abbiano o meno prodotto dei risultati positivi nei confronti delle
regioni interessate, in quanto non risulta agevole isolare gli effetti da
esse prodotti. Le valutazioni intermedie, elaborate dalla
Commissione europea, mostrano comunque che molte regioni sono
riuscite a recuperare quel gap economico e sociale che le separava
dalle altre più ricche, come è accaduto per il Molise, che è riuscito a
migliorare il proprio livello di produttività, tanto da uscire dall’area
Obiettivo 1 per passare a quella transitoria (phasing out) che la
guiderà verso l’Obiettivo 2; ma non si è sicuri che ciò sia dipeso
dall’azione dei fondi strutturali.
Il presente lavoro si ripropone di effettuare una valutazione di
convergenza tra due regioni, quella italiana del Molise e quella
francese di Poitou – Charentes, situata nell’Arco Atlantico,
attraverso l’utilizzo di una serie di strumenti statistici indispensabili
per valutare il processo evolutivo delle due realtà, partendo
dall’assunto che esiste convergenza se tra più regioni quelle più
povere crescono ad un tasso maggiore di quelle più ricche,
recuperando quindi margini nei livelli della ricchezza.
Il primo capitolo, rappresenta una sorta di introduzione
all’affermazione dell’Unione europea, analizzata attraverso un breve
percorso storico, dalla nascita fino agli anni attuali, tentando di dare
2
adito alla trattazione delle diverse correnti di pensiero che ne hanno
permesso l’affermazione. Il punto di maggiore interesse, è tuttavia
rappresentato dal ruolo che viene ricoperto dalle regioni in questo
processo di sempre maggior integrazione tra gli stati membri.
Verranno analizzati gli interventi promossi a livello centrale e quelli
a livello locale, per tentare di cogliere l’importanza dei due differenti
approcci. L’analisi introduttiva, viene fatta anche considerando il
ruolo dei fattori all’interno dello sviluppo di una determinata
regione, come ad esempio la tecnologia che, come si vedrà,
costituisce un elemento di competitività in grado di favorire o meno
una regione: il tutto in un’ottica di integrazione e coesione, che
rappresentano da sempre gli obiettivi principali della Comunità
europea.
Il secondo capitolo, è dedicato interamente ai fondi strutturali ed
ai programmi per la loro attuazione. Viene messa in luce la loro
importanza, in qualità di strumenti atti a promuovere la
redistribuzione delle risorse verso le aree bisognose di sostegno.
Nella prima parte del capitolo, vengono passati in rassegna
principali indicatori di una nazione (quali il pil, il tasso di
occupazione e di disoccupazione o il diverso grado del commercio
che le caratterizza), è la loro importanza in un’analisi economica e
3
i
sociale a livello regionale. Successivamente il discorso si incentra sui
fondi strutturali, effettuando una distinzione in base alla loro diversa
destinazione (sviluppo regionale, pesca, agricoltura, sviluppo
sociale) ed alla loro evoluzione nel tempo, dando una connotazione
di estremo interesse, ai principi di gestione dei fondi, quali quello di
suussidiarietà, concentrazione, addizionalità, partnership e
programmazione. L’ultima parte del capitolo, si concentra invece
sull’analisi comparata tra la programmazione 1994 – 1999 e quella
2000 – 2006, attraverso l’enunciazione degli obiettivi prioritari
previsti dalle rispettive normative vigenti. In seguito al periodo 1994
– 1999, malgrado i benefici effetti derivanti dalle politiche
strutturali, si avvertì l’esigenza di una netta e radicale riforma, che
trovò ampia applicazione in “Agenda 2000”, che semplificò di fatto
molte procedure, riducendo i tempi di applicazione degli interventi e,
introducendo il periodo di programmazione 2000 – 2006, stabilì un
nuovo modo di pianificare la politica economica e sociale dell’Ue.
Con il terzo capitolo, attraverso una trattazione delle principali
teorie sulla convergenza e sulla divergenza, si tenta di cogliere il
significato del fenomeno oggetto del presente lavoro, per
comprenderne appieno il peso che la moderna scienza economica
suggerisce a riguardo. In effetti, il processo di avvicinamento di due
4
o più economie, venne trattato già a partire dagli anni cinquanta,
periodo in cui vennero formulate le principali teorie sullo sviluppo
economico e sulle cause che lo influenzano. Ma importanti sono
anche quelle del decennio successivo, in cui gli effetti di causazione
cumulativa sono alla base della maggior parte di esse ed in cui viene
evidenziato se non altro l’importanza delle relazioni tra nazioni
diverse ed anche e soprattutto tra regioni appartenenti a stati diversi.
La parte centrale del capitolo, è stata impostata, sulla base dei metodi
utilizzati per il calcolo della convergenza, considerando che la
maggior parte delle analisi empiriche, si serve di siffatti criteri, quali
quello della β convergenza oppure quello più immediato della σ
convergenza. Nelle rilevazioni statistiche dei dati riferiti ad una
regione, nonché nella successiva elaborazione, si deve tener in
opportuno conto, del contributo fornito dai fattori geografici di
localizzazione, in quanto essi contribuiscono ad influenzare l’effetto
delle politiche economiche applicate (attraverso il principio
dell’autocorrelazione spaziale). In seguito, l’analisi può rivelare che
le politiche scelte siano state idonee a generare vantaggi positivi per
una o più regioni oppure, nel caso di divergenza, che le politiche
abbiano condotto le economie ad allontanarsi.
5
L’ultimo capitolo parte da una descrizione generale della
situazione economica italiana, tramite l’utilizzo di dati ricavati dal
rapporto annuale Svimez del 2003 e dalle banche dati dell’Istat, per
porre in evidenza la situazione delle regioni del Mezzogiorno della
Penisola in generale, per giungere al Molise, al fine di confrontarlo
con la regione francese Poitou – Charentes, i cui dati sono stati
ricavati dall’Insee (Institut nazionale de statistique et des études
économiques). Il percorso si conclude infine con l’utilizzazione dei
dati e delle teorie summenzionati, al fine di verificare il corretto
impatto delle politiche comunitarie applicate alle due regioni, anche
se le due sono difficili da confrontare, in quanto come già ricordato,
il Molise si trova nel periodo di sostegno transitorio (phasing out)
dell’Obiettivo 2, mentre la regione francese beneficia attualmente
degli aiuti previsti per le regioni dell’Obiettivo 2 (ex 5b), il che sarà
fonte inevitabilmente di distorsioni di valutazione dei dati
disponibili.
6
CAPITOLO PRIMO
L’UNIONE EUROPEA E LE POLITICHE REGIONALI
1.1 L’UNIONE EUROPEA: ALCUNI CENNI SULLA SUA STORIA
Il processo di integrazione tra gli stati appartenenti all’Europa, trova
le sue origini già dal 1945
1
, anno in cui si udirono i primi segnali della
volontà di cooperare. Tutto il mondo ed in particolar modo l’Europa
sentiva la necessità di interagire per cercare di vincere quelle barriere di
ordine economico, sociale e politico che l’ultima guerra aveva creato.
Stava prendendo piede quindi la possibilità di un accordo che portò alla
nascita di quella che oggi si chiama Ue
2
.
Certamente, la prima idea di una possibile unione differisce
enormemente da quella attuata praticamente in seguito, perché con il
passare del tempo, sono cambiati gli obiettivi da perseguire: da una
iniziale cooperazione che riguardasse solo l’aspetto economico, si è
passati ad una vera e propria idea di collaborazione ed unione monetaria
Bisogna premettere, che già da qualche anno prima, i capi dei principali stati europei, insieme
agli Stati Uniti ed alla Gran Bretagna, si riunirono in una località del New Hampshire chiamata
Bretton Hoods, al fine di restituire al sistema monetario europeo una propria valenza a livello
mondiale
2
H. Church, 1994
7
1
ed economica. Si deve poi aggiungere che le difficoltà insite
nell’implementazione dei programmi comunitari, non furono di lieve
portata, anzi sembravano tutt’altro che facili da applicare, in virtù delle
differenti correnti di pensiero politiche e ideologiche che
caratterizzavano quel periodo. Se poi a tutto questo si aggiunge il diffuso
scetticismo che contraddistingueva possibilità di cooperare insieme per
un obiettivo comune, il quadro generale risulta abbastanza chiaro da
comprendere. Diverse erano le tendenze perché differenti erano anche le
fazioni politiche presenti, che seguivano linee di condotta dissimili e
basate su diversi principi; in linea di massima le posizioni relative alla
possibilità di una unione, se pur allora molto semplice, ruotavano attorno
a tre differenti impostazioni :
•? Una prima tendenza, quella “confederalista”, prevedeva una serie di
accordi fra gli stati per una cooperazione intensa e duratura pur lasciando
intatte le sovranità nazionali
3
;
•? La seconda corrente di pensiero nota come “federalista”, certamente
più radicale, si basava sulla soppressione dei poteri delle nazioni ritenute
le principali cause delle guerre e delle rivalità e quindi le principali
Tra i principali fautori di questa corrente di pensiero si ricordano Winston Churchill e Charles
de Gaulle
8
3
responsabili della situazione di difficoltà che l’Europa stava
attraversando
4
;
•? La tendenza “funzionalista” invece era quella che più da vicino carpì
l’essenza di una vera possibilità di cooperazione tra le nazioni, in quanto
si basava sul fatto che un’unione europea poteva essere ottenuta solo ed
esclusivamente attraverso un’integrazione settoriale, ovvero attraverso
parziali cessioni di sovranità ad organismi sovranazionali, che dovevano
per questo essere istituiti
5
.
La valutazione comparata di queste diverse impostazioni ideologiche,
portò all’affermazione di un concetto di primaria importanza: un’efficace
e duratura azione in tal senso, poteva essere ottenuta soltanto delegando
ad un organismo sovranazionale, parte delle competenze che fino ad
allora erano state esclusivamente degli stati nazionali. L’impostazione
più adatta a questi criteri era, come già anticipato, quella “funzionalista”
che aveva anche il pregio di non essere troppo rivoluzionaria e quindi di
passare almeno inizialmente agli occhi dei cittadini e dei conservatori,
indifferente.
4
La teoria in esame presupponeva che venisse creata una confederazione di stati, in grado di
vincere le barriere esistenti. Gli esponenti di maggior pregio sono: Altiero Spinelli, Henri
Brugmans, Raymond Aron, Alexandre Marc
5
Proprio i fautori di questa corrente ideologica, Robert Schumann e Jean Monnet, daranno vita
alla CECA, istituita successivamente
9
Il primo tentativo di arrivare ad una possibile collaborazione è dovuto
alla Francia che doveva risolvere l’annoso problema della zona renana
con la Germania, causa di continui disaccordi tra le due nazioni. Il
problema era costituito essenzialmente dalla possibilità di un controllo
delle risorse carbo-siderurgiche da parte di una delle due nazioni. La
questione venne risolta proprio dalla Francia, inizialmente restia ad
accettare intromissioni tedesche nello sfruttamento delle risorse,
attraverso una comunicazione in cui si dava ampia disponibilità alla
creazione di un organismo sovranazionale in grado di gestire le risorse e
regolamentarle attraverso la comunione delle stesse. Nacque così il 18
luglio 1951 la CECA (Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio)
che entrò in vigore il 25 luglio dell’anno successivo ed al quale aderirono
anche altri paesi tra cui, oltre alla Francia ed alla Germania, anche l’Italia
ed i paesi del Benelux. Il trattato pose le basi per la creazione di un
mercato comune se pur ancora limitato ad un settore come quello del
carbone e dell’acciaio, ma in ogni caso creando un’istituzione
sovranazionale in grado di conciliare diverse esigenze sotto una comune
politica di azione; cosa molto significativa non solo per il mantenimento
della pace in Europa e nel mondo, ma anche perché si stava affermando,
un’istituzione che avrebbe cambiato il corso della storia.
10
Il passo successivo si basò essenzialmente sull’esperienza pregressa,
avvalorato anche dal successo che la CECA ebbe nel conciliare diversi
interessi. Il 25 marzo 1957 infatti, vennero firmati a Roma i due Trattati
che istituivano rispettivamente la Comunità Economica Europea e la
Comunità Europea dell’Energia Atomica
6
. La CEE forse più di ogni altro
accordo, contribuì definitivamente a contrassegnare il cammino verso
l’unione e la cooperazione tra le nazioni. Essa divenne allora lo
strumento attraverso il quale gli stati membri potevano beneficiare dei
positivi effetti degli accordi multilaterali stabiliti a livello comunitario.
Gli obiettivi principali del nuovo accordo, riguardavano essenzialmente
la possibilità di creare un mercato unico per tutte le merci, caratterizzato
da libertà negli scambi, libero movimento di persone e capitali, attraverso
l’eliminazione delle barriere doganali, l’istituzione di una tariffa esterna
comune (TEC) che veniva applicata alle importazioni effettuate nel
territorio della Comunità ed attraverso l’adozione di criteri che
permettessero una maggiore competitività degli stati membri: il tutto in
un’ottica di coesione.
A questi elementi positivi della CEE si contrapponeva soprattutto il
limitato raggio d’azione del trattato Euratom che regolamentava
esclusivamente l’aspetto dell’energia nucleare. Tuttavia questo carattere
I due Trattati istitutivi entrarono in vigore il 1 gennaio 1958
11
6
non è da trascurare, in quanto la nuova forma di energia che stava
maturando, necessitava di una regolamentazione, a causa della sua
pericolosità connessa ai processi nucleari di fissione e scissione ed ai
differenti approcci con cui ogni stato membro si poneva rispetto alla
questione nucleare.
Intanto il processo di integrazione degli stati europei continuava
attraverso l’adozione di semplici regolamenti, attraverso i quali si
cercava di raggiungere anche l’integrazione politica. Già dal 1967 ad
esempio, si stava pensando di creare una tariffa doganale comune (TDC),
i cui introiti sarebbero stati incassati dalla stessa Comunità dando così
avvio al principio delle risorse proprie ed abolendo le tariffe doganali
imposte dai singoli stati. Anche l’aprile del 1970 è considerata una tappa
importante nella storia dell’Ue. I capi di stato dei paesi membri tennero
un vertice all’Aja in cui stabilirono irreversibilmente il c. d. principio
dell’ “acquis communautaire” ad indicare proprio l’inizio
dell’indipendenza, anche economica della Comunità. Venne inoltre
sancito anche dal punto di vista politico l’ampliamento dei poteri del
Parlamento Europeo
7
, che ha un significato pregnante di importanza
nell’affermazione della supremazia politica delle istituzioni comunitarie.
Questi due traguardi sono molto importanti, proprio alla luce dell’ampliamento delle funzioni
della Comunità, che vede nella delega a “tappe” il suo principale mezzo di acquisizione delle
competenze di cui oggi essa può godere
12
7
Intanto la Commissione aveva portato a termine gli accordi necessari per
l’allargamento della Comunità, ai quali si aggiunsero il 22 gennaio 1972
il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, la Danimarca e la
Repubblica d’Irlanda.
Anche gli altri organi della Comunità si stavano delineando e proprio
nel 1974 con il vertice di Parigi, i capi di stato conferirono ulteriori
poteri al Consiglio Europeo; l’anno seguente venne istituita la Corte dei
Conti e venne ulteriormente allargata la competenza del Parlamento
Europeo. Ma l’aspetto di gran lunga più importante in questo decennio, è
rappresentato dall’istituzione del Sistema Monetario Europeo (SME),
all’interno del quale si doveva ottenere la stabilità monetaria.
Successivamente anche la Grecia , la Spagna ed il Portogallo
presentarono la loro domanda di ammissione alla Comunità che venne
accolta a scaglioni: la Grecia ne entrò a far parte il 1° gennaio 1981,
mentre la Spagna ed il Portogallo il 1° gennaio 1986 a seguito della firma
dei Trattati di Atene, Madrid e Lisbona.
L’eccezionale sviluppo che ebbe la CEE in soli trentacinque anni di
storia, è certamente qualcosa di molto positivo. Basti pensare che nel
periodo considerato il numero iniziale di stati membri è raddoppiato.
Preme in particolar modo ricordare come da un iniziale accordo settoriale
(CECA), si sia giunti ad arrivare alla creazione di una vera e propria
13
unione che abbracciasse oltre agli aspetti economici, anche quelli sociali,
politici, monetari e culturali, in un contesto sempre più proteso verso
l’integrazione.
1.1.1 I grandi cambiamenti della Comunità
Un discorso a parte merita la fase successiva, che si può comprendere
meglio considerando i due periodi in cui viene suddivisa; ormai le basi
per una unione che abbracciasse non solo l’aspetto economico, ma anche
quello sociale, politico, ed economico in particolar modo, esistevano ed
erano saldamente radicate.
Gli anni ottanta possono essere considerati gli anni della nascita
dell’esigenza di riforme, che trovavano giustificazione grazie alle mutate
condizioni socio-economiche intervenute ed anche a causa dei numerosi
e spesso utili scossoni che l’Europa aveva subito.
La svolta avvenne il 17 febbraio 1986, allorquando fu firmato a
Lussemburgo l’Atto Unico Europeo, entrato poi in vigore il 1 luglio
dell’anno successivo. Con l’Atto Unico i dodici membri della Comunità
avevano convenuto di apportare numerose modifiche al Trattato
Istitutivo, tra cui l’adozione di una politica estera comune in grado di
apportare numerosi vantaggi nell’ampliamento e nel miglioramento dei
14
rapporti tra gli stati. Riforme di carattere economico e fiscale
prevedevano poi la creazione di un mercato unico tra i diversi paesi
membri. Certamente però la creazione dell’Unione europea era il
risultato più ambizioso al quale si rivolgeva grande attenzione, ma che
era forse l’idea più difficile da realizzare. La riforma mirava in primo
luogo al miglioramento della situazione di indipendenza economica
comunitaria, attraverso la riforma dei fondi strutturali, istituiti in passato.
La firma dell’Atto Unico prevedeva inoltre il rispetto di tre importanti
tappe. La prima doveva rafforzare la cooperazione ed il coordinamento
delle politiche economiche e monetarie attraverso la stabilizzazione dello
SME; la seconda era considerata come una sorta di fase transitoria, in cui
si sarebbe dovuto assistere al consolidamento dei principi posti alla base
dell’Atto Unico; l’ultima tappa prevedeva l’istituzione della moneta
unica relativamente ai paesi membri della Comunità
8
.
Se gli anni ottanta rappresentano il periodo dello studio delle riforme
da applicare, il decennio successivo, rappresenta la fase in cui si diede
pratica attuazione ai principi ipotizzati precedentemente. Il Consiglio
Europeo palesò la volontà di trasformare la Comunità, che già aveva
perso la sua impronta prettamente economica (cambiando la sua
denominazione da Comunità Economica Europea in Comunità Europea),
8
F. Giavazzi, S. Micossi., M. Miller , 1992
15