2
L’aspetto più evidente e coinvolgente riguarda,
comunque, la presenza e, quindi, la convivenza sullo
stesso territorio di stranieri appartenenti a culture
diverse.
La diversità culturale va pensata quale risorsa positiva
per i complessi processi di crescita della società e delle
persone, infatti si indica come obiettivo principale
dell’educazione interculturale la promozione delle
capacità di convivenza costruttiva in un tessuto culturale
e sociale multiforme: ciò implica non solo l’accettazione
ed il rispetto del diverso, ma anche il riconoscimento
della sua identità culturale, nella quotidiana ricerca di
dialogo, di comprensione e di collaborazione, in una
prospettiva di reciproco arricchimento.
Pertanto, l’educazione interculturale attiva un processo di
acculturazione, ma insieme di valorizzazione delle
differenze.
Un percorso interculturale deve aiutare ad aprire le menti
e i cuori, per evitare di vedere il cielo dal “ fondo di un
3
pozzo “, espressione che indica una visione del mondo
ristretta, angusta, limitata solo all’ampiezza dei propri
passi.
In tale contesto, la scuola nella sua funzione istituzionale
di trasmissione degli strumenti e dei contenuti necessari
ad una positiva integrazione culturale e sociale delle
nuove generazioni, rappresenta il più significativo punto
di incontro tra culture e modelli che, per diverse
necessità storiche, sociali ed economiche, si troveranno
sempre più a convivere e a dialogare all’interno di
contesti comuni.
La scuola, pertanto, di fronte al mutamento epocale
costituito dalla forte presenza di alunni stranieri al
proprio interno, ha necessità di comprendere a fondo gli
effetti di tale trasformazione e di produrre risposte
adeguate in termini organizzativi e gestionali.
La presenza degli alunni stranieri come fattore in
costante crescita nella vita scolastica apre infatti nuove e
diverse questioni che investono la sfera della didattica,
4
introduce nel quotidiano scolastico piccole e grandi
difficoltà e contraddizioni che spesso rischiano di
mettere in ombra il grande patrimonio di potenzialità
positive, insite nell’incontro tra culture diverse.
La situazione in cui crescono i bambini e i ragazzi, oggi
è, però, piuttosto contraddittoria.
Da un lato la scuola si adopera a riempire, per la parte
che le compete, lo zainetto metaforico di ciascuno di loro
di contenuti improntati al pluralismo, al rispetto
reciproco delle culture e degli individui, al dialogo.
D’altra parte, però, ognuno di loro, in diverse occasioni
ogni giorno, può trovarsi ad essere testimone indiretto e
silenzioso di situazioni di intolleranza, di indifferenza e
di diffidenza. Oppure si trova ad ascoltare dalle bocche
degli adulti in mezzo ai quali vive parole, espressioni,
slogan negativi nei confronti degli stranieri.
Un atteggiamento positivo, costruttivo e fermo da parte
delle figure adulte di riferimento potrebbe quanto meno
controbilanciare, nella crescita dei bambini e nella
5
formazione degli adolescenti, quelli talvolta negativi o
incerti manifestati da altri adulti in occasioni
extrascolastiche, se non addirittura in famiglia.
Si tratta, dunque, di costruire una nuova forma mentis,
che implica un’idea di accoglienza interiore del diverso e
quindi di vero e autentico dialogo.
Ed è proprio nel dialogo che le differenze entrano in
comunicazione in forma paritaria, permettendo un
intreccio di esperienze e di biografie che entrando in
comunicazione, diventano elementi di conoscenza
comune, perciò educative. Ciò garantisce la relazionalità,
favorisce l’adattamento, evita la separatezza.
L’istituzione scolastica, inoltre, rappresenta il principale
canale di integrazione degli immigrati, è il luogo
privilegiato di incontro e di confronto, di interazione e di
scambio.
È una scuola delle cittadinanze, Europea nella sua
ispirazione, radicata in una identità nazionale solida,
condivisa, capace di nutrire e difendere le tante identità
6
locali, ma al contempo capace di costruire una identità
più ampia, fatta di valori universali.
Una cornice comune entro la quale far dialogare la
molteplicità delle culture.
7
CAPITOLO I
UN INTRECCIO DI CULTURE
8
I. IL FENOMENO MIGRATORIO IN ITALIA
I grandi mutamenti avvenuti negli ultimi decenni,
prodotti dalla mondializzazione dell’economia, dal
progresso scientifico - tecnologico e dai continui
spostamenti delle risorse umane, hanno determinato
considerevoli differenze sul piano economico, sociale e
culturale: l’aderenza al territorio di un individuo ha
perso la sua linearità divenendo sempre più ambigua e
discussa.
Così tra le sfide epocali che l’Italia è chiamata ad
affrontare all’inizio del terzo millennio, quella
migratoria, pur con le sue connotazioni oramai globali,
“assume una rilevanza del tutto particolare anche e
soprattutto sul piano nazionale”.
1
Non si può tuttavia dimenticare che il nostro Paese,
prima ancora che paese di immigrazione, è stato popolo
1
D.P.R. 5/8/98 Approvazione del documento programmatico relativo alla politica
dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello stato, a norma dell’art. 3 Legge
Marzo 1998.
9
di emigranti che ha sperimentato l’avventura di
abbandonare la propria terra nella speranza di trovare in
altre, maggiori fortune economiche e migliori condizioni
di vita.
2
I primi movimenti migratori dall’Italia si diressero,
intorno al 1870, verso i territori al di là degli Oceani,
dove si prospettavano innumerevoli possibilità di lavoro,
di vita nuova, di realizzazione personale: attirava
l’America del Nord con gli Stati Uniti e il Canada; era il
Sud America con l’Argentina, il Brasile e l’Uruguay; era
la sterminata e vergine Australia.
Gli italiani emigranti si portavano dietro una cultura fatta
di gastronomia, di religione, di superstizione, di canto, di
buonumore e giorno per giorno ricostruivano reti di
rapporti interpersonali.
A partire dalla seconda metà del ‘900 un’altra ondata
migratoria italiana si indirizzò verso i paesi del Nord
2
Cfr. D. DEMETRIO, Nel tempo della pluralità : educazione interculturale in discussione
e ricerca, La Nuova Italia, Firenze, 1997, p.246.
10
Europa dove, per la ripresa economica successiva alla
guerra, le industrie richiedevano la forza lavoro.
Si ripeteva a distanza di cinquant’anni, lo stesso copione
delle trasmigrazioni oltre l’Oceano; nei paesi d’arrivo gli
emigranti italiani vivevano raggruppati in comunità
d’origine in grado di assicurare l’accoglienza, il primo
impiego e quel minimo di calore umano indispensabile
all’integrazione.
3
Questo flusso di emigranti si affiancava ad un altro
potente flusso migratorio interno. La nascita delle
industrie in Piemonte e in Lombardia negli anni della
ricostruzione richiama dal Sud migliaia di lavoratori.
Verso la fine degli anni ’60 Torino e Milano scoprono di
avere al loro interno “comunità” di calabresi e siciliani
che avevano invaso un po’ per volta le periferie.
Gli italiani, quindi, partivano per l’estero, tornavano per
un po’, partivano ancora; all’interno si muovevano fra
città e campagne, da regione a regione.
3
Cfr. M. GIUSTI, L’educazione interculturale nella scuola di base, La Nuova Italia,
Firenze, 2001, pp.152-154.
11
Ma ciò non ha impedito che a metà degli anni ’70 l’Italia
divenisse anche paese di immigrazione.
Il nostro Paese, soprattutto nelle regioni del Centro –
Nord, aveva avuto in quegli anni uno sviluppo
economico e industriale notevole; sempre più si
cominciava a vedere l’Italia come un paese
industrializzato con un livello di vita accettabile, ospitale
più degli altri.
L’immigrazione straniera in Italia dalla metà degli anni
’70 alla metà degli anni ’80 ha rappresentato un
fenomeno cresciuto lentamente, ma radicalmente ed è
divenuto sempre più consistente.
I flussi migratori hanno avuto andamenti crescenti anche
negli anni ’90.
L’Italia è ormai in prevalenza terra d’arrivo dall’Asia,
dall’Africa, dal Sud America, dalle regioni dell’Est
europeo e i sociologi sono convinti che la tendenza non
accennerà a diminuire nei prossimi decenni.
4
4
Cfr. M. GIUSTI, Ibidem, pp.155-156.
12
Pertanto, l’Italia , per oltre un secolo terra di emigrazione
si trova oggi di fronte ad un repentino cambiamento di
ruoli ed è chiamata, nel contesto di una società civile in
via di profonda evoluzione, a misurarsi, sul piano
culturale ancor prima che politico, con l’afflusso
crescente di uomini e donne provenienti da varie parti del
mondo.
Inoltre, la collocazione geopolitica del nostro Paese
accentua tale scenario: crocevia naturale fra il bacino del
Mediterraneo ed il Nord del continente europeo da un
lato e oriente europeo ed asiatico ed occidente europeo
dall’altro, l’Italia è in prima linea nell’immediato impatto
delle popolazioni che muovono da sud verso nord.
Inoltre, “con le sue migliaia di chilometri di coste, è
seriamente esposta a continui tentativi di aggiramento
delle misure nazionali e sovranazionali intese a
contenere e regolamentare l’ingresso degli immigrati in
Europa”.
5
5
D. Leg. 25/7/1998 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
13
Di fronte a tali eventi, il nostro Paese individua nella
progressiva acquisizione dei diritti di cittadinanza la
strada maestra verso l’integrazione e la
partecipazione alla vita della società.
Come tutte le moderne democrazie si sta orientando
verso un modello di società che riconosce al suo interno
l’esistenza di una pluralità culturale.
L’obiettivo “strategico” di una politica di integrazione
consiste nel costruire relazioni positive tra cittadini
italiani ed immigrati.
Integrazione significa, infatti , possibilità di
comunicazione profonda a più dimensioni ( economica,
sociale, culturale e politica ) tra la maggioranza della
popolazione autoctona e le diverse etnie che con essa
convivono.
È questo un obiettivo molto difficile da raggiungere
perché presuppone, da parte di tutti, la consapevolezza
dei propri pregiudizi, paure, ideologie che ostacolano la
comunicazione.
14
Gli italiani immigrati all’estero hanno potuto
sperimentare in prima persona l’isolamento culturale, la
difficoltà di vivere in condizioni economiche ristrette e
di “non cittadinanza” ed hanno vissuto il pregiudizio dei
popoli del Nord Europa verso quelli mediterranei.
In Italia per il momento permangono un coacervo di
sensazioni che oscillano dalla disponibilità dovuta al
tradizionale solidarismo cattolico mischiato al ricordo
delle passate esperienze, spesso difficile, di emigrante,
alla insofferenza di un popolo abituato alla omogeneità
religiosa e anche, in fin dei conti, politica.
6
6
Cfr. E. DAMIANO, Homo migrans. Discipline e concetti per un curricolo di educazione
interculturale a prova di scuola, Angeli, Milano, 1998, p.425.