2
caratteristico dell’azione, S
k
, è associato a una prefissata
probabilità di un suo non superamento, usualmente il 95%, nel
corso della vita utile della struttura.
Invece ϑ
w
è un coefficiente non minore di uno, tale da garantire,
dal punto di vista della sicurezza, l’equivalenza tra la
modellazione semplificata dell’azione e quella rigorosa.
La presente tesi è appunto dedicata alla individuazione di una
metodologia di calibrazione di ϑ
w
.
A tale fine vengono preliminarmente identificate le cause di
incertezza nella valutazione del carico da vento e nella previsione
dell’effetto dello stesso avvalendosi anche di risultati ottenuti in
galleria del vento; quindi ciascuna di tali incertezze viene
opportunamente modellata specificandone la struttura
probabilistica.
Tenuto conto del numero rilevante di parametri coinvolti, la
calibrazione di ϑ
w
viene eseguita applicando la tecnica Monte
Carlo, simulando un numero statisticamente significativo di
realizzazioni delle grandezze interessate.
In particolare nel primo capitolo si parte da uno studio generale
sulla fisica dell’atmosfera e sulla fenomenologia del vento per
arrivare a una descrizione dello stesso in termini matematici e
statistici.
L’interazione del vento con il corpo immobile e la modellazione
delle forze da esso esercitate, a partire da concetti di meccanica
dei fluidi e di aerodinamica, occupano il secondo capitolo.
3
Il capitolo terzo offre un panorama sulle gallerie del vento e sulla
loro utilizzazione, oltre che una breve descrizione della galleria di
Bochum da cui provengono i dati utilizzati nelle simulazioni
effettuate in questo lavoro.
Nel capitolo quarto, dopo i necessari riferimenti ai modelli fisici
utilizzati, si propone una metodologia di valutazione
dell’influenza delle incertezze sulla stima dell’effetto di un vento
con un certo periodo di ritorno N nell’ambito di una simulazione
in galleria del vento. Tale stima è stata effettuata studiando il peso
delle incertezze sui coefficienti di sicurezza definiti a partire dai
suddetti effetti del vento.
Dall’applicazione della metodologia e dal confronto dei
coefficienti di sicurezza ottenuti con quelli suggeriti dalle
normative sono emersi alcuni risultati, sempre illustrati nel
capitolo quarto, inerenti alla scelta delle distibuzioni di
probabilità dei venti estremi, all’influenza degli errori sulla
simulazione della rugosità in galleria e al peso della durata della
tempesta simulata in galleria, nonché all’importanza degli errori
di tipo meteoreologico nella simulazione della velocità degli
uragani.
4
Le applicazioni numeriche relative agli esempi studiati sono state
sviluppate sotto la guida del Dr. E. Simiu (NIST, Gaithersburg
MD, USA) e del Prof. M. Grigoriu (Cornell University, Ithaca
NY, USA), nel corso di una permanenza di cinque mesi negli
Stati Uniti presso il National Institute of Standards and
Technology di Gaithersburg, MD.
Al Prof. Grigoriu e in particolare al Dr. Simiu vanno i miei
ringraziamenti per la disponibilità e l’interesse con cui mi hanno
seguito e stimolato.
5
1 - IL VENTO INDISTURBATO.
1.1 - Generalità.
Nell'affrontare lo studio delle azioni del vento sulle costruzioni e
sull'ambiente costruito, occorre tener presente il carattere
aleatorio del fenomeno.
Analizzando le registrazioni effettuate nei diversi siti e in diverse
epoche temporali, ci si rende ben presto conto che il parametro
più semplice che rappresenta il vento, la sua velocità, varia nello
spazio e nel tempo in modo casuale.
Per questo il campo delle velocità del vento, almeno per quanto
riguarda le costruzioni civili, può essere considerato un campo
stocastico; e per questo nello studio del vento sono utilizzate
procedure di analisi in frequenza, le quali utilizzano gli spettri
ricavati dalle storie temporali degli eventi.
Inoltre tali storie temporali, cioè i dati delle registrazioni,
debbono essere noti in forma statistica: non è infatti sufficiente
disporre dei soli valori medi, ma occorre anche conoscere la loro
struttura probabilistica.
Questa elevata complessità di un fenomeno eppure così comune,
ha fatto sì che in passato si descrivesse il vento utilizzando scale
empiriche, nelle quali a seconda degli effetti osservabili prodotti
sugli oggetti del mondo comune, era associato un valore
rappresentativo della forza del vento.
6
La più comune di tali scale è la Beaufort, riportata nella tabella
1.1, nella quale si tengono in conto sia gli effetti procurati sulla
terraferma, sia gli effetti procurati sulla costa e sulle
imbarcazioni.
In scale di questo tipo non sono riportate indicazioni quantitative
né sono presenti riferimenti a dati strumentali. Soltanto in tempi
più recenti sono stati proposti dei valori di velocità del vento da
assegnare ai gradi della forza individuati nelle scale come quella
citata (tabella 1.2).
7
descrizione degli effetti del vento
Tab. 1.1 - La scala Beaufort della forza del vento.
Forza Beaufort
a terra alla costa (riferiti a pescherecci di
media grandezza, a vela)
0 Calma: il fumo si innalza verticalmente. Calma (bonaccia; le imbarcazioni non
governano).
1 La direzione del vento è indicata dal
fumo, ma non dalle banderuole.
Le imbarcazioni hanno appena un po’ di
abbrivio.
2 Il vento è percepibile al volto; le foglie
tremolano; le comuni banderuole sono
messe in movimento.
Il vento gonfia le vele delle
imbarcazioni, che filano a circa 1-2
nodi.
3 Agita continuamente le foglie e i
ramoscelli; dispiega le bandiere leggere.
Le imbarcazioni cominciano a sbandare
e filano a circa 3-4 nodi.
4 Solleva polvere e pezzi di carta; agita i
ramoscelli.
Vento maneggevole: le imbarcazioni
portano tutte le vele con una buona
inclinazione.
5 Gli arbusti con fogliame cominciano a
ondeggiare; le acque dei bacini interni si
increspano.
Le imbarcazioni riducono la loro
velatura.
6 Agita i rami grossi; i fili metallici
sibilano; rende difficoltoso l’uso
dell’ombrello.
Le imbarcazioni prendono due mani di
terzaroli alla vela di maestra; la pesca
richiede precauzioni.
7 Agita alberi interi; si ha difficoltà a
camminare contro vento.
Le imbarcazioni restano in porto; quelle
in mare si mettono alla cappa.
8 Rompe rami interi; è quasi impossibile
camminare contro vento.
Tutte le imbarcazioni dirigono in porto
(se è vicino).
9 Causa leggeri danni ai fabbricati (svelle
grondaie, tegole e camini).
-
10 Raro all’interno della terraferma;
sradica alberi; causa notevoli danni ai
fabbricati.
-
11 Molto raro; causa estese devastazioni. -
12 - -
8
Tab. 1.2 - Equivalenze anemometriche della scala Beaufort
Forza
Beaufort
Velocità equivalente in:
Termini descrittivi nodi Km/h m/sec
0 Calma meno di 1 meno di 1 0 -0.2
1 Bava di vento 1 - 3 1 – 5 0.3 - 1.5
2 Brezza leggera 4 - 6 6 – 11 1.6 - 3.3
3 Brezza tesa 7 - 10 12 – 19 3.4 - 5.4
4 Vento moderato 11 - 16 20 - 28 5.5 - 7.9
5 Vento teso 17 - 21 29 - 38 8.0 - 10.7
6 Vento fresco 22 - 27 39 - 49 10.8 - 13.8
7 Vento forte (o quasi
burrasca)
28 - 33 50 - 61 13.9 - 17.1
8 Burrasca 34 - 40 62 - 74 17.2 - 20.7
9 Burrasca forte 41 - 47 75 - 88 20.8 - 24.4
10 Tempesta 48 - 55 89 - 102 24.5 - 28.4
11 Tempesta violenta 56 - 63 103 - 117 28.5 - 32.6
12 Uragano 64 ed oltre 118 ed oltre 32.7 ed oltre
9
1.2 - Aspetti fenomenologici del vento e cause del movimento
delle masse d’aria.
I venti sono movimenti di masse d'aria generati dal moto di
rotazione della terra e da differenze di pressione a loro volta
originate dai gradienti di temperatura presenti nell'atmosfera
terrestre.
Per questo motivo la conoscenza del campo termico atmosferico,
cioè della distribuzione delle temperature nell'atmosfera risulta
essere un fatto di primaria importanza, ai fini dello studio degli
eventi atmosferici legati al vento.
Il campo termico atmosferico è influenzato da diversi fenomeni il
più importante dei quali è il flusso di calore prodotto
dall'irraggiamento solare: l'atmosfera che circonda la Terra è
trasparente alle radiazioni emesse dal Sole, e quindi esse riescono
a colpirne la superficie. Questa, dotata di un certo coefficiente di
assorbimento, le assorbe e le riemette sotto forma di radiazioni di
lunghezza d'onda superiore: nei loro confronti l'atmosfera è
opaca, per cui le radiazioni sono di nuovo inviate verso la
superficie terrestre che le assorbe e le riemette di nuovo.
Bisogna però ricordare anche altri fenomeni, come il flusso di
calore presente all'interno dell'atmosfera dovuto alla trasmissione
di calore per irraggiamento tra ciascuno degli strati in cui la si
può suddividere; oppure il fenomeno della stratificazione delle
particelle d'aria: queste, muovendosi verso l'alto, si trovano ad
avere una temperatura più bassa delle particelle circostanti ma,
essendo uguale il valore della pressione, ciò può spiegarsi solo
10
con una variazione della densità la quale può provocare dei
movimenti in direzione verticale se particelle con densità
superiore si trovano al di sopra di particelle meno pesanti.
Tutto questo contribuisce al complesso modo con cui la
temperatura varia nell'atmosfera; a ciò si deve aggiungere
l'influenza del calore rilasciato durante il processo di
condensazione di particelle d'aria umida oppure quella del calore
scambiato da volumi d'aria in moto vorticoso.
E’ evidente quindi che per descrivere rigorosamente il moto delle
particelle di aria occorre utilizzare le leggi della meccanica e
della termodinamica, giungendo peraltro a risultati caratterizzati
da una notevole complessità.
Sintetizzando, si può comunque affermare che una particella
d'aria, spinta da gradienti di pressione, tende a muoversi da
regioni di alta pressione verso regioni di bassa pressione; alla
accelerazione che deriva da questo moto, si somma quella dovuta
alla rotazione della Terra attorno al proprio asse, per cui il moto
della particella risulta deviato e la sua direzione non è ortogonale
alle superfici di uguale pressione, ma ad esse tangente.
Laddove non sono presenti altre forze, cioè sufficientemente
lontano dalla superficie terrestre, le superfici isobariche sono, in
via approssimativa, verticali e i venti risultano quindi
prevalentemente orizzontali: essi corrispondono ad una
circolazione ciclonica intorno ad una zona di bassa pressione, in
senso antiorario nell'emisfero Nord, e ad una circolazione
anticiclonica intorno ad una zona di alta pressione, oraria nel
detto emisfero; viceversa accade nell’emisfero Australe.
11
Questo è quanto accade se non si considera un'altra causa del
movimento dell'aria: in vicinanza della superficie terrestre, infatti,
oltre ai gradienti di pressione e alla rotazione della Terra, occorre
considerare l'effetto dell'attrito che le asperità, naturali e
artificiali, producono nel moto delle particelle aeree.
A causa della forza dovuta all'attrito, il loro moto risulta
fortemente alterato rispetto alla situazione presente a quote più
elevate: la direzione del vento non è più tangente alle isobare, ma
anzi, queste vengono attraversate da particelle che si muovono
verso le basse pressioni; si generano componenti verticali del
moto e fenomeni di turbolenza.
Proprio la turbolenza, che si traduce nella estrema variabilità del
vettore che rappresenta la velocità del vento impone la necessità
di un esame del fenomeno nel dominio delle frequenze.
12
1.3 - Modellazione del vento.
1.3.1. - Il campo vettoriale della velocità del vento.
In seguito a quanto esposto nei precedenti paragrafi, il vento deve
essere studiato come il moto turbolento di un fluido, in cui la
velocità e la direzione del movimento cambiano nello spazio e nel
tempo in modo casuale. Quindi, per mettere a punto un modello
matematico fedele al fenomeno da rappresentare, occorre
ricorrere a tecniche di modellazione statistiche ed introdurre
opportune semplificazioni.
Una semplificazione che agevola lo studio del campo di moto
dell’aria è quella di considerare l’aria come un fluido
incomprimibile: infatti per quanto riguarda l’influenza che il
vento produce sulle strutture, è sufficiente tener conto soltanto
delle caratteristiche locali del campo di moto nel quale le
variazioni della densità dell’aria sono così piccole da poter essere
trascurate.
Inoltre, ai fini dell’ingegneria strutturale, interessa studiare le
particelle d’aria che appartengono allo strato di atmosfera in cui
sono contenute le costruzioni: esso è lo strato limite atmosferico,
quello più vicino alla superficie terrestre, ed è caratterizzato dal
fatto che la superficie stessa esercita una forza frenante
orizzontale sulle particelle fluide in movimento; studiando gli
effetti che i venti forti esplicano sulle costruzioni, lo strato limite
atmosferico può essere considerato come se fosse neutralmente
stratificato, vale a dire che si trascurano gli effetti che il campo
13
termico locale ha sul moto dell’aria, in quanto la elevata velocità
delle particelle domina gli effetti del loro moto di convezione. E’
questa un’ulteriore ipotesi che permette di semplificare lo studio
del campo vettoriale della velocità del vento, ed è avvalorata dalle
osservazioni sperimentali e dal fatto che, anche se le forze di
attrito orizzontale frenano il moto delle particelle, la forza di
Coriolis associata al moto rotatorio della Terra attorno al suo
asse, le fornisce di nuova energia che ristabilisce le condizioni di
omogeneità.
Per lo studio del moto di un fluido è possibile seguire due diverse
impostazioni. Si può fissare l'attenzione sulle singole particelle di
fluido e studiare la variazione nel tempo della loro posizione,
velocità e accelerazione, utilizzando un sistema di riferimento
solidale con le particelle stesse.
In alternativa, si possono determinare le suddette grandezze
relativamente ad un dato punto dello spazio occupato dal fluido,
adottando un sistema di riferimento ad esso solidale, e quindi
fisso.
Il primo approccio è quello di Lagrange; il secondo è quello di
Eulero, ed è quello adottato nello studio qui di seguito affrontato.
Nel metodo euleriano, fissato un sistema di riferimento cartesiano
ortogonale, in un punto dello spazio di coordinate (x, y, z) la
velocità è un vettore le cui componenti nelle tre dimensioni, sono
funzione della posizione e del tempo; indicando con
r
i ,
r
j ,
r
k i
versori degli assi cartesiani la velocità può essere espressa come:
r
rr
r
Vt Uti Vtj Wtk , (1.3.1)
14
dove:
U(t)=f(x,y,z;t) (1.3.2 a)
V(t)=f(x,y,z;t) (1.3.2 b)
W(t)=f(x,y,z;t) (1.3.2 c)
Per descrivere il campo vettoriale della velocità del vento,
dapprima si individuano le leggi che descrivono la variazione
della velocità media del vento all’interno dello strato limite
atmosferico neutralmente stratificato. In seguito si introducono
gli effetti che le condizioni di non omogeneità del terreno hanno
sul profilo della velocità media. Infine si studia una
rappresentazione delle componenti della turbolenza, utilizzando
le tecniche dell’analisi in frequenza.
Conseguentemente al fatto che il vento può essere considerato
come un processo stocastico stazionario e gaussiano, esso può
essere compiutamente rappresentato, nel dominio delle frequenze,
dal profilo della velocità media e dalla densità spettrale di
potenza incrociata delle fluttuazioni attorno al valore medio.
1.3.2.- La velocità media.
All’interno dello strato limite atmosferico, le variazioni del
modulo della velocità media del vento al variare dell’altezza sono
descritte dal profilo verticale della velocità.
15
A causa della forza di attrito esercitata dalle asperità della
superficie terrestre, la velocità media del vento assume valori
crescenti con l'altezza, dal valore nullo in prossimità del suolo
fino ad un valore massimo che oltre una certa quota rimane
costante e viene denominato velocità di gradiente v
g
, essendo
determinato unicamente dal gradiente di pressione.
Si individua così lo strato limite atmosferico, entro il quale la
velocità media è variabile con l'altezza, e l'atmosfera libera ove la
velocità media del vento è pari alla velocità di gradiente.
E’ da notare il fatto che tale rappresentazione avviene ad una
scala tale che l’interazione tra il moto delle particelle e la
superficie terrestre è misurabile mediante un solo parametro che
rappresenta il grado di asperità del suolo denominato “rugosità”,
e quindi tale modello non è in grado di descrivere l’andamento
locale della corrente, come il vento attorno al singolo edificio, ma
soltanto l’andamento generale, come è illustrato in figura 1.1.
figura 1.1 – Profili della velocità del vento in diversi regimi di
rugosità