale e dell’ammissibilità di un
associazione nella fede comune, se esteriormente
presentano delle affinità quale la molteplicità degli
aderenti, l’esistenza di una regola comune e di un’
11
Finocchiaro F.,Diritto ecclesiastico, Zanichelli, Bologna 2000, pag. 70 e ss.
12
Del Giudice V. Manuale di di diritto ecclesiastico, Giuffrè, Milano, 1949, pag 59
15
organizzazione, sono diversi dal punto della struttura
interna,diremmo della qualità
13
. In realtà questa teoria è
facilmente scartabile per i seguenti motivi: in primo
luogo c’è da ricordare che l’associazione si fonda e si
regge sull’accordo degli associati (art. 36, 3 ss. cod. civ.)
al contrario l’appartenenza ad una confessione religiosa
deriva da un impulso interno, da una comunione di fede,
da un sentimento non certo da un contratto. Quindi
essendo i presupposti tra loro confliggenti, dal momento
che l’associazione si radica in un ordinamento statuale e
la confessione religiosa ne prescinde totalmente
è
difficile poter mantenere questo paragone. In antitesi si
segnalano opzioni
14
che tendono a cancellare ogni criterio
di differenziazione tra confessione e associazione
religiosa, le une e le altre sono rifluenti nelle formazioni
sociali con finalità religiosa, inoltre inseriscono nel
novero delle confessioni anche quei gruppi che pur
facendo parte di un’aggregazione religiosa più ampia,
rivendicano una propria autonomia dottrinale e
organizzativa. In questo modo si tende a ricomprendere
nella tutela anche le nuove comunità confessanti: le
cosiddette comunità del dissenso ecclesiale caratterizzate
dall’unicità di fede con altra chiesa e dall’autonomia con
cui intendono vivere la propria esperienza.
15
In proposito sono state proposte numerose soluzioni, non
tutte soddisfacenti, per dare una definizione di
confessione religiosa tentando di rifondarla su criteri
diversi:
16
13
Finocchiaro F., Diritto ecclesiastico, Zanichelli, Bologna, 2000 pag.71
14
Lariccia S.,Diritto ecclesiastico, Cedam, Padova 1986 pag 108
15
Cardìa C., Principi di diritto ecclesiastico, Giappichelli, Torino, 2002, pag. 168
16
Botta R.,voce confessioni religiose-profili generali-il concetto di confessione
religiosa in Enciclopedia Giuridica Treccani,Roma, 1994, pag. 2