e “sbagliato” dipendano dal contesto). 
Questa ricerca nasce come un richiamo verso un fenomeno che negli ultimi 
anni in Italia sta diventando sempre più presente. Nonostante ciò le donne 
mussulmane sono spesso trascurate dalla ricerca e dagli studi in materia, che il 
più delle volte ignorano il fenomeno o ne danno una lettura prevalentemente 
maschile. Purtroppo questa situazione porta, di fatto, le donne immigrate e 
mussulmane a vivere nell’”invisibilità sociale”, senza che esse abbiano modo di 
dar voce al loro vissuto, alle loro aspirazioni e alla loro memoria.  
Il lavoro svolto è stato diviso in tre capitoli. Il primo capitolo di questa ricerca 
ripercorre dal punto di vista storico e antropologico la condizione della donna 
mussulmana nell’islam. Si è cercato di capire che ruolo ha avuto la nascita 
dell’islam sulla formazione della donna. Poi si è ritenuto opportuno di 
concentrarsi e sviluppare alcune questioni che suscitano un rilievo interesse e 
curiosità nell’opinione pubblica. Ci siamo soffermati principalmente sulla 
questione del velo, percorrendo le sue origini, le ragioni e le varie conseguenze 
che ha sulla vita delle donne mussulmane. Un'altra questione delicata su cui ci 
siamo fermati è il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili. Infine si è 
voluto capire se l’emigrazione delle donne mussulmane, l’allontanamento dalle 
loro origini, dal loro paese, dalla loro cultura può rappresentare un viaggio 
verso l’emancipazione, la conquista d’indipendenza e maggiore autonomia o al 
contrario un percorso che porta la donna mussulmana all’invisibilità sociale.  
Nel secondo capitolo invece si è cercato di tracciare un quadro teorico sulle 
rappresentazioni sociali sottolineando i maggiori sostenitori, la struttura, il 
ruolo e l’influenza che esse  possono avere sulle persone, sugli oggetti o sugli 
eventi. Si è cercato di capire in che modo si forma e si costruisce l’identità 
sociale della donna immigrante, concentrandosi sulle varie caratteristiche 
dell’identità, in particolare quella sociale. Un altro problema molto frequente su 
cui ci siamo soffermati è la discriminazione multipla che le donne ancora oggi 
continuano a subire. Si parla di discriminazione multipla qualora si tratta di una 
donna, quando ci troviamo di fronte ad una donna immigrata, alla presenza di 
una donna immigrata e mussulmana e si accentua ancora di più, quando 
quest’ultima si presenta con un diverso colore della pelle dalla nostra. Infine il 
secondo capitolo si conclude considerando il modo con cui gli “altri” 
percepiscono “noi” ma soprattutto come “noi” percepiamo, immaginiamo e 
rappresentiamo gli “altri”.  
Terzo e l’ultimo capitolo focalizza l’attenzione su alcuni quotidiani della stampa 
italiana, nello specifico il quotidiano La Repubblica, Il Giornale e La Padania. 
Viene esaminato il rapporto che la stampa restaura con il lettore e soprattutto 
di come i giornali agiscono nella società, interpretano e orientano il pubblico. In 
particolare analizzeremo alcuni articoli che riguardano le donne mussulmane. 
Si cercherà di capire come la stampa italiana, comunica, immagina e 
rappresenta la donna mussulmana. Focalizzeremo l’attenzione sulle varie 
somiglianze o differenze che possono emergere dall’analisi degli articoli. 
Afferrare le diverse modalità ed evidenziare i vari temi e contesti con cui la 
donna mussulmana viene rappresentata, saranno i punti  su cui la ricerca si 
concentrerà.   
 
 
Capitolo primo 
 
La condizione femminile nell’islam 
 
1.1. La donna mussulmana e la sua identità 
 
Non è facile definire la posizione che la donna islamica assume ed ha assunto 
nel corso dei secoli all'interno della società. Infatti, il Corano viene 
interpretato in molti suoi passi in modo differente dai modernisti, dai 
tradizionalisti e dai fondamentalisti. Le più importanti correnti religiose nel 
mondo islamico sono quella sciita e quella sunnita. La differenza 
fondamentale fra questi due gruppi è che i sunniti ritengono errore ogni tipo 
d’innovazione non presente nella sharia (ovvero, letteralmente, nella "via", 
cioè nella direzione indicata dalla rivelazione), mentre gli sciiti sono aperti a 
determinate bid'a (innovazione).  
Non tutti i paesi islamici sono conformi alla stessa corrente di pensiero, quindi 
la condizione della donna varia da paese a paese, inoltre varia anche sulla 
base della posizione sociale e dall'ambiente in cui la donna vive. Bisogna 
anche considerare che, spesso, nelle popolazioni prevalgono le tradizioni 
popolari che, in molti casi, sono più antiche della nascita dell'Islam. L'Islam 
ha influito sulla posizione femminile, ma non è stato l'unica causa di una 
società androcratica.  
Spesso, parlando della condizione femminile, le donne musulmane 
pretendono i diritti garantiti loro dal Corano; ricercano alle origini della 
propria religione la possibilità di difendersi come donne, individuano nel libro 
sacro i passi che suonano a conferma delle loro posizioni e ne scartano altri 
senza farsi troppi problemi. Fatima Mernissi si batte da tempo per il 
riconoscimento dei diritti delle donne e nel suo libro, Le donne del profeta 
(1992), parte dall'età di Maometto e ricerca tutto ciò che può difendere le sue 
posizioni. Così, da sempre, si svolge la lotta per interpretare a proprio 
piacimento le fonti. Ciò che si rivela nel libro della Mernissi é solo uno dei vari 
esempi di come possa essere interpretata una religione in modo 
propagandistico-islamico e di come si cerchi di strumentalizzarla. Mernissi 
argomenta che, implicitamente, nella dottrina religiosa le donne sono temute 
per il loro potenziale dirompente. Le donne sono capaci di creare fitna, il caos 
provocato dal disordine sessuale. Secondo la posizione religiosa implicita, 
entrambi i sessi hanno una natura sessuale attiva, e anche i desideri 
femminili dovrebbero essere appagati. Se le donne non sono sessualmente 
soddisfatte creano fitna seducendo uomini diversi dai loro mariti. Quindi, la 
virtù della donna è un dovere dell'uomo. E l'uomo dovrebbe aumentare o 
diminuire i rapporti sessuali con la donna secondo i suoi bisogni così da 
assicurare la sua virtù (al-Ghazali in Mernissi 1992).  
 L'Islam avrebbe per primo assegnato alle donne il diritto al mantenimento dei 
figli e a quello dell'eredità e al divorzio, (mentre in Occidente tali concessioni 
risalgono a tempi relativamente recenti). Non sarebbe l'Islam la causa 
dell'arretratezza femminile ma tutto é imputato alle tradizioni maschili di 
origine tribale o culturale, che negano i diritti delle donne. Per quanto riguarda 
la sessualità della donna, l’islam lo ha sempre rappresentato come un pericolo 
per tutta la comunità. “Le arti femminili della seduzione (fitna) e la perenne 
tentazione a cui l’uomo è esposto per colpa della donna, avrebbero evocato il 
caos, il disordine e la rivolta. La donna andava domata per mezzo di un 
“decreto divino” che contemplava una sola forma di sessualità, quella 
matrimoniale”. In effetti, se si va a verificare il periodo dell’Arabia preislamica, 
si può percepire la visione sulla donna. La sessualità e in particolare il ciclo 
mestruale era considerato una fonte di contaminazione e d’impurità. Un 
sistema del genere si basava su credenze, magie e teorie superstiziose. Lo 
stesso Maometto puniva tale sistema rilevando che in realtà essa era ” l’epoca 
dell’ignoranza”. L’islam insiste sul fatto che il sesso e il ciclo mestruale sono 
davvero avvenimenti “extra-ordinari”; non per questo la donna diviene un polo 
negativo che in qualche modo “annulli” la presenza del divino e turbi il suo 
ordine”. 
Secondo la studiosa Leila Ahmed
 
nell'era degli Abbasidi inizia, in MedioOriente, 
la compravendita delle donne, e fu proprio allora che la parola donna divenne 
quasi sinonimo di schiava, merce e oggetto d'uso sessuale. Perciò, non c'è da 
meravigliarsi che gli studiosi musulmani di quel periodo, quali al-Ghazali, 
definiscano le donne principalmente come esseri sessuati. Qualsiasi cosa 
facciano sono in primo luogo e soprattutto corpi seducenti. Questo periodo fu 
comunque di fondamentale importanza per la formulazione della legge Islamica 
e perciò ebbe una profonda influenza che perdura fino ai nostri giorni. Secondo 
Erdmute e Hassouna, (1996) in realtà l’arrivo dell’islam non significò la 
sottomissione degli uomini a un’unica divinità maschile quindi ad Allah, ma fu 
anche la sottomissione sessuale del genere femminile a quello maschile.  
 
 
 Capitolo terzo 
 
La stampa italiana: Analisi e riflessioni 
… 
 
 3.4. Il confronto tra il vissuto e il racconto  
 
I dati che sono emersi da questa ricerca, senz’altro rilevanti e significativi, ci 
aiuteranno a far luce su un fenomeno forse ancora poco conosciuto e dove gli 
studi e le ricerche sembra che sono ancora in “via di sviluppo”. Alla donna 
mussulmana, un soggetto ancora adesso indefinito, si è cominciato ad 
attribuirli un po’ d’attenzione, al seguito d’alcuni avvenimenti negativi di 
coinvolgimento mondiale da parte degli estremisti islamici. Tutto ciò, ha 
segnato l’inizio di una particolare attenzione nei confronti della moglie 
mussulmana, della madre mussulmana, sull’amica mussulmana, in sostanza 
una forma di estraneità e di indifferenza sulla donna mussulmana. Anche la 
stampa italiana (come del resto quell’europea) comincia ad avere le sue prime 
incertezze e sente la necessità di dedicare dello spazio essenziale a tale 
fenomeno.  Nell’analisi dei tre quotidiani, La Repubblica, La Padania e Il 
giornale, gli articoli sono stati sottoposti ad un esame quantitativo e 
qualitativo. Da quest’analisi si è potuto constatare che l’immagine della donna 
mussulmana, rappresentata dalle tre testate di giornali non sempre 
corrisponde all’immagine vissuta, consumata e soprattutto vera della donna 
immigrata mussulmana. Uno delle prime caratteristiche che notiamo è il modo 
diverso in cui ogni giornale presenta l'articolo e diffonde l'informazione. Il 
quotidiano La Repubblica, nella maggior parte degli articoli si limitava più che 
altro a dare l'informazione, invece il quotidiano La padania abbiamo notato che 
andava oltre, al solo fatto di informare il lettore. Lo faceva attraverso le 
punteggiature, le virgolette, le metafore e articoli che contenevano una certa 
esagerazione. Perciò, possiamo dire che in un modo o nell'altro cercava di 
influenzare e di indirizzare il lettore verso una rappresentazione stereotipata 
della donna mussulmana. Anche il quotidiano Il Giornale cercava in un certo 
senso di colorare l'articolo ma sempre facendo attenzione alla realtà. 
Sicuramente l'uso di alcuni termini al posto di altri può non essere casuale, 
bensì il frutto di una interpretazione di tipo ideologico o pregiudiziale dei 
fenomeni di attualità che coinvolgono in particolare modo la  donna 
mussulmana. Sicuramente il fatto di dare una certa importanza ai termini 
maggiormente utilizzati per descrivere l'immigrazione femminile, può essere un 
inizio a cercare di ricostruire il panorama dell'informazione italiana, ma 
certamente non è sufficiente; anche perché necessità di altri elementi rilevanti 
per leggere e analizzare un articolo. 
Una caratteristica emersa dalla lettura degli articoli è che in pochi casi la 
stampa ha dedicato dello spazio alle singole vicende da un punto di vista del 
soggetto. Di fatto, nella maggior parte degli articoli si vede la tendenza a 
proporre una prospettiva più che altro istituzionale. La donna mussulmana 
viene inserita in un contesto molto più ampio, come quello dell’ islam. Perciò, 
in questo modo, i giornali battono e ribattono l’immagine di una donna senza 
personalità, senza storia vissuta e più di tutto abbandonata a se stessa. Spesso 
abbiamo scontrato degli articoli, dove l’universo femminile nell’islam è 
rappresentato in modo tale da mettere in evidenza un'immagine stigmatizzata 
della donna mussulmana, dei suoi problemi, del suo stile di vita. 
In effetti, abbiamo notato ed evidenziato il ricorso ad aggettivi e espressioni 
enfatizzanti e stereotipate per ricostruire gli stili di vita specialmente quando la 
notizia tratta di un caso di cronaca sulla violenza subita dalle donne.  
Gli articoli sono trattati in modo tale da coinvolgere, in un certo senso per 
colpire al cuore il lettore, e fare centro proprio sulla sua sfera emozionale più 
che dare informazioni dettagliate e quanto più possibile  scevre da eccessi 
emotivi. Solo in pochi casi si approfondisce l'identità culturale della donna 
mussulmana, la sua vita pubblica e sociale, mentre si tende ad enfatizzare le 
notizie sulla violenza subita, sulla sofferenza che è obbligata a sopportare, sulle 
sue condizioni in quanto donna mussulmana e le notizie relative alle polemiche 
tra gli schieramenti politici coinvolti come in questo caso:  
L’intervento scatena le critiche da parte dell’opposizione. Pecoraro Scanio: «Affermazioni 
vergognose, i leghisti devono abbandonare il governo» Castelli: le donne col burka vanno 
denunciate. Il Guardasigilli avverte: «In Italia andare in giro mascherati è un reato e le leggi 
vanno rispettate con le buone o con le cattive» (5 giugno, 2005, il Giornale)