Introduzione
V
All’interno del capitolo sono riconoscibili due ampie sezioni: nella prima verranno
collocate tutte le informazioni relative alla datazione, allo stile, ai destinatari dell’opera,
mentre nella seconda verranno presentate le tre giovani, con attenzione alle diverse fonti
disponibili, alla divulgazione del culto, all’aspetto iconografico e celebrativo.
Il terzo capitolo costituirà il nucleo dello studio. Verranno introdotti, spiegati e
catalogati i verbi metafonologici. Presenti in tutti e tre i testi in questione, essi introducono le
battute del discorso diretto. Una volta forniti gli strumenti, si procederà all’analisi di tali
forme all’interno delle passiones prendendo in esame due versioni, denominate
rispettivamente Bodley 34 e Royal 17 A.XXVII, dal nome degli omonimi manoscritti. Il
passo successivo consisterà in un’attenta valutazione degli aspetti lessicali, grafici e delle
parti dialogate. Quest’ultimo punto verrà affrontato in modo da far emergere tutta
l’espressività e l’intensità che hanno avuto grande presa sul pubblico.
Primo capitolo
1
CAPITOLO 1: IL MARTIRIO E L’ANTICHITÀ
1.1 Il martirio
1.1.1 Significato del termine ‘martirio’
Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate, dunque, prudenti come i
serpenti e candidi come le colombe. Guardatevi poi dagli uomini, perché vi
consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti
davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. E
quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa
dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete
infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del padre vostro che parla in voi. E sarete odiati da
tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla morte sarà salvato. (Mt, 10, 16-
22)
‘Martirio’ deriva dal greco martyr, ‘testimone’, poi martire nel senso di testimone
delle fede; è l’accettazione dei patimenti, delle sofferenze o della morte per non rinunciare
alla propria fede o ai propri principi o ideali
1
.
Al sacrificio corrisponde un premio, che varia a seconda della fede religiosa. In
genere si tratta della prospettiva di accedere al Regno Celeste, il paradiso, e della possibilità
di intercedere per i vivi. Tutti gli apostoli, eccetto Giovanni, che venne torturato ed esiliato,
affrontarono il martirio; non ebbero paura di pagare con il sangue quello che avevano vissuto
e quello in cui credevano. Come il battesimo, anche il sacrificio del martirio rende l’anima
degna dell’ingresso immediato nei cieli.
In tempi più recenti, il termine viene impiegato anche per definire impegni come
l’opera missionaria in un ambito particolarmente difficile o, in senso figurato, per indicare
situazioni gravose e difficili.
1
DISC (Dizionario Italiano Sabatini Coletti) Giunti, Firenze, 1997
Primo capitolo
2
1.1.2 Il martirio e le grandi religioni monoteiste
Il martirio è una pratica presente nelle grandi religioni monoteiste; in ambito
cristiano è testimonianza diretta dell’amore verso Cristo, in modo incondizionato e totale.
Con il suo sacrificio per salvare gli uomini, Gesù è il primo martire cristiano e gli apostoli,
letteralmente ‘inviati, messaggeri’, portano il suo messaggio tra gli uomini.
Si parla di martirio ebraico per definire e ricordare le sofferenze patite dal popolo
ebraico. I rabbini accettavano il martirio solo in casi particolari, come se la morte
rappresentasse l’unica via di uscita per evitare l’incesto, l’adulterio, l’idolatria e l’omicidio.
Nella religione islamica, il martirio si lega all’uccisione di Husayan, secondo figlio
di Alì, genero del profeta Maometto; la sua tomba, a Karbala, è diventata un santuario
secondo per importanza soltanto alla Mecca. Nella visione islamica risulta fondamentale il
concetto di jihad, letteralmente ‘sforzo’ sulla via di Allah; può essere un impegno collettivo
o individuale per il bene dell’Islam. Adempiere a questo compito è una delle vie per
diventare martire o shahid (chi muore in una battaglia sacra).
1.1.3 Il martire
Martire deriva dal greco martýs, ‘testimone’, in quanto il cristiano che confessi la
propria fede in Gesù sino alla morte, testimonia la signoria di Cristo. Scegliendo il sacrificio
come atto di amore estremo, egli diventa una realtà sola con il Crocifisso e rende a Dio la
medesima testimonianza di fedeltà.
Martire è colui che muore per la fede; ciò che rende tale il martire è la sua morte a causa
della fede, non solo la testimonianza della fede.
I cristiani, dunque, sono martiri, perché testimoni di Cristo: professano la loro fede
in Lui e, per questo, vengono perseguitati ed uccisi. Gesù ha preparato gli apostoli ad essere
martiri attraverso l’uso di sermoni e parabole, definendoli pecore in mezzo ai lupi; essi
Primo capitolo
3
sanno perché debbano accettare la morte per mano di quei ‘lupi’ che stanno cercando di
salvare, sanno che uccideranno il corpo, ma non lo spirito
2
. In quanto testimoni della vita,
dell’amore e della missione di Cristo, essi dovranno guidare e ricondurre la parte cattiva e
disobbediente del mondo nuovamente verso il Padre.
1.1.4 Caratteristiche dei martiri
Il carattere comune a tutti i martiri è il coraggio davanti alla morte: quasi tutti
accettano la condanna con un ‘Deo Gratias’. Essi vivono in modo consapevole un’esperienza
violenta e terribile, sia dal punto di vista fisico che psicologico. Il loro atteggiamento è
sereno, a volte perfino sfrontato ed irriverente; affrontano la sofferenza e la morte con gioia,
quasi fosse una liberazione dal corpo, che appare solo un involucro temporaneo del loro
spirito sempiterno. La libertà di parola che essi mostrano nasce dalla certezza con cui la fede
è vissuta.
Un’altra caratteristica dei martiri è la saggezza, necessaria per sapere cosa dire e
quando, per poter vivere la morte con gioia; essi, infatti, non avranno nessuna possibilità di
salvarsi dal loro destino, ma serviranno la causa di Cristo per poter assicurare la
realizzazione del progetto di salvezza dell’uomo sulla terra.
Secondo alcune regole, stabilite tra il IV e il V secolo, esistono 7 onori che devono
essere tributati a un martire:
il suo nome deve essere iscritto nel catalogo dei santi e deve essere fissato un
pubblico riconoscimento;
la sua intercessione viene invocata nelle preghiere della Chiesa;
chiese dedicate a Dio sono erette alla sua memoria;
nel suo nome vengono celebrati il servizio divino e quello eucaristico;
la sua festa viene osservata e celebrata;
2
TON J., Suffering, martyrdom, and rewards in heaven, University Press of America, Lanham 1997, p. 79
Primo capitolo
4
vengono realizzate delle rappresentazioni artistiche in cui è circondato da una luce
celeste e gloriosa;
le sue reliquie vengono conservate in preziose urne e onorate pubblicamente
3
.
Ogni giorno del calendario cristiano è dedicato a uno o più santi, e in ciascun giorno
vengono recitate preghiere ed orazioni speciali per l’assistenza ai fedeli durante la loro vita,
la protezione nei momenti più difficili, la guarigione dalle malattie e altre benedizioni che
prima venivano rivolte a Dio.
1.1.5 Cosa rende un martire santo
Nel corso della storia, la Chiesa ha riconosciuto il titolo di beati, e poi santi, a molti
dei suoi martiri. Questo avviene attraverso il processo di canonizzazione; il termine deriva
del greco Kanonizein ‘inserire nel canone’. Nella Chiesa cattolica è l’atto col quale il Papa,
in seguito alla beatificazione, proclama pubblicamente la santità di un defunto, proponendolo
alla venerazione dei fedeli.
La canonizzazione può considerarsi un’evoluzione naturale dell’antica tradizione cristiana,
in cui i martiri venivano onorati pubblicamente; in seguito il culto seguì la spontaneità
popolare.
Soltanto a partire dal 1171 si arrivò a regole più precise, con papa Alessandro III,
che riservò al papato il diritto della canonizzazione. Papa Urbano VIII, tra il 1625 e il 1634,
fissò la procedura che, seppur con qualche modifica, viene usata ancora oggi.
Per considerare un santo come tale sono necessarie delle caratteristiche specifiche:
la canonizzazione, a parte dei casi straordinari, non può essere decretata finché non siano
trascorsi almeno 50 anni dalla morte del candidato. Il processo si svolge in più parti e
3
TON J., op. cit., p. 367
Primo capitolo
5
prevede un’analisi accurata e la raccolta di prove e testimonianze sull’esemplarità della vita
cristiana, sulle virtù eroiche e l’attestazione di almeno 2 miracoli.
Colui che si appresta a diventare santo si sarà distinto nella vita per il modo di
manifestare i propri pensieri, per l’agire coerente con il modello di Cristo e in armonia con la
volontà di Dio.
Se l’esame ha esito positivo, il papa accoglie la causa e l’assegna al comitato della
Congregazione per le cause dei santi; in questo modo viene ‘introdotta la causa’. Con
l’introduzione della causa il beatificando riceve il titolo di ‘venerabile’. La fase finale di
questo lungo percorso porterà alla canonizzazione definitiva, sancita con una cerimonia
solenne nelle basilica di San Pietro in Vaticano.
Oltre alla canonizzazione ufficiale, esiste la canonizzazione equivalente, basata sulla
prova di venerazione da data immemorabile o di un riconoscimento papale che consenta la
venerazione, a patto che sia anteriore alle norme introdotte da Urbano VIII. Va ricordata
anche la canonizzazione equipollente, una procedura più snella delle altre, seguita dal papa,
che raccoglie personalmente i risultati del processo preliminare e decreta immediatamente la
beatificazione.
Recentemente, i tempi per la canonizzazione si sono ulteriormente accorciati; lo
prova il caso di Madre Teresa di Calcutta, deceduta nel 1997 e proclamata santa nel 2003,
grazie all’intervento di papa Giovanni Paolo II; con la costituzione apostolica Divinus
Perfectionis Magister, del 25 gennaio 1983, vengono infatti ridotti in modo significativo i
tempi burocratici per la canonizzazione.
Questo procedimento è in via di attuazione dal suo stesso successore, papa Benedetto
XVI, proprio per la causa di beatificazione di Karol Wojtyla
4
.
4
<http: //www.profeta.it /? =C=1688&a=1304> 16 \ 5 \ 2005
Primo capitolo
6
1.2. Il cristianesimo e le persecuzioni
1.2.1 Il cristianesimo e la società
Nato nella provincia della Giudea intorno al 30 d.C., il cristianesimo ha conosciuto
una diffusione rapida e capillare nelle diverse regioni dell’impero romano. L’origine va
individuata nel giorno della Pentecoste, quando gli apostoli ricevettero lo Spirito Santo. Si
tratta di una vera e propria festa che cade nella settima domenica dopo la Pasqua; in
quell’occasione, i testimoni più vicini a Gesù sciolsero ogni dubbio e timore ed iniziarono
con coraggio e devozione la predicazione e battezzarono migliaia di ebrei
5
.
I Vangeli non erano ancora stati scritti ma la predicazione era giunta rapidamente e
con successo fino alle province romane dell’Asia Minore, in territorio africano fino
all’Egitto, e in Siria.
Gli intellettuali del tempo pensavano che il fenomeno del cristianesimo sarebbe
rimasto confinato tra coloro che avevano delle affinità: la stessa classe sociale, gli stessi
mali, le stesse gelosie, le stesse rivendicazioni. Appena nato però, il cristianesimo aveva
saputo abbattere qualsiasi barriera di razza, lingua e cultura
6
.
Tra le varie classi sociali che accolsero con successo questa dottrina si trovavano gli
schiavi, che costituivano una parte considerevole del mondo antico, ed in particolare di
quello romano. Essi non erano solo dei semplici servitori, ma un vero capitale produttivo da
cui si ricavava del guadagno a prezzo di sforzi disumani.
Il cristianesimo si era diffuso anche tra la borghesia, tra i mercanti e perfino tra i
soldati; in particolare tra questi ultimi incontrò molto successo e produsse un alto numero di
martiri.
Analisi storiche e testimonianze portano l’uomo moderno a porsi una domanda:
perché i cristiani, conquistatori e allo stesso tempo conquistati, si sono lasciati controllare
così passivamente senza mai ribellarsi?
5
MARAVAL P., Les persécutions des chrétiens durant le quatre premiers siècles, Desclée, Paris, 1992, p. 7
6
ALLARD P., Dieci conferenze sul martirio, Pustet, Roma, 1912, p. 126
Primo capitolo
7
Scelsero la via del sacrificio perché erano destinati a far conoscere una nuova virtù.
Dovevano provare, con tre secoli di martirio, la pazienza di una dottrina che doveva trionfare
e far cadere ai suoi piedi tutte le potenze
7
.
1.2.2 Le persecuzioni: cause storiche
Con ‘persecuzione’ si è soliti indicare una serie di misure repressive, temporanee o
permanenti, prese dalle autorità nei confronti di gruppi o singoli individui; tali restrizioni
possono essere totali o possono garantire una minima tolleranza
8
. Il termine latino persecutio
indicava all’origine un procedimento giudiziario; con il tempo in ambito religioso, ed in
particolare nell’area cristiana, questo è diventato sinonimo di accanimento ingiusto e
crudele.
Il timore dei pagani era che i cristiani togliessero loro le tradizioni, la cultura, le
usanze e il potere.
Questa era la situazione dei cristiani nei primi secoli; venivano spesso confusi ed
associati agli ebrei, perché entrambi rifiutavano il culto pagano e seguivano credenze e
rituali diversi che si allontanavano da quelli seguiti dalla maggioranza della popolazione. I
pagani romani criticavano i giudei per il loro ateismo, l’esclusivismo e la cura nel
conservare la purezza della razza
9
.
I cristiani venivano disprezzati ancora più duramente rispetto ai giudei; a differenza
di questi, non erano dediti ai sacrifici e rifiutavano di tributare gli onori religiosi
all’imperatore.
Si arrivò ad una distinzione in tre classi distinte: gentili, ebrei, cristiani
6
; essendo al
grado più basso, questi ultimi venivano accusati di tutte le colpe più gravi e riprovevoli,
7
ALLARD P., op. cit., p. 156
8
MARAVAL P., op. cit., p. 5
9
ALLARD P., op. cit., p. 97
Primo capitolo
8
come delitti, incesti, e manipolazione culturale. Per la società di quel tempo apparivano
come una classe mostruosa ed estranea al concetto di umanità
10
.
Gli imperatori del II secolo non consideravano i cristiani così pericolosi; tuttavia,
spinti dalla pressione del popolo, arrivarono a considerare l’essere cristiani una colpa che
doveva essere punita severamente.
Dal canto loro, i cristiani chiedevano solo di poter professare la fede secondo la loro
coscienza; non avevano mai chiesto di vivere separati dal resto della popolazione, né di
sottrarsi ai doveri comuni a tutti i cittadini.
Di fronte all’incomprensione dell’opinione pubblica, essi cercarono di far conoscere
le loro ragioni e presentare la loro dottrina, i concetti teologici, le pratiche del culto e le
norme morali.
In un arco di tempo compreso tra il 64 d.C., data del primo massacro di cristiani ad
opera di Nerone, e il 313, anno della promulgazione dell’editto di tolleranza, i cristiani
vissero in un’atmosfera a loro ostile, che limitava la loro libertà di pensiero e di culto.
1.2.3 La politica religiosa di Diocleziano e Massenzio
Diocleziano (243 - 313 d.C.), imperatore dal 284 al 305, contribuì al rinnovamento
dell’impero grazie a numerose riforme. In ambito religioso, le sue scelte diventarono sempre
più di stampo assolutistico; come imperatore, accentuò il carattere divino del sovrano con
l’introduzione di cerimonie di tipo orientale e si auto dichiarò Jovius, discendente diretto di
Giove.
Intraprese le persecuzioni contro i cristiani a partire dal 302; la sua politica risultava
incompatibile con i credenti, in quanto essi si rifiutavano l’atto di adorazione verso
l’imperatore.
10
ALLARD P., op. cit., p. 98
Primo capitolo
9
Distrusse numerose chiese, tra cui quella di Nicomedia, e fece bruciare i libri delle
Scritture
11
. Sotto il suo regno, tra i numerosi martiri figurano anche Margherita di Antiochia
e Giuliana di Nicomedia.
Massenzio Marco Aurelio Valerio (278ca - 312 d.C.), imperatore dal 306 al 312,
continuò la politica anti-cristiana e le persecuzioni, soprattutto in Oriente
12
. Tra i martiri
caduti durante il suo regno è presente Caterina d’Alessandria.
11
MARAVAL P., op. cit., p. 107
12
MARAVAL P., op. cit., p. 122
Primo capitolo
10
1.3 L’evoluzione del martire
Nelle comunità monastiche il culto dei martiri rimane particolarmente vivo: i monaci
sono dei ‘martiri viventi’ che si impegnano con costanza, pazienza ed energia per preservare
la loro scelta di vita.
Si distinguono tre tipi di martirio: il ‘martirio rosso’ caratterizzato dallo spargimento di
sangue; il ‘martirio bianco’, quello di chi dedica la propria vita a Dio nell’ascesi e nella
verginità; il ‘martirio verde’, vissuto mettendo in atto le opere penitenziali, o il viaggio
missionario per portare il Vangelo in altri paesi
6
.
1.3.1 Il ruolo della donna
Per quanto riguarda la posizione delle donne, esse rimangono escluse dai più alti
ministeri, ma sono comunque in grado si svolgere importanti incarichi nelle opere di carità e
proselitismo nelle famiglie. Vengono viste con sospetto, poiché simboleggiano la fonte di
peccato e di tutti i mali per l’uomo. Proprio per questo, nel corso delle storia, l’educazione
femminile si orienta verso modelli rigidi basati sulla sottomissione e l’obbedienza; diventa
quasi un’esigenza reprimere gli istinti erotici, piegare il corpo alla castità per preservare una
verginità incontaminata
7
.
6
<http://www.kattoliko.it/leggendanera/antichità/sordi martirio.htm> 18 \ 7 \ 2005
7
<http://www.liceovoltacomo.it/pertesti/donna/cris.htm> 18 \ 7 \ 2005
Secondo capitolo
11
CAPITOLO 2: IL ‘KATHERINE GROUP’
2.1 Premesse storiche
Il periodo tra il XII e il XIII secolo si caratterizza per un forte risveglio della
spiritualità religiosa, soprattutto di tipo femminile. In questa fase infatti, le donne tendono a
rifiutare il matrimonio e ad isolarsi dalla famiglia per vivere in solitudine. Non lo fanno per
disprezzare la maternità o l’educazione dei figli: esse comprendono che per liberarsi dal
proprio stato di inferiorità è necessario seguire un nuovo tipo di vita, offerto dai movimenti
spirituali
1
. Le nuove generazioni di fanciulle venivano educate alla realizzazione dell’ascesi,
basata sulla rinuncia e la sottrazione, la modestia e il contegno, la preghiera e la
contemplazione.
‘Mulieres sanctae’ era l’espressione che indicava gruppi di donne le cui forme di
organizzazione sociale e il cui stile di vita ricercavano la povertà, il rifiuto della ricchezza, il
rifiuto di dare ordini
2
. Questo nuovo modo di vivere la vita si sviluppa rapidamente in
Francia, Inghilterra, Germania e Italia.
Tra gli ordini femminili che trovano maggiore riscontro si segnala quello delle
beghine, nato nel nord Europa; raccoglie vedove e donne non sposate, e si pone come un
ritiro contemplativo e una nuova forma di esperienza. Proprio per questo però viene criticato
per l’eccessiva libertà, soprattutto dagli ordini ecclesiastici maschili, tanto da venire
sospettato ed etichettato come covo di eretiche.
Un altro movimento è quello delle clarisse, fondato da Chiara di Assisi e basato
sull’assistenza ai poveri, la vita mendicante, il lavoro, la mancanza di pregi e l’umiltà
3
.
1
DELLA CROCE G., Il genio femminile –la femminilità della donna dal medioevo ai giorni nostri-, Ares,
Milano, 1999, p. 14
2
DIENZELBACHER P., BAUER D. R., Movimento religioso e mistica femminile nel Medioevo, University
Press of America, Lanham, 1997, p. 4
3
DINZELBACHER P., BAUER D. R., op. cit., p. 59
Secondo capitolo
12
Nel corso dei secoli XII e XIII diversi gruppi di monaci hanno dato vita a nuove
forme di religiosità, prendendo spunto dalle esperienze di isolamento e di esistenza ritirata
nell’antico Egitto; i fondatori dei nuovi monasteri hanno familiarità con i testi riguardanti la
vita solitaria, come le Vitae Patrum
4
.
In Inghilterra forme di vita solitaria erano già presenti dai tempi della conversione
degli Anglo-sassoni e hanno superato l’impatto della conquista; nelle Cronache i resoconti
delle vite di eremiti sono una presenza costante nel panorama letterario di quel tempo. In
questo contesto la vita condotta secondo la fede cristiana, sia in monastero che in famiglia,
era la premessa per la solitudine, una delle caratteristiche tipiche dell’esistenza anacoretica.
2.1.1 L’anacoretismo
L’anacoreta è una figura presente e diffusa nell’Inghilterra medievale, che dedica la
sua esistenza a Dio e all’ascetismo. La sua vita è segnata da contraddizioni apparenti:
rinchiusa ma esposta, nascosta ma visibile, solitaria per scelta, distinta dalla vita eremitica
5
.
La sua casa è una cella di dimensioni ridotte, posta solitamente a ridosso della chiesa: questa
rappresenta il ‘campo di battaglia’, il deserto su cui l’anima deve scontrarsi con gli istinti, i
demoni, e le tentazioni prima di separare la sfera emozionale da quella fisica, ma è anche
luogo di contemplazione, simbolo della prigione dei primi martiri, rifugio
6
. Altre
caratteristiche di questo modo di vivere sono l’adattamento a spazi angusti, l’assenza di
comodità, il cibo, le bevande e la comunicazione verso l’esterno ridotti all’essenziale; solo
così ci si può predisporre all’attesa della venuta di Cristo. L’idea della vita come morte
vivente può sembrare una contraddizione, mentre in realtà è a fondamento delle cerimonie di
iniziazione nel periodo medievale: la postulante riceveva l’estrema unzione come gesto che
4
SAVAGE A., WATSON N., Anchoritic spirituality, Ancrene Wisse and associated works, Paulist Press,
Mahwah, New Jersey, 1991, p. 3
5
WARREN A. K., Anchorites and their patrons in Medieval England, University of California Press, Berkeley,
1985, p. 7
6
WARREN A. K., op. cit., p. 12
Secondo capitolo
13
sanciva la definitiva fine della vita più materiale e terrena. Questa visione della vita
eremitica così cupa viene smorzata dalle motivazioni che spingevano a compiere una scelta
così radicale: poteva essere una forma di penitenza per purificarsi dai peccati, o una scelta
ascetica, che sottolineava la pericolosità del mondo e la fragilità dell’uomo
7
.
Un’altra caratteristica degli eremiti è la scelta della castità come emblema di purezza
fisica e spirituale; la castità diventa specchio dell’autodisciplina e della capacità di
combattere le debolezze. L’anacoreta è sposa e vedova di Cristo al tempo stesso: egli è
costantemente presente nella sua vita attraverso gli elementi eucaristici, ma è fisicamente
inaccessibile.
Questo percorso difficile e rinunciatario è costellato di momenti difficili e dubbi, ma
una volta raggiunta la giusta ‘purezza del cuore e dell’animo’ si è in grado di affrontare e
vivere la vita con equilibrio e distacco.
L’esperienza degli anacoreti in Inghilterra inizia in concomitanza con il periodo
anglo-normanno; nel XIV secolo risulta una forma di vita ben inserita e accettata dal punto
di vista sociale, economico, culturale soprattutto nelle zone rurali e nelle piccole città. Si
sviluppa con successo sia nel XV che nel XVI secolo a Londra, Lincoln, nel Kent, a
Norwich, a Lynn.
L’anacoretismo medievale inglese si caratterizza per la durata, l’alto grado di
stabilità interna e nel costante supporto da parte di altre comunità religiose così come della
monarchia
8
. Il supporto finanziario consisteva principalmente di offerte e donazioni: gli
anacoreti potevano contribuire in piccola parte, le donne con i lavori di ricamo e cucito, gli
uomini in qualità di copisti.
7
SAVAGE A., WATSON N., op. cit., p. 16
8
WARREN A. K., op. cit., p. 286