7
dell’Unione in tema fiscale, attraverso il potere del
veto. Di conseguenza, i 25 Paesi membri sembrano
procedere in ordine sparso, riadattando i propri sistemi
fiscali alla luce delle proprie esigenze del momento,
con scarsa considerazione delle possibili conseguenze
sugli altri.
Tuttavia, alla luce di questa impotenza dell’Unione
Europea nel campo fiscale vi è anche un’altra ragione:
l’incertezza che i processi di concorrenza fiscale
possono avere sugli equilibri economici e finanziari dei
vari Paesi membri. Vi è incertezza sul segno da
attribuire alle possibili conseguenze della concorrenza
fiscale, se si tratta quindi di conseguenze negative o
positive; e vi è incertezza anche sulle dimensioni di
questi effetti, se si tratta di fenomeni rilevanti o meno.
Queste problematiche fiscali risultano ancora più
marcate con l’allargamento ad est dell’Unione Europea:
dieci nuovi Paesi si sono uniti alla cosiddetta “vecchia”
Europa nel 2004, ed altri molto presto li seguiranno,
ognuno, o quasi, con una propria politica fiscale.
8
CAPITOLO I
IL PROCESSO DI ALLARGAMENTO
DELL’UNIONE EUROPEA
1.1 Le tappe fondamentali verso l’allargamento
In questi ultimi anni sono intervenuti in Europa
profondi sconvolgimenti. Il crollo dell’Unione Sovietica
e la fine della guerra fredda hanno eliminato le divisioni
artificiali dell’Europa, ridestando però potenziali
conflitti tra gruppi e minoranze etniche e nazionali negli
Stati dell’Europa centro-orientale. Molti di questi
problemi sono stati risolti grazie alle prospettive di
adesione all’UE.
Infatti, il principale vantaggio che comporta
l’ampliamento è proprio quello di far regnare pace e
stabilità in tutta Europa. Negli ultimi dieci anni, la sola
prospettiva dell’adesione ha aiutato i paesi dell’Europa
centrale e orientale a consolidare la democrazia
pluralista e l’economia di mercato, proseguendo e
accelerando il processo riformista in questi stati.
Il primo grande allargamento ad Est si è verificato il 1°
maggio 2004, quando 10 nuovi Stati si sono uniti alla
“vecchia” Europa a 15. Da più parti si è parlato di un
allargamento storico, senza precedenti in Europa, un
ampliamento che dovrebbe stimolare il commercio e
9
l’economia, favorendo così gli scambi e dando un
nuovo slancio allo sviluppo e all’integrazione
dell’economia europea nel suo complesso. Tuttavia la
questione dell’allargamento pone l’Unione Europea di
fronte a nuove sfide istituzionali e politiche senza
precedenti.
La prospettiva di un ulteriore allargamento ad altri Stati
dell’Europa orientale, in particolare a Bulgaria e
Romania, dovrebbe concretizzarsi nel gennaio 2007.
La decisione politica dell’allargamento dell’UE ai paesi
dell’Europa centrale e orientale (PECO) venne presa
ufficialmente dal Consiglio europeo di Copenaghen nel
giugno del 1993, durante il quale vennero fissati i
cosiddetti “criteri di Copenaghen”
1
che i paesi
dovevano soddisfare per essere ammessi all’UE. Da
allora, l’Europa ha avviato uno dei progetti più
ambiziosi della sua storia.
Dopo la metà del 1996, 10 paesi
2
dell’Europa centrale
ed orientale avevano fatto domanda di adesione all’UE.
1
I criteri di adesione fissati dal Consiglio europeo di Copenaghen (21-22
giugno 1993) sono:
a) una stabilità istituzionale che garantisca la democrazia, il principio di
legalità, i diritti umani, il rispetto e la protezione della minoranza;
b) l’esistenza di un’economia di mercato funzionante;
c) la capacità di rispondere alle pressioni concorrenziali e alle forze di
mercato all’interno dell’Unione, nonché di assumersi obblighi di tale
appartenenza (“acquis”), inclusa l’adesione agli obbiettivi di
un’unione politica, economica e monetaria.
2
I paesi che hanno presentato domanda di adesione in tal senso sono: ;
Cipro il 03.07.1990 e Malta il 16.07.1990; Ungheria il 31.03.1994;
Polonia il 05.04.1994; Romania il 22.06.1995; Slovacchia il 27.06.1995;
Lettonia il 13.10.1995; Estonia il 24.11.1995; Lituania l’08.12.1995;
Bulgaria il 14.12.1995; Rep.Ceca il 17.01.1996; Slovenia il 10.06.1996.
10
Altre domande di adesione che l’Europa si apprestava a
considerare erano quelle di Cipro, avanzata già nel
1990, e quella di Malta, che nel 1998 ha reiterato la sua
precedente domanda di adesione. Oltre a questi 12
paesi, vi sono la Turchia, che aveva già ufficializzato la
propria intenzione d’aderire già nel 1987, e i paesi dei
Balcani, Croazia in testa.
Il 16 luglio 1997, la Commissione Europea presentava
l’Agenda 2000, ovvero una proposta generale per le
attività che avrebbero vista impegnata l’UE durante il
periodo 2000-2006. Il documento della Commissione
dedicava ampio spazio alle tematiche dell’allargamento;
in particolare, a partire dal 2002 (anche se poi la data
venne posticipata di 2 anni), veniva deciso che la
Polonia, l’Ungheria, la Repubblica Ceca, l’Estonia, la
Slovenia e Cipro (il “gruppo di Lussemburgo”)
avrebbero potuto aderire all’Unione Europea. Nel
marzo del 1998, le negoziazioni per le future adesioni
venivano ufficialmente aperte con questi paesi.
Nell’ottobre del 1999, la Commissione presentava il
secondo rapporto nel quale venivano enfatizzati i
significativi progressi di ciascun paese candidato; e
nello stesso anno si svolse il Consiglio Europeo di
Helsinki, nel quale veniva deciso di avviare le
negoziazioni con i rimanenti paesi candidati, vale a dire
Bulgaria, Lettonia, Lituania, Romania e Slovacchia,
11
mentre la Turchia veniva riconosciuto come paese
candidato
3
.
Nel giugno del 2001 il Consiglio europeo di Goteborg
fissò il calendario dell’allargamento: entro la fine del
2002 l’Unione doveva concludere le trattative con i
paesi candidati, nonché prepararli all’adesione e quindi
permettere loro di partecipare alle elezioni del
Parlamento europeo del giugno del 2004. Nella
Dichiarazione del Consiglio europeo di Laeken (Belgio,
14 e 15 dicembre 2001) vennero indicati dieci paesi
designati ad entrare nell’UE a partire dal 2004: Cipro,
l’Estonia, la Lettonia, la Lituania, Malta, la Polonia, la
Repubblica Ceca, la Slovacchia, la Slovenia e
l’Ungheria; ne restarono fuori, quindi, Bulgaria e
Romania. Il 16 aprile ad Atene vennero firmati i trattati
di adesione con questi dieci paesi.
I capi di Stato e di governo dell’UE, indicarono il 2007
quale possibile data di adesione della Bulgaria e della
Romania. Nel marzo del 2005 anche il parlamento
europeo si è pronunciato a favore dell’entrata di questi
due membri. In quanto alla Turchia, è stata esortata più
volte dal Consiglio a proseguire sulla via delle riforme
indispensabili per soddisfare i criteri politici di adesione
(in particolare in tema di democrazia, Stato di diritto,
tutela dei diritti dell’uomo e delle minoranze culturali).
3
Per quanto riguarda la Turchia, il 4 dicembre 2000 il consiglio Europeo ha
raggiunto un accordo sul partenariato per l’adesione, in cui si delinea il
percorso politico ed economico che la Turchia dovrà intraprendere per
aderire all’UE.
12
Il 3 ottobre 2005 i capi di Stato dell’UE-25 hanno dato
il via libera alla candidatura della Turchia all’Unione
Europea.
Il 21 febbraio del 2003, anche la Croazia presentò una
domanda ufficiale di adesione all’Unione. E a giugno
dello stesso anno, l’UE confermò a Salonicco la
prospettiva di adesione per i cinque paesi dei Balcani
occidentali (l’Albania, la Bosnia-Erzegovina, la
Croazia, la Macedonia e la Serbia-Montenegro), tuttavia
senza rivendicare per il momento una data precisa di
adesione.
L’allargamento all’UE dominerà la futura politica
europea ancora per parecchi anni. I dati relativi al
quadro politico e alla situazione economica dei
candidati all’adesione sono ancora discrepanti. A
prescindere dagli ingenti sforzi, non solo economici,
l’integrazione di questi paesi nei programmi e nelle
strutture esistenti pone l’Unione europea di fronte a
problematiche politiche, economiche, sociali e culturali
mai affrontate prima.
In seguito all’adesione nel 2007 dei due paesi candidati,
la popolazione dell’UE aumenterà fino a raggiungere
480 milioni di cittadini.
Fra i numerosi interrogativi ancora in sospeso vi è
quello di sapere come sarà la coesione interna della
futura UE tenuto conto dello scetticismo nonché
dell’indifferenza espressa da un gran numero di cittadini
degli attuali Stati membri dell’UE.
13
Nonostante ciò, l’Unione Europea non ha intenzione di
tornare sui suoi passi: il processo d’allargamento andrà
comunque avanti.
14
1.2 I partenariati per l’adesione
I negoziati di adesione riguardano la capacità dei
candidati di rispettare tutti gli obblighi di uno Stato
membro dell’Unione Europea e di applicare l’acquis
4
comunitario alla data dell’adesione, in particolare le
misure necessarie ad estendere il mercato unico, che
dovranno essere attuate immediatamente. Il negoziato
riguarda inoltre gli aiuti di preadesione che l’UE potrà
fornire per agevolare il recepimento dell’acquis. Infine,
esso può concludersi anche se il recepimento completo
dell’acquis non venga terminato, grazie all’applicazione
di misure transitorie dopo l’adesione, le quali, infatti,
devono essere limitate in termini di durata e di portata, e
corredate da un piano che definisca chiaramente le varie
fasi di applicazione dell’acquis. Esse non dovranno
comportare modifiche delle norme e delle politiche
dell’Unione, perturbare il funzionamento o provocare
gravi distorsioni della concorrenza.
Il processo di adesione verso l’Est è iniziato il 30 marzo
del 1998 con i paesi del primo gruppo (Cipro, Ungheria,
Polonia, Estonia, Repubblica Ceca e Slovenia) e il 15
febbraio del 2000 con quelli del secondo gruppo
4
Piattaforma comune di diritti ed obblighi che vincolano l'insieme degli
Stati membri dell'Unione europea. L’acquis è costituito dal diritto
comunitario, dagli atti adottati a titolo del 2° e 3° pilastro dell'Unione e dagli
obiettivi comuni fissati dai trattati. L' acquis è in costante evoluzione.
Fonte: sito Commissione Europea.
15
(Bulgaria, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Romania e
Malta). Nonostante ciò la definizione esatta delle
posizioni di negoziato era prevista soltanto in seguito ad
una procedura di valutazione nei particolari (screening)
della situazione di ciascun paese candidato rispetto alla
normativa comunitaria; tale procedura riguarda i paesi
candidati e comportava anzitutto una fase multilaterale
relativa ai chiarimenti d’insieme e quindi una fase
bilaterale per esaminare le difficoltà specifiche di ogni
candidato.
Un aspetto di grande rilievo ai fini dell’adesione all’UE
è il partenariato per l’adesione: mentre gli accordi
europei definiscono le norme di base per le relazioni
commerciali tra l’Unione Europea e i paesi candidati, i
partenariati vertono su ciò che ciascun paese candidato
deve intraprendere per progredire verso l’adesione.
Concretamente questi individuano le priorità generali
del processo di adesione e gli ambiti che necessitano un
aiuto finanziario. I paesi candidati hanno redatto
programmi nazionali per l’adozione dell’acquis
(PNAA), che precisano in maniera circostanziata come
si intendono concretizzare le priorità dei partenariati per
l’adesione e preparare l’integrazione dell’UE. I PNNA
sono pertanto complementari rispetto ai partenariati per
l’adesione: essi stabiliscono i calendari per il
raggiungimento delle priorità e degli obbiettivi e, ove
possibile, indicano le risorse umane e finanziarie
richieste a tale scopo.
16
Si può affermare che i partenariati per l’adesione
riuniscano in un unico quadro quattro elementi:
1. la sorveglianza nell’adeguamento della
legislazione dei paesi candidati ai requisiti stabiliti
dall’acquis comunitario;
2. la programmazione dell’assistenza finanziaria
dell’Unione;
3. le condizioni degli aiuti basati sul rispetto degli
obblighi derivanti dagli accordi europei di associazione
e sui progressi nel rispetto dei tre criteri di Copenaghen
4. i negoziati per ulteriori concessioni reciproche in
materie di scambi di prodotti agricoli.
Inoltre, la Commissione presenta annualmente al
Consiglio europeo la relazione sui progressi constati e,
in base a ciò, raccomanda l’apertura dei negoziati per i
paesi candidati.
Nell’ambito del potenziamento della strategia di
preadesione, il ravvicinamento delle legislazioni
rappresenta chiaramente un obbiettivo prioritario, perciò
è stato necessario rafforzare l’assistenza a questa attività
mediante il prolungamento e rafforzamento del TAIEX
(Technical assistance information exange office), il
quale fornisce informazioni su tutti gli aspetti
dell’acquis e interviene nei paesi candidati, ma non
solamente presso le amministrazioni bensì anche presso
le imprese.
Ad ogni modo, l’armonizzazione delle legislazioni non
è sufficiente: è necessario anche rafforzare le istituzioni
17
responsabili dell’attuazione e dell’applicazione
dell’acquis comunitario. Uno strumento che va in
questa direzione è il gemellaggio
5
, ovvero l’invio di
esperti dell’Unione nei paesi candidati. In questo modo
si mettono in contatto amministrazioni e organismi
pubblici con organismi analoghi di uno stato membro
per lavorare su un progetto specifico che garantisca il
recepimento, l’applicazione e l’attuazione di un aspetto
specifico della normativa comunitaria.
5
I gemellaggi lanciati nel maggio del 1998, costituiscono un’iniziativa
estremamente importante per aiutare i paesi candidati a soddisfare i criteri
nell’applicazione della normativa e nella regolamentazione comunitaria.
Fonte: sito Commissione Europea.
18
1.3 I cittadini europei e l’Unione “allargata”
Il breve quadro generale delineato evidenzia che
l’adesione dei paesi dell’Europa centro-orientale tanto
per dimensioni tanto per differenze strutturali, pone
problemi non riconducibili a quelli incontrati nelle
precedenti esperienze di ampliamento della Comunità.
Le economie dei PECO infatti, pur avendo compiuto
significativi progressi negli anni successivi alla
transizione verso il mercato, sono caratterizzate da
situazioni fortemente differenziate, sia sul piano
strutturale che congiunturale.
Fra le apprensioni che l’ampliamento desta fra i
cittadini dell’UE figura al primo posto la sicurezza
personale, cioè il rischio che aumentino la criminalità e
l’immigrazione. Gli attuali stati dell’UE, inoltre,
temono una riduzione del livello di protezione dei
consumatori, specie per quanto riguarda le norme
alimentari, e un aggravarsi dei problemi ambientali, tra
cui i rischi potenziali connessi alle centrali dei futuri
membri. Questa diffidenza è dovuta in parte alla scarsa
conoscenza della situazione effettiva dei paesi
interessati e in parte alla consapevolezza del notevole
divario socioeconomico creatosi con i paesi dell’Europa
centrale e orientale a mano a mano che venivano
introdotte ad occidente norme sempre più rigorose.