2
la Corte a fare uso di un potere discrezionale nel rendere il Parere richiestole. Nel fare
ciò si prenderanno in esame le posizioni dei diversi Stati, presentate nei Written
Statements sottoposti all’attenzione della Corte, e le opinioni espresse dai giudici del
collegio giudicante, tra cui in particolar modo quella dissenziente del giudice
Buergenthal concernente principalmente il presunto dovere della Corte di astenersi dal
rendere il Parere. Accertata la competenza della Corte e analizzati gli argomenti a
sostegno di una sua pronuncia, si passerà ad esaminare le statuizioni riguardanti il
merito della questione. Seguendo l’argomentare della Corte si procederà
preliminarmente alla chiarificazione dello status dei Territori palestinesi occupati e della
disciplina umanitaria ad essi applicabile, con particolare riguardo alla tematica della
necessità militare invocata da Israele per giustificare alcune delle violazioni riscontrate
dalla Corte. Verificata l’applicabilità del diritto internazionale umanitario di fonte
pattizia e consuetudinaria, si procederà ad esaminare la materia dei diritti umani ed in
particolare, l’applicabilità degli strumenti in materia (principalmente i Patti sui diritti
umani del 1966 e la Convenzione sui diritti dell’infanzia) contestualmente al diritto
umanitario. In secondo luogo, si analizzeranno le violazioni degli strumenti in tema di
diritti umani applicabili derivanti dalla costruzione della barriera. Si procederà quindi ad
esaminare se la costruzione della barriera possa essere ricondotta all’esercizio del diritto
alla legittima difesa (nell’ambito dello ius ad bellum) ed in esso trovare giustificazione.
Tale aspetto, fortemente sostenuto dal governo israeliano, verrà analizzato con
particolare riguardo alle dinamiche terroristiche palestinesi e alla loro relazione,
rispettivamente, con lo status di Territori occupati, cui risulta applicabile la disciplina
dello ius in bello, e con le recenti evoluzioni rappresentate dalle risoluzioni adottate dal
Consiglio di Sicurezza, a seguito degli avvenimenti dell’11 settembre 2001. Infine si
esaminerà il rapporto tra la barriera ed uno dei diritti garantiti dai Patti sui diritti umani
e dal diritto consuetudinario, il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. Da
questo punto di vista si analizzerà come la costruzione della barriera possa interferire
con l’esercizio di tale diritto, ampiamente riconosciuto a livello internazionale al popolo
palestinese.
3
Dopo aver discusso le conclusioni della Corte, in particolare sotto il profilo della
responsabilità internazionale degli Stati e delle Organizzazioni internazionali, alcune
considerazioni finali tracceranno una valutazione complessiva del Parere e dei suoi
possibili effetti.
5
PARTE PRIMA
IL “MURO”
CAPITOLO PRIMO
LA COSTRUZIONE DI UNA BARRIERA NEI TERRITORI PALESTINESI
OCCUPATI: I FATTI RILEVANTI.
1.1. Premessa terminologica.
Un primo aspetto che pare opportuno esaminare con riferimento alle vicende che
hanno portato alla costruzione di una barriera nei Territori palestinesi occupati riguarda
una questione puramente terminologica che, però, risulta di notevole rilievo al fine di
comprendere appieno le statuizioni della Corte.
L’Assemblea Generale nella sua richiesta di un’opinione consultiva alla Corte
Internazionale di Giustizia utilizza il termine “muro”, mentre Israele fa sempre
riferimento ad una “recinzione difensiva”. Il Rapporto del Segretariato Generale delle
Nazioni Unite utilizza il termine “barriera”. Ci si trova quindi, di fronte all’impiego di
tre differenti termini per descrivere la medesima struttura. Ciò in altri contesti,
denoterebbe semplicemente un’apprezzabile varietà di linguaggio, qui invece assume
una certa rilevanza in quanto riflette l’assunzione di atteggiamenti differenti associati
alle tre parole utilizzate. La definizione “muro” pare la meno appropriata. Il termine è
dotato di un forte potenziale simbolico, che rievoca vicende storiche talmente dolorose
che il governo israeliano preferisce optare per una locuzione che sottolinei lo scopo per
cui sta erigendo tale costruzione1. Considerazioni di carattere culturale, legate a ciò che
nell’immaginario collettivo viene richiamato alla mente utilizzando il termine muro
rendono l’impiego di tale parola fuorviante rispetto a ciò in cui si concreta. Come il
1
Per articoli che documentano la costruzione della barriera vedi: http:
//www.palestinereport.org/issue.php?issueid=8&no=121, http://unimondo.oneworld.net/article/view/117833/1
(ultima visita 22/09/05).
6
Segretariato Generale nota nel suo rapporto, la costruzione è un insieme di recinzioni,
muri, fossati e barriere in Cisgiordania2, ed è perciò una costruzione ben più complessa
e che non si esaurisce unicamente in un muro. Per tale motivo e per ragioni di
correttezza, poiché in realtà vi sono solo alcune parti della costruzione corrispondenti ad
un muro, nel corso del presente lavoro si adotterà il termine barriera.
1.2 La decisione di costruire una barriera nei Territori palestinesi occupati.3
La volontà di costruire una barriera che separi Cisgiordania e Israele, nella striscia
di terra che corre lungo la Green Line4, chiamata Seam Area5 in modo da limitare il
passaggio incontrollato di palestinesi, è emersa nell’ambito del governo israeliano più
volte e sotto diverse forme nel corso degli ultimi anni. Già nel 1996 il governo decise di
istituire dei checkpoints lungo la Seam Area, che sarebbero divenuti l’unico passaggio
utilizzabile dai palestinesi per entrare in Israele dopo il blocco di tutte le vie d’accesso
alternative. A seguito di tale provvedimento, il Ministro della Pubblica Sicurezza,
decise di collocare alcune unità della Polizia di Frontiera lungo la Seam Area, col
compito di impedire l’infiltrazione di palestinesi in Israele. Tali decisioni tuttavia,
vennero attuate solo in maniera parziale6.
A seguito dello scoppio dell’Intifada di al Aqsa, nel settembre del 2000, il
governo israeliano adottò una serie di provvedimenti che ebbero, come ultimo risultato,
la costruzione della barriera che è oggetto del Parere della Corte.
Nel novembre 2000, il primo ministro israeliano Ehud Barak approvò un progetto
per la costruzione di una barriera per impedire il passaggio di motoveicoli dal nord-
ovest della Cisgiordania alla zona di Latrun, progetto che verrà attuato solo nel luglio
2001.
2
RAPPORTO DEL SEGRETARIO GENERALE, UN Doc. A/ES-10/248, p. 3.
3
Gli elementi presenti in questa sezione sono ricavati, se non altrimenti specificato, dal rapporto dello
STATE COMPTROLLER, Report on the Seam Area (in Ebraico), Report N. .2, Gerusalemme luglio 2002.
4
Il termine Green Line viene utilizzato riferendosi alla Linea dell’Armistizio del 1949 concluso al
termine della guerra Arabo-Israeliana del 1948. La Linea dell’Armistizio separa Israele dai territori
occupati durante la Guerra dei Sei Giorni nel 1967: Cisgiordania e la Striscia di Gaza.
5
Il termine Seam Area viene utilizzato per indicare il territorio compreso tra la linea dell’Armistizio e la
Barriera in via di costruzione.
6
STATE COMPTROLLER, op. cit., n. 3, pp. 10-12.
7
Nel giugno 2001 Ariel Sharon istituì una commissione di lavoro, col compito di
proporre delle misure per impedire infiltrazioni di palestinesi dalla Seam Area e, nel
luglio 2001, il Comitato Ministeriale per le questioni riguardanti la Sicurezza approvò le
proposte della suddetta commissione. Il Comitato Ministeriale per le questioni
riguardanti la sicurezza (o Gabinetto), stabilì che le Forze di Difesa d’Israele si
sarebbero occupate della protezione della parte orientale della Seam Area mentre la
Polizia di Frontiera di quella occidentale. Inoltre, questa fu l’occasione per dare
attuazione al progetto di costruzione di una barriera per impedire il transito di
motoveicoli, come proposto dal Primo Ministro Barak nel 2000, e per dare voce ad una
nuova proposta con oggetto la costruzione di un’ulteriore barriera, in zone ritenute ad
alto rischio, per controllare e limitare il passaggio in terra d’Israele di pedoni
palestinesi7. Fino ad aprile 2002 il governo tuttavia, non adottò alcuna misura
d’attuazione della barriera per il traffico pedonale.
Il 14 aprile 2002 il Gabinetto si trovò nuovamente a discutere la questione e
giunse alla conclusione di costruire una barriera nella Seam Area al fine di migliorare e
rinforzare la prontezza e la capacità operazionale nel fronteggiare il terrorismo8. Il
Gabinetto decise di iniziare immediatamente la costruzione di una barriera temporanea
in tre zone: ad est di Umm el Fahm, attorno a Tulkarm e a Gerusalemme9 e, per
permettere l’attuazione di tale decisione, venne istituita l’Amministrazione della Seam
Area, presieduta dal direttore generale del Ministero della Sicurezza Pubblica. Poco
dopo, le Forze di Difesa d’Israele presero il controllo di alcuni terreni posseduti da
palestinesi, nel nord-ovest della Cisgiordania, allo scopo di cominciare la costruzione
della barriera temporanea. Dopo aver cominciato a sradicare alberi e a livellare il
terreno, l’attività di costruzione fu bloccata10 e la costruzione della barriera temporanea
venne abbandonata. Nel frattempo, agli inizi di giugno 2002, l’Amministrazione della
Seam Area concluse il suo progetto per la costruzione della prima sezione di una
barriera, ispirata ai principi di opposizione al terrorismo, affermati dal Gabinetto
7
Ibid., pp. 13-18.
8
"improve e reinforce the readiness e operational capability in coping with terrorism". Citazione da
MCGREAL CHRIS, Caged, Special Report Israel e Middle East, 3 Settembre 2003, The Guardian,
disponibile su http://www.guardian.co.uk/israel/Story/0,2763,1034483,00.html (ultima visita 19/09/2005).
9
Decisione 64/B, sezione E.
10
I residenti dei villaggi che furono danneggiati dalla costruzione della barriera temporanea a sud di
Tulkarm si rivolsero all’Alta Corte di Giustizia. La Corte rigettò il ricorso. Vedi Kafr a-Ras et al. v.
Commeer of IDF Forces in Judea e Samaria et al., HCJ 3771/02.
8
nell’aprile 2002. Venne poi aggiunta in tale progetto la costruzione di un’ulteriore
sezione della barriera nella zona di Gerusalemme, a nord e a sud della città. Il 23 giugno
2002 il governo approvò il progetto dell’Amministrazione della Seam Area, nella sua
formulazione di principio11. La definizione precisa e finale del percorso della barriera
venne lasciata al Ministro della Sicurezza Pubblica e al Primo Ministro. In caso di
controversia in merito all’itinerario della barriera, il governo affermò che il Gabinetto si
sarebbe dovuto occupare di risolvere la questione.12 Infatti, a seguito di forti
contestazioni da parte di alcuni Ministri13 riguardo al percorso della barriera, previsto
nel progetto dell’Amministrazione della Seam Area e approvato dal Primo Ministro e
dal Ministro della Sicurezza Pubblica14, il Gabinetto si riunì il 14 agosto 2002, al fine di
discutere tali obiezioni. Al termine dell’incontro venne approvato il percorso definitivo
della prima fase di costruzione della barriera.
1.3 Le fasi di costruzione.15
Il Comitato approvò la costruzione della barriera in 4 fasi. La prima fase, fase A,
dichiarata dal governo israeliano come fase dedicata a considerazioni di carattere
operazionale16, fu approvata con la decisione del 14 agosto 2002 e fu dichiarata
completata nel luglio 2003. Questa sezione della barriera, si snoda per 150 km dal
checkpoint di Salem, a nord di Jenin, fino alla colonia di Elkana, nella zona centrale
della Cisgiordania, includendo la doppia barriera che circonda l’enclave di Baqa
Sharqiya. Funzionari delle Nazioni Unite hanno calcolato che questa prima fase della
barriera costringe 56.000 palestinesi a vivere in enclaves, aree circondate dalla barriera
che si aprono unicamente sulla Cisgiordania. Di questi 56.000 palestinesi, circa 5300
vivono in closed areas tra la linea dell’Armistizio e la barriera dove il governo
11
BARZILAI AMNON e ZVI ZARHIYA, Work on Erecting Fence on the Seam Line Begins, in Ha’aretz, 11
giugno 2002.
12
Decisione Governativa 2077.
13
BAHOR DIANA, Separation Fence: All the Objections in Ynet, 4 Luglio 2002.
14
BENN ALUF, Sharon Approved: Separation Security Fence will be Erected along the Green Line, in
Ha’aretz, 45 giugno 2002.
15
Ove non altrimenti specificato, le informazioni di questa sezione sono ricavate dal Written Statement
presentato alla Corte internazionale di Giustizia dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, disponibile
su: http://www.icj-cij.org/icjwww/idocket/imwp/imwpframe.htm (ultima visita 23/02/06).
16
Written Statement della Palestina, p. 112.
9
israeliano richiede loro permessi o carte di identificazione per potervi risiedere, mentre
altri 8200 si trovano in zone assoggettate all’ordinanza militare che istituisce le closed
areas, ma dove però il sistema dei permessi non è ancora stato attuato17. La seconda
fase (fase B), invece, parte 40 km ad est del checkpoint di Salem, e corre lungo la parte
nord della Linea dell’Armistizio, fino a giungere alla valle del Giordano. Questa fase è
suddivisa in tre diverse sezioni. La prima segue la Linea dell’Armistizio e attraverso le
montagne Gilboa giunge sino al villaggio al-Mutilla, sotto la valle del Giordano.
Un’altra sezione corre lungo la parte est del confine Giordano, mentre l’ultima piegherà
verso sud per poi allontanarsi dalla Linea dell’Armistizio. Lungo questa parte della
barriera si trova il checkpoint di Jalameh, a nord di Jenin, che è previsto come il
principale punto d’entrata da Israele al nord della Cisgiordania. Questa fase fu
approvata dal Gabinetto nel dicembre 2002 e venne dichiarata completata nel 2004. La
costruzione della terza fase, fase C, approvata nell’agosto 2003, cominciò nel dicembre
2003 dall’estremità finale costruita nella prima fase, vicino alla colonia israeliana di
Elkana, nella parte centrale della Cisgiordania, fino al villaggio di Nu’man, a sud-est di
Gerusalemme. In questa fase la barriera si estende in tre differenti zone della
Cisgiordania. Una sezione della barriera si snoda nella parte centrale della Cisgiordania,
creando un’asse che, da nord a sud, unisce i villaggi di Rantis e Budrus. Questa parte
misura 40 km, di cui solo 4 seguono la Linea dell’Armistizio, mentre i rimanenti 36 se
ne allontanano, inoltrandosi per 7 km in Cisgiordania. La seconda sezione della fase C
di costruzione, viene definita “Ariel-Salient”ed è previsto che si spinga per più di 22 km
in Cisgiordania e incorpori 52.000 coloni israeliani. La terza sezione invece, si colloca
nella parte centro-meridionale della Cisgiordania ed è costituita da due barriere di
profondità18, che entrano per oltre 9 km nella Cisgiordania; una si snoda da nord a sud,
parallelamente alla parte di barriera prevista nella seconda sezione di questa fase tra i
villaggi Rantis e Budrus, mentre l’altra corre da est a ovest, lungo uno spartiacque che
verrà incluso nel percorso dell’autostrada 45, attualmente in costruzione. Un’ulteriore
sezione iniziò ad essere costruita nel novembre 2003, lungo la parte sud-orientale
dell’autoproclamato confine della municipalità di Gerusalemme, e si allontana di oltre 9
km dalla linea dell’Armistizio, partendo dai sobborghi di El-Ezariya fino a raggiungere
la colonia di Har-Homa. In tale sezione la barriera è costituita da un muro alto 9 metri,
17
Per la spiegazione del regime delle closed area, vedi oltre pag. 11 e seguenti.
18
“depth barriers”.
10
che attraversa aree popolate come El-Ezariya, che viene così diviso da Gerusalemme, o
come Abu-Dis, che risulta divisa in due. Almeno 35.000 persone si troveranno a vivere
nella parte orientale della barriera, che, in questa sezione, non è dotata di alcun
passaggio. I palestinesi con la carta di identità di Gerusalemme o con i permessi di
residenza a Gerusalemme dovranno entrare nella città attraverso il checkpoint
posizionato al di sotto del versante orientale del Monte degli Olivi. Un altro muro è
previsto sulla sommità di una collina a sud di Abu-Dis, dove verrà posizionata una base
di polizia. A nord di Gerusalemme la barriera seguirà il tragitto delle principali vie di
comunicazione, separando il sobborgo di Al-Ram da Gerusalemme e ricollegandosi al
percorso dell’autostrada 45. L’ultima fase della costruzione (fase D) è stata approvata
dal governo israeliano nell’ottobre 2003 e si concentra nella parte sud-occidentale della
Cisgiordania, più precisamente da Elkana a Caramel Um Daraj. La più recente
evoluzione della costruzione della barriera risale al febbraio 2005, quando il governo ha
approvato un nuovo percorso della barriera, attuando le statuizioni dell’Alta Corte di
Giustizia che nel giugno 2004, pur affermando che la costruzione della barriera
avveniva per ragioni di sicurezza nazionale, richiese una rivalutazione del collocamento
di alcune parti, in ragione di una migliore proporzionalità tra considerazioni di carattere
umanitario e di carattere operazionale.
1.4 Il collocamento e le caratteristiche della barriera.
Secondo il rapporto del Segretario delle Nazioni Unite circa 975 kmq di territorio
(il 16,6% della Cisgiordania) si troveranno tra la Linea dell’Armistizio e la barriera.19.
Per quanto riguarda la lunghezza totale della barriera, le fonti sono abbastanza
discordanti. Il Segretario Generale nel suo rapporto afferma che la barriera formerà una
linea continua che si estende per 720 km lungo la Cisgiordania20. La Palestina invece
nel suo Written Statement presentato alla Corte Internazionale di Giustizia, sostiene che
la lunghezza totale della barriera, basandosi su informazioni ottenute all’inizio del 2004,
sarà 788 km21. Ammonta invece a 687 km la lunghezza dichiarata dal Relatore Speciale
19
RAPPORTO DEL SEGRETARIO GENERALE, op. cit., n. 2, p. 3, par. 8.
20
Ibid., p. 3, par. 12-14.
21
Written statement della Palestina, p. 106, par. 238.
11
delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati22.
C’è invece più accordo in merito a come si sviluppa la barriera e a quali sono gli
elementi principali che la costituiscono23. Innanzitutto il primo elemento è una
recinzione elettronica che permette alle forze di polizia di essere avvisate di qualsiasi
tentativo di attraversamento della stessa. Lungo la parte est è prevista una “strada di
servizio”, affiancata da una recinzione di filo spinato; più ad est ancora vi è una trincea
o qualsiasi altro mezzo in grado di impedire ai motoveicoli di entrare e attraversare la
recinzione24 La parte ad ovest della recinzione invece prevede tre tipologie di percorsi:
una strada che permetta di rinvenire le impronte di chiunque abbia attraversato la
recinzione, una strada per il pattugliamento ed infine una strada per i mezzi blindati.
Un’ulteriore recinzione di filo spinato segue la parte più esterna di tale lato della
barriera. L’estensione media della barriera è di 60 metri, ma in ragione di esigenze
topografiche l’estensione può ridursi o anche aumentare fino ad arrivare a 100 metri. In
alcune aree lungo la linea dell’Armistizio è prevista un’ulteriore barriera sul lato
orientale, chiamata “barriera di profondità” descritta dal rappresentante dello Stato
dinnanzi all’Alta Corte di Giustizia, come una barriera senza recinzione, mirante ad
indirizzare gli spostamenti in queste aree verso una serie di punti di controllo della
sicurezza. Il componente principale delle “barriere di profondità” è una trincea
delimitata da una recinzione di filo spinato. Un muro, nel vero senso della parola, è
previsto lungo l’autostrada, nella zona vicino a Qalqiliya e vicino a Tulkarm. Nell’area
di Gerusalemme, inoltre, sono previsti 3 muri, uno lungo la strada 45, vicino a Beit
Hanina el-Balad e Bir Cabala, un altro vicino a Abu Dis, nella parte orientale del
confine di Gerusalemme e l’ultimo vicino alla tomba di Rachele, nella parte meridionale
di Gerusalemme. In data 2 e 7 ottobre 200325, il governo israeliano ha emanato due
ordinanze militari che definiscono l’intera area dei territori occupati, tra la barriera e la
Linea dell’Armistizio, come “zona chiusa”26. A tale “zona chiusa” viene applicato un
regime di permessi per consentire ai residenti di continuare ad abitarvi ed ai lavoratori
22
UN Doc. E/CN.4/2004/6/Add.1, 27 febbraio 2004, p. 7.
23
Vedi allegati, figura 3, p. 228.
24
Le informazioni riguardanti i componenti della barriera sono ricavati, se non specificato altrimenti,
dalle notizie fornite dallo Stato nella controversia Sa’al ‘ Awani ‘ Abd al Hadi et al. v. Commamder of
IDF Forces in the West Bank, sez.23, HCJ 7784/03
25
Israel Defense Forces Order Concerning Security Directives (Judea e Samaria)(number 378), 1970
Declaration Concerning the Closure of Area Number s/2/03 (Seam Area), Section 3a.
26
Closed zone.
12
di accedervi. Le ordinanze prevedono che i residenti debbano ottenere il permesso per
poter rimanere nelle proprie case e coltivare la propria terra. L’ottenimento del
permesso inoltre, non costituisce una prova della proprietà della terra. Palestinesi che
non risiedono nelle “zone chiuse” ma che però possiedono là della terra o che devono
recarvisi per motivi di lavoro o d’affari, devono ottenere comunque il permesso. I criteri
in base ai quali un permesso viene concesso o negato non sono specificati nella
procedura di richiesta e l’onere della prova ricade sui soggetti richiedenti. Le ordinanze
militari assegnano al capo del distretto locale delle Forze di Difesa d’Israele l’autorità di
stabilire il diritto dei residenti a rimanere nelle loro case o a coltivare i loro terreni, e per
quale periodo di tempo27. I permessi sono concessi per periodi di uno, tre o sei mesi al
termine dei quali devono essere rinnovati, alcuni sono validi solo per giorni specifici o
solo ad ore stabilite. Molti palestinesi residenti in villaggi all’interno delle “zone
chiuse” non hanno ottenuto il permesso e neppure a palestinesi la cui attività principale
è la coltivazione di terre all’interno di “zone chiuse” il permesso è stato concesso. Si
vengono dunque a creare situazioni in cui, all’interno di una famiglia, solo ad alcuni
membri è permesso risiedere o coltivare la terra all’interno delle “zone chiuse”. Fino al
novembre 2003 circa il 75% dei palestinesi residenti nei villaggi compresi nelle “zone
chiuse” non ha ottenuto il permesso d’accesso.28 Inoltre, lungo la barriera sono previsti
dei punti di passaggio e delle “porte per l’agricoltura” ma gli orari d’apertura sono
variabili.29 I passaggi dovrebbero essere aperti dalla mattina fino alla tarda serata, ed
essere chiusi solo la notte, ma spesso aprono tardi o chiudono presto.30 Non è
infrequente, poi, che vi siano delle chiusure per l’intera giornata o anche per diversi
giorni, senza alcun preavviso e spesso giustificate con la generica formula “per ragioni
di sicurezza”, senza altro specificare31. Un ulteriore elemento proprio della costruzione
della barriera, è la creazione di enclaves, ossia zone completamente isolate dal resto
della Cisgiordania. Si creeranno almeno 5 enclaves ad est della barriera, che andranno
27
Written statement della Palestina, pp. 112-114, par. 250-255.
28
BARRAT CLAUDE, The advisory opinion of the international court of justice on the construction of a wall
in the occupied Palestinian territory, in The Palestinian independent commission for citizens’ rights,
Legal report series (37), ottobre 2004, p. 44, disponibile su:
http://www.piccr.org/publications/reports/wall.pdf (ultima visita 21/09/05).
29
Written statement della Palestina, pp. 108-110, par. 245-247.
30
AMNESY INTERNATIONAL, Israel e the Occupied Territories: The place of the fence/wall in international
law, febbraio 2004, p. 10, disponibile su:
http://web.amnesty.org/library/pdf/MDE150162004ENGLISH/$File/MDE1501604.pdf (ultima visita
21/09/05).
31
Ibid, p.10
13
ad interessare 13 comunità e 11.700 palestinesi, ed altrettante ad ovest, che
riguarderanno 19 comunità e 128.500 palestinesi residenti32. Si può prendere come
esempio di tali enclaves e del loro regime la città di Qalqilya, che conta più di 40.000
palestinesi residenti e che è stata completamente circondata dalla barriera, con un unico
checkpoint che consente l’entrata e l’uscita dalla città.33.Merita un’ultima
considerazione la relazione che sussiste tra il percorso seguito dalla barriera e,
rispettivamente, le colonie israeliane e le risorse idriche. Per quanto riguarda il primo
dei due elementi, la barriera incorporerà 54 colonie israeliane in Cisgiordania e 12 a
Gerusalemme Est. In totale, più di 320.000 coloni, cifra che corrisponde circa all’80%
dei coloni che vivono nei Territori occupati34, si ritroverà a vivere dalla parte
occidentale della barriera35. Mentre deve esser sottolineato, per quanto riguarda il
secondo elemento, che lungo il confine settentrionale e occidentale della Cisgiordania,
dove si sta costruendo la barriera, vi sono alcune delle zone meglio irrigate e perciò più
fertili dell’intera Cisgiordania. L’accesso alle risorse d’acqua in queste zone risulta più
facile ed economico che altrove, e tali territori ora sono compresi tra la barriera e la
Linea dell’Armistizio36.
1.5 La posizione del governo israeliano.
Israele sostiene che l’unico motivo che ha spinto il governo alla costruzione della
barriera è la necessità di fornire sicurezza ai propri cittadini, a seguito della spaventosa
ondata di terrorismo proveniente dalla Cisgiordania37. Non essendoci un confine
naturale tra Cisgiordania e Israele che ostacoli l’infiltrarsi di criminali miranti al
32
B’TSELEM, Behind the barrier: Human rights violations as a result of Israel’s separation barrier,
Position paper, aprile 2003, p. 9, disponibile su:
http://www.btselem.org/Download/200304_Behind_The_Barrier_Eng.rtf (ultima visita 21/09/05).
33
Quando i delegati di Amnesty International visitarono la città, i militari assicurarono che il checkpoint
avrebbe chiuso attorno alle 19-19.30, ma invece in quello specifico giorno chiuse alle 17.30, con tutti i
conseguenti disagi per chi doveva far ritorno o uscire dalla città. AMNESTY INTERNATIONAL,
Surviving under siege: The impact of the movement restrictions on the right to work, settembre 2003, p.
29, disponibile su: http://web.amnesty.org/library/Index/ENGMDE150012003?open&of=ENG-ISR
(ultima visita 21/09/05).
34
Più di 140.000 coloni israeliani vivono in 54 colonie nella Cisgiordania, e circa altri 180.000 vivono in
12 colonie di Gerusalemme Est.
35
AMNESTY INTERNATIONAL, op. cit., n. 30, p. 4.
36
BARRAT CLAUDE, op. cit., n. 28, p. 41.
37
Vedi sito http://www.seamzone.mod.gov.il/Pages/ENG/purpose.htm (ultima visita 23/09/05).
14
compimento di atti terroristici e al contrabbando di armi, si sarebbe resa necessaria la
costruzione della barriera. Le minacce che il governo israeliano sostiene di dover
fronteggiare sono essenzialmente tre: attacchi terroristici continui e di diverso genere,
contrabbando di armi ed esplosivi, nascita di attività terroristiche entro le comunità
arabe locali. La risposta a tali minacce si sviluppa su diversi livelli e comprende le
attività di prevenzione di attacchi terroristici dalle zone di Giudea e Samaria contro
Israele, la riduzione al minimo dei trasferimenti di macchine, mezzi e armi tra Israele e
zone controllate dall’Autorità palestinese, in entrambe le direzioni, ed infine la
prevenzione di attacchi che colpiscono direttamente la popolazione e le infrastrutture
locali. Il percorso della barriera però non è stato determinato unicamente da esigenze di
sicurezza, ma anche da altri fattori di carattere operativo. Tra tali fattori, sono stati presi
in considerazione elementi di continuità nell’edificazione della barriera, in modo tale da
creare una struttura d’ostacolo che si estenda senza interruzioni da nord a sud, e
valutazioni della capacità di sorveglianza e controllo lungo la barriera. Altri elementi
che hanno avuto il loro peso nella pianificazione della barriera, sono state
considerazioni di carattere ambientale, di salvaguardia del paesaggio e della natura e di
preservazione delle zone archeologiche. La barriera non è assolutamente considerata
come l’instaurazione di un confine tra Palestina e Israele, e perciò il governo israeliano
sottolinea come si sia prestata particolare attenzione a non incorporare villaggi
palestinesi e a non sconvolgere la quotidianità o modificare lo status dei residenti nelle
zone interessate dalla costruzione. Alla domanda del perché la costruzione della barriera
non avviene lungo la Linea dell’Armistizio, il governo israeliano risponde affermando
che la cosiddetta Green Line non costituisce un confine tra Israele e Palestina, e per tale
ragione non deve condizionare il percorso della barriera. La barriera è prima di tutto uno
strumento per la sicurezza nazionale e come tale, deve snodarsi in maniera da
permettere la miglior difesa contro attacchi criminali e terroristici, lasciando la
definizione di confini ai negoziati tra le parti coinvolte.38 Un ultimo aspetto che è stato
considerato è la cosiddetta semplicità di mantenimento39 in termini di accessibilità, di
tempo e soprattutto di costi. Il costo totale stimato per la costruzione della prima fase
della barriera, ammontava a 942 milioni di NIS40, pari a più di 8 milioni di NIS per
38
Vedi sito http://www.seamzone.mod.gov.il/Pages/ENG/questions.htm. (ultima visita 23/09/05).
39
Vedi sito http://www.seamzone.mod.gov.il/Pages/ENG/route.htm (ultima visita 23/09/05).
40
Al cambio del 22/09/05 1NIS=0.17901Euro.
15
chilometro41. Anche il profilo umanitario ha influito sulla determinazione del percorso
della barriera e ha portato a bilanciare esigenze di sicurezza con esigenze umane e
umanitarie delle popolazioni palestinesi residenti. Proprio per tali motivi, il governo
israeliano afferma di aver cercato di utilizzare per costruire la barriera, ove possibile,
terreno di proprietà dello Stato anziché dei privati. Dove ciò non è stato possibile, i
terreni sono stati sequestrati temporaneamente per esigenze militari, senza alterare i
titoli di proprietà. Qualora, invece, si renda necessario sradicare i frutteti e gli oliveti, le
piante verranno riposizionate in altre zone o verrà offerta una compensazione ai
proprietari. Per garantire il transito di persone, merci e mezzi da una parte all’altra della
barriera, sono previsti passaggi e “porte per l’agricoltura” che permettano ai contadini di
raggiungere le loro terre.
1.6 La richiesta da parte dell’Assemblea Generale di un’opinione consultiva alla
Corte Internazionale di Giustizia.
La Repubblica Araba di Siria, in rappresentanza della Lega degli Stati Arabi, il 9
ottobre 2003 richiese una seduta immediata del Consiglio di Sicurezza per discutere
delle gravi e continue violazioni del diritto internazionale, compreso il diritto
internazionale umanitario, compiute da Israele, e per prendere delle misure a tale
riguardo42. Tale richiesta fu accompagnata da una proposta di risoluzione che
condannava la costruzione della barriera nei Territori occupati. Durante l’incontro del
14 ottobre 2003, il Consiglio di Sicurezza, convenuto per discutere “The situation in the
Middle East, including the Palestine question”43, analizzò la proposta di risoluzione
contenente una condanna alle attività di costruzione della barriera, una richiesta di
blocco dell’edificazione e l’affidamento al Segretario delle Nazioni Unite dell’incarico
di redigere un rapporto sulla materia. La proposta di risoluzione venne sottoposta a
41
STATE COMPTROLLER, op. cit., n. 3, p. 30.
42
Letter of 9 October 2003 from the Permanent Representative of the Syrian Arab Republic to the United
Nations to the President of the Security Council S/2003/973, disponibile su:
http://domino.un.org/UNISPAL.NSF/0/a00182746ac6e3e885256dbb00544860?OpenDocument (ultima
visita 17/10/05).
43
Verbale dell’incontro disponibile su: http:
//daccessdds.un.org/doc/UNDOC/PRO/N03/557/63/PDF/N0355763.pdf?OpenElement (ultima visita
26/11/05).
16
votazione, ma l’esercizio del diritto di veto di uno dei membri permanenti ne impedì
l’adozione44. Il 15 ottobre 2003 il presidente del Gruppo degli Stati Arabi, supportato
dal Movimento dei Non-Allineati e dall’Organizzazione della Conferenza Islamica,
chiese la riapertura dei lavori della Decima Riunione Straordinaria d’Urgenza
dell’Assemblea Generale sul tema “Illegal Israeli actions in Occupied East Jerusalem
and the rest of the Occupied Palestinian Territory”, a seguito della mancata adozione
della risoluzione da parte del Consiglio di Sicurezza. L’Assemblea Generale si riunì il
20 ottobre 2003 e il 27 ottobre 2003, adottò la risoluzione ES-10/1345, nella quale fu
ribadita l’opposizione alle attività di insediamento nei Territori occupati e si richiese al
governo israeliano di bloccare l’attività di costruzione della barriera nei Territori
palestinesi occupati, compresa la zona attorno e in Gerusalemme Est. L’Assemblea
Generale affidò inoltre l’incarico al Segretario delle Nazioni Unite di redigere un
rapporto, da consegnarsi entro un mese, nel quale doveva essere illustrato
l’adeguamento o meno, da parte del governo israeliano a tali richieste. L’Assemblea
Generale affermò che, qualora nel rapporto fosse emersa la mancata soddisfazione da
parte di Israele delle richieste formulate nella risoluzione ES-10/13, avrebbe provveduto
con gli strumenti previsti dal sistema delle Nazioni Unite. La Decima Riunione
Straordinaria d’Urgenza dell’Assemblea Generale fu temporaneamente aggiornata ed, in
data 24 novembre, venne consegnato il rapporto del Segretario Generale. Nel frattempo,
il 19 novembre 2003 il Consiglio di Sicurezza con la risoluzione 151546 avvallò la
Roadmap per la soluzione del Conflitto israelo-palestinese proposta dal Quartetto di
negoziatori47. L’adozione della risoluzione ES-10/14, che richiedeva alla Corte
Internazionale di Giustizia di rendere urgentemente un’opinione consultiva, fu adottata
a seguito del deposito del Rapporto del Segretario Generale che documentava il
mancato adeguamento alla richiesta dell’Assemblea Generale di abbandonare la
44
I risultati della votazione furono: 10 a favore, 1 contrario e 4 astensioni.
45
La risoluzione ES-10/13 fu adottata con 144 voti a favore, 4 contrari e 12 astensioni, disponibile su:
http: //daccessdds.un.org/doc/UNDOC/GEN/N03/579/17/PDF/N0357917.pdf?OpenElement (ultima
visita 05/10/05).
46
Disponibile su: http:
//daccessdds.un.org/doc/UNDOC/GEN/N03/621/85/PDF/N0362185.pdf?OpenElement (ultima visita
05/10/05).
47
Il Quartetto, composto di rappresentanti degli Stati Uniti d’America, dell’Unione Europea, della
Federazione Russa e delle Nazioni Unite, è l’autore del piano di pace elaborato nel 2002, chiamato
Roadmap, e mirante alla soluzione permanente del Conflitto israelo-palestinese.