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fronte a un testo che descrive la vita di un ragazzo inglese, sarà inevitabile per lui incontrare
alcune difficoltà dovute alla sovrapposizione culturale, come le differenze tra i due tipi di
scuola (i ragazzi inglesi, infatti, frequentano prima la primary school e dopo la high school,
mentre in Italia abbiamo le scuole elementari, medie e superiori; le primary schools inglesi
arrivano fino alla sesta classe mentre le elementari italiane arrivano fino alla quinta con un
successivo passaggio alle medie; di conseguenza il traduttore dovrà scegliere se mantenere
la versione originale, rischiando che il lettore italiano non riesca a comprendere il sistema
scolastico inglese, oppure di sostituire il suddetto sistema con quello italiano, rischiando
però di falsare ciò che sta traducendo e di compromettere lo scambio di informazioni tra
culture diverse).
Ma vi sono casi ben più complicati di questo, soprattutto quando nella lingua di arrivo
non esistono parole con cui tradurre alcune parti del testo; ad esempio, in italiano abbiamo
una sola parola per indicare il ghiaccio (così come in inglese esiste solo la parola ice); ma
al mondo esistono culture per cui il ghiaccio rappresenta più di una parola: in effetti in
territori come la Groenlandia il ghiaccio diventa una condizione di vita a cui gli abitanti
devono abituarsi per sopravvivere; di conseguenza, per queste persone diventerà
indispensabile capire i vari stadi a cui il ghiaccio si trova; in lingua inuit infatti vi sono 7
parole per indicarne le fasi: hiku (ghiaccio permanente), hikuaq e puktaak (banchi di
ghiaccio galleggianti), ivuniq (banchi di ghiaccio portati alla deriva dalla corrente), maniilaq
(zolle di ghiaccio), apuhiniq (ghiaccio formato da neve compressa) e agiuppiniq (ghiaccio
su cui il vento ha accumulato la neve)
2
. Possiamo quindi comprendere lo sforzo di un
traduttore italiano o inglese nel trovarsi di fronte uno di questi vocaboli che nel suo idioma
rappresentano tutti la stessa cosa; starà alla sua bravura, e a volte anche alla sua fantasia,
riuscire ad individuare le sfumature di significato e renderle nella sua lingua.
2
Rocca Longo M., La comunicazione interlinguistica, Edizioni Kappa, Roma 2003, pag. 30.
7
1.2. Testi letterari e non letterari: diversi livelli di fedeltà
Il lavoro di traduzione non è mai un processo immediato e non può sottostare a regole
ferree perché a volte ciò che può sembrare un atto di infedeltà nei confronti del testo di
partenza è l’unico modo di poterne trasferire il contenuto in un’altra lingua.
Naturalmente a seconda del tipo di testo cambia anche il livello di fedeltà e di
interpretazione della traduzione; ad esempio nessuno di noi suppone di dover interpretare il
foglietto illustrativo di un medicinale, seguiremo cioè alla lettera ciò che vi è scritto senza
pensare che possa avere un altro significato; ben diverso sarà il caso di una poesia: fin dalla
scuola, infatti, ci è stato insegnato che una poesia può avere diversi sbocchi interpretativi.
Proprio per questo è necessario fare una distinzione tra testi letterari e non letterari quando
parliamo di traduzione; ad esempio un testo informativo
3
(soprattutto se si parla di un testo
scientifico) solitamente non è soggetto ad interpretazione, di conseguenza un traduttore
dovrà rimanere quanto più possibile fedele al testo originale per non falsarne il contenuto.
Al contrario, per quanto riguarda un testo letterario, il traduttore può entrare in un
meccanismo interpretativo che potrebbe in qualche modo rendere la sua traduzione meno
fedele al testo; basti pensare che un testo letterario può avere al suo interno tutta una serie di
strategie di scrittura che comprendono modi di dire, espressioni idiomatiche, onomatopee e
allitterazioni da dover riformulare nella lingua di arrivo e che possono creare molte
difficoltà durante il lavoro di traduzione; vi sono anche parole nella lingua di partenza che,
in un determinato contesto, possono avere un doppio significato che il traduttore dovrà
cercare di soddisfare nella lingua di arrivo, anche se non sempre sarà possibile.
3
Testi che contengono prevalentemente informazioni, dati, notizie o spiegazioni. Ricadono nella categoria dei
testi non letterari.
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1.3. Scopi prefissati e metodi di ricerca
1.3.1. Scopi prefissati
Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, il lavoro del traduttore può variare
molto la seconda del tipo di testo. Lo scopo di questa ricerca è proprio quello di capire le
difficoltà a cui il traduttore può andare incontro lavorando su una particolare tipologia: il
racconto fantastico. Per racconto fantastico si intende un tipo di testo letterario avente
alcune particolari caratteristiche che tendono a differirlo dagli altri racconti: molto spesso
l’ambientazione è surreale (quindi si parla di nuovi mondi o di scenografie conosciute poste
però in un contesto straordinario), dotata di leggi e di valori propri e, a volte, di lingue
proprie; anche gli stessi personaggi possono essere creature inventate dalla fantasia
dell’autore, basti pensare ai vari racconti su gnomi, fate o draghi. In un simile contesto,
quindi, il traduttore si troverà non solo a lavorare su elementi non appartenenti alla realtà ma
anche a dover tradurre nella propria lingua parole inesistenti o con accezioni diverse da
quelle comuni.
In questa ricerca, quindi, si cercherà di indagare sulle reali difficoltà incontrate da un
traduttore di testi fantastici prendendo come linea guida la traduzione di una saga
ambientata in Inghilterra, molto apprezzata dai bambini e non solo: si tratta delle storie
create dalla mente dell’autrice scozzese Joanne K. Rowling e che hanno come protagonista
un giovane ragazzo che abita nei dintorni di Londra, Harry Potter.
Le difficoltà che le due traduttrici
4
di questi libri hanno dovuto fronteggiare sono, non
solo la particolare ambientazione della saga che ha luogo in un castello in un posto non
precisato della Gran Bretagna ma soprattutto l’argomento originale dei racconti: tutto il
mondo del giovane protagonista, infatti, ruota intorno alla magia e ai suoi effetti sulla vita
4
Marina Astrologo per i primi due romanzi della serie e Beatrice Masini per gli ultimi tre.
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quotidiana. In un simile contesto è plausibile pensare che le difficoltà nella traduzione siano
state numerose: verranno tutte analizzate nella seconda parte della ricerca.
1.3.2. Perché Harry Potter
Perché è stata scelta proprio la saga di Harry Potter, una serie di romanzi per bambini,
per analizzare i metodi di traduzione per racconti fantastici? Prima di tutto perché, come
verrà spiegato meglio nell’unità seguente, questi romanzi sono andati ben oltre la fama di
libri per l’infanzia o per la prima adolescenza; secondo, proprio grazie a questa fama, il
lavoro di traduzione è diventato più complesso poiché sia la gli Editori sia i lettori sono
diventati molto più esigenti sulla qualità del lavoro. In questo periodo si possono contare
migliaia di chat room
5
su internet a proposito di Harry Potter e delle scelte di traduzione:
molti lettori, ad esempio, sono scontenti delle traduzioni dei nomi propri dei vari personaggi
che avrebbero preferito fossero rimasti in lingua originale. Eccone un piccolissimo esempio
preso dal sito www.starwars.com (nel quale, a discapito del nome, si parla anche di altri libri
fantasy):
“[…] Volevo anche dirti che non mi sembra che i traduttori italiani abbiano imparato la
lezione...stanno facendo la stessa cosa con Harry Potter... ho visto i film nella versione italiana e quasi mi
metto a piangere...hanno cambiato quasi tutti i nomi!!! Così poi non capite niente se vedete la versione
originale […]”
“[…] Per quanto riguarda Harry Potter cambiando i nomi originali si toglie molto merito all'autore e
non ritengo sia giusto... […]”
5
Le chat room sono letteralmente delle “chiacchierate” sul web tra persone che non si conoscono ma che
hanno lo stesso interesse per un medesimo argomento. La parole chat viene dal verbo inglese to chat cioè
chiacchierare; in italiano questo verbo è diventato un prestito adattato divenendo parte integrante della nostra
lingua e creando una vera e propria forma verbale: chattare.
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Ma, nella chat c’è anche chi la pensa diversamente, cercando di trovare un significato
al fatto che i nomi siano stati cambiati nella versione tradotta:
“[…] I nomi dei professori nei libri di Harry Potter hanno una certa 'assonanza' con i personaggi”.
“Il prof. Snape (nella versione inglese) richiama come nome 'snake' che tutti sappiamo è il termine
inglese per 'serpente'. infatti il personaggio è molto oscuro e quasi malvagio. in italiano è stato
magnificamente adattato in prof. Piton per richiamare il 'pitone'.”
“Il compagno un pò goffo che in originale è Longbottom è stato tradotto eccellentemente 'Paciock'.
Infatti il nome originale ispira un senso di goffaggine (= sedere grosso, più o meno) che in italiano è stato
tradotto con qualcosa che richiamasse il termine 'pacioccoso'. Ottima scelta.”
“Il preside Dumbledore invece, analizzando il suffisso Dumb che in inglese vuol dire 'muto' è stato
tradotto giustamente in italiano come preside Silente. Ora non ricordo il termine esatto, ma anche il nome
della professoressa Minerva McGonagall in lingua originale richiama un termine che indica qualcosa
come 'rimprovero' (il verbo inglese to nag che appunto vuol dire rimproverare. N.d.A.). Infatti in italiano è
stato tradotto come McGrannitt. è facile trovare nella traduzione un'assonanza con il termine 'grane' che
indica appunto una scocciatura o un rimprovero.[…]”
Da questi discorsi fatti da ragazzi poco più che adolescenti emerge addirittura una sete
di conoscenza che, per essere soddisfatta, arriva ad una vera e propria ricerca etimologica
per trovare l’origine dei nomi dei loro beniamini. In effetti è cosa del tutto inusuale che un
ragazzo, dopo la lettura di un libro, vocabolario di inglese alla mano, cerchi di scoprire i
segreti della versione originale: tutto ciò somiglia pericolosamente più a studio che a svago!
In realtà, per quanto riguarda la chat sopra citata, dei semplici commenti non possono
rispecchiare il lavoro di un traduttore: ad esempio, sebbene i ragazzi se ne dicano
soddisfatti, la seconda traduttrice, Beatrice Masini, non condivide affatto la traduzione del
nome McGonagall con McGrannitt; per lei McGrannitt è troppo rigido e lo avrebbe
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volentieri tradotto con un altro nome che avrebbe potuto lasciare più spazio alle molteplici
sfumature del suo carattere.
Ma naturalmente le difficoltà di traduzione non si limitano a una mera scelta
linguistica: i libri del maghetto sono pieni di riferimenti alla mitologia celtica, nordica, greca
e cristiana che, soprattutto nei primi due casi, sono quasi impossibili da rendere in italiano
(la stessa autrice è laureata in Francese e Filologia all’Università di Exeter); di seguito vi
sono alcuni esempi di riferimenti alle tradizioni mitologiche:
“[…] Il suo modello è quello... del mito del Graal. Questo mito non appartiene in modo specifico a
nessuna cultura, pur avendone attraversate diverse - in particolare la indoeuropea, la celtica e la
cristiana. Al di là delle sue molteplici varianti, i racconti che vi si ispirano presentano oggetti e situazioni
che hanno caratteristiche comuni (2). Nelle Avventure di Harry Potter se ne trovano almeno cinque: l'uso
di armi molto particolari, il «cervo» come animale emblematico, la prova del «bacio», il ruolo del
calderone che dona la vita e infine l'importanza del «segno» fisico come testimonianza di un destino
eccezionale. Prima di tutto, le spade e le lance utilizzate nella ricerca del Graal hanno poteri particolari.
Possono, a seconda dei casi, uccidere o guarire colui verso il quale sono dirette. È esattamente ciò che si
ritrova in Harry Potter, salvo che in questo caso sono le bacchette magiche a poter uccidere o guarire a
seconda delle intenzioni di chi le usa. Ancora, nel mito del Graal il «cervo» ha un ruolo fondamentale.
Ugualmente, in Harry Potter questo è l'animale emblematico del padre dell'eroe. Da giovane, infatti, egli
usava trasformarsi in cervo per nascondersi e, dopo la morte, è sotto queste spoglie che appare al figlio
per salvarlo. Terza analogia con il mito del Graal è la cosiddetta prova del «bacio». Questa prova appare
nel secondo atto del Parsifal, dove l'eroe scopre che il bacio di Kundry - un personaggio di volta in volta
malefico e benefico - è la vera arma che ferisce. Nello stesso modo, in Harry Potter i «Dissennatori»,
guardiani del penitenziario di Azkaban, impongono ai maghi condannati un bacio mortale che aspira
letteralmente la loro anima. Un permanente adattamento alla realtà Il quarto elemento comune è il
calderone. Questo recipiente, dove si prepara la pozione dell'immortalità, ricorda il calice eucaristico della
mitologia cristiana. Nel quarto volume delle sue Avventure, Harry, partito alla ricerca di una «coppa di
fuoco», è attirato in un cimitero dove si sta svolgendo una cerimonia attorno ad un calderone. Viene
obbligato a cedere un po' del suo sangue per permettere la resurrezione del suo mortale nemico, alleato
del dio delle tenebre, Lord Voldemort. Partecipando in questo modo alla bevanda dell'immortalità, il
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sangue di Harry Potter diventa l'equivalente del sangue di Cristo, capace di assicurare «la vita eterna»
attraverso il mistero della comunione. In questo modo Harry stesso incarna il Santo Graal, detto anche
«calice della vita eterna», contenente il sangue di Cristo raccolto ai piedi della croce! […]”
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In questo particolare estratto, trovato sul sito www.occhiaperti.net, che addirittura
arriva ad accomunare la figura di Harry con quella di Gesù Cristo, si trovano cinque
riferimenti alla leggenda del Santo Graal: le armi, il cervo, il bacio, il calderone donatore di
vita e il segno fisico come testimonianza di un destino straordinario. Forse alcune di queste
somiglianze possono sembrare alquanto forzate (soprattutto se si pensa che gli eroi delle
fiabe e delle leggende sono spesso dei sopravvissuti e hanno sempre destini eccezionali;
inoltre non si è ancora mai vista una storia che abbia come protagonisti dei maghi che non
usino bacchette magiche!) ma servono comunque a far capire come un libro per l’infanzia
possa nascondere molte insidie per chi lo traduce.
Forse potranno risultare più utili le ricerche che David Colbert ha racchiuso nel suo
libro The magical worlds of Harry Potter nel quale analizza le origini delle creature e degli
elementi fantastici che popolano le avventure del maghetto:
“[…]
La pietra filosofale: secondo la leggenda è un ingrediente speciale che permette di trasformare
qualsiasi metallo in oro e non è certo un'invenzione della Rowling. Infatti la creazione della pietra
filosofale, insieme a quella dell'elisir di lunga vita, che rende immortali, è sempre stato l'obiettivo
principale degli alchimisti, scienziati dell'antichità, che univano la chimica alla magia. Sembra che i più
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Oltre alle analogie con la tradizione cristiana del Santo Graal, il calderone è anche un elemento chiave della
tradizione celtica: c’era il Calderone di Dagda che saziava chiunque mangiasse il cibo che vi era cucinato;
anche Keridwen aveva un calderone magico pieno di cibo mistico (greal) che conferiva immortalità. Un terzo
calderone (quello di Bran) era quello della resurrezione nel quale si gettavano i resti dei guerrieri morti in
battaglia che, in questo modo, sarebbero rinati la mattina dopo (leggenda ripresa da J.K. Rowling alla fine del
suo quarto romanzo “Harry Potter and the Goblet of fire” durante il quale si assiste alla rinascita di Lord
Voldemort attraverso un rito attorno a un calderone). Infine il calderone del sacrificio in cui venivano annegati
gli sconfitti o le vittime sacrificate a Teutates.