6
disciplinamento del gioco, va perduto alla lunga qualche cosa della
pura qualità ludica”
6
. Resta soltanto l’aspetto negativo del gioco,
quello che Huizinga definisce puerilismo: “il bisogno facilmente
contentato ma non mai saziato di svago banale, la tendenza alla
sensazione volgare, all’esibizione di massa.”
7
Per Caillois lo spirito
del gioco è invece essenziale alla cultura, in essa sempre presente e
con essa continuamente interdipendente: “il gioco è coesistente,
inseparabile dalla cultura, le cui manifestazioni più significative e
complesse appaiono strettamente associate a delle strutture di giochi,
se non addirittura come strutture di giochi prese sul serio, erette a
istituzione, a regola generale, divenute strutture imperative, coercitive,
insostituibili, promosse, in una parola, a regole del gioco sociale,
norme di un gioco che è più di un gioco.”
8
Sono gli elementi ludici di
vertigine e simulazione a governare le società primitive, chiamate da
Caillois tohu-bohu, mentre il passaggio alle società moderne implica
nuove regole dettate dal caso e dalla competizione: lo sciamano che
indossa la maschera diventa funzionario di un sistema basato sul
merito personale, la nascita e la fortuna. Nelle società che Caillois
chiama civilizzate, maschera e vertigine, ritornano in attività che non
intaccano le fondamenta della società, ma permettono all’individuo di
esprimere la propria parte repressa: luna-park, circo, carnevale, teatro,
cinema.
La somiglianza fra il giocare e l’assistere a un film in una sala
cinematografica è evidente nella definizione di Caillois: la scelta di
vedere un film è per lo più presa liberamente dallo spettatore che, per
passatempo, quindi compiendo un’attività improduttiva, si reca in un
luogo circoscritto, di solito la sala di proiezione, per un tempo limitato
alla durata della proiezione, dove deve seguire una serie di regole (per
esempio non parlare, guardare verso lo schermo) per potersi
immergere in una costruzione narrativa fittizia il cui esito finale è
incerto. Naturalmente lo spettatore può assistere a un film che ha già
6
Ibidem, pag.231;
7
Ibidem, pag.240;
8
Roger Caillois, op.cit., pag.82-83;
7
visto e quindi conoscerne la conclusione, può vedere un
documentario, nel quale l’elemento fittizio è minore o nascosto; la
visione può essere effettuata in una modalità differente: l’home video
e il DVD rendono la limitazione di spazio e tempo e la divisione dalla
vita ordinaria più labili e irregolari. Il fruitore seduto comodamente
sul proprio divano può saltare da una sequenza all’altra del film,
fermarlo e riprendere il giorno seguente. La possibilità di guardare un
film sul minischermo del telefono cellulare cambia ancora le regole
della visione oltre alla qualità. Se poi si considera la fruizione del film
un passatempo, è lo stesso Huizinga che permette un collegamento: “Il
gioco è superfluo. Il bisogno di esso è urgente solo in quanto il
desiderio lo rende tale. Il gioco può in qualunque momento essere
differito o non aver luogo. Non è imposto da una necessità fisica e
tanto meno da un dovere morale. Non è un compito. Si fa nell’ozio,
nel momento del loisir dopo il lavoro”
9
. E’ sempre Huizinga a situare
la musica nella sfera del gioco. “L’atto di far della musica comporta
quasi automaticamente tutti i caratteri distintivi formali del gioco:
l’attività si svolge entro un limite di spazio definito, è suscettibile di
ripresa, consta di ordine, di ritmo, d’alternanza, e sottrae ascoltatori ed
esecutori alla sfera del «quotidiano», suscitando una sensazione di
gioia che anche nella musica malinconica mantiene il tono del
godimento e dell’esaltazione”
10
. Se la corrispondenza gioco-visione
può non coincidere pienamente quando svolta all’esterno della sala
cinematografica, attraverso questa definizione ludica della musica, è il
costrutto filmico a somigliare al gioco: l’ordine, il ritmo, l’alternanza
possono identificare anche la successione di immagini in movimento.
“Il montaggio, i piani di ripresa, i movimenti di macchina, le luci, i
diversi obbiettivi (trucchi comuni a ogni tipo di cinema) creano nello
spettatore l’illusione ottica di una presa oggettiva sulla realtà, mentre
ne stanno offrendo una versione mutata, interpretata secondo una
logica immaginaria comune alla fonte e alla audience, in quanto
9
Johan Huzinga, op.cit., pag.11;
10
Ibidem, pag.51-52;
8
fondata sul medesimo schema di riferimento simbolico.”
11
In questa
definizione di Emanuela Martini è racchiusa tutta l’essenza della
costruzione cinematografica come realtà altra da quella quotidiana, ma
fondata su regole altrettanto serie che possano rendere credibile la
rappresentazione agli occhi dello spettatore, “l’intima essenza
fantastica del cinema, la sua piena corrispondenza con l’immaginario
individuale e collettivo, che permette ad esso di essere uno strumento
privilegiato di contatto, comprensione e sintesi dell’universo
materiale.”
12
La scelta di analizzare il concetto di gioco all’interno della
fantascienza cinematografica degli ultimi trent’anni dipende dalle
caratteristiche e dall’evoluzione del genere. Il cinema fantascientifico
può creare una realtà altra rispetto a quella dello spettatore, una realtà
futura postapocalittica, ultratecnologica, ambientata su altri pianeti,
verosimile quanto basta, ma con una libertà maggiore rispetto ad altri
generi quali la commedia o il western. Le regole di verosimiglianza
possono essere eluse più facilmente nel film di fantascienza perché la
credibilità del fruitore è più elastica e rende accettabili presenze e
situazioni che altrove stonerebbero: alieni, cyborg, teletrasporto,
precognizione. E’ questa possibilità in più della fantascienza a
renderla più vicina al gioco inteso come simulazione. Attività ludica e
science fiction hanno la stessa funzione all’interno della società:
entrambi possono evidenziare elementi nascosti del costrutto sociale
rendendoli visibili sotto nuova forma
13
. E’ esattamente ciò che la
fantascienza degli anni Cinquanta ha fatto con la figura dell’alieno e il
tema della contaminazione/mutazione, traduzioni cinematografiche
11
Emanuela Martini, Da dove viene e dove può portare l’escalation del «fantastico», Cineforum
n.182 anno 19 n.3 marzo 1979, Federazione Italiana Cineforum Bergamo 1979, pag.111;
12
Ibidem, pag.112;
13
La fantascienza può evidenziare le contraddizioni, le ansie, i timori dell’individuo
contemporaneo incanalandoli in una rappresentazione ambientata nel futuro, infatti “la science
fiction si presta come un sensibile indicatore del rapporto tra scienza e società, un rapporto
essenziale nella costruzione dell’immagine che abbiamo del nostro tempo e della nostra cultura…
balza subito agli occhi che l’oscillazione «isterica» tra pessimismo e ottimismo scientifico è una
costante della fantascienza cinematografica.” Sergio Brancato, Fantastico e fantascienza. Le icone
della macchina, nella raccolta a cura di Gino Frezza, Fino all’ultimo film. L’evoluzione dei generi
nel cinema, Editori Riuniti Roma 2001, pag.285;
9
delle paure innescate dalla Guerra Fredda: il terrore dell’apocalisse
nucleare e l’ansia dell’estraneo
14
. Dopo un lungo periodo in cui il
genere è stato relegato alle produzioni di serie B a basso budget fatto
di sfondi di cartapesta e effetti visivi rudimentali, la fantascienza ha
raggiunto uno statuto di maggiore legittimità culturale. Negli anni
Sessanta con la fantascienza sociologica europea
15
“i topoi ormai
consolidati del genere vengono piegati in una narrazione che vuole
usarli con finalità diverse”
16
rendendo l’anomalia la norma,
eliminando il finale consolatorio e togliendo allo spettatore la garanzia
del ripristino di una certezza interiore
17
. E’ nella seconda metà degli
anni Settanta che il genere diviene occasione per la rinascita
hollywoodiana di produzioni ad alto budget e forti incassi
18
: con
StarWars (Guerre stellari, George Lucas 1977) la fantascienza si
riafferma come un metagenere, “un contenitore in grado di riattivare
luoghi e figure che in altri contesti narrativi hanno subito il logorio del
consumo, uno snodo linguistico e produttivo capace di ri-generare le
forme dell’immaginario nel suo insieme.”
19
Dello stesso anno è Close
Encounters of the Third Kind (Incontri ravvicinati del terzo tipo,
14
Questo secondo tema era già presente nella produzione cinematografica americana di genere
western ed è stato definito da alcuni studiosi come sindrome del fortino: un atteggiamento del
quale sembra essere succube la civiltà americana, che è stato rappresentato al cinema attraverso la
figura del forte, costruzione atta a preservare i valori americani all’interno del territorio indiano. Se
nel western è paradossalmente l’indigeno l’estraneo alla consuetudine americana, nel
fantascientifico anni Cinquanta sono l’alieno, il mostro, il mutante a rappresentarlo. Invasion of the
Body Snatchers (L’invasione degli ultracorpi, Don Siegel 1956) gioca sul tema della diversità
mostrando alieni che, generati da enormi baccelli, prendono le sembianze degli esseri umani per
sostituirsi ad essi ed invadere silenziosamente la Terra dall’interno delle strutture sociali. Alla
tematica dell’estraneo si unisce in questo film quella dell’incertezza e della perdita dell’identità.
Forse proprio per la presenza di questa ulteriore mutazione tematica sono stati realizzati in tempi
più recenti almeno due remake: Invasion of the Body Snatchers (Terrore dallo spazio profondo,
Philip Kaufman 1978) e Body Snatchers (Ultracorpi – L’invasione continua, Abel Ferrara 1993);
15
La jetée (Chris Marker 1963) e Fahrenheit 451 (François Truffaut 1966) sono solo due esempi
di fantascienza autoriale europea. Quasi contemporaneamente Stanley Kubrick crea una sua
personale e ironica visione della corsa agli armamenti nucleari Dr.Strangelove, or How I Learned
to Stop Worrying and Love the Bomb (Il dottor Stranamore, ovvero come imparai a non
preoccuparmi e ad amare la bomba, Stanley Kubrick 1963);
16
Ibidem, pag.289;
17
Emanuela Martini, Da dove viene e dove può portare l’escalation del «fantastico», op.cit.,
pag.115;
18
“… la data di partenza del nuovo cinema fantascientifico va spostata qualche anno all’indietro,
precisamente nel celebre 1977 di Guerre stellari e Incontri ravvicinati del terzo tipo.” Roy
Menarini, Visibilità e catastrofi – saggi di teoria, storia e critica della fantascienza, Collana
L’Atalante, Edizioni della Battaglia – La luna nel pozzo Palermo 2001, pag.27;
19
Sergio Brancato, op.cit., pag.282;
10
Steven Spielberg) che mostra l’elemento ludico insito nel genere: i
giocattoli del bambino, la costruzione della montagna con la plastilina,
il motivo musicale, il disordine provocato dall’azionamento di ogni
oggetto meccanico, gli alieni inoffensivi, presentati per la prima volta
attraverso il punto di vista di un bambino che può accettare il diverso
senza le paure e le diffidenze dell’adulto. Il film gioca con gli
elementi del mistero eliminando l’angoscia dello sconosciuto e
cercando di sostituirla con un’atmosfera tranquillizzante e protettiva:
il Picco del Diavolo da simbolo del male diventa il luogo di
ascensione al mistico, ma anche di restituzione della parte pura e
sincera legata all’infanzia; il buio è privato del pauroso e dell’oscuro
del genere horror e reso familiare attraverso le numerosi luci che
preannunciano l’incontro finale con l’astronave
20
. Entrambi i film del
1977 utilizzano effetti speciali visivi, interiorizzando il linguaggio
informatico e riconnettendo il cinema con i nuovi media che proprio
negli anni Settanta e Ottanta iniziano a diffondersi: videogiochi,
personal computer, internet. Quasi contemporaneamente, altri due
film, Alien (Ridley Scott 1979) e Blade Runner (Ridley Scott 1982),
mettono in scena universi dark-horror e indagano in profondità le
ansie e il disagio dell’individuo contemporaneo. Nascono due filoni:
da una parte c’è la fantascienza che mostra il meraviglioso e il ludico
utilizzando la computer graphic, dall’altra quella che fa emergere le
inquietudini sottese nel nuovo assetto sociale. Negli anni Ottanta e
Novanta continuano a esistere parallelamente entrambe le tipologie.
E’ con la seconda metà degli anni Novanta che il percorso di
digitalizzazione dell’immagine come messa in quadro e in serie può
ritenersi definitivamente sviluppato e integrato. “Da questo punto in
avanti, la fantascienza e lo stesso cinema non saranno più come prima.
Mentre le tradizionali partizioni del sistema audiovisivo saltano, e la
commistione programmatica tra cinema, televisione e loisir
informatici diventa una regola, l’immaginario tecnologico imbocca
20
Per questa breve analisi di Close Encounters of the Third Kind si fa riferimento alla lezione del
13 maggio 2004 del corso Fantastico nel cinema hollywoodiano tenuto da
G.Cremonini
all’interno del corso di laurea Dams presso l’Università di Bologna;
11
una strada che porta dal primato dello spazio esterno a quello dello
spazio cibernetico, il nuovo «continente» del sociale, in cui hanno
luogo i nuovi processi comunicativi. Allo stesso tempo, la tecnologia
informatica si coniuga sempre più intensamente con la consueta
tecnologia ottico-meccanica, dando agli effetti speciali una enorme
versatilità e la possibilità di rappresentare sullo schermo tutto ciò che
può essere immaginato… ora che il problema della credibilità del
fantastico, che aveva reso dinamico il genere, è tecnologicamente
risolto, l’interesse dei cineasti passa all’esplorazione delle condizioni
socio-psichiche dell’uomo telematico.”
21
L’effetto speciale entra
anche negli altri generi cinematografici
22
, mentre la fantascienza muta
in una nuova categoria di azione-avventura-fantascienza, un ibrido che
risente della popolarità dei videogames e che sembra portare al
technoludismo cinematografico
23
. Un esempio di questo nuovo
processo, del quale è interessato il genere, è The Matrix (Matrix, The
Wachowski Brothers 1999): dal punto di vista formale l’uso della flow
motion permette nuovi punti di vista, nuove modalità rappresentative
dell’azione che può essere rallentata, accelerata o bloccata a piacere;
da quello contenutistico il film ripropone in modo più eclatante le
stesse problematiche sottese in Blade Runner: l’incapacità tutta
postmoderna di distinguere fra vero e falso e la conseguente incerta
identità individuale. Nel Ventesimo secolo è messa in crisi l’idea
moderna dell’essere umano al centro del mondo: se nell’epoca pre-
moderna tutto era nelle mani del divino, con la modernità il soggetto
si illude che l’esistente sia a lui completamente dipendente e che tutto
possa essere compreso attraverso la ragione umana. La messa in crisi
di tale condizione è determinata da alcune circostanze: la scoperta di
21
Ibidem, pag.293;
22
“Vi è in questi ultimi anni una “fantascientizzazione” di tutto l’universo cinematografico
americano, grazie alla – o a causa della – rivoluzione digitale in atto… un infinito rimodellamento
del linguaggio cinematografico, che fa pensare alla fantascienza come all’avanguardia dei generi
cinematografici, dove le novità vengono sperimentate prima di passare al resto della produzione.”
Roy Menarini, op.cit., pag.9-10;
23
La definizione cinema technoludico è presa dall’articolo di Matteo Bittanti, Pensa playstation: il
cinema technoludico, in Cineforum 428 anno 43 n.8 ottobre 2003, Federazione Italiana Cineforum
Bergamo 2003. L’articolo è stato utilizzato nel quinto capitolo all’interno del paragrafo che indaga
in dettaglio i rapporti esistenti fra videogioco e cinema;
12
microscopiche particelle elementari, cellule, atomi, DNA – l’essere
umano non è più una figura omogenea e autonoma, ma è un
aggregato; la nascita dello studio psicanalitico della parte inconscia; la
messa in crisi della religione prima e della ragione poi come sistemi
certi di valutazione; l’invenzione di nuovi mezzi di comunicazione
che hanno allargato il mondo con il quale l’individuo deve
confrontarsi, ma mutato la modalità di confronto – la conoscenza da
empirica (per contatto) aumenta in modo esponenziale, ma diventa
sempre più mediata e sempre meno diretta. L’essere umano è
continuamente invaso dai numerosi e contradditori stimoli esterni, ha
una visione frammentaria del mondo nel quale tutto può essere messo
in discussione. Il pensiero filosofico debole porta a considerare l’unica
valutazione possibile quella soggettiva: non esiste la Verità, ma tante
verità ugualmente vere e false. Non è un caso che proprio a cavallo fra
Ventesimo e Ventunesimo secolo il cinema hollywoodiano
mainstream si sia orientato verso i testi di Philip K.Dick che negli anni
Cinquanta e Sessanta è riuscito a mostrare nei suoi romanzi la
condizione esistenziale dell’individuo postmoderno. Questi film
“hanno pienamente interiorizzato il senso della trasformazione in atto
e lo restituiscono attraverso figurazioni e narrazioni che spostano i
termini del discorso in avanti, verso nuove modalità della
comunicazione audiovisiva.”
24
L’elaborato, come dichiarato in precedenza, si struttura sulla
classificazione dei giochi di Caillois, quattro categorie semantiche che
si muovono lungo due piani di tensione: la paidia (la turbolenza) e il
ludus (la regola), che, semplificando, possono definirsi come due
differenti modi che il giocatore ha di affrontare il gioco
25
. L’universo
del gioco viene suddiviso in quadranti, ciascuno dei quali è governato
24
Sergio Brancato, op.cit., pag.294;
25
“A un’estremità regna, quasi incondizionatamente, un principio comune di divertimento, di
turbolenza, di libera improvvisazione e spensierata pienezza vitale, attraverso cui si manifesta una
fantasia di tipo incontrollato che si può designare con il nome di paidia. All’estremità opposta,
questa esuberanza irrequieta e spontanea è quasi totalmente assorbita, e comunque disciplinata, da
una tendenza complementare, opposta… un’esigenza crescente di piegarla a delle convenzioni
arbitrarie, imperative e di proposito ostacolanti… A questa seconda componente do il nome di
ludus.” Roger Caillois, op.cit., pag.29;
13
da uno dei quattro principi originali: competizione (agon), caso (alea),
vertigine (ilinx) e simulazione (mimicry)
26
, ognuno dei quali
predomina in alcuni giochi ed è quasi assente in altri. Le
caratteristiche specifiche della categoria ludica saranno spiegate in
modo dettagliato all’inizio di ogni capitolo corrispondente. In ognuno
sarà individuata la corrispondenza ludica all’interno delle pellicole nel
duplice significato di contenuto e forma. Per ogni capitolo, sarà poi
analizzato un film esemplificativo della categoria ludica
cinematografica: Rollerball (Norman Jewison 1975) nel capitolo sulla
competizione, Quintet (Robert Altman 1979) per la rappresentazione
della casualità, Cube (Vincenzo Natali 1997) quale esempio di
vertigine cinematografica, eXistenZ (David Cronenberg 1998) come
discorso sulla simulazione. L’analisi farà emergere anche un tema
secondario presente in ognuna delle pellicole e nel cinema
fantascientifico in generale: la delega dello spettatore nei confronti del
giocatore/attore all’interno della società dell’intrattenimento, la paura
di un futuro apocalittico, il labirinto quale rappresentazione
scenografica della paura, l’incertezza della percezione e della
memoria. Il quinto capitolo sarà interamente dedicato all’evoluzione
del videogioco e al suo rapporto con il cinema. Il capitolo finale sarà
occasione per riordinare le conclusioni emerse da ogni singolo
capitolo nel tentativo di far emergere in quale modo il gioco e il
cinema fantascientifico degli ultimi trent’anni hanno intrattenuto uno
stretto rapporto tematico e formale.
La scelta di prendere in considerazione in questo elaborato soltanto i
film degli ultimi trent’anni dipende dagli elementi ludici presenti nella
science fiction rinata negli anni Settanta grazie all’introduzione della
computer graphic e ai rapporti intrattenuti con il videogioco. La
maggioranza delle pellicole citate è di origine statunitense, perché di
esse “si nutre, anche solo per ragioni di imperialismo distributivo,
l’immaginario globale.”
27
26
Ibidem, pag.28;
27
Roy Menarini, op.cit., pag.10;
14
Non si ha la pretesa di aver scritto un testo esaustivo dell’argomento:
le scelte sono legate a una visione del tutto personale del cinema e del
gioco.
15
Primo Capitolo – competizione
Prima delle quattro componenti del gioco individuate da Caillois,
l’agon “si presenta come la forma pura del merito personale e serve a
manifestarlo.”
28
Mentre nelle società primitive tohu-bohu regnavano
in eguale misura la maschera e la possessione (mimicry e ilinx); nelle
società burocratiche, fra le quali gli Incas, gli Assiri, i Cinesi, i
Romani
29
, la competizione e il caso, erano gli strumenti deputati al
raggiungimento del successo e del potere. “Da una parte, il dono degli
dei o della congiuntura; dall’altra, la ricompensa allo sforzo, alla
tenacia, all’abilità… Alea e agon sono dunque contraddittori ma
solidali.”
30
Ogni volta che la cultura emerge dal caos primitivo,
simulacro e vertigine regrediscono e sono escluse dalle istituzioni
principali della società per essere ridotti a ruoli sempre più modesti e
marginali
31
. Inoltre, attraverso le istituzioni, le società moderne
apparentemente cercano di aumentare il numero delle situazioni nelle
quali è la competizione regolata a determinare i cambiamenti sociali a
scapito dell’eredità e del caso fortuito
32
. Secondo questi principi, le
società moderne dovrebbe essere regolate esclusivamente dall’agon.
In realtà ognuna delle quattro categorie mantiene un proprio campo di
interesse che inconsciamente e marginalmente influenza i rapporti
sociali. Il gioco d’azzardo e le forme di lotteria statale sono regolate
dall’alea; tutte le forme di rappresentazioni mimetiche come teatro,
cinema e televisione seguono le regole della mimicry; mentre tutto ciò
che ha a che fare con l’ebbrezza del rischio riguarda l’ilinx: luna park
e sport estremi sono solo due esempi. Caso, simulazione e vertigine
rientrano nella società a matrice agonistica dalla porta di servizio
anche nelle loro forme patologiche: superstizione, menzogna,
28
Roger Caillois, op.cit., pag.31;
29
alcuni esempi di società burocratiche del passato individuate da Caillois nel testo. Ibidem,
pag.104;
30
Ibidem, pag.134;
31
Ibidem, pag.117;
32
Ibidem, pag.134;
16
assuefazione. Una società esclusivamente regolata dall’agon non è
quindi realizzabile, anche perché la competizione può diventare
anch’essa patologica, quando “non vengono riconosciuti né arbitri né
arbitraggi”
33
. Quando la società non prevede una forma di controllo, lo
spirito competitivo risulta viziato: il successo non è più collegato al
merito personale, ma all’avidità e all’indifferenza per le regole.
“Niente, d’altronde, rivela meglio il ruolo civilizzatore del gioco dei
freni che esso suole opporre all’avidità naturale”
34
.
I film di fantascienza di seguito analizzati hanno in comune un
contenuto agonistico. La competitività è un elemento fondamentale
dei tutto il cinema narrativo d’intrattenimento e della narrazione in
generale indipendentemente dal media utilizzato. Mettendo in
evidenza gli atteggiamenti assunti dai personaggi, è possibile
identificare i diversi ruoli che essi esercitano all’interno della storia: il
protagonista sostiene l’orientamento del racconto, mentre
l’antagonista manifesta la possibilità di un orientamento esattamente
inverso
35
: lo scontro fra i due atteggiamenti è competizione. Anche
quando non è presente un personaggio antagonista, il protagonista
deve affrontare differenti atteggiamenti psicologici che determinano
diverse scelte e percorsi narrativi a volte opposti. L’elemento
competitivo è perciò insito nella narrazione, non soltanto quella
cinematografica; perché l’agon è funzionale al narrare. L’analisi
potrebbe essere già conclusa: ipotizzando che tutti i film narrativi
d’intrattenimento presentino al loro interno l’elemento competitivo,
l’intero elenco della Filmografia potrebbe rientrare in questa categoria
ludica. E’ necessario però affrontare la questione più in dettaglio e
individuare le scene nelle quali la competizione si rende evidente allo
spettatore e evidenziare gli elementi comuni. Sono quei film nei quali
l’elemento agonistico si veste dei suoi aspetti socializzanti
36
33
Ibidem, pag.64;
34
Ibidem;
35
Francesco Casetti, Federico Di Chio, Analisi del film, Bompiani Milano 1990, pag.173;
36
“Ognuna delle categorie fondamentali del gioco presenta così degli aspetti socializzanti che, con
la loro ampiezza e stabilità, hanno acquisito diritto di cittadinanza nella vita collettiva. Per l’agon,
questa forma socializzata è essenzialmente lo sport, cui si aggiungono certe manifestazioni ibride
17
divenendo gara, sport e intrattenimento. Utilizzando il numero dei
concorrenti come strumento di categorizzazione è possibile
individuare quattro tipologie:
la competizione con se stessi, nella quale il personaggio deve
dimostrare la propria abilità;
il duello, combattimento uno contro uno;
la gara con più concorrenti, nella quale ogni concorrente ha un
rapporto uno contro tutti;
la gara a squadre, competizione n contro n.
All’interno dell’ultima categoria sarà poi individuato il film
rappresentante dei concetti di competizione e spettacolarizzazione
dello sport e della violenza.
che insidiosamente confondono fortuna e merito, come a esempio i giochi radiofonici e i concorsi
che rientrano nel campo della pubblicità commerciale…”, per esempio i quiz televisivi.
Riferimento a Roger Caillois, op.cit., pag.59-60;
18
Competere con se stessi – realizzare un percorso
Spacehunter: Adventures in the Forbidden Zone (Il cacciatore dello
spazio, Johnson 1982)
Flash Gordon (Mike Hodges 1980)
Escape From New York (1997 – Fuga da New York, John Carpenter
1981)
John Carpenter’s Escare From L.A. (Fuga da Los Angeles, John
Carpenter 1996)
“Per ogni concorrente, la molla principale del gioco è il desiderio di
veder riconosciuta la propria superiorità in un determinato campo”
37
.
La prima competizione per eccellenza, quindi, anche se a volte
inconsapevole, è la dimostrazione delle proprie doti fisiche e
intellettuali e il superamento dei risultati ottenuti in precedenza.
All’interno del film, la competizione del personaggio con se stesso si
attua nella realizzazione di un percorso e nel superamento degli
ostacoli per il raggiungimento del premio finale. Concependo la trama
di un film narrativo d’intrattenimento, in particolare di un film
d’azione, in questo modo, si potrebbero considerare tutti i film
mainstream come percorsi da realizzare, o meglio, di realizzazione
del protagonista. Di conseguenza, come precedentemente affermato,
tutti i film rientrerebbero in questa categoria. E’ quindi preferibile
analizzare soltanto quei film di fantascienza nei quali effettivamente
l’eroe o l’eroina mostri le proprie abilità fisiche e astuzie intellettuali
all’interno di un percorso in un luogo ben preciso e delimitato, un
campo da gioco separato dal resto del mondo filmico. Questa
limitazione esclude Total Recall (Atto di forza, Paul Verhoeven 1990)
nel quale tutto l’universo filmico è costruito come un percorso di
abilità del protagonista. Il dubbio che il viaggio su Marte,
l’aggregazione di Douglas Quail (Arnold Schwarzenegger) alla
Resistenza e la salvezza del pianeta non siano azioni che il
37
Ibidem, pag.31;
19
protagonista compie realmente, ma che siano invece sogni impiantati
o ricordi della vita del protagonista nascosti da un precedente impianto
(come ipotizzato nel racconto We Can Remember It For You
Wholesale di Philip K. Dick
38
dal quale il film è tratto) collocano il
film più vicino alla categoria mimicry
39
che non a questa particolare
tipologia di competizione.
Rientra invece nella competizione attuata attraverso la realizzazione di
un percorso la scena di Spacehunter: Adventures in the Forbidden
Zone nella quale una delle tre ragazze sopravvissute (Molly Ringwald)
catturata dagli alieni del pianeta Terra Undici deve affrontare un
percorso ad ostacoli per guadagnare la libertà. Questo B-movie unisce
il tema degli alieni che rubano il fluido vitale agli esseri umani per
sopravvivere
40
a quello dei cacciatori dello spazio, sorta di pirati
galattici dediti al mercato nero
41
. La trama dell’intero film è
trascurabile e poco originale, ma nella parte finale la ragazza viene
catturata dagli alieni e costretta a entrare in un percorso a ostacoli, una
specie di labirinto di morte modellato sulla falsariga dei percorsi delle
giostre medievali: acqua bollente, fuoco, acido, trappole meccaniche,
rovi di metallo. La ragazza, come altri esseri umani prima di lei, deve
cercare di terminare il percorso per riottenere la libertà. Se non
supererà gli ostacoli, diventerà letteralmente «pasto per i vermi». In
realtà il gioco è truccato: chi ha la fortuna di superare la prova, è
comunque destinato a morire in seguito all’esperimento di
trasferimento della vitalità dal suo corpo a quello del re alieno:
soltanto i più forti, che superano tutti gli ostacoli, hanno il privilegio
38
Philip K. Dick, Ricordiamo per voi, titolo originale We Can Remember It For You Wholesale,
Fantasy & Science Fiction 1966, traduzione italiana di Paolo Prezzavento nella raccolta Rapporto
di minoranza e altri racconti, introduzione di Carlo Pagetti, Fanucci Roma 2002, da pag.151 a
pag.178;
39
Il tema della manipolazione della memoria e della realtà e più in generale della simulazione sarà
affrontato nel quarto capitolo;
40
Questo tema è stato ampiamente sfruttato dalla science fiction: gli alieni che ogni notte
modificano la città per trovare l’essenza dell’umanità nella memoria in Dark City (Alex Proyas
1997); i coloni cibo per le regine procreatrici di alieni in Aliens (Aliens – Scontro finale, James
Cameron 1986); gli umani divenuti batterie per le macchine nella realtà di The Matrix; fino War of
the Worlds (La guerra dei mondi, Steven Spielberg 2005) nel quale gli alieni usano giganteschi
tripodi per succhiare letteralmente il sangue dagli esseri umani;
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il più famoso dei quali è il personaggio Han Solo interpretato da Harrison Ford in StarWars;