2
Il contenimento delle responsabilità, oltre a costituire il fine precauzionale cui
il gruppo aspira, finisce per costituirne l’elemento essenziale per muoversi
liberamente sul mercato, per poter indirizzare le varie attività del gruppo tra i diversi
settori a cui le scelte imprenditoriali sono rivolte.
L’era della globalizzazione economica, nella quale tendono a diventare più
labili i confini dei singoli Stati in vista del delinearsi di un unico scenario mondiale,
accentua la vitalità e l’utilità della scelta del “gruppo” come forma più idonea a
valutare, investire ed operare nelle diverse realtà dei Paesi che si muovono in questo
contesto globale.
L’impresa, operando in più realtà economiche, lavorative e fiscali, finisce
spesso per acquisire una connotazione “multinazionale” e il gruppo di società
costituisce senz’altro la soluzione per tener insieme tutte queste distinte realtà,
esaltarle nei loro singoli aspetti positivi, riconducendole, tuttavia, ad unità come
singole forze di un unico soggetto: il “gruppo”.
E un protagonista tanto vitale in senso economico non poteva non attrarre
l’attenzione dei nostri legislatori, tributario e civilista, che al gruppo hanno dedicato
importanti interventi, seppure settoriali. Quel che da tempo si auspicava, in ambito
tributario, era l’introduzione di uno specifico metodo di tassazione che in qualche
modo rispecchiasse l’unità della figura a cui si riconducono le varie entità che lo
compongono.
Cosi, analogamente alle esperienze offerte da altri Paesi, a livello comunitario
e non solo, anche nel nostro ordinamento si è provveduto a dotare il gruppo di
imprese di un proprio metodo di tassazione consolidata; ciò è avvenuto con
l’emanazione della legge delega 7 aprile 2003, n. 80, con la quale si è avviata la
riforma del sistema fiscale e, con specifico riguardo all’argomento in esame, si è
pervenuti all’elaborazione di un sistema di imposizione consolidata.
La trattazione che segue, dedicata all’analisi dei punti salienti relativi alla
disciplina del consolidato nazionale, non poteva mancare di illustrare, quale
imprescindibile premessa all’introduzione dello stesso, le principali argomentazioni
dottrinali e le conquiste giurisprudenziali raggiunte sul tema del complesso e delicato
dibattito relativo al riconoscimento della soggettività giuridica e tributaria del gruppo
di imprese.
Più specificamente, il primo capitolo, riservato agli aspetti civilistici del
gruppo d’imprese, si apre con l’analisi dei concetti di controllo e di gruppo, nonché
3
dell’elemento ulteriore che si ravvisa nella realtà dei rapporti relativi ai gruppi
d’imprese: il concetto di direzione unitaria, cui già faceva riferimento la legge 30
gennaio 1979, n. 26, relativamente all’amministrazione straordinaria delle grandi
imprese in crisi. L’esposizione procederà con l’individuazione dei principali aspetti di
uno dei più importanti interventi legislativi rivolti al gruppo d’imprese, quello
contenuto nel capo IX, intitolato “Direzione e coordinamento di società”, che va ad
aggiungersi al titolo V del libro V, avente ad oggetto l’attività di direzione e
coordinamento da parte di una società o da parte di un ente su una o più società, in
virtù di un rapporto di controllo.
Adottando le risultanze di tale trattazione quale irrinunciabile presupposto,
nello stesso capitolo saranno evidenziate le più autorevoli posizioni dottrinali volte,
da un lato, a legittimare o meno la soggettività del gruppo, altre volte a fornire
un’analisi accurata dei concetti relativi ai rapporti sottesi alla sua struttura. Alle
risultanze delle suddette argomentazioni si aggiungono quelle della giurisprudenza
che, come vedremo, nelle pronunce più recenti mostra di prendere atto della
sussistenza di questa nuova entità economica, nonché ad attribuire un adeguato rilievo
giuridico al rapporto che lega più società tra loro.
Nel secondo capitolo, invece, verrà evidenziata quella che è stata l’evoluzione
della fiscalità dei gruppi, partendo dalla situazione antecedente fino ad arrivare al
contesto in cui si inserisce la riforma del sistema fiscale. In particolare, nella prima
parte si andrà ad evidenziare il trattamento fiscale del gruppo pre-riforma, con
riferimento all’imposta sul valore aggiunto, alla tassazione sul reddito e al
meccanismo del credito d’imposta sui dividendi. Partendo dalla suddetta analisi,
verranno esaminate le più rilevanti argomentazioni con cui la dottrina ha proceduto,
sempre nella fase antecedente la riforma, a sostenere la possibilità di un’autonoma
tassazione del gruppo, con specifico riferimento ai correlati aspetti della soggettività
tributaria, della capacità contributiva e delle risultanze del bilancio consolidato
d’esercizio. Il capitolo terminerà con l’individuazione delle principali innovazioni
introdotte con la legge delega 7 aprile 2003, n. 80 e delle basi su cui poggia la scelta
del legislatore in tema di tassazione consolidata dei gruppi.
Il capitolo successivo, il terzo, sarà dedicato all’argomento oggetto del
presente lavoro: la disciplina del consolidato nazionale. Dalla visione del complesso
iter dal quale scaturisce il vigente regime di tassazione consolidata, si andranno ad
esporre i principali aspetti della disciplina sul consolidato “domestico”: dal requisito
4
del controllo e, dunque, dei soggetti ammessi alla tassazione consolidata, alle
condizioni, alla durata ed esercizio dell’opzione, dalla determinazione dell’imponibile
di gruppo, al problema delle attribuzioni compensative a tutela delle minoranze, dalla
gestione delle perdite, al regime di neutralità dei trasferimenti infragruppo, dagli
eventi interruttivi della tassazione consolidata, agli obblighi dichiarativi e formali, per
arrivare, infine, al regime della responsabilità tra soggetti partecipanti al consolidato.
Una volta delineate le caratteristiche del consolidato domestico, si procederà,
nel capitolo quarto, ad individuare le soluzioni in tema di tassazione consolidata
adottate da altri Stati europei, con particolare riguardo alla distinzione operata in
materia tra i due sistemi di tax consolidation e di group relief.
La trattazione troverà il suo completamento nel capitolo cinque, ove si
andranno ad illustrare gli aspetti più rilevanti della disciplina del “consolidato
mondiale”, i cui tratti distintivi sono contenuti nell’articolo 4, comma 1, lettera b),
della legge delega, avente per oggetto la disciplina relativa alla tassazione consolidata
in presenza di un gruppo di società, residenti e non residenti nel territorio dello Stato,
facenti capo ad una società controllante. In particolare, nello stesso verranno posti in
evidenza i principali punti in cui si articolano le differenze rispetto al consolidato
domestico e, a necessario completamento del quadro, dei brevi cenni di comparazione
con le esperienze di consolidamento mondiale adottate in Francia e in Olanda.
5
CAPITOLO I
GLI ASPETTI CIVILISTICI DEL “GRUPPO” D’IMPRESE
1 - Controllo e gruppo nel codice civile.
La rilevanza dei gruppi di società nella realtà economica non è accompagnata
da una espressa previsione del concetto di “gruppo di imprese” da parte della
legislazione civile.
Il nostro ordinamento, infatti, non conosce una definizione espressa ed
unitaria del gruppo di imprese, anche se questo non vuol dire che a tale figura sia
attribuita scarsa rilevanza.
Una esplicita previsione legislativa del gruppo sussiste, invece,
nell’ordinamento tedesco (a cui, peraltro, si rifà il progetto di Settima direttiva
comunitaria in materia di gruppi di imprese
1
): il paragrafo 18 della legge tedesca,
infatti, individua il “gruppo” nella situazione in cui vi sia un’impresa dominante e una
o più imprese dipendenti, riunite sotto la direzione unitaria dell’impresa dominante e
che, in virtù di tale situazione, si considerano facenti parte di un unico gruppo
2
.
Dunque, fin da una prima lettura della disposizione tedesca, è possibile
ravvisare il carattere essenziale del concetto di gruppo nella situazione di direzione di
una società, quella dominante, e nella corrispondente situazione di dipendenza
dell’altra o altre società; in tale rapporto lo strumento di controllo azionario diviene
soltanto il mezzo attraverso cui tale rapporto di “dominanza-dipendenza” si realizza
in concreto.
Come accennato, l’ordinamento italiano prende in esame il soggetto “gruppo
di imprese” non focalizzando la sua individuazione in un’unica norma,
occupandosene invece a più riprese in relazione agli interventi normativi che, ora più
specificamente, ora in maniera più indiretta, hanno dato rilevanza al fenomeno: a
partire dall’art. 2359 del codice civile e al collegato d. lgs. 9 aprile 1991, n. 127, alle
diverse e numerose previsioni che nel tempo si sono susseguite sull’argomento e tra
cui occorre senz’altro ricordare le leggi 7 giugno 1974, n. 216, 3 aprile 1979 n. 95, 25
febbraio 1987, n. 67, 10 ottobre 1990, n. 287, 9 gennaio 1991, n. 20, 1 settembre
1993, n. 385.
1
Del 15 giugno 1983, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Cee n. 193 del 18 luglio 1983.
2
F. Galgano, I gruppi di società, in “Le Società”, trattato diretto da F. Galgano, Utet, Torino, 2001, pag. 51.
6
Ai numerosi provvedimenti normativi, occorre poi aggiungere l’attenzione
rivolta ai gruppi di imprese da parte del diritto tributario, attenzione sfociata in
numerose disposizioni dettate in tema di imposte dirette, regolamentazione della
riscossione e imposta sul valore aggiunto.
Nonostante la moltitudine di interventi normativi dedicati al fenomeno
“gruppo” e alle sue notevoli implicazioni, l’individuazione di una nozione unitaria e
generale è accompagnata ancora da numerose difficoltà dettate, soprattutto, dalla
complessità di riportare ad un concetto dai confini ben definiti e inquadrabili una
realtà che si presenta variegata, a geometria variabile
3
, sia per quanto concerne il
profilo morfologico, sia per quanto attiene il correlato aspetto della regolamentazione.
Così, muovendo da considerazioni per lo più riconducibili a caratteristiche di
valenza economico-aziendale, l’attenzione degli studiosi e l’analisi del concetto del
gruppo si sono rivolte prevalentemente ai due pilastri del problema: il “gruppo”
stesso e il concetto di “controllo”, che al gruppo è indissolubilmente collegato.
Ed è proprio su tali rapporti di controllo tra le società appartenenti al gruppo
che sarà incentrata la nostra analisi volta ad individuare la soggettività del medesimo.
Tale analisi non può che prendere le mosse dal quadro normativo delineato in
ambito civilistico.
Nonostante la conoscenza e il peso dei “gruppi d’imprese” a livello
economico non fossero sconosciuti al legislatore del 1942, come dimostra la lettura
del paragrafo 4 della relazione del ministro di Grazia e Giustizia al libro quinto del
codice civile, egli ha preferito disciplinare le singole figure di società privilegiando
una concezione atomistica del fenomeno, ossia considerando come le società,
indipendentemente dalle dimensioni, costituiscano realtà distinte e autonome e come
tali chiuse in se stesse.
Il suo intervento in materia si è quindi limitato a prevenire e ostacolare quelle
pericolose forme di collegamenti societari che potessero intaccare l’integrità del
capitale sociale.
Il problema della riconducibilità del gruppo di società nel novero dei soggetti
giuridici, come sopra accennato, è in primo luogo legata all’esame del contenuto e dei
confini del concetto di “controllo”, al quale il legislatore civile ha dato collocazione
nell’art 2359 cod. civ.
3
L’espressione è tratta da A. Giovannini, Soggettività tributaria e fattispecie impositiva, Padova, 1996, pag.
364.
7
Tale articolo, modificato dall’art. 1 del d. lgs. 9 aprile 1991, n. 127, individua
le due forme di controllo che possono realizzarsi tra società: il controllo c.d. interno e
quello c.d. esterno.
La prima figura di controllo, basato sulla partecipazione azionaria, é
individuata dai numeri 1) e 2), del primo comma, dell’art. 2359 cod. civ.
Il punto 1) individua il controllo interno di diritto, il quale si realizza quando
una società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria di
un’altra società; il punto 2) identifica il controllo interno di fatto, quello in cui una
società dispone dei voti sufficienti a fornirle un’influenza dominante nell’assemblea
ordinaria dell’altra società.
In entrambe le ipotesi, il secondo comma dello stesso articolo specifica che
nel computo dei voti si dovrà tener conto anche di quelli spettanti a società
controllate, fiduciarie e a interposta persona, escludendo quelli spettanti per conto
terzi. Tale modalità di controllo è detta indiretta.
Nel controllo di tipo esterno, individuato dal n. 3) del primo comma dell’art.
2359 cod. civ., saranno i particolari vincoli e legami nascenti da contratti, quali quelli
di esclusiva nella fornitura di merci, di know-how o provenienti da altre situazioni di
carattere contrattuale che si delineano come decisive nell’esercizio dell’attività della
società dipendente, a originare in concreto la posizione dominante di una società
rispetto all’altra.
Non è sufficiente, dunque, la semplice dipendenza di carattere economico
essendo determinante, ai fini del controllo esterno, che i vincoli contrattuali siano
idonei a produrre i medesimi effetti che si realizzano con il controllo interno
4
.
Questo risultato si realizza quando, in virtù dei contratti di cui sopra, la società
dominante conserva il potere di approvazione di atti fondamentali dell’altra società o
il potere di designare il totale o la maggioranza degli amministratori di essa.
Tuttavia, i due concetti di controllo a cui l’art. 2359 cod. civ. fa riferimento
non esauriscono le varie fattispecie di collegamenti e relazioni che, nella dinamica
realtà economico-aziendale, prendono vita nei rapporti tra le varie società.
Il concetto di gruppo nella realtà economica può dar vita a due fenomeni
distinti, rispettivamente individuabili con l’espressione gruppi in senso “orizzontale”
e in senso “verticale”.
4
In tal senso, F. Galgano, op. ult. cit., pag. 26.
8
Mentre possiamo far rientrare questi ultimi nella previsione dell’art. 2359 cod.
civ. in quanto rapporti di controllo, i gruppi in senso orizzontale - quali accordi tra
società volti a creare una direzione unitaria sul piano finanziario e organizzativo a cui
però non corrisponde una posizione di subordinazione di una società rispetto ad
un’altra - sono oggetto di interventi normativi relativi a settori ben specifici. Così,
per esempio, nel settore dell’editoria, ove l’attenzione della legge sull’editoria si
occupa delle due tipologie di gruppo (sostanzialmente equiparandole) ai fini della
limitazione delle concentrazioni editoriali, o in quello della materia bancaria, per cui
il gruppo in senso orizzontale è equiparato al gruppo in senso verticale ai fini della
redazione del bilancio consolidato.
In entrambe le materie, quindi, quella bancaria e quella creditizia, i gruppi
sono trattati in modo diverso a seconda del fine cui le specifiche norme fanno
riferimento.
Quanto detto, può servire a riportarci ancora al problema del “controllo” quale
elemento essenziale del gruppo ma, soprattutto, quale elemento che,per la sua
malleabilità nell’essere impiegato in diversi settori e per diversi fini, mal si presta a
essere oggetto di rigide concettualizzazioni.
Il successivo passo della nostra analisi è la considerazione di quell’ulteriore
elemento che si ravvisa nella realtà dei rapporti relativi ai gruppi d’imprese e che
consente di intravedere nell’aggregazione tra imprese un fenomeno suscettibile di
considerazione unitaria: stiamo parlando della “direzione unitaria”.
Tale concetto permette di considerare non solo i caratteri strutturali del gruppo
a cui l’art. 2359 cod. civ. fa riferimento, ma permette di compiere un decisivo passo
avanti verso l’analisi del gruppo da un punto di vista più funzionale. Essa è assunta,
anche con riferimento a quanto presente nella legislazione tedesca e riportato
all’inizio del capitolo, quale elemento caratterizzante e assorbente della figura del
gruppo.
5
E’ la “direzione unitaria”, cui fanno riferimento le diverse società, la ragione
della considerazione del gruppo come unità, a partire dalla prescrizione relativa alla
redazione del bilancio consolidato, arrivando ai rapporti di responsabilità e agli
obblighi della società capogruppo nei confronti delle società controllate, degli
azionisti e dei creditori.
5
In tal senso, A. Giovannini, op. ult. cit., pag. 368.
9
Ed è proprio la “direzione unitaria” che permette di riportare al fenomeno
“gruppo” rapporti tra società che faticano ad entrare nel quadro di rapporti di
semplice controllo azionario o contrattuale.
Una di tali situazioni può indubbiamente ravvisarsi nell’amministrazione
straordinaria delle grandi imprese in crisi, ove la norma dell’art. 3, comma 1, lett. c, l.
30 gennaio 1979, n. 26, può essere applicata anche alle società che, pur essendo
carenti del requisito della coincidenza degli organi preposti all’amministrazione delle
varie società, si considerano soggette ad una medesima “direzione unitaria”.
Quì, la circostanza che più società siano soggette all’amministrazione delle
stesse persone non è di per se idonea ad individuare un gruppo, ma costituisce
circostanza rivelatrice di una “medesima direzione”; si suppone infatti che, se nei
consigli di amministrazione di più società seggono le medesime persone, a nominarle
sia stato il medesimo capitale e che perciò siano amministratori di società sorelle con
a capo unica holding oppure gli amministratori di una holding e di una sua
controllata.
Può certamente affermarsi che il concetto di “direzione unitaria” rappresenti
un elemento ulteriore rispetto al controllo di carattere azionario o contrattuale, ed è
proprio sulla forza del primo concetto che potranno poggiarsi e trovare sostegno le
posizioni predominanti della controllante sulle società dipendenti
6
.
Questo vale sia per quanto attiene la determinazione dell’oggetto e indirizzo
degli affari, sia nelle direttive impartite agli amministratori delle società dipendenti;
questi difficilmente tenderanno ad allontanarsene e a disattenderle, poiché dalle
strategie della società controllante dipendono i mezzi finanziari e organizzativi e,
dunque, dalle mani della società madre sono mossi i fili che muovono la vita delle
società controllate.
Si è osservato come il fenomeno gruppo si presenta allo stesso tempo come
unitario e plurimo: unitario perché ad uno stesso soggetto compete la direzione, il
coordinamento, la pianificazione, il supporto tecnico, amministrativo, e finanziario
delle varie società che lo compongono; plurimo perché il gruppo si presenta come
realtà frazionata in più società tra loro distinte e ciascuna delle quali si presenta come
terza rispetto alle altre
7
.
6
F. Galgano, op. ult. cit., pag. 52.
7
G. Tremonti, La fiscalità industriale: strategie fiscali e gruppi di società in Italia, rif. al contributo di C.
Gatto, Bologna, 1988, pag. 57.
10
La sua unità economica e contabile si riflette indubbiamente nella redazione di
un bilancio consolidato che, superando l’ostacolo dell’esistenza di distinti soggetti
che sul piano giuridico mantengono la loro autonomia, riesce a rappresentare, sul
piano contabile ed economico, una situazione che è da considerarsi unitaria in quanto
riferibile al soggetto “gruppo”.
Ed è proprio con riferimento al bilancio consolidato e, più esattamente alla
legge n. 216 del 1974, relativa alla miniriforma delle Società per Azioni, nella quale
la dizione gruppo viene utilizzata ricollegandola alla redazione del documento,
nonché relativamente al progetto di redazione della VII direttiva comunitaria, che i
concetti esaminati, quello di gruppo e quello di controllo, hanno dato spunto ad un
attento e vivace dibattito dottrinale.
Tale dibattito ha per oggetto le tematiche fino ad ora affrontate: la realtà di
situazioni economiche nel cui scenario si trovano ad operare organizzazioni
riconducibili ad unità per l’unicità della mente, delle risorse finanziarie, per
l’interesse che attraverso di esse si realizza. Fenomeno che, pur esistente, non trova
però uno specifico inquadramento giuridico, un’organica disciplina ad esso riservata.
La chiave del tema è ancora da rinvenire nei significati di controllo e di
gruppo, i quali, pur non coincidenti, presentano tra loro una naturale correlazione,
costituente il tratto comune delle variegate vesti che il gruppo assume nella realtà
economica.
Le due espressioni realizzano due mezzi di individuazione o, guardando il
soggetto da altra angolazione, due momenti diversi dello stesso fenomeno.
Il primo concetto, quello di controllo, indica la posizione spettante ad un
soggetto nel coordinare e unificare l’azione di più soggetti giuridicamente distinti e
autonomi. Il secondo concetto, quello di gruppo, consente di individuare il
collegamento che scaturisce dall’unità di azione e dall’interesse comune che da tale
azione deriva.
Conseguenza di quanto appena detto è che il controllo, come posizione di
potere, rappresenta il momento strumentale; il gruppo, quale rapporto che dal
controllo consegue, l’aspetto finale del medesimo fenomeno
8
.
Il controllo, pur costituendo il necessario presupposto dell’esistenza di un
gruppo, non è sufficiente a delinearlo perché, come abbiamo visto, non può esservi
gruppo se non sussiste un interesse attuabile esclusivamente attraverso l’aggregazione
8
In tal senso, G. Ferri, Concetto di controllo e di gruppo, in Disciplina giuridica del gruppo di imprese, Atti
del Convegno di studi svoltosi a Bellagio il 20 giugno 1981, Milano, 1982, pag. 71 ss.
11
di più imprese, mediante una sinergia di azioni in vista di un unico risultato che si
presenti come ulteriore rispetto a quello realizzabile dalle singole imprese.
Se tuttavia i due concetti dal punto di vista sostanziale possono ricondursi ad
unico fenomeno, nella realtà pratica ciascuno di essi può assumere una posizione di
rilievo rispetto all’altro e, dunque, portare ad una diversa analisi della disciplina del
gruppo a seconda che l’analisi stessa muova dall’aspetto del controllo o, viceversa,
dall’aspetto del gruppo.
Le conseguenze di questi due differenti punti di partenza, portano certamente
a ben diversi risultati, o più precisamente, a considerazioni che privilegiano taluni
aspetti i quali, esaminando lo stesso fenomeno da altra prospettiva, possono essere
considerati quali secondari, perché rilievo viene dato ad altri elementi ed interessi.
Un esempio pratico di quanto appena detto può rinvenirsi nel nostro e in altri
ordinamenti.
Se focalizziamo l’attenzione sul nostro ordinamento, possiamo notare come
l’analisi del gruppo dal punto di vista del controllo ha portato il legislatore a puntare
sulla precisazione della nozione, mettendo a fuoco il più possibile la distinzione tra
controllo e i due fenomeni ad esso affini: il collegamento e la partecipazione.
Parallelamente, spostandoci sull’orizzonte comunitario e in particolare
riferendoci al contenuto della VII direttiva, vediamo come lo stesso fine, quello di
porre su due piani diversi il fenomeno del collegamento e quello del controllo, ha
indotto il legislatore comunitario a prevedere una serie di norme che hanno come
destinatarie società controllanti e controllate.
Tra queste norme meritano di essere ricordate quelle che impongono
l’indicazione in bilancio delle reciproche posizioni di credito e debito, con l’ulteriore
prescrizione di allegare i bilanci della controllata al bilancio della società controllante
e, con riferimento agli amministratori, sindaci e direttori generali, l’obbligo di
comunicazione alla Società e alla CONSOB della misura delle partecipazioni in
società controllate o che amministrano.
Tutto ciò, ovviamente, al fine di tutelare la trasparenza nei rapporti tra le
diverse società e cercare di contenere i pericoli sottesi alla posizione di potere
derivante dal controllo. Non a caso, l’obiettivo centrale della tutela dei soci, creditori
e delle società controllate ha guidato anche il legislatore delegato nella redazione del
progetto di legge delega sulla regolamentazione dei gruppi.
12
Il capo IX, intitolato “Direzione e coordinamento di società”, che va ad
aggiungersi al titolo V del libro V, ha per oggetto l’attività di direzione e
coordinamento da parte di una società o da parte di un ente su una o più società, in
virtù di un rapporto di controllo.
Mancando, tuttavia, una specifica definizione dell’espressione “attività di
direzione e coordinamento”, si è ritenuto, anche sulla base di conclusioni formulate
dalla Suprema Corte, che essa sia ravvisabile nella sussistenza di un collegamento
organizzativo tra più unità produttive allo specifico fine di realizzare una migliore
attuazione degli obiettivi perseguiti dal complesso
9
; da tale affermazione si può
dedurre che l’ambito di applicazione della disciplina non comprende esclusivamente
situazioni di controllo riconducibili alla veste del gruppo “formale”.
Nell’attuare la delega all’art. 2497, il legislatore delegato ha voluto attrarre
nella previsione della suddetta disciplina anche quelle forme di controllo frutto di
influenza dominante.
Conseguentemente, ne è derivata la scelta di non utilizzare alcuna nozione di
“gruppo” o “controllo”, sia perché le attuali definizioni esistenti sono finalizzate a
disciplinare specifici problemi, sia perché qualsiasi nozione sarebbe apparsa inidonea
a comprendere la pluralità di fenomeni di gruppo anche in relazione alla loro continua
evoluzione nella realtà economico-giuridica.
Come abbiamo accennato, la delega ha per fine centrale la tutela delle
posizioni dei soci e creditori della società controllate e, dunque, la responsabilità
della controllante nei confronti di tali soggetti, senza penalizzare gli interessi di chi
tale attività esercita nel quadro dei valori della redditività, della continuità d’impresa
e della valorizzazione della partecipazione sociale, alla base dell’esercizio dell’attività
economica.
Per cui, il legislatore delegato, senza sostituire le altre possibili azioni che ai
soci e ai creditori sono conferite in virtù degli art. 2393, 2393-bis, 2394 e 2395 cod.
civ., ne aggiunge una ulteriore che i soci e i creditori della controllata possono
esercitare, alla duplice condizione che la società controllante si trovi in conflitto di
interessi, ma altresì che non abbia rispettato i principi di correttezza nella gestione
societaria e imprenditoriale.
La responsabilità considerata dalla norma, quella della controllante nei
confronti della controllata, è apparsa fondamentalmente di stampo “aquiliano” e non
9
Così, Cass. 21 gennaio 1999, n. 521.
13
di tipo contrattuale, anche in funzione della previsione di una responsabilità di chi
abbia preso parte al fatto lesivo che si affianca, in via solidale, a quella della
controllante.
Invero, tale soluzione è apparsa incongrua per l’evidente difficoltà di fornire
la prova in oggetto. Si è infatti evidenziato come la società controllante, esercitando
una direzione unitaria, assume l’obbligazione di realizzare l’interesse del gruppo
attraverso la contestuale realizzazione degli interessi delle società controllate.
Tale conclusione è apparsa argomento sufficiente a evidenziare la sussistenza
di precisi doveri di correttezza della controllante nei confronti delle controllate,
doveri da cui discendono vere e proprie obbligazioni; queste possono figurarsi come
inadempiute laddove non siano attuate o attuate male, ovvero nei casi in cui la
direzione unitaria sia esercitata abusivamente
10
.
L’esigenza di considerare il gruppo di fatto è alla base della scelta di
individuare il danno a base dell’esercizio dell’azione in quello derivante dall’attività
complessiva della controllante, non in quello risultante da un atto isolato che, in
quanto tale, può essere eliminato attraverso specifici atti all’uopo diretti. La norma,
dunque, sembra appoggiare l’indirizzo giurisprudenziale per cui la sussistenza
dell’interesse della controllata non può desumersi dalla semplice appartenenza al
gruppo, richiedendo altresì una verifica in concreto
11
.
Sulla base di tali impostazioni appare quale corollario necessario la pubblicità
prevista dall’art. 2497-bis, a tutela della trasparenza nei confronti dei terzi creditori e
soci di minoranza della controllata.
I primi due commi dell’articolo prendono in considerazione la pubblicità
relativa all’inizio e alla fine della posizione di soggezione; i due commi successivi
fanno riferimento agli ulteriori obblighi di informazione in sede di redazione del
bilancio. Tali obblighi, contemplati specificamente a favore dei soci della controllata,
assumono ovviamente valenza indiretta anche per i creditori e i terzi.
Destinatari di tali obblighi sono le società controllate e i loro amministratori,
sulla base del fatto che le regole di trasparenza dettate dalla norma sono volte a
tutelare i soci e i creditori della controllata.
10
In tal senso, G. Cottino, G. Bonfante, O. Cagnasso, P. Montalenti, commento al capo IX, Direzione e
Coordinamento di società, in Il nuovo diritto societario, rif. contributo di A. Irace, Zanichelli, 2004.
11
Cassazione, 21 gennaio 1999, n. 521. In essa è precisato come la situazione di conflitto sia da valutarsi di
volta in volta, compensando i danni subiti da una società del gruppo con i vantaggi eventualmente fruiti dalla
stessa società a seguito di altra operazione.
14
Mancando una definizione di attività di direzione e coordinamento, ci si è
chiesti in quale occasione gli amministratori delle controllate fossero obbligati alla
pubblicità; anche in tal senso si può ritenere che essa si ravvisi non in un singolo atto
della controllante, ma di una gestione fatta di atti coordinati, i quali palesino la
volontà della controllante di realizzare l’attività imprenditoriale nella forma del
gruppo.
Anche dall’esame del successivo art. 2497-ter, sulla motivazione delle
decisioni conseguenti ad una valutazione dell’interesse di gruppo, si può senz’altro
affermare che la norma, oltre a presentarsi come valido e necessario strumento di
tutela della trasparenza, nell’intenzione del legislatore vuol essere anche un
completamento del sistema di responsabilità previsto nell’art. 2497 c.c.
Ciò comporta che la valutazione dell’agire della società controllante sia da
effettuarsi non in relazione ad atti isolatamente considerati, ma alla luce di un più
generale disegno di attività di direzione e coordinamento della controllata da parte
della controllante. Diretto corollario è che la richiesta di una analitica motivazione
dovrà essere assolta con l’indicazione da una parte dei costi che configurano il danno,
dall’altra dei benefici, costituenti i vantaggi compensativi, che l’operazione sarà in
grado di produrre.
L’obbligo di rendere adeguatamente conto nella relazione di gestione della
suddetta motivazione muove dall’insopprimibile necessità di consentire ai soci e ai
terzi una valutazione della gestione della società controllante unitamente al controllo
del corretto o meno operato degli amministratori della controllata.
Il successivo art. 2497-quater disciplina invece le ipotesi in ci può ravvisarsi il
diritto di recesso di un socio di una società soggetta a direzione e coordinamento.
Le ipotesi per cui la norma configura la possibilità dell’esercizio del diritto in
parola possono ascriversi a due categorie. La prima comprende le ipotesi in cui non
sia necessaria la dimostrazione della sussistenza di un pregiudizio, o perché già
accertato da una sentenza passata in giudicato, o perchè ritenuto certo, come
nell’ipotesi di perseguimento di uno scopo diverso a seguito di trasformazione della
controllante.
La seconda categoria di ipotesi comprende quelle in cui l’esercizio del diritto
di recesso sia subordinato all’accertamento dell’esistenza di un pregiudizio, come ad
esempio nel caso di mutamento dell’oggetto sociale dal quale derivi un diretto
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cambiamento dell’attività della controllante. Come precisa il legislatore, tale
pregiudizio deve configurarsi come sensibile e diretto.
L’attività di direzione e coordinamento è poi presa in considerazione dall’art.
2497-quinquies relativamente ai finanziamenti provenienti da una società figlia, o
altro soggetto che possa configurarsi come interposto di questa, in favore della
capogruppo.
La norma richiama la disciplina contenuta nell’art. 2467 per i finanziamenti di
soci di s.r.l. in situazione di sottocapitalizzazione della società, stabilendo che il
rimborso è postergato rispetto a quello degli altri creditori e se precedente la
dichiarazione di fallimento della società deve essere restituito.
La postergazione e il divieto di restituzione relativamente ai prestiti indiretti
non opereranno in maniera automatica richiedendo la dimostrazione della sussistenza
del rapporto di interposizione o del particolare rapporto con la società che esercita
attività di direzione e coordinamento, prova agevolata dagli obblighi di pubblicità
della soggezione alla direzione unitaria e da quelli inerenti la motivazione delle
decisioni, richiamati agli articoli precedenti.
In ultimo, l’esame dell’art. 2497-sexies introduce presunzioni legali da cui
può rinvenirsi l’esistenza dell’attività di direzione e coordinamento, presupposto
essenziale per l’applicazione delle disposizioni appena esaminate.
Al primo comma dell’articolo possono ascriversi le ipotesi in cui il suddetto
rapporto sia presunto per l’esistenza dell’obbligo di redazione del bilancio
consolidato o per la presenza di un controllo contrattuale esterno; al secondo comma
quelle situazioni in cui l’attività di direzione e coordinamento sia discendente dalla
volontà delle parti, anche al di fuori di un controllo interno o esterno.
Dunque il legislatore, prevedendo la possibilità di sussistenza di rapporti di
direzione e coordinamento che non fossero accompagnati dall’obbligo di redazione
del consolidato, prende in considerazione, al primo comma, tutte le ipotesi di
controllo esterno che nella pratica possano derivare da vincoli contrattuali come
quelli di franchising, know-how, licenze di brevetto ecc.. Ma l’intervento del
legislatore è andato oltre quando, al secondo comma, ha presunto come sussistente
l’attività di direzione e coordinamento anche nelle ipotesi in cui questa sia derivante
da un contratto tra le società o da clausole presenti all’interno dello statuto.